17 marzo 2009

Epifani al bivio

Per domani – 18 marzo 2009 – la CGIL, insieme ad altre sigle di minore importanza, ha indetto uno sciopero per il personale della scuola, dell’università e della ricerca.
Dopo molti anni, l’unità sindacale con CISL ed UIL sembra definitivamente frantumata: come per la crisi economica, “nulla sarà più come prima”.
Eppure, già sappiamo – e lo sanno anche i dirigenti della CGIL – lo sciopero, anche se riuscirà, finirà con la sconfitta del sindacato di Corso Italia. Perché?
Non si tratta delle nuove norme, per ora solo “immaginate” dal governo, che dovrebbero sancire la fine del diritto di sciopero: qui, il problema è politico, di rappresentanza sindacale.
Per decenni, la “Triplice” è andata avanti, apparentemente, mediando ogni decisione, su basi decisamente squilibrate: la UIL, nei luoghi di lavoro, è praticamente inesistente. In alcune realtà, addirittura, alcuni delegati sindacali erano “prestati” alla UIL per mantenere una parvenza d’esistere.
La CISL conta su qualche numero, ma sono veramente una piccola minoranza rispetto al seguito della CGIL. L’UGL: chi era costei?
Un sindacato che, invece, conquista sempre maggior seguito fra i lavoratori è l’UNICOBAS/SdL, che ha dimostrato – lo scorso autunno – d’essere in grado di portare in piazza dei “numeri” paragonabili a quelli della “Triplice”.
Qui, c’è qualcosa che non quadra.
Se la CGIL è isolata – e CISL/UIL/UGL, in accordo con il governo, la stanno arrostendo sulla graticola – un modo per uscire dall’impasse sarebbe potuto essere un accordo con i COBAS.
E invece no, si va allo sciopero praticamente da soli, sicuri di perdere.
La risposta, allora, possiamo trovarla solo nel pessimo andazzo che Epifani sembra aver copiato da Veltroni: “soli è meglio”. S’è visto con quali risultati: il Paese regalato al piduista di Arcore.
“Meglio soli” perché, partecipando a questo minuetto, a queste misere schermaglie, i dirigenti della CGIL sanno che non perderanno, domani, la poltrona di questo o di quell’ente che è stata loro promessa, oppure l’inserimento nelle liste elettorali.
Un misero e triste rondò con salterello finale, che finirà – per i lavoratori – nella piazza della ghigliottina. Per loro, ovviamente, mentre i capataz saranno in salvo con dorate poltrone all’INPS, oppure blatereranno le loro litanie, inascoltati, dai banchi del Parlamento. Vergogna: tornassero non a celebrare, ma a rileggere Di Vittorio.

PS: con oggi, inizio una serie di brevi post che saranno d’attualità, di critica politica spicciola sulla cronaca, e che non invierò ad altri blog (liberi, comunque, di copiare citando la fonte). La ragione? Mi sono reso conto che i miei articoli – che mi piace scrivere in questo modo, curati ed esaustivi – sono troppo lunghi per molte persone che hanno poco tempo, ed hanno cadenza piuttosto lunga. Perciò, ci saranno due tipi di post: le brevi cronache (che, ritengo, troverete solo qui) e gli articoli che saranno ripresi anche da altro blog. Buona lettura.

3 commenti:

  1. Buona l'idea di alternare "minipost" di attualità ai tipici trattatoni bertaniani... Devo dire che (nonostante sia solito "sgugnarmi" anche i tuoi post più ponderosi) ho tirato un sospiro di sollievo vedendo che per oggi il mio pomeriggio era salvo...
    Sul tema dello sciopero solitario sono invece in disaccordo: ritengo che la CGIL faccia benissimo a muoversi da sola, se è quello che ritiene opportuno, e che siano gli altri sindacati a rischiare di più intrallazzando col governo e accettando supinamente certe sue iniziative.
    Ovviamente molto dipende dallo spirito con cui la CGIL scende in piazza: se l'obiettivo è quello di mostrare di "far qualcosa" per i lavoratori allora è solo una strategia per sviare consensi dagli altri sindacati; se invece ci credono almeno un po', al di là della politica e degli equilibri di potere, allora può avere un senso.
    Se il mondo sindacale si è fatto sonnolento, sarà bene che non ci si rassegni tutti ad un letargo a tempo indeterminato.

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  2. Beh, un buon risveglio dal letargo sarebbe stato un accordo con i COBAS...
    Ciao
    Carlo

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  3. Confesso di non avere una conoscenza approfondita sul tema sindacati.
    La mia era più che altro una considerazione di principio: il motto "uniti si vince" mi sa molto del tanto popolare utilitarismo di dottrina berlusconiana. Personalmente preferirei perdere da solo seguendo i miei principi pittosto che vincere male accompagnato. Trovare un buon compromesso è l'essenza della democrazia, ma un buon compromesso non dovrebbe corrompere (come spesso finisce per fare) i principi guida di chi si impegna a rappresentare, in questo caso, i lavoratori.

    Da cittadino discretamente disinformato, la mia impressione è che i sindacati italiani, da un po' di anni a questa parte, tendano più a farci che ad esserci, con tutte le implicazioni del caso.
    In sostanza si spendono tante belle parole ma si combina poco più che niente, e talvolta si sottoscrivono pessimi accordi.

    Forse anche in Italia, come è accaduto in altri paesi, i sindacati sono entrati in una fase di lenta ma inesorabile decadenza, avendo perso di vista lo scopo che ne giustifica l'esistenza.
    Che altro aggiungere?
    Good riddance!
    Piuttosto che avere l'illusione della difesa dei diritti dei lavoratori, è meglio avere la consapevolezza di non essere adeguatamente tutelati.
    In certi casi solo toccando il fondo si riesce poi a risalire, liberandosi della zavorra...

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