“Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell’abitudine alla libertà, c’è un momento in cui gli uomini non sanno più cogliere lo stretto legame tra il benessere di ciascuno e la prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri. Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento, troverà la porta aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po’ di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Non è raro allora vedere pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, e agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo.”
Alexis de Tocqueville (Verneuil-sur-Seine, 1805 – Cannes, 1859)
“E’ qualcosa di tipico, lo specchio di ciò che è successo nei Paesi dell' Est. Si proclama la democrazia, ma quello che si fa veramente è una democratura. Con la democratura, questo regime autoritario e dittatoriale ammantato di vesti democratiche, non si può andare da nessuna parte. E gli intellettuali non possono che restare stretti tra le accuse di tradimento e quelle di oltraggio…Nelle democrature, ogni parola critica contro il proprio Paese viene presa per tradimento…E ogni parola critica contro i Paesi vicini…viene vista come un oltraggio. Lo spazio si fa sempre più stretto. Del resto, come succedeva nell' URSS ai dissidenti, vivere da traditore poteva diventare un atteggiamento morale.”
Predrag Matvejević (Mostar, 1932 -)
“Io, da telespettatore, la sera prima e un' infinità di sere prima – le mie sere di malato – ho visto sfilare, in quel video in cui essi erano ora...un'infinità di personaggi: la corte dei miracoli d'Italia – e si tratta di uomini politici di primo piano...Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni: riassume i loro discorsi facendoli passare per idioti – col loro sempre tacito beneplacito? – oppure, anziché esprimere le loro idee, legge i loro interminabili telegrammi: non riassunti, evidentemente, ma ugualmente idioti: idioti come ogni espressione ufficiale. Il video è una terribile gabbia che tiene prigioniera dell'Opinione Pubblica – servilmente servita per ottenere il totale servilismo – l'intera classe dirigente italiana.”
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Roma, 1975)
Forse ce n’è abbastanza per trascorrere più serate di riflessioni, forse è già troppo.
Due intellettuali diversissimi per tradizione – un aristocratico francese che percorre la sua esistenza mentre l’aristocrazia perde, addirittura, senso nella Francia di “Philippe-égalité” – guarda al futuro con pessimismo.
Emile Zola doveva ancora lanciare il suo “j’accuse” che già Tocqueville s’interrogava sul venefico pudding che l’abitudine materialista avrebbe generato, liquefacendo come burro d’Agosto due cardini vividi sin dalla Grecia di Pericle: civiltà e libertà.
Dall’Ovest all’Est: alla Francia ufficialmente monarchica ma già, praticamente, repubblicana risponde Matvejević, l’uomo che in gioventù era stato orgoglioso di partecipare – con la locale gioventù universitaria – ai campi estivi per la costruzione di tratti ferroviari, nella Bosnia che arrancava per seguire un processo di “modernità” che non le appartiene per tradizione.
Civiltà e libertà si fondono, per Matvejević, nel concetto di democrazia che il bosniaco, però, subito snatura: scapuzzato dalla delusione, dal dolore d’aver visto precipitare i suoi ideali in una fornace da 100.000 morti, lo scrittore di Mostar ne storpia la parola. Non ha più senso né onore quel termine, dopo le fosse comuni e le fucilazioni di massa.
Ecco allora farsi avanti il surrogato – democratura – dalla desinenza incerta, poiché nasconde non più il naturale fondersi della civis e della libertas nel loro naturale connubio, bensì la incrina ponendola come un evento attivo: creato, preparato, forzato.
Da una Francia che sta per elevare la ragione illuminista a ragion di Stato, ad una Bosnia che ha sempre osservato con curiosità l’Illuminismo ma non l’ha mai fatto suo, la sentenza si completa.
E non potrebbero trovare – i due, così lontani nel tempo e nello spazio, l’Ovest immaginifico di nuovi ideali e l’Est che fiammeggia d’immagini tradizionali – miglior sintesi che quella di un Pasolini straordinariamente ispirato, proiettato in futuro che sembra già conoscere. E che pare quasi confessare che non vedrà.
La cultura della televisione è una “corte dei miracoli”, le analisi dei politici “telegrammi”.
Ora lasciamo quel mondo e, già che ci siamo, by-passiamo anche le precisazioni di Kant e le polemiche di Vittorini e di Togliatti. Domandiamoci: ha ancora senso, in questa Italia, parlare di un ruolo per gli intellettuali?
Attenzione: per e non degli. Poiché, in quello che è il loro ruolo tradizionale, sono estinti da decenni.
Potremmo accennare all’acqua calda: con la morte di Pasolini e di Sciascia, la luce dell’intellettualismo italiano si spense. Seguirono poi quelle di Carmelo Bene e di Fabrizio de André a coprire qualche timido riverbero con pesanti, luttuose coltri nere. Lasciandoci soli.
Nessuno ha elevato pianti al cielo degli Dei, non ci sono stati sacrifici propiziatori: “una pace terrificante” tutto ha avvolto e coperto.
Se, un tempo, le “analisi” televisive dei politici erano “telegrammi”, oggi sono diventate “pizzini”.
Una locuzione forbita non serve più per dipingere un concetto differentemente non esprimibile, bensì per far comprendere che si sa quello che non si dovrebbe sapere, che la guerra dei dossier è sempre in agguato.
Si passa così dal “potere che logora chi non ce l’ha” di Andreotti ai “tacchi a spillo che logorano chi non li ha” della Santanché. Le dietrologie già s’ammantano con il sapore della vendetta, Dagospia impera e detta l’agenda della futura “rivelazione”, cui seguirà l’inevitabile querela.
Eppure, eppure.
Eppure l’albero non è completamente seccato, anche se non ha più foglie e non genera più frutti da tempo, poiché nel sotterraneo di umide zolle qualche radice agguanta un’oncia di terra e la strizza, per ricavarne tutto il succo che ancora contiene.
Avvizzito – come ben chiarisce Matvejević – l’intellettuale alla luce del sole, stretto com’è fra “le accuse di tradimento e quelle di oltraggio”, una modesta cultura underground sopravvive nel profondo, come sempre quando le epoche buie spadroneggiano come i cavalieri dell’Apocalisse.
Dobbiamo chiederci cosa farne.
Non sono più teorie bensì aneliti, non c’è costrutto perché manca il legante: tutti i giornali sono stati occupati dalla pulizia politica, tutte le case editrici disinfettate con l’acido muriatico. Ogni denaro, financo pochi centesimi che si raschiano dal barile, destinati all’avanspettacolo.
Eppure, ogni epoca ha avuto i suoi condottieri ed i suoi intellettuali, fossero anche un Giovannino dé Medici ed un Machiavelli. Se mancano i primi, è perché i secondi si sono dileguati: cattedre vuote non possono coltivare menti selvagge, ma potenzialmente prolifiche.
Per questa ragione, crediamo che porre oggi un problema di rappresentanza politica sia prematuro, pericoloso e fuorviante. Sappiamo d’ingenerare qualche sconforto e non pochi patemi fra chi, tra un mutuo da pagare ed una pensione che non s’intravede più, cerca disperatamente un abbrivio per condurre la sua mente fuori delle secche. Ma così è.
Non potrebbero, d’altro canto, esistere chela senza guru e fiori senza steli: come potrebbero, oggi, nascere veri “condottieri” dell’azione politica se il campo che doveva generali è arido da decenni?
Si finisce così per ascoltare infinite diatribe sulla moneta, mentre il silenzio sulle teorie del valore assorda.
Né ci si può inventare d’essere quel che non si è: da molto tempo, la classe politica viene tratta dai ruoli delle amministrazioni oppure dai quadri dello spettacolo. Le prime ruffiane e corrotte, il secondo deprimente nei contenuti. Cosa potrebbero generare?
Moro mai pensò di fare il sindaco, ma ci furono ottimi sindaci che ressero grandi Comuni per decenni, e lo fecero molto bene. Sordi dipinse vizi e virtù italiane come forse nessuno era mai stato in grado di fare: non per questo, gli passò mai per la testa d’andare a presentare quell’evidenza fra i banchi del Parlamento. Oggi, la scelta rimane fra barbari e Barbareschi.
Perché?
Lo chiarisce Pasolini: “Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni”.
Chi non s’adatta al format buffonesco, non viene più compreso: Beppe Grillo, istrione per natura e per mestiere, ha ben compreso che il meccanismo che s’è instaurato lo facilita. Magari in buonissima fede: il problema è un altro.
A ben vedere, il percorso era già iniziato allora: Moro stupì e lasciò attonito l’uditorio democristiano, al congresso del 1969, quando affermò che “I giovani chiedono un vero ordine nuovo, una vita sociale che non soffochi, ma offra liberi spazi, una prospettiva politica non conservatrice o meramente stabilizzatrice, la lievitazione di valori umani.” Quale mercede gli fu resa, ben sappiamo.
Se la nostra società (o civiltà?) mostra segni di pericolosissimi scricchiolii, non tanto nelle comuni previsioni di disastri economici e nel decadere dei redditi, quanto nello “spappolamento” sociale d’ogni valore, come si può pensare d’invertire la tendenza trovando “santi, poeti e navigatori” i quali, magicamente, schioccando le dita, risolvano ogni cosa? Sarebbe come pretendere di curare la dissenteria con i tappi.
Come si può ricostruire un pensiero economico, se prima non s’affrontano i cardini della morale? Come si può considerare moralmente accettabile la miseria, quando i cassonetti traboccano di cibi ed abiti gettati?
Dobbiamo allora, più che cercare soluzioni che siano al bordo del sentiero, inoltrarci nel folto, nel buio del bosco ed affrontare compiti e rischi: altrimenti, la cestina rimarrà vuota e non ci sarà nessun risotto con i funghi.
Paradossalmente, già indicava quel percorso Alce Nero quando affermava che, l’unica condizione per far “rinascere” il Popolo degli Uomini, era quella di ritrovare dove la vie sacre s’intersecavano, quel “centro del mondo” che è ovunque, giacché soltanto dentro di noi possiamo cercarlo.
Alce Nero era un intellettuale del suo tempo e della sua cultura, il quale si rendeva conto che la sottomissione della grande cultura “del cavallo e del bisonte” avrebbe tranciato la linfa che nutriva le meditazioni nei tepee, l’incontro fra i giovani guerrieri e gli Uomini della Medicina. Frantumando non solo l’esistenza, bensì la memoria.
Siamo stati anche noi, con metodi più melliflui e suadenti, colonizzati e schiavizzati, privati del nostro sentirci italiani – ancorché dipinti dalle mille, impietose facce di Sordi – ma in ogni modo definiti e definibili. Una landa senza volto, che agguanta solo più offerte commerciali, ne ha preso il posto.
La nostra memoria – almeno quella! – però sopravvive, perché siamo una cultura che utilizza la stampa da cinque secoli e da qualche lustro abbiamo a disposizione il potente mezzo informatico. Cosa da non sottovalutare.
Qualsiasi “ripartenza” deve quindi basarsi non su velleitarie “chiamate alle armi” contro i pericoli incombenti, e nemmeno credere che sia possibile creare tout court organizzazioni territoriali. Almeno: non adesso, non subito.
Se qualche forma d’intellettualismo, d’elaborazione critica della realtà ancora sopravvive lo dobbiamo allo straordinario evento che – pensato come catalizzatore commerciale o come “valvola di sfogo” per i delusi, poco importa – è apparso nella sua forma più evoluta da pochi anni.
Le “tribù” sono tornate ad esistere nel gelido scorrere dei fiumi d’elettroni, fra le invisibili onde che volano in cielo: sono “tribù” veramente sui generis, chissà se Alce Nero potrebbe mai immaginarsele. Sono migliaia di blog.
La tentazione “d’unire”, a ben vedere, appartiene all’universo globalizzatore: si nutre del medesimo, vampiresco sangue. Sarebbe un grave errore: per nostra fortuna, nemmeno ipotizzabile perché non si possono “assommare” le menti. Questo è il meccanismo che ben funziona nel calderone mediatico così ben descritto da Pasolini: nel Web – nonostante i tentativi dei tanti troll e debunker di “deviare” le pulsioni verso il “format” coerente al potere – fallisce perché la gente si ribella. Io mi sono ribellato.
Le menti non possono essere “sommate”, bensì messe in contatto: un tempo, quando gli intellettuali ancora esistevano, trovavano nelle riviste un terreno fertile, che rispettava la loro indipendenza cementando però – ecco la novità importante! – nel comune sentire dei valori condivisi il loro lavoro.
Sursum corda, verrebbe da dire.
Non è la soluzione, ma la via verso la soluzione.
Questa fu l’idea che nacque nel breve incontro di Bologna: tradizionale e rivoluzionaria al tempo stesso, poiché ricavata pari pari dai canoni dell’intellettualismo classico, ma interpretata alla luce delle nuove istanze e dei nuovi mezzi.
La forma, a questo punto, è di secondaria importanza: l’aspetto pregnante è comprendere che, se esistono mille e mille blog che cantano con diversi accenti le mille note di un melodramma, quelle mille voci sono quel melodramma. Sono gli attori del melodramma, l’orchestra ed il pubblico: tutti insieme. Basterà riconoscerlo, e l’atto sarà di per sé rivoluzionario.
Perciò – è l’invito e la riflessione che lancio – iniziamo a riflettere sul percorso: la meta verrà da sola. Potrebbe essere una sorta di “marchio di qualità” al quale si aderisce, il quale contenga un codice etico da rispettare, ma domani potrebbero nascere iniziative comuni più incisive e benefiche per il futuro della Nazione. Sempre nel rispetto della diversità, vera ricchezza, ma con migliorate condizioni di scambio e d’interconnessione. Ovviamente, rivolto a coloro che sono nella condizione evidenziata da Matvejević, “stretti tra le accuse di tradimento e quelle di oltraggio.”
L’intellettuale “organico”, la ruota di scorta del multiforme regime, ha già mille voci che lo amplificano: ci sembra, però, che la sua figura ultimamente stia perdendo smalto.
Se le “corazzate” di regime come Libero – alla fine dei conti – riescono a vendere 90.000 copie il giorno (e magari tante sono regalate e mascherate da vendite, al punto che sono sempre in forte perdita economica), il mondo dei blog attizza senz’altro un pubblico maggiore.
Si tratta soltanto d’averne coscienza e di lasciare tentazioni egemonizzanti, per concentrare l’attenzione su forme di collaborazione fra pari le quali, però, moltiplicherebbero la visibilità dei mille “orchestrali”.
Pensando, magari, ad un servizio collettivo di protezione legale – con i tempi che corrono, potremmo averne presto bisogno – oppure la consulenza informatica. E perché no: invece di tradurre gli autori stranieri in italiano, tradurre i nostri articoli per i blog esteri. Compiendo un’inversione di tendenza, facendo capolino fuori dalla vulgata imperante per l’Europa dell’Italia: un popolo spento, azzerato, prono.
Ammettendo che la cenere tutto ricopre, ma che milioni di faville, tuttora, urlano il loro disgusto.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Alexis de Tocqueville (Verneuil-sur-Seine, 1805 – Cannes, 1859)
“E’ qualcosa di tipico, lo specchio di ciò che è successo nei Paesi dell' Est. Si proclama la democrazia, ma quello che si fa veramente è una democratura. Con la democratura, questo regime autoritario e dittatoriale ammantato di vesti democratiche, non si può andare da nessuna parte. E gli intellettuali non possono che restare stretti tra le accuse di tradimento e quelle di oltraggio…Nelle democrature, ogni parola critica contro il proprio Paese viene presa per tradimento…E ogni parola critica contro i Paesi vicini…viene vista come un oltraggio. Lo spazio si fa sempre più stretto. Del resto, come succedeva nell' URSS ai dissidenti, vivere da traditore poteva diventare un atteggiamento morale.”
Predrag Matvejević (Mostar, 1932 -)
“Io, da telespettatore, la sera prima e un' infinità di sere prima – le mie sere di malato – ho visto sfilare, in quel video in cui essi erano ora...un'infinità di personaggi: la corte dei miracoli d'Italia – e si tratta di uomini politici di primo piano...Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni: riassume i loro discorsi facendoli passare per idioti – col loro sempre tacito beneplacito? – oppure, anziché esprimere le loro idee, legge i loro interminabili telegrammi: non riassunti, evidentemente, ma ugualmente idioti: idioti come ogni espressione ufficiale. Il video è una terribile gabbia che tiene prigioniera dell'Opinione Pubblica – servilmente servita per ottenere il totale servilismo – l'intera classe dirigente italiana.”
Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Roma, 1975)
Forse ce n’è abbastanza per trascorrere più serate di riflessioni, forse è già troppo.
Due intellettuali diversissimi per tradizione – un aristocratico francese che percorre la sua esistenza mentre l’aristocrazia perde, addirittura, senso nella Francia di “Philippe-égalité” – guarda al futuro con pessimismo.
Emile Zola doveva ancora lanciare il suo “j’accuse” che già Tocqueville s’interrogava sul venefico pudding che l’abitudine materialista avrebbe generato, liquefacendo come burro d’Agosto due cardini vividi sin dalla Grecia di Pericle: civiltà e libertà.
Dall’Ovest all’Est: alla Francia ufficialmente monarchica ma già, praticamente, repubblicana risponde Matvejević, l’uomo che in gioventù era stato orgoglioso di partecipare – con la locale gioventù universitaria – ai campi estivi per la costruzione di tratti ferroviari, nella Bosnia che arrancava per seguire un processo di “modernità” che non le appartiene per tradizione.
Civiltà e libertà si fondono, per Matvejević, nel concetto di democrazia che il bosniaco, però, subito snatura: scapuzzato dalla delusione, dal dolore d’aver visto precipitare i suoi ideali in una fornace da 100.000 morti, lo scrittore di Mostar ne storpia la parola. Non ha più senso né onore quel termine, dopo le fosse comuni e le fucilazioni di massa.
Ecco allora farsi avanti il surrogato – democratura – dalla desinenza incerta, poiché nasconde non più il naturale fondersi della civis e della libertas nel loro naturale connubio, bensì la incrina ponendola come un evento attivo: creato, preparato, forzato.
Da una Francia che sta per elevare la ragione illuminista a ragion di Stato, ad una Bosnia che ha sempre osservato con curiosità l’Illuminismo ma non l’ha mai fatto suo, la sentenza si completa.
E non potrebbero trovare – i due, così lontani nel tempo e nello spazio, l’Ovest immaginifico di nuovi ideali e l’Est che fiammeggia d’immagini tradizionali – miglior sintesi che quella di un Pasolini straordinariamente ispirato, proiettato in futuro che sembra già conoscere. E che pare quasi confessare che non vedrà.
La cultura della televisione è una “corte dei miracoli”, le analisi dei politici “telegrammi”.
Ora lasciamo quel mondo e, già che ci siamo, by-passiamo anche le precisazioni di Kant e le polemiche di Vittorini e di Togliatti. Domandiamoci: ha ancora senso, in questa Italia, parlare di un ruolo per gli intellettuali?
Attenzione: per e non degli. Poiché, in quello che è il loro ruolo tradizionale, sono estinti da decenni.
Potremmo accennare all’acqua calda: con la morte di Pasolini e di Sciascia, la luce dell’intellettualismo italiano si spense. Seguirono poi quelle di Carmelo Bene e di Fabrizio de André a coprire qualche timido riverbero con pesanti, luttuose coltri nere. Lasciandoci soli.
Nessuno ha elevato pianti al cielo degli Dei, non ci sono stati sacrifici propiziatori: “una pace terrificante” tutto ha avvolto e coperto.
Se, un tempo, le “analisi” televisive dei politici erano “telegrammi”, oggi sono diventate “pizzini”.
Una locuzione forbita non serve più per dipingere un concetto differentemente non esprimibile, bensì per far comprendere che si sa quello che non si dovrebbe sapere, che la guerra dei dossier è sempre in agguato.
Si passa così dal “potere che logora chi non ce l’ha” di Andreotti ai “tacchi a spillo che logorano chi non li ha” della Santanché. Le dietrologie già s’ammantano con il sapore della vendetta, Dagospia impera e detta l’agenda della futura “rivelazione”, cui seguirà l’inevitabile querela.
Eppure, eppure.
Eppure l’albero non è completamente seccato, anche se non ha più foglie e non genera più frutti da tempo, poiché nel sotterraneo di umide zolle qualche radice agguanta un’oncia di terra e la strizza, per ricavarne tutto il succo che ancora contiene.
Avvizzito – come ben chiarisce Matvejević – l’intellettuale alla luce del sole, stretto com’è fra “le accuse di tradimento e quelle di oltraggio”, una modesta cultura underground sopravvive nel profondo, come sempre quando le epoche buie spadroneggiano come i cavalieri dell’Apocalisse.
Dobbiamo chiederci cosa farne.
Non sono più teorie bensì aneliti, non c’è costrutto perché manca il legante: tutti i giornali sono stati occupati dalla pulizia politica, tutte le case editrici disinfettate con l’acido muriatico. Ogni denaro, financo pochi centesimi che si raschiano dal barile, destinati all’avanspettacolo.
Eppure, ogni epoca ha avuto i suoi condottieri ed i suoi intellettuali, fossero anche un Giovannino dé Medici ed un Machiavelli. Se mancano i primi, è perché i secondi si sono dileguati: cattedre vuote non possono coltivare menti selvagge, ma potenzialmente prolifiche.
Per questa ragione, crediamo che porre oggi un problema di rappresentanza politica sia prematuro, pericoloso e fuorviante. Sappiamo d’ingenerare qualche sconforto e non pochi patemi fra chi, tra un mutuo da pagare ed una pensione che non s’intravede più, cerca disperatamente un abbrivio per condurre la sua mente fuori delle secche. Ma così è.
Non potrebbero, d’altro canto, esistere chela senza guru e fiori senza steli: come potrebbero, oggi, nascere veri “condottieri” dell’azione politica se il campo che doveva generali è arido da decenni?
Si finisce così per ascoltare infinite diatribe sulla moneta, mentre il silenzio sulle teorie del valore assorda.
Né ci si può inventare d’essere quel che non si è: da molto tempo, la classe politica viene tratta dai ruoli delle amministrazioni oppure dai quadri dello spettacolo. Le prime ruffiane e corrotte, il secondo deprimente nei contenuti. Cosa potrebbero generare?
Moro mai pensò di fare il sindaco, ma ci furono ottimi sindaci che ressero grandi Comuni per decenni, e lo fecero molto bene. Sordi dipinse vizi e virtù italiane come forse nessuno era mai stato in grado di fare: non per questo, gli passò mai per la testa d’andare a presentare quell’evidenza fra i banchi del Parlamento. Oggi, la scelta rimane fra barbari e Barbareschi.
Perché?
Lo chiarisce Pasolini: “Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni”.
Chi non s’adatta al format buffonesco, non viene più compreso: Beppe Grillo, istrione per natura e per mestiere, ha ben compreso che il meccanismo che s’è instaurato lo facilita. Magari in buonissima fede: il problema è un altro.
A ben vedere, il percorso era già iniziato allora: Moro stupì e lasciò attonito l’uditorio democristiano, al congresso del 1969, quando affermò che “I giovani chiedono un vero ordine nuovo, una vita sociale che non soffochi, ma offra liberi spazi, una prospettiva politica non conservatrice o meramente stabilizzatrice, la lievitazione di valori umani.” Quale mercede gli fu resa, ben sappiamo.
Se la nostra società (o civiltà?) mostra segni di pericolosissimi scricchiolii, non tanto nelle comuni previsioni di disastri economici e nel decadere dei redditi, quanto nello “spappolamento” sociale d’ogni valore, come si può pensare d’invertire la tendenza trovando “santi, poeti e navigatori” i quali, magicamente, schioccando le dita, risolvano ogni cosa? Sarebbe come pretendere di curare la dissenteria con i tappi.
Come si può ricostruire un pensiero economico, se prima non s’affrontano i cardini della morale? Come si può considerare moralmente accettabile la miseria, quando i cassonetti traboccano di cibi ed abiti gettati?
Dobbiamo allora, più che cercare soluzioni che siano al bordo del sentiero, inoltrarci nel folto, nel buio del bosco ed affrontare compiti e rischi: altrimenti, la cestina rimarrà vuota e non ci sarà nessun risotto con i funghi.
Paradossalmente, già indicava quel percorso Alce Nero quando affermava che, l’unica condizione per far “rinascere” il Popolo degli Uomini, era quella di ritrovare dove la vie sacre s’intersecavano, quel “centro del mondo” che è ovunque, giacché soltanto dentro di noi possiamo cercarlo.
Alce Nero era un intellettuale del suo tempo e della sua cultura, il quale si rendeva conto che la sottomissione della grande cultura “del cavallo e del bisonte” avrebbe tranciato la linfa che nutriva le meditazioni nei tepee, l’incontro fra i giovani guerrieri e gli Uomini della Medicina. Frantumando non solo l’esistenza, bensì la memoria.
Siamo stati anche noi, con metodi più melliflui e suadenti, colonizzati e schiavizzati, privati del nostro sentirci italiani – ancorché dipinti dalle mille, impietose facce di Sordi – ma in ogni modo definiti e definibili. Una landa senza volto, che agguanta solo più offerte commerciali, ne ha preso il posto.
La nostra memoria – almeno quella! – però sopravvive, perché siamo una cultura che utilizza la stampa da cinque secoli e da qualche lustro abbiamo a disposizione il potente mezzo informatico. Cosa da non sottovalutare.
Qualsiasi “ripartenza” deve quindi basarsi non su velleitarie “chiamate alle armi” contro i pericoli incombenti, e nemmeno credere che sia possibile creare tout court organizzazioni territoriali. Almeno: non adesso, non subito.
Se qualche forma d’intellettualismo, d’elaborazione critica della realtà ancora sopravvive lo dobbiamo allo straordinario evento che – pensato come catalizzatore commerciale o come “valvola di sfogo” per i delusi, poco importa – è apparso nella sua forma più evoluta da pochi anni.
Le “tribù” sono tornate ad esistere nel gelido scorrere dei fiumi d’elettroni, fra le invisibili onde che volano in cielo: sono “tribù” veramente sui generis, chissà se Alce Nero potrebbe mai immaginarsele. Sono migliaia di blog.
La tentazione “d’unire”, a ben vedere, appartiene all’universo globalizzatore: si nutre del medesimo, vampiresco sangue. Sarebbe un grave errore: per nostra fortuna, nemmeno ipotizzabile perché non si possono “assommare” le menti. Questo è il meccanismo che ben funziona nel calderone mediatico così ben descritto da Pasolini: nel Web – nonostante i tentativi dei tanti troll e debunker di “deviare” le pulsioni verso il “format” coerente al potere – fallisce perché la gente si ribella. Io mi sono ribellato.
Le menti non possono essere “sommate”, bensì messe in contatto: un tempo, quando gli intellettuali ancora esistevano, trovavano nelle riviste un terreno fertile, che rispettava la loro indipendenza cementando però – ecco la novità importante! – nel comune sentire dei valori condivisi il loro lavoro.
Sursum corda, verrebbe da dire.
Non è la soluzione, ma la via verso la soluzione.
Questa fu l’idea che nacque nel breve incontro di Bologna: tradizionale e rivoluzionaria al tempo stesso, poiché ricavata pari pari dai canoni dell’intellettualismo classico, ma interpretata alla luce delle nuove istanze e dei nuovi mezzi.
La forma, a questo punto, è di secondaria importanza: l’aspetto pregnante è comprendere che, se esistono mille e mille blog che cantano con diversi accenti le mille note di un melodramma, quelle mille voci sono quel melodramma. Sono gli attori del melodramma, l’orchestra ed il pubblico: tutti insieme. Basterà riconoscerlo, e l’atto sarà di per sé rivoluzionario.
Perciò – è l’invito e la riflessione che lancio – iniziamo a riflettere sul percorso: la meta verrà da sola. Potrebbe essere una sorta di “marchio di qualità” al quale si aderisce, il quale contenga un codice etico da rispettare, ma domani potrebbero nascere iniziative comuni più incisive e benefiche per il futuro della Nazione. Sempre nel rispetto della diversità, vera ricchezza, ma con migliorate condizioni di scambio e d’interconnessione. Ovviamente, rivolto a coloro che sono nella condizione evidenziata da Matvejević, “stretti tra le accuse di tradimento e quelle di oltraggio.”
L’intellettuale “organico”, la ruota di scorta del multiforme regime, ha già mille voci che lo amplificano: ci sembra, però, che la sua figura ultimamente stia perdendo smalto.
Se le “corazzate” di regime come Libero – alla fine dei conti – riescono a vendere 90.000 copie il giorno (e magari tante sono regalate e mascherate da vendite, al punto che sono sempre in forte perdita economica), il mondo dei blog attizza senz’altro un pubblico maggiore.
Si tratta soltanto d’averne coscienza e di lasciare tentazioni egemonizzanti, per concentrare l’attenzione su forme di collaborazione fra pari le quali, però, moltiplicherebbero la visibilità dei mille “orchestrali”.
Pensando, magari, ad un servizio collettivo di protezione legale – con i tempi che corrono, potremmo averne presto bisogno – oppure la consulenza informatica. E perché no: invece di tradurre gli autori stranieri in italiano, tradurre i nostri articoli per i blog esteri. Compiendo un’inversione di tendenza, facendo capolino fuori dalla vulgata imperante per l’Europa dell’Italia: un popolo spento, azzerato, prono.
Ammettendo che la cenere tutto ricopre, ma che milioni di faville, tuttora, urlano il loro disgusto.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Caro Carlo,
RispondiEliminaComplimenti per il bell'articolo.
Davvero.
René.
Avanti così!
RispondiEliminaSi potrebbe creare un "blog italiano" a modi CDC (ma non come CDC...) dove potersi confrontare. Il problema lampante è chiaro a tutti, le "fighettine dell'informazione" (luminari dell'informazione) si criticherebbero a vicenda accusandosi di plagio...
storie risapute...
ultima cosa: i blogger in generale necessitano di un gigantesco bagno di umiltà.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaGrazie René, di cuoe, perché non ero certo che la ciambella fosse riuscita col buco.
RispondiEliminaNon credo, Dario, che si correrebbe questo rischio, perché sarebbe soltanto l'adesione ad un progetto, nulla di più.
In seguito, si potrebbe decidere quali "sezioni" avviare, ma solo dopo un buon "rodaggio".
Il rischio che evidenzi è reale, ma una simile forma potrebbe non scatenare quelle pulsioni.
Ci vuole ancora parecchio dibattito.
Ciao e grazie a tutti
Carlo
Entro nella mischia, forse in ritardo, non importa, basta che ci entri.
RispondiEliminaChi è un amico, un buon amico?
Me lo chiedo da quando ero un ragazzino e, credetemi sulla parola, non è una domanda stupida o ingenua.
Io non vi starò a elencare una serie di persone che hanno influenzato la mia vita positivamente: se per questo, un buon amico potrebbe benissimo essere un autore, cento autori, mille autori e i loro libri.
Un buon amico, comunque stiano le cose, condivide sinceramente.
Carlo è mio amico, perchè mi ha trasmesso con sincerità tutta la tristezza di un uomo ferito, non si è nascosto, non ha inghiottito il rospo, si è ribellato alla dittatura.
Carlo è mio amico, perchè non chiede di essere difeso o capito, ma semplicemente, si espone.
Carlo è mio amico, perchè vuole stare in prima linea e al fronte, si sa, ci vanno i coraggiosi e non i codardi.
Carlo sta a prua, sul castello, annusa l'aria e non è la stessa che annuso io sul cassero di poppa.
Carlo è mio amico, perchè non mi chiede di essere Carlo, ma, semplicemente, quello che sono.
con affetto
B.S.
Stupendo Black: grazie.
RispondiEliminaCarlo
PS: Roddy ti ha scovato? -))
Complimenti a Black Skull, sinceramente. Ha espresso pensieri comuni a molti di noi, cappello. A proposito di un fronte comune fra internauti, secondo me manchiamo di un fondamentale, l' approccio fisico. Guardarsi negli occhi stimola la fiducia. Ma, come si dice, dai tempo al tempo. Pasolini..., noi si era negli anni '70, lui era già oltre il 2000, questo lo capì la gente sbagliata e perciò fu messo a tacere. Sfiga! Saluti, Lopez
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RispondiEliminaIntellettualismo
RispondiEliminaA differenza del post-modernismo (legato al mondo ex-colonizzatore), il termine post-coloniale (legato al mondo ex-colonizzato) “produce” intellettuali che si impegnano politicamente nel porre in primo piano l’attività dell’intelletto rispetto alle emozioni o alle intuizioni. Si pensi alle differenze tra Gunter Grass e Chiuna Achebe, Gianni Vattimo e Edward Said e così via. Attenzione, il “post” di post-coloniale non va inteso nel senso di una successione cronologica, ma come sinonimo di “anti-”: l’intellettuale post-coloniale, infatti, reagisce sempre contro tutto ciò che era coloniale o è neo-coloniale. La resistenza per lui è una questione di vita o di morte: la sua opera è la sua esistenza. In Italia, intanto, contiuano a morire Sciascia e Pasolini!
Ma che c’entra la letteratura con il pensiero politico o con la libertà? Chi fa una domanda del genere si è certamente chiesto anche: “ma perché Bertani qualche volta narra invece di raccontare?” È facile sostenere che l’analisi letteraria può non avere implicazioni politiche (post-modernismo). Ma, allo stesso tempo, qualcuno può accusare l’“analista” di essere fascista o trotzkista! Letteratura, cultura e politica, oltre ad essere considerati come “portatrici” di valori morali ed estetici, sono anche vere e proprie agenti della Storia. Se la resistenza contro la democratura parte dal campo culturale e politico allo stesso tempo, occorrebbe negare, almeno sul piano teorico, la differenza tra “sapere puro” e “sapere poltico” (post-colonialismo). In Italia, intanto, continuano a morire Sciascia e Pasolini.
Ne deriva che la critica culturale dà luogo ad una critica politica. Questo dovrebbe essere, secondo me, il ruolo dell’intellettuale: armonizzare il sapere nel campo culturale con la realtà socio-politica. In tal caso, egli sarà in grado di scegliere tra il “decostruire” derridianamente il “discorso” della classe politica, “costruire” gramscianamente un’alternativa a questa, oppure fare tutte e due le cose. Non a caso la definizione di Orwell circa il ruolo dell’intellettuale nella società faceva riferimento a “qualcuno che al tempo stesso dentro e fuori il ventre della balena”.
Ciò può, anzi, deve accadere a livello globale. Non occorre aggrapparsi a visioni e valori eurocentrici. Occorre invece imparare anche dal post-colonialismo. Pasolini imparava dai “ragazzi di vita”. Viene da chiedersi: perché gli intellettuali italiani d’oggi non imparano (o almeno ascoltano) gli immigrati? Questi ultimi probabilmente avranno qualche idea su come lottare contro l’ingiustizia, la dittatura, la mafia, o persino fenomeni come il berlusconismo o il celodurismo che rappresentano il peggio che la civiltà italiana abbia mai espresso. Ma in Italia, intanto, continuano a morire Sciascia e Pasolini.
Mahmoud, Giordania.
Carlo,
RispondiElimina'sto sfessante pistolotto per concludere che ci vuole il "marchio di qualità"?
Ma se l'ho proposto fin dal mio primo commento rimasto inevaso!
Lino Bottaro, repetita iuvant, l'ha avanzata proprio a Bologna la proposta. Ma non è stata calorosamente accolta, anzi per niente.
Gl'intellettuali non hanno alcun ruolo nel pianeta della materia chiamato Terra.
Cosa serve spostare armi e bagagli nel post successivo ed abbandonare quello precedente?
Non era sufficiente integrarlo?
Donato aveva posto nel piatto, nel precedente post, una metafora significativa: come organizzare un orto muniti solamente di un metro, una cordicella e dei paletti di legno. Gli avevo risposto che i muratori, con gli stessi oggetti, avevano eretto fior fior di edifici.
Probabilmente agli "intellettuali" la cosa è sfuggita, d'altronde cosa possono farsene di tali aiuti se sono specializzati nei classici greci o in lingue più o meno arcaiche?
Sempre Donato ha fatto riferimento ad un cospicuo numero d'insegnanti presenti nel web, io li colloco tra gl'intellettuali, dimenticandosi di precisare che sono soprattutto portatori "sani" di nozioni umanistiche ma non tecniche.
Carlo ad esempio ha portato Moro che non ha mai ricoperto il ruolo di sindaco, ma in compenso ha esuflatto concetti particolarmente sottili.
Non si può nutrire l'anima o l'intelletto se lo stomaco è vuoto.
Il primo nutre i primi, il secondo il secondo.
Cosa serve redarre un meraviglioso progetto se non si è in grado, per qualsiasi motivo, di realizzarlo?
Forse ricorrendo a citazioni più o meno erudite?
Desidererei che la mia riflessione fosse letta non ubbiasticamente ma parresiasticamente.
Tanto le dovevo.
Carlo,
RispondiEliminain ciò che andrò affermando non le attribuisco alcuna responsabilità.
Fin dalle prime battute noto che anche il suo blog ha andamento aplodiplontico (a fiore), cioè ogni petalo si relaziona esclusivamente con l'ovario, evitando accuratamente d'interelazionarsi.
Hai voglia d'intelletto!
E la pragmaticità?
Con simpatia.
Caro Mahmoud,
RispondiEliminaio seguo questo blog con grande interesse perché mi permette di leggere i suoi commenti. Con stima e profonda ammirazione,
Paolo.
Complimentei Carlo, ora visto gli apprezzamenti comuni a quando questo benedetto incontro tra vari seguaci per vederci finalmente in faccia e palpare con mano le nostre sensazioni?
RispondiEliminaP.S Black come al solito seisempre il più incisivo ti nomino nostromo!!
Dici bene, Carlo, commentando le citazioni d'inizio articolo che tu stesso hai postato: "Forse ce n’è abbastanza per trascorrere più serate di riflessioni..."
RispondiEliminaPer il momento mi accontento di sentirmi parte di una...possibile Tribù.
Dicendo, quasi a me stesso, che le tribù hanno futuro solo se collegate, non sradicate, al loro heimat...
Un grande Amico (dici il vero Black! colui che ho già definito "uomo vero") scrisse qualche mese fa:
"Sapremmo riconoscerlo? Oppure, passando per il proprio Heimat, finiremmo per non vederlo, e magari ci svuoteremmo il portacenere dell’auto?
A monte di qualsiasi aggregazione, di un possibile movimento politico – ma anche di un matrimonio o di un’amicizia – se non c’è, prima, il riconoscersi in un Heimat comune, tutto si stempera nella consuetudine." CB 24 gennaio 2010.
Da meditarci sopra, come sempre.
FabrizioD
Beh, veramente qui non scrivono solo insegnanti di lettere antiche. Non so gli altri, ma io il greco manco lo conosco, a parte l'alfabeto. Non ho una formazione culturale classica, le parole difficili ed il linguaggio troppo ricercato tendono a darmi il mal di testa, eppure a volte scrivo qui e mai mi è stata chiesta una qualche patente di qualità.
RispondiEliminaNon intervengo frequentemente, lo faccio solo quando ritengo, a ragione o a torto, di avere qualcosa di sensato da dire: generalmente quando il discorso si sposta sull'energia, sulla gestione delle risorse o argomenti simili. Non è poi così raro che il padrone di casa parli di queste “robacce tecniche”, rispetto alle quali evidentemente ha interessi e conoscenza. Tra l'altro non è che siano disgiunte dalla politica. Anzi, dovrebbero essere la Politica.
Carlo Bertani l'ho incontrato, virtualmente s'intende, cinque o sei anni fa per via di un libro divulgativo (Energia, Natura e Civiltà) che trattava di problematiche prettamente tecniche e pure piuttosto attuali. Nulla di specialistico: “solo” divulgazione ma ben fatta e ben documentata.
È vero che questo blog il più delle volte è fatto di singoli che interagiscono separatamente con Carlo, ma non è nemmeno poi così raro che ci sia confronto tra commentatori. Non lo vedo come un sultanato e nemmeno come un confessionale, visto che comunque gli interventi Carlo-singolo lettore li possono leggere tutti gli altri e chi vuole può ovviamente inserirsi.
Semmai mi dispiace che appena un sito o un blog supera una certa soglia critica di visibilità insorgano certi problemi... Significa che ben difficilmente si uscirà dalla dimensione 4 gatti e quindi le idee che qui vengono messe sulla carta avranno ben poche possibilità di essere trasmesse più diffusamente, fosse anche solo per essere smontate o completate.
Redarre un progetto secondo me serve sempre e comunque, anche se non si è in grado di realizzarlo. Intanto esiste ed è stato diffuso. Se le circostanze (la forza delle idee, il Fato, il caso o il “culo”) lo vorranno, si diffonderà e forse potrà prima o poi essere realizzato.
Non so se il Mahatma Gandhi voleva da subito l'indipendenza dell'India dall'Impero Britannico e, se anche fosse così, certo sapeva che non sarebbe stato per il mese dopo: infatti ci vollero almeno trent'anni.
Ah, per quanto riguarda l'esempio di organizzare un orto muniti di metro, cordicella e paletti di legno, mentre i muratori con gli stessi oggetti avevano eretto fior di edifici: certo che sì, supponendo di disporre in un caso delle sementi e nell'altro del materiale da costruzione, ovviamente. Però un orto è importante quanto un edificio, soprattutto se non si dispone (più) del supermercato. L'orto come nutrimento della “panza” e non solo dello spirito: non lo vedo come puro esercizio intellettuale, anzi può essere qualcosa di terribilmente pragmatico.
Quando alla fine degli anni '60 inizio degli anni '70 il circolo Salvemini di uno "sperduto" paesino del sub Appenino Dauno organizzava corsi di ripetizioni gratuite per i figli di operai-braccianti e contadini, venne l'idea - data l'enormità dei casi di bocciature in "italiano/latino e matematica, con la costante però della matematica come principessa incontrastata dei bocciati- di trovare uno strumento per verificare il comportamento di alcune delle variabili in gioco - ad esempio l'alunno con il suo retro bagaglio in relazione con l'insegnante, anch'esso con il suo retro bagaglio.
RispondiEliminaDopo l'approccio iniziale con una marea di ragazzi ( vennero accettati anche quelli del capoluogo e dei paesi limitrofi) ci rendemmo conto che tutti +o- riuscivano a dire, recitare la pappardella su questo o quell'argomento ma a nessuno fregava niente delle capacità utilizzatrici di Pitagora et similia nella pratica quotidiana.
Quelli erano i tempi in cui cominciavo a leggere uno dei più grandi divulgatori, Martin Gardener, morto da qualche mese, e le linee pedagocighe della Castelnuovo. Certo non facilmente trasportabili in una realtà come quella di 40 anni fà e per giunta in soggetti che provenivano quasi esclusivamente da realtà bracciantile con qualche rara provenienza operaia.
Vengo al dunque.
Bisognava trovare quegli agganci pratici, utili nel quotidiano e facilmente accessibili e descrivibili da linguaggio corrente.
Fù così che venne fuori una soluzione di adattamento del teorema di pitagora che nella stesura originale di allora era di " costruire un pagliaio per il ricovero delle pecore, con le pareti di pietra i cui angoli di incontro dovevano essere di 90 gradi, avendo a disposizione solo il metro, una corda lunga abbastanza e dei paletti di legno".
Furono due stagioni meravigliose, anche se furono certamente massacranti come impegno.
Non so perchè - e proprio da quell' articolo di Bertani sull'Heimat- comincio a vedere delle similitudine ancora accennate che potrebbero traformarsi in congruenze relazionali.
Doc
Il tuo giudizio - sultano - mi sembra impietoso ed ingiusto.
RispondiEliminaGià aprire una critica con la locuzione "'sto sfessante pistolotto" significa aver compreso ben poco ed avere, inoltre, scarso rispetto per chi ha cercato di scrivere qualcosa affinché altri potessero riflettere.
Mi sembrano modi da CDC, che non mi piacciono: perciò, limita le tue pulsioni, altrimenti qui non sarai più ben accetto.
D'altro canto, la tua accusa - velata - di un blog "carlocentrico" è sconfessata da Fabrizio e da Lopez che si riferiscono a Black.
Qui, non ci siamo mai posti il problema: come viene, viene. E tu sei qui da troppo poco tempo per saperlo.
E mi dispiace di non poterti rispondere sulla questione di Bologna, giacché tradirei la richiesta di una persona, ed io non tradisco mai.
Non siamo alla società segreta: semplicemente, quando una persona chiede riservatezza è giusto rispettarla, cosa che tu non hai mostrato di saper fare.
"Indichi un sentiero e ti mostrano la montagna": accidenti, Mahmoud.
E' vero, viviamo nella prigione della "post-modernità" e ci caschiamo facilmente, come il povero Rumiz finisce per fare, pur con le sue ottime intenzioni.
Il problema, Mahmoud - oserei affermare "il tuo essere prezioso" - è che non è facile incontrare/incontrarsi con persone che conoscono profondamente la realtà di quei luoghi e che possono permettersi di farlo con sicurezza in altre lingue.
In Europa, viviamo già un poco il problema con il Tedesco: per mille articoli di fonte inglese o spagnola, dieci francesi ed un tedesco.
Figuariamoci con l'arabo (anzi, "gli arabi").
Ho provato, ogni tanto ci provo, a parlare con i miei vicini marocchini - ragazzi giovani, qualcuno sveglio, altri un po' meno, come ovunque - e loro si meravigliano quando parlo della "luce" che fu Baghdad.
Chissà cosa pensano di me: che sono un piemontese un poco eccentrico, che non parla della festa dell'uva ma della matematica dei persiani.
Eppure, è difficile.
Spesso, mi sembra di percepire una barriera che non si riesce a valicare. E' forse la loro difesa: i celoduristi hanno lasciato il segno.
Mi vengono allora due pensieri.
Il primo è che dovremo forse attendere la prossima generazione, che si manifestino i tanti ventenni che sono "ponte", giacché ancora "vivi" nella loro cultura ma in grado di comunicarla. E, questo, non per soli aspetti linguistici: i giovani cresciuti in Italia sanno distinguere un Carlo da un Borghezio, mentre i loro genitori - sofferenza? - sono ammantati da troppa diffidenza.
La seconda riflessione riguarda la funzione dell'intellettuale, il quale de-struttura/struttura sul filo del rasoio, giacché vive all'interno del pensiero che desidera criticare. Tenta di "calibrare" il motore mentre è in moto.
Per essere "globale" - ossia elevare la propria critica, tenendo conto di persorsi storici paralleli e poco condivisi nella vulgata imperante - ha bisogno d'incontri.
Certo, ci sono i libri e c'è Internet.
Manca, però, una "nuova Blagaj", ossia il luogo - ed il tempo, compreso il diverso scorrere del tempo in Oriente ed in Occidente - per la riflessione comune ed il dibattito, senza spellarsi le dita sulle tastiere.
Si potrà controbattere che Blagaj esistette perché i libri erano costosi e la parola quasi gratuita, ma una vocina mi dice che quei Dervisci e quei Gesuiti, ancora oggi, preferirebbero il loro eremo sotto la roccia.
Che bel progetto, sarebbe, una nuova Blagaj.
Se Black è il nostromo che tutto osserva, pronto a riprendere chi avvolge male una cima, Fabrizio è quello che tiene il libro di bordo.
RispondiElimina"Giorno 24, Gennaio, 2010, la nave è approdata in un piccolo porto della Pomerania, fra le nebbie del Baltico, e l'equipaggio è sceso a terra.
In una locanda, ha pranzato insieme all'equipaggio della Koenigin Gertrud, una goletta che fa il cabotaggio costiero.
Hanno sentito perlare di un termine molto usato dai marinai tedeschi per definire il loro essere, il loro legarsi a luoghi e persone. Lo definivano Heimat. L'equipaggio è tornato a bordo in silenzio, meditando su quel termine."
Già, Fabrizio: ti confesso che non ho risposte chiare.
Esiste un Heimat dei mille blog? Io credo di sì. Come sempre, però, "adelante cum judicio".
Attendo conforto e precisazioni.
Grazie a tutti
Carlo
Difatti, Davide: nessuno qui ha mai usato termini o locuzioni "erudite" per il semplice gesto di mostrarle.
RispondiEliminaQuando è necessario si usano, altrimenti meglio usare un linguaggio che tutti possono comprendere. Qualunque scrittore lo sa: il linguaggio elegante è per il cuore, quello specifico e circostanziato per la mente. Tecnico o filosofico esso sia.
Tu e doc, poi, riportate il problema sotto la luce della critica dei metodi.
E doc ci mostra una "Barbiana" dell'Appennino Dauno del tempo che fu. L'eco ci riporta le voci di Di Vittorio e di Don Milani: accidenti, quanti ne abbiamo persi per strada.
Qui, la cosa si fa complessa: un amico, al ristorante, mi fece vedere come risolvere facilmente una moltiplicazione con molte cifre e decimali con la matematica ayurvedica.
La risolse con due colpi di penna sul tovagliolo.
Le menti, come le metodologie, sono quasi tante come gli esseri umani.
Chiesi ad un lama tibetano perché, per il medesimo argomento, ci fossero un mantra, un commentario di 5.000 parole ed uno di 100.000 parole.
"Dipende dall'allievo", rispose.
Questa è la semplice realtà della comunicazione.
Gli Angli usano un lessico comunicativo molto essenziale, che ha il pregio d'esser compreso più facilmente da più perone.
I latini usano, invece, un linguaggio più colorito, che ha il vantaggio di definire meglio gli eventi e che rischia di diventare elitario.
I tedeschi hanno "un Dio per conto loro", nella continua creazione di meta-neologismi che traggono sempre origine, però, dai "tasselli" ancestrali della lingua.
La parola più lunga in tedesco è un termine per definire le norme sulla macellazione delle carni: quattro righe in Word, Arial 10.
Una regola di buon senso è sempre usare il metodo più semplice - senza vergognarsi di farlo - a patto, però, di non cedere nella precisione dei significati.
Purtroppo, una pessima abitudine dei latini - mutuata da un falso concetto dell'intellettualismo - è quella d'infiorare il discorso con termini volutamente sofisticati per mostrare la loro erudizione. Cosa che, alla luce dell'analisi, nulla ha a che vedere con la semantica.
Anzi, a volte finiscono per ingarbugliarsi da soli, e mostrare delle defaillance che - se si fossero accontentati di volare "più bassi" - avrebbero evitato.
Talvolta mi fanno ridere, altre incazzare.
Ciao
Carlo
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RispondiEliminaIl blog fa un po' le bizze per postare: succede anche a voi? Così compaiono i doppioni. Non so se eliminarli, poiché non vorrei che sparissero entrambe le copie.
RispondiEliminaSuggerimenti?
Carlo
uggerimento su richiesta.
RispondiEliminaTi appare un falso messaggio d'errore, qualcosa tipo indirizzo URL troppo lungo per essere accettato.
“Futtitenne”, esci e rientra, vedrai che il post di replica è presente senza errori. Quanto a cancellare i doppioni, io l'ho fatto la prima volta che mi è capitato l'inconveniente ed è rimasto l'intervento gemello. Quindi, a meno che non sia cambiato ancora qualcosa, cancella pure. O almeno, prova. Magari proprio con la replica a me e doc, che ha il doppione.
Di solito scrivo in Open Office e poi copio e incollo, così non ci sono problemi a “ri-postare” se qualcosa va storto.
Davvero una bella riflessione...e la cosa che più mi colpisce personalmente sono i preamboli che precedono il tuo articolo.Personalmente ho ricercato una mia personale "askesis" per uscire dal pantano presente nella possibilità di ricominciare da capo la storia della nostra patria (spero che questo termine non venga considerato fuori corso ) Riprendiamo a riannodare il filo della storia da una eventuale riscoperta della monarchia come possibile cornice istituzionale rinnovata dell'italia, cercando di non impantanarci su questione dinastiche ma stando ben attenti a ricercare quei comuni denominatori che il fascismo prima e la democratura poi hanno evidentemente obnubilato.Mi rendo conto che tornare indietro sui propri passi non è mai un esercizio che si fa volentieri...ma guardandomi intorno...registro che i paesi europei che hanno saputo custodire meglio la propria storia se la passano decisamente meglio di noi...Il nostro è un paese allo stato attuale estremamente deturpato...non riesco a trovare un solo motivo che sia uno che mi renda orgogliosi di chiamarmi ancora italiano.
RispondiEliminatutte le volte sono costretto a rifare iscrizione per postare è normale o sono così imbranato da non fare qualche semplice operazione che strascuro ?
RispondiEliminaCARLO FAI BENISSIMO A RIPRENDERE CHI NON E' RISPETTOSO DELLE IDEE ALTRUI, MOSTRANDO UNA SCARSA PROPENSIONE ALL'AMORE PER LA DIALETTICA. pIU' CHE GIUSTA LA TUA REPRIMENDA SU SULTANO LA CONDIVIDO PIENAMENTE.
RispondiEliminaPrima - kastlan - la questione tecnica: non so perché succede (forse Davide lo sa meglio di noi due messi insieme) però, se vedi che funziona, fai così. Insomma, l'empirismo, a volte, "rende" più della teorizzazione. Fino ad un certo punto.
RispondiEliminaSulla monarchia, mi sembra che non sia una soluzione proponibile. In Italia, per molte ragioni.
Tralasciamo gli aspetti costituzionali.
Una eventuale monarchia italiana non potrebbe evitare lo "scoglio" Savoia: una casata distrutta dagli scandali, con un "pretendente" incriminato ed un Delfino ballerino e showman oramai di professione. Insomma...
Se, invece, vogliamo parlare del ramo "Aosta", il Duca d'Aosta abita a Castiglion Fibocchi e la sua tenuta è accanto a quella di Licio Gelli. Che caso...
Diverso è il caso delle monarchie nordiche, le quali hanno il rispetto e l'appoggio della popolazione perché seppero guadagnarselo.
Quando i nazisti imposero la stella gialla agli ebrei in Danimarca, il re e la corte andaro a passeggio per Copenhagen con la stella gialla addosso.
Sono altri mondi, dove la Riforma ha lasciato il segno, non paesi cattolici.
La Spagna è l'unica eccezione, perchè morto Carrero Blanco Franco non aveva successori. Del resto, aveva già preparato l'avvento di Juan Carlos per tempo.
Non credo che la soluzione sia tornare indietro, bensì portare avanti l'impianto democratico con ancor maggiori libertà e partecipazione.
Del resto, molti Paesi europei campano benissimo senza re.
Ciao
Carlo
Qui sul tuo blog Carlo (il tu mi sembra sia corretto nel blog, vero?)sono solo in grado di leggere e in qualche occasione fatico a cogliere appieno citazioni e riferimenti, ma ho deciso che questa è la mia palestra politico-culturale.
RispondiEliminaOggi scrivo per vincere la pigrizia e il timore di esprimermi ed espormi, ma è più forte il desiderio di farti sapere che è stata la tua penna a farmi guardare non più superficialmente al "teatrino" della politica e agli eventi italiani ed internazionali.
Uno in più che cerca di ragionare con la sua testa...anche questo può essere un successo, credo.
Ah, dimenticavo, ho trovato sgradevoli e al limite della maleducazione le parole di sultano96, con un intenso retrogusto...acido.
Pleonastici i complimenti per il "tepee"
Grazie.
gigi
Stamani - gigi - ho ricevuto una mail da un amico, Luigi Boschi (ha un ottimo blog, se vuoi cerca il suo nome), il quale mi ricordava che proprio questa è la nostra vittoria: condurre sempre più persone al ragionamento, alla critica efficace.
RispondiEliminaIo penso che ci vorrebbe anche qualcosa di più, ma ha senz'altro ragione.
Grazie per il tuo sostegno e...benvenuto a bordo!
Carlo
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RispondiEliminaCredo che in questo momento, in linea con l'argomento proposto, e per tornare all'invito del Capitano di relazionarsi, in modo non esclusivo ma collaborativo, tra uomini - in quanto sistemi complessi- siano adatte, appropriate le parole usate da Luigi Boschi (ultima parte della poesia..) che condivido.
RispondiEliminaDoc
................
L'uomo è globale,
non uno stupido lettore,
un servo abbruttito
dalla quotidiana ripetizione,
dove qualsiasi bambino addestrato
può sostituirlo,
in cui perde il senso
e agogna il tempo libero...
un'altra invenzione
della stupidità moderna.
E' il tramonto della società dei servizi
dominati dalla tecnica.
E' l'aurora boreale della società delle relazioni,
che vivono di intensa passione e dedizione...
una vita per il bene
non per il guadagno
che torna ad esser conseguenza.
E' il tempo delle comunità tra loro connesse
in cui l'individualità non è mortificata
dalla stupidità di massa
o dalla tracotanza del cacicco di turno.
Nella società della tecnica
ci si affranca dal mercimonio
per donarsi nella potenza.
L'uomo va oltre se stesso,
rompe le acque del razionale
e diviene uno stato di pura coscienza
senza soluzione di continuità.
E ora: Buona visione!
(Parma, 20/07/2010)
Luigi Boschi
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RispondiEliminaCon sincero rammarico osservo che le mie parole hanno urtato sultano96.
RispondiEliminaRiportavo solamente una sensazione mia personale, mi pareva che il livello "sonoro" dell'intervento in questione fosse leggermente sopra la media di questo blog.
Mi scuso con sultano e soprattutto con tutti i partecipanti... lungi da me provocare disturbo a un luogo così tranquillo e sereno come questo.
(acci... era il primo intervento)
Cordialità.
gigi
Complimenti Carlo per l'articolo.
RispondiEliminacomplimenti, Mahmoud, per il profondo commento-articolo. hai ragione, abbiamo tanto da imparare dagli immigrati... davvero!
Angelo
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RispondiEliminaEkkilo, è arrivato!!!
RispondiEliminada chiunque gli venga prestato il dx....si prende anke il sx.
E giunse la notte (in tutti i sensi)
Doc
Qui non si scatenano gazzarre di questo tipo. E poi, dopo la questione CDC, me lo aspettavo.
RispondiEliminaAccà, nissciuno è fesso.
Adesso, mister sultano, vai pure a raccontare che sono un censore. E ti bannerò sempre, da oggi in poi.
Carlo Bertani
Amministratore del blog
Nell'esperienza vissuta dello stato italiano o se preferisci nel suo genoma c'è la monarchia.Peraltro lo stato italiano nasce proprio grazie alla monarchia e non certo alla republica.Ma io ho fede che anche l'italia al pari del regno olandese che ha conosciuta anch'essa la repubblica possa ritrovarsi unita di nuovo in una cornice monarchica, non voglio scomodare illustri politologi che non mancano di dare più ragione ai monarchici che non ai republicani...Staremo a vedere cosa ci riserverà la storia a venire...Una cosa è certa, un punto fermo se vuoi...almeno nelle monarchie non si ammazzano i magistrati a furor di tritolo...questo spero vorrai concedermelo...
RispondiEliminacordialmente
Non so - kastlan - quanto sia fattibile una monarchia in Italia. E proponibile.
RispondiEliminaOvviamente, se ci credi, fai bene a perseguire questo tuo intento, che però mi lascia freddo come soluzione.
Non sono così sicuro che, se al Quirinale ci fosse un Vittorio, la mafia si farebbe dei problemi.
Secondo me, i problemi hanno tutt'altra origine.
Anche la Francia, la Germania, la Grecia, il Portogallo, l'Austria...furono delle monarchie.
In Danimarca, con la monarchia, si vive bene. Ma anche nella vicina Germania.
Le ragioni sono altre, credimi.
Ciao e grazie
Carlo
Non preoccuparti - ingenuo - tu non hai nessuna responsabilità.
RispondiEliminaI furbetti del quartierino non finiscono mai.
Ciao
Carlo
Non voglio intervenire con citazioni, non ne ho bisogno.
RispondiEliminaIo non ho mai stretto la mano a Carlo, io non so neanche che faccia abbia, al di fuori di una foto che lo riprende di tre quarti, qua è là per la rete.
Io non so che odore abbia, non so come si vesta, che cosa mangi, da che parte del letto dorma: io, di Carlo, infine, non so nulla!!!
Così come non so nulla di nessuno dei commentatori che qua si riuniscono per i più disparati motivi, che un sociologo potrebbe benissimo esaminare, io no!
Io non penso, e provi qualcuno a smentirmi, che, al di fuori di queste Isole di Tortuga, si riesca a dire tranquillamente, senza essere interrotti da amenità e insulsaggini maleducate e ignoranti da bar,ciò che ci scambiamo, nel bene e nel male.
Malgrado ciò, che cosa mi spinge ad affermare senza ombra di dubbio che Carlo è un mio AMICO, se non ho nulla da guadagnarci, se non posso ricevere da lui nessun tipo di attenzioni ( a parte i complimenti e le educate battute virtuali e lo spazio che mi concede ), raccomandazioni di sorta, promesse o qualsiasi aiutino degno di questa Repubblicchina della banane marce?
E che cosa sa di noi il Capitano?
Presumo le stesse cose che sappiamo noi di lui.
Tutto ciò che si commenta in questo luogo, che non ha stanze o muri e alla reception non vengono consegnate chiavi numerate a seconda del portafogli, dove non si paga e non si è retribuiti, o sono opinioni ( critica )o sono pregiudizi.
Anche Socrate è stato sbeffeggiato da Aristofane, con l'unica differenza che entrambi sono ricordati da 2500 anni.
E allora, chi siamo uno per l'altro al di fuori di un ticchettio su una tastiera che materializza i nostri pensieri su questa agorà immateriale?
Cerchiamo - visto che non siamo dei Montaigne, dei Voltaire,dei Tocqueville, ma delle povere foglie sbatacchiate ovunque il potere, qualunque esso sia , ci faccia turbinare - di apprendere, riflettere e con delicatezza, sensibilità, intelligenza e educazione, di apprezzare o dissentire, evitando di riprodurre gli istinti più bassi dell' uomo o emulare le buffonaggini dei politici che ci governano, prima ancora di esserci guardati negli occhi e stretti la mano, evento che spero avvenga a breve, nessuno escluso.
Non necessariamente voglio essere amico di tutti, ma umano e preferirei un nemico come Carlo che cento amici falsi.
rispettosamente
B.S.
Grazie, Paolo, Carlo e Angelo per le vostre parole. Vi rispondo solo ora per due motivi:
RispondiElimina1) qui siamo in pieno Ramadan e posso scrivere solo di notte (quando si può mangiare, bere e fumare insomma – e forse per quello sono stato un po’ duro con Rumiz qualche pomeriggio fa: il digiuno ti rende nervosetto:) )
2) prima c’era tensione nel blog dovuta a discorsi inutili fatti da Sultano (ve l’ho sempre detto: è sempre copla del “sultanato” e dell’oriente in generale :) ) e così, ho preferito aspettare.
Certo, Angelo, che ci sarebbe da imparare dagli immigrati. Scusate la nota personale: ho vissuto in Italia per quasi sette anni, con un soggiorno friulano che oscillava tra regolarità, clandestinità e semi-clandestinità. So che vuol dire andare in questura di notte per prenotare un posto nella lunghissima fila, per poi chiedere un “rinnovo” che arriva dopo lunghi mesi, durante i quali non puoi lasciare il Bel Paese, pena il respingimento. So che vuol dire, per uno studente extracomunitario, andare a cercare un appartamento vicino all’ateneo. So cosa provano tanti immigrati durante la campagna elettorale: quando leggono sui manifesti che sono delinquenti, criminali, ignoranti, brutti, ecc. Tu sai, Carlo, che a me non piace fare la vittima (persino quando parlo di Sion:). Ma la situazione degli immigrati (sarebbe meglio dire emigranti) è molto tragica.
Ho scritto che bisogna ascoltarli, ma non mi riferivo a quello che fanno le associazioni di sinistra, seppur di rado, quando invitano gli extra-comunitari a raccontare in pubblico storielle tradizionali dei loro paesi. Mi riferivo invece al diritto alla rappresentanza in tutti i campi: lavoro, mass media, comuni, università (non mancano le problematiche dell’equipollenza dei titoli che vengono dal sud del mondo) ecc. Marx dice, facendo riferimento ai proletari: “essi non possono rappresentarsi, devono essere rappresentati”. La frase sembra adeguata anche alla situazione degli extra-comunitari. Su “Porta a Porta” quando si parla d’immigrazione, Vespa invita un leghista, uno del Pdl, un “pericoloso” esponente del PD e un’attrice romana!! Mai un extra-comunitario. Se, invece, il tema verte su un episodio particolarmente critico, il giornalista chiama il “capo” della comunità, mettendolo in difficoltà, e facendolo sentire responsabile del peggioramento dello stato della pubblica sicurezza in Italia, in Europa e in tutto l’occidente.
Ciò che volevo sottolineare nella parte finale del mio ultimo commento era questa domanda: perché gli immigrati vengono considerati solo come una fondamentale risorsa economica e mai come una risorsa intellettuale, o meglio, come una parte della soluzione alla crisi intellettuale che l’Italia berlusconiana-brunettiana sta vivendo? Non credo, infatti, che gli italiani (ad esempio, i lettori del blog), che vogliono un cambiamento radicale nella scena politico-culturale, riescano a raggiungere tale obiettivo da soli. Anche perché la sfida è globale. Mi chiedo: perché non approfittare della comunicazione interculturale? Il dibattito “meticcio” su argomenti come libertà, diritti, informazione, lotta contro la dittatura, contro la mafia ecc., non sarà solo interessante ma certamente fruttuoso per tutti. E poi, non dimenticate che loro sono più arrabbiati di voi! Approfittatene!
Buona alba a tutti!
Mahmoud, Giordania.
Mi convince assai ciò che scrive Mahmoud salvo che (almeno questa volta) sembra dimenticare (o sottovalutare) un aspetto parallelo della questione.
RispondiEliminaLungi da me la convinzione che non esista in Italia (ed sul Pianeta!) un problema delle minoranze razziali.
Tutt'altro!
Credo, invece, che che la "fabbricazione" di problemi razziali sia uno degli strumenti che qualsiasi Potere edifica ad arte per poter meglio gestire il popolo che amministra, manipolando cultura e pensiero.
Quello che Mahmoud sottovaluta è che lo stesso problema di ascolto, di visibilità e anche di rappresentanza effettiva, è un problema che "assilla" anche i nativi d'Italia.
Come ben dimostrano gli scritti del nostro Ospite e (quasi) tutte le riflessioni che Carlo stimola nei suoi lettori.
Quando (se) sarà possibile costruire una unione di Heimat diversi ed apparentemente lontani, solo allora dal "basso" potremo incidere davvero sul nostro presente e futuro.
Altrimenti rimarremmo sempre (tutti) merce da manipolare.
Consapevolezza Globale,
mi sembra una ottima espressione che definisce una Strada che ci sarebbe utile per il futuro.
Credere realisticamente a ciò?
Questo è tutt'altro discorso...
Temo che in tanti lavorino perché ciò non accada mai. Al vertice e nella base della piramide del Potere.
Un saluto sincero a Mahmoud e agli altri amici del blog.
FabrizioD
O.T.:
RispondiEliminaRIMINI - Il politico da cui parte è Enrico Berlinguer. La sua austerità è un "riferimento etico e politico". Non solo per l'Italia ma per "il governo Berlusconi". E "tutti gli uomini e i soggetti di buona volontà di questo paese" devono capire che "una cosa è giusta a prescindere da chi la fa".
Così riporta Repubblica oggi.
Chi sta parlando?
Tremonti!
Allucinato mi chiedo: ma che faccia hanno?
Ma anche: cosa c'è dietro?
Quale scopo ha una citazione simile a livello culturale, morale e (anche) politico?
FD
Parentesi.
RispondiEliminaNon è mai bello dover bannare qualcuno. Oppure bocciarlo a scuola.
Quando, però, si fa, non è per violenza gratuita o lesa maestà: è per preservare l'individuo da future, ancor più cocenti delusioni (scuola), oppure per preservare il lavoro che un gruppo coeso sta svolgendo (blog).
Si dirà: così si cancellano le voci discordi. Falso.
Fabrizio ed io abbiamo diverse posizioni sul complottismo, non ho condiviso l'accusa di razzismo di Mahmoud per Rumiz, però troviamo sempre una sintesi.
Attenzione: non un compromesso, una sintesi. Che ce ne fregherebbe del compromesso? Come ben dice Black, qui nessuno ha qualcosa da guadagnare.
Se la sintesi viene oggi, bene, se arriverà fra un anno, bene, se non arriverà si rimarrà insieme per quel 90% che ci unisce.
Perché questo sistema funziona?
Perché questo è un blog elitario.
Non per la cultura o l'erudizione - cazzate - bensì per l'educazione ed il rispetto, per la disposizione all'ascolto.
Perché fra di noi funziona e con altri no?
Similis similia solvitur (il simile scioglie il simile), vecchio adagio degli alchimisti.
Probabilmente, questa è la semplicissima risposta: sulla spiaggia, al bar od in un blog, le amicizie non nascono mai a caso.
Fine parentesi
Carlo
...tutto fa brodo, tanto, a quanti interessa la coerenza?
RispondiEliminaCredo che per accreditarsi presso il "popolo dei votanti" la stragrande maggioranza dei ns politici, con accorti elzeviri ed adeguata copertura editoriale, potrebbe anche santificare il demonio...
E veniamo alla questione immigranti/emigranti.
RispondiEliminaChe il potere usi l'immigrazione come strumento politico di controllo del consenso, lo hanno chiarito benissimo Fabrizio e Mahmoud. Non mi pare il caso di tornarci sopra.
L'apparato industriale è meno loquace, ma più pericoloso.
Ricordo un'intervista fatta in un bar di Treviso dopo l'ultima vittoria di B. nel 2008.
La gente, tronfia: adesso sì che 'sti negher...glielo facciamo vedere noi...eccetera, sunto del breviario del "gentile" Gentilini.
In un angolo del bar, un signore in silenzio.
L'intervistatrice chiede all'uomo che mestiere fa: l'imprenditore.
Poi, domanda cosa pensa delle frasi appena ascoltate.
Risposta (con sguardo di commiserazione): lasciateli dire, che s'arrabbino pure, che sbraitino. A noi, gli immigrati servono.
E non servono soltanto per creare scissioni e malumori fra lavoratori: la condizione di precarietà dell'immigrato lo rende il soggetto perfetto per accettare i lavori più pericolosi.
Le aziende, fregandosene della sicurezza, guadagnano di più e gli immigrati...crepano!
D'altro canto - ed in questo Mahmoud ha pienamente ragione - sopravvive in Italia una mentalità che non è nemmeno neocoloniale. E' la vecchia mentalità coloniale italiana, quella della "quarta sponda", dove un libico non poteva camminare sul marciapiede.
E, questo, ci riporta alla singolarità del colonialismo italiano: passato come "benevolo" nella vulgata imperante, in realtà non ha mai fatto i conti con il suo passato.
Figuriamoci se potrebbero mai concedere la pubblicazione del "Leone del deserto" o di "Fascist Legacy"!
(continua)
In italia è in atto una trasformazione dinamica di una stragrande maggioranza di politici di ogni colore in frattali.
RispondiEliminaTremonti ad esempio, in quanto primus, ritiene ormai di essersi trasformato nel nastro di Mobius.
Infatti, ormai, non riesce a distinguere più tra entrata(e) ed uscita(e), tra inizio e fine (di una crisi): a tanto è giunto che non riesce a stabilire un ordine temporale, cronolologico alle sue masturbazioni oratorie; ha annullato il tempo così chè non sa quale delle sue Emerite appropriazioni indebite linguistiche viene prima e dopo.
Ormai, in italia, per alcune platee l'inizio e la fine della storia e' lui il 3morti..di Mobius.
Doc
P.S. a proposito di monarchia esente da delitti di tipo mafiosi o di tipo assimilabile se non ricordo male uno dei primi grandi scandali (1893) bancari b.Romana) del novello stato (monarchico) unitario italiano porto' al primo assassinio eccellente...
L'intellettuate de-strutturatore/strutturatore ha quindi come precipuo compito - in questo frangente - la critica alla storiografia ufficiale.
RispondiEliminaOgni giorno che santifica qualche "buona azione" italiana all'estero - dall'Eritrea alla "Missione Arcobaleno" - deve essere tallonato, morsicato nei garretti, messo alla berlina.
La compartecipazione, la condivisione potrà esistere soltanto - per ora - con la gestione comune di questi spazi.
Nelle grandi città, invece, qualcosa esiste a livello di centri sociali, ma è ancora in embrione.
L'immigrato è fragile, per la condizione di "minus" alla quale è sottoposto, e non molti si fidano degli italiani.
Accolgo volentieri l'invito di Mahmoud ma, nella mia condizione di uomo isolato (perché vivo in un piccolo paese), le possibilità sono poche.
Se la cosa lo interessa, potremmo scrivere a quattro mani e pubblicare insieme un testo su un argomento a scelta sul colonialismo italiano.
Che so, Omar al Mukhtar, i bombardamenti in Etiopia, i gas...altro...
Oppure mostrare la sostanziale unitarietà dei colonialismi con "l'avventura" italiana in Iraq del 1941, finita con un bagno di sangue nella, purtroppo, "solita" Falluja.
Mi rendo conto che sono argomenti più per intellettuali che d'interesse generale ma, qui, i pochi che mi parlano delle loro terribili condizioni di lavoro chiedono l'anonimato.
Che fare?
Grazie a tutti
Carlo
Poi,
Beh, ingenuo, non sarei così pessimista. Pochi giorni fa, ho visto la classifica di Blogbabel ed ho notato che questo blog è poco sotto quello dell'IDV-Italia dei Valori.
RispondiEliminaSignifica che molte persone giungono qui, magari non commentano, ma leggono.
la cosa, però, si stempera naturalmente nella constatazione che né io, né voi, potremmo essere diversi.
Allora - sempre ricordando Black, "che ci guadagniamo?" - conviene essere quel che si è e mostrarsi al mondo. Fregandocene di quel che succede.
Confesso che, quando ho letto il commento di doc, ho riso di gusto. Nella mente è comparsa l'immagine di un Tremontino piccino piccino che percorreva incessantemente un nastro di Mobius. Un Sisifetto arrancante.
Hanno oramai poco da dire, hanno poche risorse, sono poco intelligenti. Sono soltanto furbi, questo sì, e raccontando oggi una cosa e domani il suo contrario, cercano di accontentare oggi uno, domani l'altro.
Non sappiamo quanto potranno ancora portare avanti il gioco, ma noi siamo qui a mostrare ogni giorno che non c'è più un solo Re nudo, ma un intero Olimpo.
Grazie a tutti
Carlo
Clap clap clap a Carlo
RispondiEliminae clap clap clap a a tutti voi.
C'è di che sperare, ma non per noi, la strada e' ancora lunga. Voi sarete gli apripista della generazione che verra, lo spero con tutto il cuore.
In una odierna società di ... Vi dedico De Andre' " dal letame nascono i fior"
con stima
Gaetano
Grazie Gaetano: facciamo solo il nostro dovere (anche tu!), perché ci piace farlo.
RispondiEliminaCarlo
Doc
RispondiEliminaP.S. a proposito di monarchia esente da delitti di tipo mafiosi o di tipo assimilabile se non ricordo male uno dei primi grandi scandali (1893) bancari b.Romana) del novello stato (monarchico) unitario italiano porto' al primo assassinio eccellente..
FRANCAMENTE IO MI SAREI ASTENUTO DAL FARE QUESTO COMMENTO "in cauda est venenum" ? STENDO UN VELO PIETOSO SUI DELITTI BANCARI, CONTORNATI DI MORTI ECCELLENTI,CHE HANNO PUNTEGGIATO LA STORIA DELLA TUA REPUBLICHETTA...NON BASTEREBBE L'INTERO BLOG DI CARLO PER METTERLI IN FILA TUTTI QUANTI...
kastlan: doc (che vedrà lui cosa risponderti) voleva soltanto dire che anche la monarchia ebbe i suoi scheletri nell'armadio, ed il gravissimo (per le conseguenze economiche) scandalo della Banca Romana anticipò di un secolo esatto Tangentopoli.
RispondiEliminaOppure, vogliamo ricordare la scandalosa "svendita" dell'Italia fatta da Vittorio Emanuele III a Mussolini?
O la firma delle leggi razziali?
O la fuga al Sud?
O il mancato consenso ad Umberto di farsi paracadutare al Nord?
Umberto II fu invece ricordato - per quel poco che regnò - come una persona di ben altro spessore.
Tanto che non s'appellò a nessuno per l'esito del referendum: non chiese controlli, non s'appellò alle forze armate che sarebbero state fedeli alla Corona.
Il problema della Monarchia è proprio questo: quando ti "tocca" un Re un poco "ottuso" (sono benevolo...) come V.E. III, dopo te lo devi sorbire fin quando campa.
Nel suo caso, 46 anni. Ed ho dimenticato la sua incertezza nel sostituire Cadorna, che costò centinaia di migliaia di vittime durante la I° G.M. Sangue italiano, versato inutilmente.
Potrei continuare, ma non è il caso.
Concordo con te che le nefandezze della Repubblica sono terribili, ma esistono strumenti per ovviare.
Pensa un po' ad un Berlusconi che regna per 46 anni!
Ciao
Carlo
Quindi l'italia republicana è un paradiso in terra mi par di capire...In italia c'è la certezza del diritto...in italia non esiste denegata giustizia...in italia c'è la migliore qualita della vita che si possa immaginare...peccato che i "marcatori" internazionali sono lì a testimoniare l'esatto contrario...a differenza delle monarchie europee che funzionano ALLA GRANDE. Io per formazione sono un positivista, e giudico in base ai fatti ed ai risultati...Per quanto riguarda le "vulgate" sulla monarchia sabauda e quel voler spaccare il capello in quattro a tutti i costi denota il masochismo di gran parte degli italiani...non di tutti per fortuna...che per fare un dispetto alla faccia non esitano a tagliare il naso...Poi se mi indichi una forma di stato o uno o più stati che possa per un attimo essere meglio di questa republica parlamentare te ne sarei ampiamente grato...O PER DAVVERO SIAMO NUMERI UNO AL MONDO ???
RispondiEliminakastlan, sei scorretto: scorri le centinaia d'articoli che ho scritto. Sono quasi tutti di denuncia contro il malaffare della classe politica. Ovviamente, repubblicana.
RispondiEliminaQuesto non significa che ritenga la monarchia una soluzione.
Due repubbliche che funzionano? Francia e Germania.
Insomma, se tu sei monarchico hai tutto il diritto d'esserlo, però smettila di martellare in questo modo perché - come ben vedi - non hai trovato persone che seguano con gioia le tue, nobilissime, idee.
Perciò, se hai altro da dire, dillo pure ma smettila con una polemica inutile e senza futuro.
Grazie
Carlo
Fa tutto lei signor Kastlan fino ad arrivare ad una forma tautologica del tipo:
RispondiEliminaLa monarchia e' il modo migliore per giovernare.
E, sembra di capire, sempre e comunque.
Ora se smette di fare il tifoso della sua idea monarchica e di "imporre" l'attenzione intorno a sè ( i metodi per farlo sono...banali) e decide di porsi- come tanti gia' fanno qui per abitudine- in termini di disponibilità al dialogo costruttivo multi-direzionale esercitandosi ad esercitare con costanza la virtù della Tolleranza (quella filosofica!), quindi di accettazione del diverso da Lei, dell'altro senza preclusioni ideologiche e/o quant'altro di simile giornalmente viene utilizzato a piene mani, Lei e' il benvenuto.
Il mio riferimento, messo poi lì come notizia, ( e senza ricorre ad esempi ...atroci, tipo Cialdini&co)
era solo un modo per dire, anzi ribadire che la storia di Italia è un unicum delle Storie nazionali:mentre la formazione degli stati moderni nazionali ha conosciuto solo dei "momenti di criminalità" che regolarmente venivano espunti, spazzati via dall'intervento dello Stato, per l'Italia invece la Storia è sempre stata intrecciata - si badi non parallela- oserei dire interconnessa con quella della criminalità organizzata. E questo sia con la repubblica (oggi) che con la monarchia (ieri).
Il fatto poi che concordi con Lei che oggi (ma da un bel pò ormai) viviamo in una miserevole repubblichetta è, mi creda!, una
pura coincedenza: i miei valori sono quelli della Costituzione Repubblicana.
Cordialmente
Donato Curcio
P.S. Non era mia intenzione il pistolotto di risposta, anzi volevo occuparmi ad esempio di:
WebTimeBank (messa a disposizione via web di competenze tra i blogger e non solo;
di miglioramento delle nostre competenze tecniche (videotutor per insegnare l'uso di programmi, etc..); di costruzione di data base (leggi, fatti, misfatti) a cui "il passante errante per i blogs) possa fare facilmente riferimento.
Vuol dire che rimando a quando il Capitano vorrà dare il via a questa fase.
Doc
Ancora una annotazione: okkio, ho notato stranezze nel posizionamento di messaggi; ti consiglio di fare un back-up giornmaliero del sito.
HO RECEPITO IL MESSAGGIO SPERO DI AVERLO INTERPRETATO CORRETTAMENTE...ED E' IL SEGUENTE..."O TI CONFORMI ALLE IDEE DOMINANTI DEL BLOG OPPURE VIENI AUTOMATICAMENTE "PURGATO" SE HO MAL INTERPRETATO - CERCANDO DI NON ABUSARE DELLA VOSTRA CORTESIA ED OSPITALITA' - LA FRANCIA? SARKOZI DA MINISTRO DEGLI INTERNI COMPRO' LE MACCHINE PER TRUCCARE IL VOTO POPOLARE CHE GLI SAREBBERO SERVITE POI PER ESSERE ELETTO PRESIDENTE DELLA FRANCIA...SE QUESTO E' IL VOSTRO MODELLO... ADDIO...
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina“Io, da telespettatore, la sera prima e un' infinità di sere prima – le mie sere di malato – ho visto sfilare, in quel video in cui essi erano ora...un'infinità di personaggi: la corte dei miracoli d'Italia – e si tratta di uomini politici di primo piano...Ebbene, la televisione faceva e fa, di tutti loro, dei buffoni: riassume i loro discorsi facendoli passare per idioti – col loro sempre tacito beneplacito? – oppure, anziché esprimere le loro idee, legge i loro interminabili telegrammi: non riassunti, evidentemente, ma ugualmente idioti: idioti come ogni espressione ufficiale. Il video è una terribile gabbia che tiene prigioniera dell'Opinione Pubblica – servilmente servita per ottenere il totale servilismo – l'intera classe dirigente italiana.”
RispondiEliminaPier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 – Roma, 1975)
PENSIERO STUPENDO..! CHI NON FAREBBE "TESORO" DI QUESTA PROFONDA RIFLESSIONE!!!
Per Mahmoud
RispondiEliminami piacerebbe analizzare con te la parola composta extra-comunitario.
Cosa ne pensi, in riferimento a questa mia proposta, della teoria antropologica del caprio-espiatorio e dello specchio, intesa come accettazione dell'immagine riflessa di un popolo/gruppo e della relazione magica che questo implica, che si rafforza con l'esclusione di ciò che non è uguale?( individuo, altro gruppo, estraneo, straniero, diverso)
grazie
B.S.
In questo blog non è permesso insultare nemmeno mediante allusive perifrasi. "Sei come i tuoi amici, ecc"
RispondiEliminaCarlo Bertani
Amministratore del blog
Carlo
RispondiEliminati ho inviato un messaggio privato su CDC...Ma vedo che hai provveduto da solo.
Del resto è pressoché inevitabile.
Quanto agli intellettuali...
Ci sono ancora intellettuali in Italia? Non mi pare.
Sto leggendo un delizioso libro del
filosofo francese Michel Onfray, un
manifesto dell'edonismo,
"La potenza di esistere", e mi sembra che altrove in Europa ci sia
una vivacità intellettuale da noi
ormai sedata.
Ciao Carlo, ti faccio i miei complimenti per l'articolo. Sugli intellettuali anche io mi sono cimentato (http://conflittiestrategie.splinder.com/post/23170035/gli-intellettuali-di-servizio-di-g-gabellini). Credo non si riuscirà a cavare un ragno dal buco vista la drammatica situazione italiana. Un caro saluto.
RispondiEliminaRispondendo a Black:
RispondiEliminaIl sè e l’altro in campo antrpologico – identità ed immagine
Una delle problematiche che il “processo di esclusione” mette in risalto è la questione dell’identità. Essa è, per usare l’espressione di Jean Paul Sartre, una ‘condizione nervosa’ di fantasia e desiderio: desiderio di essere ‘diverso’, di essere ‘altro’. Nel contesto coloniale, per esempio, questa condizione caratterizza la relazione nevrotica tra il colonizzatore e il colonizzato, la quale, lungi dall’aver a che fare con le ambizioni di “civilizzazione”, comporta quel che Gayatri Spivak chiama ‘violenza epistemica’. Il sé, nel momento in cui ‘costruisce’ o conferma la fantasia della sua identità, situa il suo desiderio di “différance” presso l’altro. È interessante notare che l’identità coloniale viene concepita in termini di desiderio: il desiderio relativo al luogo dell’altro. L’identità, in tal senso, è situata tra il colonizzatore ed il colonizzato, ed è un’identificazione ambivalente, poiché contiene paura e desiderio oppure, per usare Freud, aggressività e narcisismo. Antropologicamente parlando, si tratta della cosiddetta “fase dello specchio”.
L’identità, però, non deve le proprie origini alla percezione dell’auto-riflessione nella natura umana o alla distinzione tra cultura e natura, ma alla relazione con l’altro. Ecco perché è strettamente correlata dell’alterità. Nella relazione tra questi due concetti, la questione dell’altro appare come costitutiva dell’identità stessa, essendo l’alterità condizione dell’affermazione dell’identità. L’identità, perciò, è pensabile come dato soggettivo (sentimento di identità) e oggettivo (capacità di riconoscimento dell’altrui identità).
Ma l’identità è, in fin dei conti, un frutto della nostra immaginazione; essa appartiene irrevocabilmente a quello che Edward Said chiama ‘geografia immaginaria’. La nostra appartenenza ad essa costituisce ciò che Benedict Anderson chiama ‘comunità immaginata’. Queste comunità andrebbero distinte non in base alla loro falsità o genuinità, ma allo stile in cui sono immaginate. “L’identità”, quindi, “non esiste”, come afferma il matematico Friedrich Waisman, “bensì esistono modi diversi di organizzare il concetto di identità”. Detto in altri termini, l'identità viene sempre, in qualche modo, ‘costruita’ o ‘inventata’. Come? Qui arrivo alla tua proposta, Black.
Uno dei modi attraverso cui si costruisce l’identità è creare immagini e stereotipi dell’altro, del diverso, dello straniero ecc. Lo stereotipo, a sua volta, riduce “idee” ad una forma più semplice, perpetuando un senso artificiale della differenza tra il sé e l’altro. L’immagine dell’altro, fin dal periodo coloniale, rimanda ad una falsa rappresentazione del diverso, assumendo aspetti politici, sociali e addirittura scientifici. Perchè?
RispondiEliminaSemplice. La raccolta di informazioni sui popoli non-europei, le loro classificazioni pseudo-scientifiche e le loro descrizioni attraverso stereotipi come ‘orientale pigro’, ‘negro selvaggio o violentatore’ e ‘cannibale del nuovo mondo’ ha condotto a determinate strategie per il loro controllo (Ciò succede oggi anche nel “civilissimo” Veneto). Alcune delle pratiche politiche e amministrative del potere coloniale erano basate su conoscenze stereotipe e teorie razziali. Poiché l’altro coloniale veniva ‘conosciuto’ in questi termini, le forme autoritarie di controllo politico erano considerate appropriate.
Creare stereotipi non vuol dire semplicemente produrre una falsa immagine che conduce a pratiche discriminatorie da parte delle autorità. Si tratta, invece, della creazione di un concetto ambivalente che mette in opera strategie che conducono alla ‘conoscenza ufficiale’, dove l’altro, l’immigrato, l’extra-comunitario ecc. non è mai caratterizzato in modo individuale e appare solo all’interno di una collettiva umana. Sono fatti così, sono tutti uguali.
Quanto alla parola composta extra-comunitario, che dire? Il senegalese e lo statunitense sono entrambi extra-comunitari. Questo è vero, ma è un dato che non conta. Quel che conta invece è sempre l’immagine (provate a cercare la parola “extra-comunitario” su google “immagini”! niente svizzeri). Extra-comunitario può significare povero, malvivente, delinquente, una persona che parla male l’italiano, una persona di pelle scura, ecc. L’anno scorso, in Italia, una donna anziana mi parlava di un viaggio che ha fatto in Brasile. Mi ha detto: “è un bel paese, ma è pieno di extra-comunitari”. Io: “sono tutti extra-comunitari i brasiliani.” Lei: “nooo, ho visto anche ricchi”.
Mahmoud, Giordania.
Ciao Fabrizio, certo che i nativi d’Italia, come gli immigrati, hanno problemi di ascolto, visibilità e raprresentanza effettiva. Ma questo può essere un motivo in più per lavorare insieme, non è vero? Scusa, Carlo, hai scritto “Se la cosa lo interessa, potremmo scrivere a quattro mani e pubblicare insieme un testo su un argomento a scelta sul colonialismo italiano.” Ti riferivi a me? Sì che sono interessato. Potresti darmi il tuo indirizzo e-mail?
RispondiEliminaGrazie mille e ciao a tutti
Per me per essere in linea con l'argomento "il tepee perduto"si identifica nella monarchia che ci è stata letteralmente scippata dalle mani...Questo scippo storico è alla base dell'attuale disagio che caratterizza la vicenda italiana...Inrelligenti pauca...
RispondiEliminaFaccio i miei complimenti a Mahmoud per la sua padronanza della lingua italiana...e siccome non credo alla casualità di certi "fenomeni"credo altresì che molto egli debba per la sua formazione alla cornice
RispondiEliminadi stato esistente in Giordania...
Cordialità
Acc... - Eli - chi se lo immaginava che il tizio...mah, nei porti si trova sempre di tutto. Andare in giro con il coltello in tasca non dovrebbe essere la regola ma...giunti a questi punti...
RispondiEliminaSe già Orwell si lamentava nei suoi anni - Giacomo - pensa un po' come siamo messi adesso!
Comunque, continuiamo nel nostro lavoro che qualcosa sarà, poco, ma sempre più del nulla (Parmenide? Forse...boh!)
Stupenda e stringata analisi Mahmoud: mi sa che il Ramadan sia un'ottima medicina per la mente.
Ogni tanto pratico il digiuno, e mi sono accorto che ha benefici sulla qualità del pensiero, che scorre più lucido e tranquillo.
Certo che mi riferivo a te per l'articolo (ti sei dimenticato d'essere il corrispondente dal Medio Oriente?): la posta è info@carlobertani.it
Ciao e grazie a tutti
Carlo
grazie Mahmoud
RispondiEliminada cattolico praticante ti invidio un po' il Ramadan anche se mi sembra veramente un lungo periodo (sopratutto con il caldo)
...se mi permetti una battuta direi che Maometto non sia stato un grande negoziatore se si è fermato a 30gg... :-))
noi cristiani, di giorni di digiuno, ne abbiamo solo 1 (il venerdì Santo)...
ciao
RA
ps: noto che nel blog sono arrivati i Monarchici...uno dei miei 'mentori' è un monarchico e lui divide sempre la parola repubbli-cani...è un libero pensatore, forse un po' troppo nostalgico...
io penso che le future societa debbano tornare all'uomo e la repubblica, se ben fatta, era un primo passo, dopo la monarchia...purtroppo se ancora abbiamo nostalgia del Re è perché, almeno in Italia, al repubblica ha fallito il suo scopo ritornando la mano dall'uomo al singolo uno...
salutations
RA
Il modello di questo blog non è “segui il pensiero dominante o verrai purgato”, almeno per quanto ho percepito fino ad oggi. Dovessi eventualmente accorgermi, un giorno, che è diventato una cosa così, saluterei tutti con un “a non più rivederci”. Ma non è così e non credo che succederà. Percepisco propensione al dialogo, all'ascolto dell'altro. Ovviamente ciascuno di noi è affezionato alle proprie idee e fa fatica a metterle in discussione. Anch'io lo sono alle mie, nonostante un discreto allenamento a coltivare il dubbio, dovuto alla formazione che ho scelto di ricevere.
RispondiEliminaL'Italia repubblicana fa schifo, è un dato oggettivo. Molte monarchie funzionano bene, altro dato oggettivo. Se ne può concludere che un Italia monarchica sarebbe senz'altro migliore? Le leggi della logica, ineludibili a differenza di quelle della politica, dicono di no. E direbbero di no anche se TUTTE le monarchie funzionassero bene. L'unica sarebbe poter dimostrare che la monarchia è a priori la miglior forma di governo possibile.
Non ho ovviamente elementi per dimostrare in modo altrettanto inequivocabile che la monarchia è una cattiva forma di governo. Anzi, è impossibile perché i controesempi esistono. Certo che se poi penso a chi dovrebbe attualmente essere il re d'Italia se avessimo scelto la monarchia... Non so che passo in avanti sarebbe rispetto ai pur pessimi politici espressi dall'Italia repubblicana, con pochissime eccezioni, quantificabili purtroppo nell'ordine di grandezza delle unità.
Al limite, una bella dittatura illuminata... con le probabilità di “pescare” il dittatore giusto pari a quelle di azzeccare un bel 6 al super-enalotto.
Ecco, forse se scegliessimo tutti come punto di riferimento il discorso in cui Pericle spiega la democrazia ateniese... quasi tre millenni or sono! La ricetta, insomma, esiste già ed è ben nota. È sul modo di applicarla che saltano fuori le magagne. Qui in Italia più che altrove. Anzi, da questo punto di vista siamo uno dei controesempi più chiari.
Le monarchie “che funzionano” le troviamo tutte in nazioni che hanno risolto i loro conti col passato ed in cui il senso sociale è più sviluppato del nostro. Da noi importa il singolo o la famiglia, la corporazione, mentre lo Stato è il nemico da imbrogliare oppure la vacca da mungere. Il bene collettivo è una bestemmia. Con queste premesse, non c'è forma di governo che tenga. La più indicata in questo bell'ambientino è forse la dittatura (non fraintendetemi, non la auspico affatto) e comunque non è che il dittatore possa dormire sia pur una sola notte tranquilla.
Per il resto, spero di poter discutere con “doc” Donato Curcio di banche del tempo e delle altre sue interessanti proposte. In fondo, la “politica dal basso” è anche questo. Anzi, ne è la base.
E' molto interessante la questione della Banca del Tempo proposta da Donato: Sono andato sul sito ed ho visto che i documenti possono essere consultati in italiano solo dopo traduzione, il che è già un handcap. Aggiunto al mio claudicante inglese, non fa di me la persona più adatta per sondare queste prospettive.
RispondiEliminaChe, inoltre, mi trovo ad affrontare tanti impegni.
Perciò, propongo a Donato (da solo, con altri, come si vuole) di sondare un po' più approfonditamente la faccenda.
Magari, poi, facciamo un articolo ad hoc (io, tu, lei, noi, voi...) insomma, come la cosa si presenta meglio, per i lettori.
Ciao a tutti
Carlo
PER DAVIDE
RispondiEliminaQUANDO IL BRAVO CONTADINO TRAPIANTA UN GIOVANE ARBUSTO - MAGARI UNA "OGM" ANTE LITTERAM - SA IN PARTENZA CHE QUEL GIOVANE ALBERELLO HA BISOGNO DI UN TUTORE PERCHE' POSSA CRESCERE BELLO RIGOGLIOSO E RICCO DI FRUTTI...MA CHE COLPA SI PUO' FARE A QUEL CONTADINO SE UN BRANCO DI "GIOVINASTRI" APPROFITTANDO DI UN INFORTUNIO SUL LAVORO DELLO STESSO CONTADINO SRADICA IN MALO MODO IL TUTORE NON CONSENTENDO PIU' A QUELLA GIOVANE PIANTA DI CRESCERE DIRITTA ED ARMONICA E QUINDI RICCA DI GRANDI PROMESSE DI SPLENDIDI FRUTTI...lA STORIA DI QUESTO SFORTUNATO PAESE E' TUTTA QUI SENZA SCOMODARE PERICLE O CICERONE O TACITO CON IL QUALE VOGLIO TERMINARE QUESTA BREVE E SEMPLICE METAFORA...NON REX NON IUS NON MOS...
Disquisire su monarchia e monarchi?
RispondiEliminaBene.
Ma, valutando gli interessi espressi normalmente "da questo" blog, perchè non aprire una discussione anche sul baseball del MLB(che d'altra parte adoro)?
Mi sembra abbia quasi la stessa attinenza logica.
Discutere animatamente del referendum monarchia/repubblica?
No, preferirei, senza ombra di dubbio, approfondire il pensiero di quell'Alce Nero introdotto da Carlo.
Ti saluto con simpatia e rispetto, caro Kastlan, ma con la stessa espressione facciale che avrei se avessi visto un elefante seduto accanto a me in salotto.
FD
per halo
RispondiEliminamagari ti sei fermato in un punto dove non godi di un grande panorama...magari se ti prendessi il fastidio di salire un pochino più sù puo darsi che il tuo sguardo possa spingersi ben oltre la tua attuale visuale...e quindi scorgere scorci di paesaggio che prima per oggettivi ragioni di altitudine non riuscivi a scorgere...
auguri
Due aspetti potrebbe essere il caso di approfondire:
RispondiEliminaa) la Gestalt, il tutto che emerge come qualcosa che non solo è più della somma delle sue parti, ma qualcosa di intrinsecamente nuovo;
b) il general intellect marxiano, quell'intelligenza collettiva che non è più situata in individui o media specifici, ma è diffusa nelle strutture mentali e fisiche di una collettività.
I due punti sono collegati, ma vorrei analizzarli separatamente.
Dai principi della Gestalt si intuisce che le tecniche usate per studiare fenomeni emergenti difficilmente derivano da quelle preesistenti al livello dei componenti.
Un'analogia classica è l'agitazione molecolare: se per le singole molecole ha senso parlare della velocità o quantità di moto delle particelle, al livello superiore della termodinamica conviene studiare il fenomeno emergente della temperatura e può essere sufficiente un termometro al posto di strumenti e calcoli di complessità inaudita.
Per i fenomeni come il web insomma servono approcci nuovi, basati sulle sue caratteristiche emergenti.
Molte persone hanno rintracciato nel web un prototipo del general intellect marxiano, un mezzo nuovo che realizza qualcosa prima fantasticato. Eppure a volte il web sembra prendere la forma di stupidità generale invece che intelligenza generale.
Qui bisognerebbe riflettere su quanto i meccanismi di internet possano avere bisogno di un controllo, più o meno lasco, e quanto invece la stupidità di molti topoi del web possa essere effetto di una strategia di chi ha potere e vuole mantenerlo, tramite un disordine pilotato sul web.
Io comunque tendo a pensare che l'intelligenza collettiva tenda sempre ad aggregarsi in forme di vita radicalmente nuove, e che la stupidità sia un effetto indotto dal potere.
Già, Kastlan, dici bene: salire.
RispondiEliminaLo intendo come un invito a "crescere" e di tale invito ti ringrazio. E' un ottimo consiglio/augurio che vale per ogni essere umano.
Ciò che mi sorprende sempre è leggere opinioni (rispettabilissime) che vengono elette a rivelazioni non accettate per pura ignoranza (in questo caso mia).
Va bene, e mi rendo conto (scrivendo) che continuerò a leggerti con curiosità. E voglia di salire ancora di più.
Oggettivamente, obiettivamente discutere di monarchia/repubblica
RispondiEliminaè un non senso. E questo è,per l'italia, una verità acquisita da qualunque angolazione la si voglia analizzare (anche se per qualcuno può anche essere...quello che vuole, allora la prenda allora come una mia opinione , quindi opinabile, ma per me immutabile).
Per Davide e Carlo.
Ad essere sincero quando ho parlato di webtimebank non pensavo alle banche del tempo ma a qualcosa di più articolato, ed esteso, non localistico, anche se la finalità è la stessa.
La finalita di Scopo è un chiodo fisso: la scuola, in senso esteso, come campo sperimentale.
Ovviamente, per le capacità potenziali dei Blog, tipo questo, la finalità va OVVIAMENTE allargata ad altri settori sociali.
In ogni caso sarà il tempo a costruirne il paradigma di riferimento.
Intanto servirebbe ad esempio un qualcosa di più specifico nel campo della scuola: è naturale che
il punto di partenza deve essere il diritto allo studio e al libero accesso alla conoscenza.
Ma...per iniziare
In funzione di quello che presumibilmente accadrà in politica - ma solo come fatto contingente, a breve termine- creare un blogbook della storia degli ultimi 25 anni (insomma dal piano di rinascita in poi)
L'idea mi e' venuta leggendo:
http://www.uonna.it/ragnatela1.htm
e
http://www.scuolanticoli.com/libri/pagelibri_016.htm
Alcune osservazioni preliminari mi paiono necessarie data la complessita del progetto:
1-analisi delle forze in campo: blog, siti di informazione, giornalisti indipendenti, movimenti di cittadini.
2-indicazione preliminare degli strumenti tecnici da utilizzare per migliorare le competenze tecniche individuali.
3- trattandosi di attività socialmente utili (finalmente!!) non remunerate, nè remunerabili. E' ovvio che serve che gli aderenti possiedano alcune proprietà di base facilmente individuabili, prima fra tutte una spiccata tendenza...alla follia.
Mi fermo qua in attesa delle Vs impressioni sugli argomenti-esempi che ho proposto.
Infine visto che siamo in tema e data l'inusualità per la Rai, intendo segnalarvi due siti Rai veramente eccezionali che in ogni caso -progetto o meno- vale la pena consultare:
http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/
http://www.cultura.rai.it/site/it-IT/
Doc
per doc
RispondiEliminahttp://iovotopli.wordpress.com/2010/01/24/corruzione-lanalisi-di-transparency-international-su-180-nazioni-litalia-al-63%C2%B0-posto/
Voglio sperare che questa classifica abbia per te un senso...o dobbiamo rimanere nel campo dell'opinabile ?
Nel campo dell'oggettivabile non c'è un paese a cornice monarchica che sia posizionata alle spalle dell'italia...Una volta almeno gli italiani erano bravi a copiare le nazioni più virtuose oggi invece copiamo quelle più "viziose"...Un bel salto di qualità all'indietro...non c'è dubbio...
cordialità
Per Mahmoud.
RispondiEliminaHo apprezzato la tua lectio, ritengo, fuor di dubbio, che questo sia il modo più appropriato di fare-dialogo: sentirsi lusingato dal ricevere risposte così articolate, è un piacere per la mente e per il cuore.
Per Kastlan
Ciò che tu poni come problema, almeno così mi sembra, è tema di studio da Platone fino ai giorni nostri, senza, mi sembra, una definitiva chiosa sull'argomento.
La complessità della Teoria politica delle forme di governo, non è certamente uno sforzo intellettuale inutile, un gioco di fioretto encefalico, è l'humus sul quale occorre costruire un logos serio, esaminandone l'aspetto descrittivo e prescrittivo ( per gli addetti ai lavori, sistematico e assiologico )
In questa sede non possiamo trarre conclusioni senza prescindere da una, direi, immediata ricerca individuale sul tema che proponi, senza rischiare di battibeccare tra noi, perdendo di vista il merito quanto il modo della discussione.
Nel merito: la tua tesi, potrebbe benissimo essere ricondotta a una classificazione di valore sui benefici o danni che ogni forma di governo provoca nella sua applicazione.
Per questo ci dovremmo appellare alla critica giuridica e storiografica, anche al revisionismo, se necessario.
Non mi sembra che l' antitesi sia plausibile nei termini di una reazione uguale e contraria ovvero che la Repubblica sia meglio della Monarchia tout court.
Non può esserci una sintesi Hegeliana della diatriba filosofica posta in essere da te, perchè significherebbe l'invenzione teorica di una nuova forma di governo più che una riapplicazione totale o parziale di forme monarchiche ( considerando quelle moderne, già contaminate nella loro ius, da elementi costituzionali presi a prestito dalle repubbliche vigenti o da trattati sovranazionali accettati e condivisi)...anche se può sembrare uno sbocco interessante.
Immagino altresì che, trascurare la coscienza collettiva da tutto questo, sia un grave errore antropologico, prima che storico.
La sintesi, quindi, la proverò io, partendo da un'equazione provocatoria:
felicità reale di un popolo= miglior forma di governo/autogoverno
con rispetto
B.S.
Allora, kastlan, poniamo fine a questo teatrino: gli altri membri del blog ti hanno già risposto - chi con un'analisi, chi dichiarando semplicemente "grazie, l'articolo non c'interessa" - che la questione monarchia non è all'ordine del giorno, oggi e per almeno i prossimi tre mesi, su questo blog.
RispondiEliminaFra l'altro, il collegamento che hai inviato certifica che molti paesi repubblicani sono davanti all'Italia, il che inficia la tua tesi. Ma non è questo il motivo della mia richiesta.
Questo blog non è un luogo dove chi lo frequenta scrive quel che passa per la testa in quel momento, e nemmeno s'inventa argomenti a casaccio.
Io scrivo un articolo, poi la discussione parte e si toccano molti argomenti.
Siccome nessuno ti ha risposto "sì, la cosa è interessante", dovresti aver capito da solo che non era il caso di continuare.
Perché tre mesi?
Perché uso programmare nel tempo la scansione degli articoli, sulla base di materiali che preparo anzitempo.
E' la pratica comune del giornalismo.
Sintesi: se desideri partecipare alle discussioni in oggetto, ben venga, ma da questo momento in poi riteniamo d'avere cose più importanti da fare.
La scelta è tua: stare agli argomenti del blog oppure essere bannato.
Ciao e grazie
Carlo Bertani
Amministratore del blog
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaDobbiamo avere pazienza: mi erano arrivate segnalazioni da persone fidate che, gli attacchi prima concentrati su CDC, stavano per giungere qui.
RispondiEliminaNessun problema: quando si naviga nella tempesta, basta assumere le regole di quella navigazione, ossia non andarsi a sedere a prua con un panino. Né mettersi a discorrere in pozzetto.
Perciò, v'invito ad essere tolleranti e a non prestare troppa attenzione a questo rumore di fondo.
Con le regole - spero condivise - che abbiamo per difenderci, saranno obbligati a recedere.
Grazie
Carlo
L'osservazione di Truman è interessante. Vediamo come estrapolarla.
RispondiEliminaLa Gestalt è, per sua definizione nel mondo della psicologia, una modalità di percezione.
Quindi, è qualcosa che - come fa osservare Truman - by-passa gli strumenti analitici.
Domanda: possiamo, nei frangenti nei quali ci troviamo, assumerla come unico "faro" per la nostra navigazione?
Ossia: possiamo fare a meno dello strumento analitico?
Lento e farraginoso fin che si vuole, ma utile per orientarsi nella tempesta.
Il problema di "comprendere" il Web con nuovi strumenti è reale, proprio perché il Web è presente da 20 anni contro 7 millenni della nostra civiltà a livello planetario.
Ma, tentare una comprensione senza strumenti analitici, potrà condurre a determinarne la natura di là della percezione (che, ricordo, non è collettiva, a meno d'interpretarla in termini junghiani)?
Più volte ho trattato la Gestalt, ma riferendomi all'universo televisivo come "gestore" del consenso, il quale comprende anche chi, come noi, passa gran parte del proprio tempo fuori da quell'orizzonte.
Qualcosa sta cambiando, proprio perché - in termini quantitativi - la Gestalt televisiva ha minor presa.
Ciò non significa che l'universo dei blog possa - e soprattutto debba! - essere codificato con gli stessi strumenti.
Manca, ad esempio, di quel "pan" sensoriale che la TV propina, fatto d'immagini e suoni, intesi come un continuum, una colonna sonora.
Il Web è ricco di riflessione, la Tv è per antonomasia intrattenimento. In-trattenimento. Trattenere in un luogo.
(continua)
La Gestalt, dunque,
Anche l'impostazione marxiana di una "macchina di processo" dell'informazione/comunicazione mi lascia alquanto freddo. Almeno in questi anni, perché siamo appena all'inizio.
RispondiEliminaPer ora, il mezzo elettronico va trattato - a mia opinione - con i canoni della stampa. Sottolineo "per ora".
Anche a causa della mia età non proprio da giovincello, fatico a comprendere una società nella quale l'interconnessione sia totale e continua. Non lo adoro affatto.
Ritengo che l'uomo abbia bisogno d'ampi spazi di riflessione lontano dall'interconnessione continua, altrimenti rischia di perdere - proprio per il tourbillon che lo avvolgerebbe - gli elementi essenziali dell'analisi e della sintesi.
In definitiva, le considerazioni proposte da Truman sono serie e pertinenti ma, a mio modo di vedere, fanno parte di un mondo di là da venire.
In ogni modo, mi sembra un argomento da porre in primo piano e da dibattere.
(continua)
Questo blog è frequentato da parecchi insegnanti: il segno è evidente: spesso, molti interventi hanno sapore "didattico", i miei compresi.
RispondiEliminaCiascuno non può e non deve essere diverso da quel che è, pena una globalizzazione forzata del proprio essere.
Per questa ragione, darei tempo al tempo prima di decidere come e quando attivarsi per quei "collegamenti" ai quali accennavo nell'articolo.
Oggi stesso, ad esempio, mi è giunta la proposta di creare una rivista di critica politica e sociale, alla quale parteciperebbero anche altri scrittori del Web.
Trovo questi percorsi più attuabili, perché nascono da un plafond di prassi che conosciamo.
Probabilmente, potranno essere giudicate come "anticaglie" da parecchi giovani blogger, ma questo è il modello di comunicazione al quale mi sento più vocato.
Spero, comunque, che gli argomenti siano ripresi e meglio sviscerati perché, ne sono certo, ci saranno almeno 1000 punti che mi sono sfuggiti.
Grazie a tutti
Carlo
Siccome non prevedevo una così lunga "coda" di discussione a questo articolo - e ne avevo un altro (senz'altro di minor spessore) pronto - lo pubblicherò ugualmente, mantenendo però attiva questa discussione. Anzi, spero che lo rimanga.
RispondiEliminaGrazie
Carlo
Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice...
RispondiEliminaIL PENSIERO E' DI CHARLES BUKOWSKI mi scuso per la dimenticanza...
RispondiEliminaCarissimo Carlo,
RispondiEliminalascio per la prima volta un commento solo per RINGRAZIARTI (mi permetto il tu):
per molto tempo ho letto i tuoi articoli ed apprezzato le idee che contenevano, anche quelle -poche peraltro- con le quali ero e sono in disaccordo.
Molte volte li ho girati agli amici - di diversa ed eterogenea tradizione politica, se questo ha ancora un senso - ed insieme abbiamo discusso degli argomenti. Spesso gli articoli sono stati spunto di discussione in famiglia a cena (a tv spenta naturalmente!) o tra pendolari sul treno.
Ci tenevo a dirtelo: anche quando non vedi commenti gli articoli generano discussione e crescita di consapevolezza in questo fortunato ed al contempo disgraziato paese!
Credo sia inutile dire altro.
Fabio.
Carissimo Carlo,
RispondiEliminalascio per la prima volta un commento solo per RINGRAZIARTI (mi permetto il tu):
per molto tempo ho letto i tuoi articoli ed apprezzato le idee che contenevano, anche quelle -poche peraltro- con le quali ero e sono in disaccordo.
Molte volte li ho girati agli amici - di diversa ed eterogenea tradizione politica, se questo ha ancora un senso - ed insieme abbiamo discusso degli argomenti. Spesso gli articoli sono stati spunto di discussione in famiglia a cena (a tv spenta naturalmente!) o tra pendolari sul treno.
Ci tenevo a dirtelo: anche quando non vedi commenti gli articoli generano discussione e crescita di consapevolezza in questo fortunato ed al contempo disgraziato paese!
Credo sia inutile dire altro.
Fabio.
Grazie Fabio,
RispondiEliminaanch'io credo che ci sia poco da aggiungere.
Take courage
Carlo