Per carità, non c’è urgenza, ma quest’atto – Presidente
Mattarella – a mio modesto parere va fatto: ne va del bene della Nazione.
Premetto di non aver mai pensato che il suo caso rientrasse in quelli di alto
tradimento e di attentato alla Costituzione, citati dalla costituzione all’art.
90, bensì che si trattasse di una voce del dettato costituzionale che presenta
alcuni dubbi interpretativi, peraltro sempre sostenuta da eminenti
costituzionalisti – fino alla presidenza Napolitano – come un discrimine. Un
discrimine fra che cosa? E’ molto semplice: fra la Costituzione
Repubblicana e lo Statuto Albertino che la precedette:
difatti, la nomina dei ministri era una prerogativa del Re, mica dei Presidenti
della Repubblica. Non a caso, nella Costituzione Repubblicana si afferma che il
Presidente della Repubblica sceglie il nome del Presidente del Consiglio. E
basta.
Per ovviare, in futuro, che il problema si ponga nuovamente
– sempre a mio modesto parere – bisognerebbe specificare le qualità richieste
ad un ministro: ad esempio, che non sia in conflitto d’interessi nella condotta
del ministero, che non abbia precedenti penali, ecc. Non cito le competenze
poiché, in passato, abbiamo avuto ministri dell’agricoltura laureati in lettere
e medici all’Istruzione. E poi avvocati ovunque, ma si sa: gli avvocati sono
dappertutto, come il prezzemolo. Poi, però, finita lì: nessun impedimento.
Perché insisto sulle sue dimissioni?
Apra un qualsiasi quotidiano e cerchi di fare una sintesi di
ciò che sta accadendo: la sfido a riuscirci. Domani l’Italia avrà un governo
politico, tecnico, politico di legislatura, tecnico con appoggio politico,
triennale, biennale, trimestrale, balneare? I cittadini non capiscono più
nulla, poiché le elezioni avevano indicato una maggioranza, ma qualcuno – ossia
lei – non l’ha voluta ascoltare. Di tutto ciò, solo lei è il responsabile:
aveva tutti i poteri per sbrogliare la matassa.
Ha iniziato subito male: dopo quel 4 Marzo, attese fino al 4
Aprile per avviare le consultazioni sul Governo, lasciando correre una
settimana per la Pasqua. Un
mese per eleggere i presidenti di Camera e Senato?!? C’era la Pasqua di mezzo, d’accordo,
ma nulla vietava di compiere già una fase di consultazioni interlocutorie,
almeno prima di Pasqua. E, invece, nulla. Poi, le interminabili consultazioni
fra Berlusconi (che veniva, comprensibilmente, rifiutato) e Renzi (che,
altrettanto comprensibilmente, rifiutò): insomma, per essere un giovane
politico Di Maio ha mostrato, nei suoi confronti, tanta pazienza, per
dimostrarle che un altro governo non era possibile. Circa due mesi di un
balletto interminabile, soltanto per compiacerla.
Quando, poi, finalmente si arrese all’evidenza che l’Italia era
la prima nazione europea dove una maggioranza cosiddetta “populista” aveva vinto le elezioni – e le due forze
politiche ci misero solo 15 giorni a scrivere il contratto di governo – lei ha
fatto saltare tutto con la scusa di Paolo Savona, peraltro persona stimata e
competente. Certo, non molto “malleabile” dai potentati europei, e qui veniamo
al dunque.
Proprio cent’anni or sono, era in atto la grande
mobilitazione degli Imperi Centrali per vincere la 1° GM, che sarebbe culminata
nella Battaglia del Solstizio: con il fallimento dell’offensiva austro-tedesca
si concluse, di fatto, la guerra ed i mesi seguenti furono già spesi in
trattative sui futuri assetti europei, come lei ben conosce.
La
Germania ha cercato d’imporre con le armi per ben due volte
la supremazia in Europa, e non c’è riuscita. Oggi – dopo un’unificazione
concessa un po’ troppo in fretta – ha di nuovo conquistato gran parte
dell’Europa, mettendola sotto scacco economico. La Gran Bretagna, che per due
volte uscì vittoriosa con le armi, la terza volta se n’è andata sbattendo la
porta.
Il problema, caro Presidente, è che i tedeschi non sanno
governare: sanno solo comandare, questo è il loro principale difetto. Sono un
popolo in grado d’esprimere buone classi dirigenti, in grado di comandare
ovunque e comunque: la
Germania è intrisa fino al midollo di vecchio militarismo
prussiano, anche se i suoi abitanti non se ne accorgono nemmeno. Drogati da una
evidente ricchezza, paiono a volte addirittura amabili e gentili, ma – appena
sotto la buccia – ricompare il vecchio vizio prussiano del comando.
Crede che racconti solo delle fanfaluche?
Mi reputo un buon conoscitore del mondo germanico, e ne
apprezzo gli innumerevoli pregi, ma non si può lasciarli comandare poiché non
riescono a gestire situazioni complesse, diverse dal loro pensiero, che esulino
dalla “catena di comando” dell’obbedienza. Anche la loro bellissima lingua ne è
intrisa.
In Europa, la
Germania deve fare i conti solo con due nazioni (le altre o
sono suoi satelliti o ruotano già nell’orbita del suo pensiero dominante): la Francia e l’Italia.
La Francia
è un Paese prevalentemente agricolo, che ha fatto del suo settore
agroalimentare una potenza, ma è altro che ha, e che i tedeschi non hanno: l’atomica,
che consente loro di restare nel IV Reich come alleato di riguardo, con il
quale non si possono fare scherzi. Tutta l’Europa – ora che Londra se n’è
andata – è sotto la protezione dell’ombrello atomico francese, non
dimentichiamolo e sottovalutiamolo.
E poi c’è l’Italia, Paese prevalentemente industriale, terza
economia europea e seconda potenza industriale, dopo la Germania.
L’Italia ha molti talloni d’Achille, ma rimane sempre quel
complesso industriale che può essere paragonato al complesso
siderurgico-chimico dell’Ovest tedesco. Inoltre, l’Italia è geograficamente
importante: è la via più breve fra la penisola iberica e l’Est europeo, ossia
fra i mille investimenti tedeschi in terra spagnola (chimica, meccanica, ecc)
ed i corrispondenti investimenti nell’Est.
Il concetto – al quale molti sono giunti senza essere
cooptati da chissà quali “teorie complottiste” – è che un rapporto di comunanza
significa accordo sui principi generali di conduzione di una comunità. Siccome
l’UE non è nulla che assomigli ad una nazione federale, va da sé che gli attori
della comunità sono gli Stati nazionali: oppure lei sostiene che il Parlamento
europeo, ad elezione democratica, è quello che prende le decisioni in Europa?
Voglio segnalare a lei ed ai lettori due esempi di questa
malformazione europea:
1) Proprio di questi giorni è la notizia che gli autovelox
sistemati sulla rete autostradale sono stati disattivati. Non conosco il motivo
e non m’interessa conoscerlo, perché sarebbe fuorviante. So, però, che è
interesse delle principali catene internazionali d’autotrasporto su gomma che i
loro autotreni viaggino il più velocemente possibile dal confine francese al
confine giuliano, e viceversa. Perché? Poiché il tempo risparmiato sono euro, i
TIR che passano in un giorno fanno milioni di euro, negli anni miliardi di
euro. Cosa s’impicciano gli italiani coi loro autovelox?
2) Come mai l’unica azienda automobilistica (italiana?) – in
passato più che abbondantemente sovvenzionata con soldi pubblici – s’ostina a
non avere nel listino una sola auto elettrica? Perché Marchionne è un po’
tonto? Può essere. Perché aspetta che gli altri procedano nel know-how, e lui
si propone di gettare sul mercato un prodotto senza costi di ricerca? Farebbe
la fine del sorcio. Terza possibilità: forse per non infastidire le aziende
francesi e tedesche?
Supponiamo, Presidente – dato che noi italiani siamo maestri
riconosciuti di gusto e di cucina – che un’azienda italiana decidesse d’aprire
in Germania una catena di supermercati dove vendere i prodotti italiani: cosa
succederebbe dopo che la Lidl
ha impestato ogni angolo d’Italia? Ci accoglierebbero a braccia aperte oppure
finirebbe come Italcantieri, quando lanciò l’OPA sui cantieri francesi?
Suscitando un’ondata dello sterile sciovinismo francese?
Insomma, Presidente, questa Europa è già a “due velocità”,
ma a due diverse velocità di diritti e di doveri: quando la Merkel decise d’intervenire
per “salvare” OPEL (divenuti poi Opel/Magna con l’ingresso russo nell’azienda)
nessuno poté alzarsi e dire che erano proibiti gli aiuti statali alle imprese?
Qualcuno si alza per affermare che bisogna aiutare la Melegatti, fallita
proprio oggi?
Il governo che non ha lasciato nascere non era così
sprovveduto: come già avevo ricordato in un precedente articolo – Lezione strategica? (1) – il governo puntava più sull’amicizia degli USA
e della Russia che su quella tedesca. Per contrattare una nuova Europa, più
giusta e più consona al progetto originale, che era ben diverso dalla fetecchia
odierna.
Se, poi, ci sbattevano le porte in faccia, era giusto
chinare la testa oppure ribellarsi e chiuderle da soli?
Presidente, non per uno sgualcito patriottismo, però proprio
in questi giorni – lei in primis – dovrebbe ricordare quei 650.000 morti che ci
permisero d’affrancarci dal giogo austro-tedesco, per questa ragione non
comprendiamo perché ci siano voluti due giorni per commentare la “splendida”
uscita del commissario al Bilancio dell’UE, il tedesco Gunther
Oettinger, ossia “che i
mercati ci avrebbero insegnato come si vota”. Per fortuna, milioni
d’italiani hanno risposto sul Web a quel signore tedesco, aspettando che il
loro Presidente, finalmente, alzasse la testa per ribattere qualcosa che non
fosse un lamento.
Lei non è più adeguato a guidarci in questi frangenti –
difficili, perigliosi, complicati – che dobbiamo affrontare se vogliamo
sopravvivere: un Pertini sarebbe più adeguato, ma anche un Cossiga non sarebbe
malaccio. Scelga, oppure si dimetta.