Chi l’avrebbe mai detto che, dopo una lunga carriera di
militante nel M5S, le sarebbe toccato in dote il Ministero dei Trasporti? Gli
altri si prendono Interni, Esteri, Giustizia e via cantando…a me, rimane il
ministero delle ferrovie scassate, della sempre in perdita Alitalia, dei sempre
in deficit trasporti urbani…un posto di lavoro di seconda linea, nel quale non
si mietono allori sul fronte del grande gioco strategico internazionale. E si
rischiano solo critiche, tante critiche e pure qualche “vaffa”.
Si faccia coraggio: le è toccato un pane duro, com’è dura la
pagnotta dei tanti che faticano scorrazzando sulle autostrade, su treni
sgangherati, a bordo di navi lente come lumache che devono attraversare oceani
infiniti e noiosi. “E il porto d’attracco
non dà segno di sé” come cantava un genovese in altri tempi, il grande
Fossati.
Non le mancheranno i nemici (ma di questo sono convinto che
già ne è cosciente): piuttosto, dovrà vedersela con progetti oramai “storici”
che non vogliono passare alla Storia, con relativi succosi contratti che pretendono
penali astronomiche. In tutta la situazione domina un solo assioma: l’Europa
che non è stata – travolta dagli egoismi dei singoli Stati e dalla pretesa
della Finanza di governare anche gli affari politici – si sveglia oramai
soltanto per reclamare il pattuito in anni lontani, quando di quel progetto non
resta più nulla.
Se vogliamo, nulla di nuovo.
L’Italia Fascista, nella 2GM, si affidò corpo e beni ad un
caccia biplano prodotto dalla FIAT – il CR-42 – che, ovviamente, era desueto
già all’inizio della guerra. Ma i contratti per migliaia d’aerei erano stati
firmati: di conseguenza, nel 1945, la
FIAT chiese al nuovo governo italiano di rispettare gli
accordi (cioè di costruire biplani!). Non so come andò a finire: forse, un po’
di buon senso – viste la condizioni del Paese nel 1945 – ebbe il sopravvento
sui biplani.
Qui, ci ritroviamo in una situazione analoga.
Negli anni ’90 del secolo scorso, nei grandi progetti
pensati per creare l’area economica europea modernizzando le tratte ferroviarie
dei singoli Paesi, c’era anche la
TAV, la
Torino-Lione, che poteva avere un senso se ci fossero stati
traffici su quelle direttrici, se l’economia fosse stata sempre in crescita, se
il Paesi Mediterranei avessero creato nuovi poli industriali, se, se…insomma,
una progetto basato su troppi “se”, che la Storia ha smentito: come dicono in Toscana, il se ed il ma sono il pane dei grulli.
In ogni modo, questo era il tracciato previsto per il
corridoio 5:
Come si nota, l’impresa era veramente molto ambiziosa (rectius: pretenziosa) e finì ben presto:
ognuno s’arrangiò per sé e Dio (petrolio/gomma) per tutti.
I singoli Paesi, ad uno ad uno, si smarcarono ad iniziare
dal Portogallo e dalla Spagna che non progettarono nemmeno il nuovo valico
ferroviario dei Pirenei, privilegiando la rete autostradale che dall’Andalusia
corre, nei pressi del Mediterraneo, fino a Barcellona. Poi l’Ucraina precipitò
in una guerra infinita…insomma, quel progetto morì con la sua grande
sostenitrice, la commissaria spagnola Loyola de Palacio, scomparsa nel 2006.
Per chi vuole più informazioni, c’è un breve articolo del 2013 che condensa
abbastanza bene la vicenda (1).
I problemi di trasporto, però, restano.
Se si aggiunge che Svizzera ed Austria sono molto restie a
concedere il transito su gomma sulle loro strade/autostrade, si nota che non
rimane che l’Italia, poiché “salire” fino in Ungheria per accedere all’Est
d’Europa è fuori discussione (questioni di costi).
La questione TAV, dunque, non è un problema di tipo legale,
di contratti, di penali…bensì è stato un colossale abbaglio europeo – ho usato
il termine “abbaglio” e non “errore” poiché all’epoca si poteva anche pensare
che un’Europa più integrata nelle vie di trasporto fosse un obiettivo da
perseguire – ma, oggi, non è nemmeno pensabile andare a discutere le cose nei
vari tribunali europei.
In altre parole: ancora una volta dovrebbe essere il primato
della politica ad avere la meglio sui desideri delle varie lobbies del trasporto,
altrimenti si finisce con un’autostrada che ti taglia in due il giardino e con
un tunnel nel garage.
Anni fa, scrissi per le edizioni Macro un libro sui
trasporti (2) che venne pubblicato solo in formato pdf poiché l’argomento, di
sé, non richiama molti lettori: perciò, qualche consiglio mi sento di poterlo
dare. Mi sa che qui, ad essere relegati in un angolo, sono sia i ministri e sia
gli scrittori.
Ciò che rimane del “Corridoio 5” europeo è una triste realtà
per l’Italia: gli autotreni partono dalla Spagna diretti in Ungheria, Romania,
ecc (e viceversa) e finiscono per transitare su una delle autostrade più
neglette d’Italia: la Ventimiglia Genova.
Progettata negli anni ’50 del Novecento per un traffico
prevalentemente turistico, oggi è giunta al parossismo: vista l’impossibilità
d’allargarla (corre in mezzo alle case per 30 chilometri in area
urbana a Genova) spesso la sicurezza è solo un optional: nel tratto urbano di
Genova mancano addirittura le piazzole per la sosta d’emergenza. Basta un’automobile
che si rompe e capita il finimondo.
Ma i veri “finimondi” succedono ogni due per tre con il
traffico degli autosnodati che non rispettano minimamente i limiti di velocità:
la soluzione sarebbe semplice. Copiando dai vicini francesi, sistemare degli
autovelox uguali a quelli d’oltralpe: 80 Km orari, senza tolleranza, ossia ad
81 sei già “beccato”.
Questo perché gli autotreni hanno (obbligatorio per legge)
un limitatore che tiene automaticamente il mezzo sotto gli 80 Km/h: il problema
è che, gli stessi elettrauto che lo installano, sistemano pure un pulsante
nascosto per bypassarlo. Solita storia di corruzione all’italiana: gli autisti
(in maggior parte stranieri: rumeni, moldavi, lituani, ecc) semplicemente ne
approfittano.
Alla prima multa non pagata dall’azienda, il mezzo verrebbe
bloccato (sempre con sistemi automatici, ossia partirebbe una telefonata che
avvisa l’azienda, con riferimenti al mezzo interessato) alla frontiera e se ne
torna da dove è venuto: vedrà che si daranno una calmata e diminuiranno anche i
numerosi incidenti – spesso mortali per gli stessi autisti e per il personale
della Società Autostrade – che avvengono con una frequenza impressionante.
Questo per la fase d’emergenza, ossia per far rientrare
nella legge chi della legge se ne fa un baffo.
Ci sono altre soluzioni?
Ricordo che l’ultimo progetto di un “passante” dietro a
Genova – da costruire tutto in zona impervia e problematico sia per le lunghe
gallerie e sia per i numerosi corsi d’acqua a regime torrentizio da
attraversare – da Genova-Voltri a Genova-Nervi fu del governo Craxi (anni ’80)
ed il costo mi pare di ricordare intorno ai 5 miliardi di lire: poi giunse
Tangentopoli, e tutto passò in cavalleria.
Per ovviare alla costruzione di una siffatta opera – anche
perché l’intero tratto, fino al confine francese, fu pensato per il traffico
turistico e la comune viabilità (dell’epoca), ed oggi è chiaramente
insufficiente – da alcuni anni è possibile imbarcare i camion in un porto della
costa spagnola (in genere, Barcellona) fino al porto di Genova (e, ovviamente,
viceversa).
Si tratta della soluzione migliore, a patto d’imbarcare solo
i semirimorchi e non l’intero autosnodato: perché far viaggiare un trattore
sulla tratta marittima? A dormire nella stiva di una nave? Con gli autisti, anch’essi,
ospitati a bordo? I semirimorchi, giunti a destinazione, verrebbero presi in
consegna da altri conducenti che li condurrebbero a destinazione.
I pro ed i contro di questa soluzione?
I contrari sono, ovviamente, le compagnie di trasporto su
gomma, le quali affermano che il trasporto interamente su gomma è più veloce:
certo, però se si rispettassero i limiti di velocità non sarebbe poi così
conveniente. Per questa ragione li osserviamo correre ben oltre i 100 Km/h.
I costi sono grosso modo equivalenti: anzi, se si considera
che i motori dei camion non sono in funzione durante la tratta marittima, forse
la nave conviene. Se si spedissero i soli semirimorchi sarebbe probabilmente
ancor più conveniente.
Una soluzione del genere risolverebbe il problema
dell’affollamento autostradale, restituirebbe l’autostrada al traffico
locale/turistico senza apocalittici ingorghi ogni volta che accade il seppur
minimo incidente.
L’Italia non dovrebbe accollarsi il costo d’ammodernamento
di un tracciato autostradale – non pensiamo alla ferrovia, la Savona Ventimiglia
è quasi tutta a binario unico! – e s’ovvierebbe ai pericoli del traffico
incontrollabile che oggi si registra.
In fin dei conti, il Corridoio 5 – mai decollato – ha
lasciato questa pesante eredità: è pur vero che il volume di traffico è quasi
inesistente sulla tratta Lione-Torino (e viceversa), anche perché i trasporti
corrono più a Sud, sull’autostrada spagnola e francese meridionale e poi
sull’autostrada italiana. Ma esistono, e sono andati ad infagottarsi su un’autostrada
pensata e costruita solo per il traffico locale e turistico.
Sinceramente, ho sempre pensato che la TAV fosse un’opera inutile:
serviva solo ad acchiappare fondi europei ed a creare tangenti con il solito
sistema delle aziende che prendono i soldi e poi svaniscono in un fallimento.
Già programmato dall’inizio.
Ci vorrebbe una legge come quella danese, che stabilisce
costi e tempi già nella gara d’appalto e prevede un carico penale (ossia
galera) per chi non rispetta i termini? Aziende italiane hanno partecipato alla
costruzione del ponte che collega la Danimarca alla Svezia e nessuno ha avuto
problemi: quando qualche alto dirigente deve consegnare il passaporto negli
ultimi sei mesi prima della scadenza dei termini di consegna, ci si pensa due
ed anche tre volte ad invocare il solito “incremento dei costi d’opera e
l’allungamento dei tempi di consegna”.
Prima di salutarla, mi sono ricordato che lei è cremonese.
Il nome “Pizzighettone” non le dice nulla? Lo so, non può non sapere. E’
proprio dalle sue parti.
Pizzighettone, ad una dozzina di chilometri da Cremona, è il
luogo dove s’è arrestato il canale navigabile Cremona-Milano, che doveva
collegare la grande zona industriale lombarda con il mare Adriatico. Un’impresa
che era riuscita agli austro-ungarici nel 1829, quando inaugurarono il
collegamento fluviale da Locarno, via Milano, a Venezia.
Certo: altri tempi, diverse necessità, altre navi,
differenti obiettivi. In nota, la cronistoria dei fallimenti italiani (3).
Oggi, una nave fluviale europea del tipo V porta
l’equivalente di 84 autotreni, che toglie dalle sempre intasate autostrade:
navi che oggi sono spinte dai diesel, ma è già prevista la transizione a
metano, domani addirittura elettrica.
Abbiamo tutto: il grande fiume, il canale (50 Km da completare),
Fincantieri (azienda pubblica, fra le migliori al mondo) che può costruire
tutte le navi che desideriamo. L’UE è disposta ad accollarsi la metà della
spesa per terminare il canale, che ammonta a due miliardi.
E’ mai possibile che riusciamo a costruire “pezzi” di canale
(come l’idrovia Padova-Mestre) per poi abbandonarli al loro destino e lasciarli
alle società di pesca sportiva?!? C’è da darsi i pizzicotti. Ovvio: terminati
gli appalti – e le relative tangenti – s’abbandona il canale e si passa alle
tangenziali.
Spero che lei possa farci qualcosa: vedrà che fare il
Ministro dei Trasporti non è poi così male, ci sono anche i progetti di
dirigibili – che consumano 1/6 degli aerei per carico commerciale pagante, e
che domani (con moduli fotovoltaici flessibili sull’involucro esterno) saranno
praticamente autosufficienti dal punto di vista energetico – che aspettano
qualcuno che s’interessi a loro.
Il M5S s’è battuto per anni su queste tematiche: oggi è il
momento d’attuarle. Forza, ragazzi!
Sai, Augusto, quelli di CDC che hanno commentato sulle necessità "belliche" della TAV non hanno riflettuto. Si tratta di scuse, all'epoca, per poter fare gli appalti, la solita roba...e la gente ci crede. Ma te li vedi, i marines, intruppati in un treno sotto la minaccia dei missili a lunga gittata? Quando possono andare dove vogliono con le navi da sbarco e con gli aviosbarchi?
RispondiEliminaCiao
Carlo
Sì, pensa Augusto: oggi, anche gli attuali progetti di dirigibile non hanno i compartimenti stagni nei quali usare l'Elio come l'aria compressa nei compartimenti dei sommergibili. Me lo ha detto, anni fa, il presidente dell'associazione Archimede, l'unica in Italia ad avere un dirigibile (piccolo, solo per studio). Sprecano Elio ad ogni ascensione. Perché l'Elio, tramite un compressore, potrebbe rifluire nelle bombole.
RispondiEliminaE' tutto inutile: l'industria aeronautica blocca tutti i finanziamenti, ricattando le banche, per i dirigibili. Gli USA, per il progetto di dirigibile misto, ossia una parte Elio e l'altra affidata alla portanza per la sostentazione, sono dovuti ricorrere ad un finanziamento federale.
E' così incomprensibile questo ostracismo, che a volte mi do i pizzicotti. Ciao
RispondiEliminaQuando qualcuno usa le vite di uomini donne e bambini per ricattare altri paesi e mostrare i muscoli, lasciando in mezzo al mare per giorni persone traumatizzate da un naufragio, non è un uomo.
E' solo un pezzo di merda.
RispondiEliminaQuando qualcuno usa le vite di uomini donne e bambini per ricattare altri paesi e mostrare i muscoli, lasciando in mezzo al mare per giorni persone traumatizzate da un naufragio, non è un uomo.
E' solo un pezzo di merda.
Mio nonno che era uno schiavo negro:venduto, deportato dagli holandesi ad Haiti e poi fuggitto come profugoa Cuba.
EliminaRoman Vancol (così chiamato dalla nave holandese) sempre mi ha detto: che ci portarono via dalla nostra terra con l'inganno i nostri fratelli negri, che poi ci hanno venduto ai bianchi come schiavi.
Bene io sono venuta in Italia con contratto di lavoro e biglietto aereo.
Salvini mi sta sul culo ma almeno a chiuso la tratta dei negri.
Accoglienza e solidarietà non è tenere i negri a chiedere l'elemosina.
Adios y hasta pronta.
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RispondiEliminaAn interesting discussion is price comment. I believe that you must write extra on this topic, it may not be a taboo subject but usually individuals are not enough to talk on such topics. To the next. Cheers online casinos
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