15 gennaio 2018

Buffonate, furbizie da poco e tanta, tanta ignoranza




A sei settimane dal voto, tutto ciò che la classe politica vomita sono soltanto buffonate: questo è ciò che pensa la maggioranza degli italiani. Non si può dare loro torto, vista la “resurrezione” di un Berlusconi ad occhio e croce cinquantenne o quella di un Renzi che doveva andarsene il giorno dopo la batosta del referendum. Non scordiamo che il governo Gentiloni doveva solo traghettarci, il più velocemente possibile, verso le elezioni…e che Renzi sarebbe tornato a fare l’avvocato. Così raccontava.
Non sono tanto importanti le bufale che ci raccontano: ad esempio, tutti promettono il reddito di cittadinanza, di inclusione o di dignità. Potrete scegliere, per famiglie di quattro persone, fra i 460 euro di Renzi, i 1638 euro dei 5 Stelle o i 1200 euro di Berlusconi. Quale vi piace di più? Sì, se restiamo su questo livello sono proprio buffonate, anche se – ad onor del vero – i 5 Stelle hanno presentato un disegno di legge organico, abbastanza ben fatto ed in tempi non sospetti. Non pagheremo più il canone RAI (Renzi), il bollo auto (Berlusconi), le tasse universitarie (Grasso), eccetera, eccetera.



Molto più importanti sono, invece, le manovre più o meno occulte, ossia quelle che ci fanno capire dove vogliono andare a parare: notiamo che sono solo mosse di avvicinamento, perché nessuno è certo di un risultato che cambia diametralmente con un +/- 3%.
Sulla carta esistono parecchie alleanze possibili (5Stelle-Lega, 5 Stelle-Liberi e Uguali) ma la più gettonata è senz’altro PD-Berlusconi: è collaudata, funziona, ha l’imprimatur europeo. Però non è un’alleanza fra la coalizione di Berlusconi e quella di Renzi, ma di cosa resterà delle due alleanze dopo il voto.
Partiamo dalla Lega.

La Lega ha puntato molto su tre temi: lotta all’immigrazione, abolizione della Riforma Fornero e l’uscita dall’euro.



Sul primo punto non c’è tanto da dire: fa il pari con la lotta all’evasione fiscale, tutti la citano e poi nessuno la attua. L’UE se ne frega se mezza Africa viene in Italia, ma in cambio ci ha dato la possibilità di “sforare” di più sul bilancio, cioè d’indebitarci: i politici si fregano le mani (in un anno elettorale!), i neri bighellonano da una strada all’altra (non c’è lavoro nemmeno per gli italiani!), ma fare più debiti piace, oh, quale bellezza!

Tanto per capirci, il debito pubblico italiano (1), dal 2010 ad oggi, è passato da circa 1.400.000 milioni di euro a circa 2.000.000 di milioni di euro, con un rapporto debito/PIL intorno al 130%: alla faccia della Fornero che, con la sua riforma, “ha salvato l’Italia!”. Ancora un paio di “salvataggi” di quel genere e salterà il tappo, quello che ci tiene a galla. Se non è già saltato e già siamo con l’acqua alle ginocchia, ma nessuno ce lo dice: mantenere la calma è l’imperativo categorico.

Gli altri due punti della Lega, invece, (Fornero ed euro) saltano immediatamente nel momento stesso che si stringe l’alleanza con Berlusconi, lo hanno capito anche molti elettori della Lega, che la stanno abbandonando, ma questo non impressiona la Lega, quella di lotta e quella di governo. Prontamente è stato richiamato in servizio permanente ed effettivo Roberto Maroni, il quale si prepara (alleanza Berlusconi – Renzi) ad essere l’uomo “cerniera” fra la Lega (quella di governo) e l’alleanza di centro destra che gestirà i voti dell’altra Lega, quella di lotta. Come? Berlusconi non è più in grado di governare, lo avete sentito? Biascica, non capisce…insomma…ha 80 anni ed è copiosamente rincitrullito. Mai più si aspettava di dover tornare in campo: ha persino venduto il Milan!
Si tratta proprio di un’armata Brancaleone, tenuta insieme con lo scotch e con promesse di soldi a volontà per tutti, perché anche l’altro “puntello” non sta proprio bene.

Credo che Renzi, all’indomani della batosta referendaria, non ritenesse più di avere un ruolo politico: d’altro canto, con la diaspora interna al partito, unita ad una mancanza totale d’idee che non siano solo vuoti slogan (Job Act, Buonascuola, Salva Italia, Italiariparte, ecc) c’era veramente poca trippa per gatti. Ma anche a lui è arrivata la cartolina-precetto da Bruxelles. Ma sei scemo?!? Torna subito dov’eri e rimettiti a macinare tweet per ogni giorno dell’anno! Ti costruiremo noi l’alleanza giusta, non ti preoccupare!
Il giorno dopo le elezioni, tutti avranno vinto meno Renzi…oddio, non gli costerà niente stappare lo champagne…glielo mandano da Bruxelles, tutto compreso nel prezzo…però non ci crederà nemmeno lui, come dire: abbozzo, vabbè…
Con una maggioranza sbilanciata verso destra, dovrà fare non il protagonista, ma la comparsa: di lusso, certo, ma pur sempre comparsa, come del resto sarà lo stesso Berlusconi, che tengono per le palle con le mille inchieste e con i guai giudiziari nei quali è da sempre impegolato.

Roberto Maroni è la persona giusta per infinocchiare per altri cinque anni gli italiani: pensate, è un ex militante di Democrazia Proletaria ed ex appartenente all’ufficio legale del Banco Ambrosiano, quello di Roberto Calvi!
Ha un ottimo pedigree!
Non vi ha meravigliato che, lanciato com’era per un secondo mandato alla Regione Lombardia (uno dei “piatti” più ricchi d’Italia), abbia precipitosamente mandato all’aria tutto per rispondere “Presente!”? La chiamata deve essere stata una di quelle importanti, alle quali non si può che conformarsi. Una chiamata da Roma? Può essere…a Roma c’è lo IOR, quello in cui Roberto Calvi aveva molti contatti…ma io la vedo più probabile dall’estero, Germania, USA, la city di Londra…chi lo saprà mai? Mica ci mettono la firma!

Potrà governare con una solida (nell’accezione italiana) alleanza fra ciò che resterà del PD, ciò che resterà di Forza Italia, più i soliti illusi da decenni della Lega (è uno dei nostri, eh?) più varie ed eventuali: qui si distinguerà la grande capacità di Berlusconi nel trattare, comprare, perdonare, mettere in riga i riottosi…c’è sempre un Verdini o un De Gregorio che risponde all’appello…ci sono avanzi della P2, resti di Gladio, figli di qualcuno e di brave donne…non è un problema…qui ci sono i soldi, ragazzi, fatevi sotto…

Due parole sui “resti”.
Il “resto” più importante sarà il primo partito italiano, il M5S, fuor di dubbio. E’ un partito che campa sul semplice concetto della “conventio ad excludendum”, ossia sull’isolamento totale da parte degli altri partiti.

Potrà, forse, stipulare una debole alleanza con Liberi ed Uguali, o forse con coloro che fuggiranno dalla Lega, se ci saranno (la corrente di Salvini, ad esempio, se deciderà di restare fra i “duri e puri”, con una riappacificazione con Tosi, ecc), ma sono scenari marginali, senza speranza e senza costrutto.

Liberi e Uguali sconta l’eterna lotta interna ad una sinistra che, in anni lontani, scelse il neo-liberismo come nuova ragion d’essere, e non se n’è più distaccata. Propone d’azzerare le tasse universitarie (cosa di per sé giusta, per carità) senza riflettere che sfornare laureati a tonnellate serve soltanto a fornire una patente per l’emigrazione: nulla che possa cambiare il nostro Paese. Cosa diversa se, insieme alle tasse, ci fosse un piano d’industrializzazione in settori promettenti, ma qui ci si scontra con i diktat delle oligarchie europee e, siccome l’Europa per loro è un “sancta sanctorum”, non c’è nulla da sperare.

Il discorso sull’Europa chiama, inevitabilmente, in causa il primo partito italiano, ossia il M5S.



Da sempre contrario all’euro (e, per molti aspetti, anche all’UE) nelle ultime settimane ha compiuto una “rincorsa al centro” senza precedenti, dal viaggio di Di Maio negli USA alle sue dichiarazioni di fronte all’Insetto. Una rincorsa disperata e senza senso, che è servita solo a confondere i suoi elettori: che senso ha dire che l’euro non è più un problema “giacché l’asse franco-tedesco si è molto indebolito”?
Non riusciamo a comprendere dove Di Maio abbia pescato questa frottola…ma…Di Maio sa dove poggia l’asse franco-tedesco e da quali accordi nacque?
Rinfreschiamogli la memoria.

L’asse franco-tedesco nacque fra Kohl e Miterrand, sul finire degli anni ’80. Le ragioni erano ovvie e convenienti per entrambi: la Francia avrebbe chiuso un occhio sulle enormi spese della Germania per assorbire la ex DDR, mentre la Germania avrebbe accordato alla Francia un cambio molto vantaggioso (cosa che non ebbe l’Italia) nella futura transizione all’euro. Un obiettivo che univa, ulteriormente, le due nazioni fu quello della deindustrializzazione del secondo polo industriale europeo: quello italiano, soprattutto il Nord-Est.
Dopo aver cercato inutilmente una soluzione “jugoslava” – ossia staccarlo dal resto d’Italia (ci lavorò il sen. Miglio con la prima “Lega”) – l’accordo ci fu, tramite un parametro di cambio a noi sfavorevole e l’ingresso, da parte francese, nel grande mercato della distribuzione alimentare. Di chi è oggi Parmalat? Ma non basta: la Vestas (azienda danese) produce pale eoliche, che poi vende in tutto il mondo, nello stabilimento di Taranto (2). La Fiat è anglo-americana (il settore siderurgico è stato assorbito da Thyssen-Krupp), molti oleifici sono diventati spagnoli (con capitali tedeschi), e via discorrendo. Molte di queste cessioni dipendono proprio dal tasso di cambio dell’epoca con l’euro.

Ciliegina sulla torta, Miterrand calò ai tedeschi la famosa spada di Brenno sulla bilancia: come state ad armi nucleari? Guerra persa, vero? Che peccato…noi abbiamo bombe, missili e sottomarini atomici…quando i francesi – sempre negli anni ’80 e ’90 – fecero esperimenti nucleari a Mururoa, nessuno in Europa alzò più di tanto la voce.
Oggi, Di Maio – dopo l’addio inglese all’UE – la Francia è l’unica nazione dell’Unione a possedere armi nucleari. Ancora convinto che l’accordo franco-tedesco è “più debole”? Macron s’è fatto fuori la Le Pen, la Merkel ha fatto una nuova Grosse Koalition con i socialisti…debolissimi, vero?
Se così è, almeno se lei li ritiene “debolissimi”, può fare una prova: andare in Europa e prendere a calcinculo sia la Merkel e sia Macron. Le consiglierei, prima, di leggere con attenzione “L’arte della guerra” di Sun-tzu: sa, è meglio prevenire che dopo leccarsi le ferite…

Inoltre, sta passando una bufala colossale, ossia che non sia possibile indire referendum in materia di politica estera. E’ una stupidaggine smentita dai fatti. Da leggi ben precise (3).
Con la legge costituzionale 3 aprile 1989 n. 2 (4), fu istituito il referendum consultivo o di indirizzo, e gli italiani votarono sul seguente quesito:

“Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità”

Votammo il 18 giugno 1989, e gli italiani si espressero per circa l’88% con un Sì e per circa il 12% con un No. Rivendico, con onore e preveggenza, d’aver fatto parte di quel 12%.
E’ sufficiente che la maggioranza parlamentare (in quel caso il parlamento votò all’unanimità) esprima al Governo l’esigenza di un referendum consultivo (o di indirizzo) e questo lo comunichi al Presidente della Repubblica.

Ora, evidentemente, una parte del Parlamento vede come il fumo negli occhi il solo pensiero di privarsi dell’accozzaglia di mangiapane a tradimento che vanno a fare i parlamentari europei, per una sola ragione: poiché furono trombati alle elezioni italiane. Sono 73 posti d’oro, pagati 24.164 euro, senza contare i rimborsi per viaggi ed affini. Si dovrà lottare: ma, se il primo partito italiano è d’accordo…

Inoltre, ci sono ragioni di ordine giuridico per intavolare una trattativa in tal senso: ciò che approvarono gli italiani, non fu attuato.

Un “Governo responsabile di fronte al Parlamento” non è mai esistito, poiché le posizioni di Commissari (i Ministri) furono avocate dalle Nazioni per nomina separata. In altre parole: i commissari s’accordano sui provvedimenti di legge, e non è richiesta la necessaria approvazione parlamentare.

“Il Parlamento europeo esercita la funzione legislativa dell'Unione europea assieme al Consiglio dell'Unione Europea. Inoltre in alcuni casi stabiliti dai trattati, ha il potere di iniziativa legislativa che generalmente spetta alla Commissione europea.” (5)

Il secondo punto che mai fu realizzato fu “affidare allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea…”: avete mai sentito parlare di una Costituzione Europea? Il Trattato di Lisbona, certo, che non è una Costituzione: perché? Poiché la stesura della Costituzione si scontrò con l’evidenza che le popolazioni (fecero dei sondaggi in vari Paesi) non l’avrebbero approvata. Così, stesero un Trattato e se lo approvarono, se lo giocarono e se lo ballarono da soli.

Ma c’è ancora un vulnus, che inficia completamente quella richiesta referendaria: il Trattato di Maastricht – il vero accordo fondante dell’UE – fu firmato il 7 febbraio 1992, a quasi tre anni dalla pronunziazione referendaria! In pratica, ci fecero votare “al buio”!

Il precedente di quel referendum – e, soprattutto, la legge istitutiva di quel referendum, che è tuttora vigente – dimostra che chiedere alla popolazione una consultazione è pienamente legale e democratico. Detto fra noi, non s’aspettavano che le vicende successive ci avrebbero condotto nella situazione di volercene andare dalla gabbia truffaldina dell’Europa: fecero un clamoroso errore (mai più ripetuto) ma, ripeto, è un precedente importantissimo ed è tuttora vigente, sul quale si può imbastire una trattativa e…perché no? Una protesta popolare.

Perciò, caro Di Maio, come vede d’idee per contrastare le oligarchie imperanti ce ne sono, però…se la sua mossa desiderava richiamare voti dai “moderati” verso il suo partito, avrà effetti veramente minimi e diciamo…di pessimo gusto: a cosa serve “normalizzare” un movimento nato per combattere il malaffare, la corruzione, le energie fossili, il potere dei partiti…quando lo si è ben bene “normalizzato” cosa rimane?

Un contenitore di bon ton e d’idee muffite: se vogliamo veramente salvare (sempre che sia ancora possibile) questo Paese, abbiamo bisogno d’idee fantasiose, rivoluzionarie, al limite della follia. Mai letto Erasmo da Rotterdam?
  

03 gennaio 2018

L’universale degli i....i è in costante aumento. E scrivono pure


(Nel titolo) Sostantivo plurale, 6 lettere: al singolare è il titolo di una notissima opera di Dostoevskij.

Come altro si potrebbe definire un certo Massimo Famularo – che, in realtà, si dovrebbe appellare Fabularo, ossia affabulatore, ma passi se ha scelto un nick come giornalista… – dove scrive? Sul Fatto Quotidiano: che sia stato raccomandato dal “grande” Scacciavillani? Non ci sarebbe da stupirsi perché il Fatto, da qualche tempo, è tutto uno spasso, un giardino dove si nutrono quelle bufale che il Governo racconta di dover estirpare alla radice, cosicché la mala pianta scompaia dai nostri pascoli, lasciandovi incontrastate praterie della Verità.

Il travagliato parto del nostro affabulatore ha un titolo: “I super ricchi sono sempre esistiti. Con la differenza che ora possiamo diventarlo tutti” (1).
Detto così, parrebbe uno spassionato elogio verso l’American Way of Life: purtroppo, non è così, ed il seguito arranca su sponde mai visitate da autori degni di un minimo di saggezza letteraria. Ed economica.
Chi è Massimo Famularo?

Le scarne notizie che abbiamo di lui ci narrano che è un “esperto di crediti bancari in sofferenza”. Curioso: un tizio che vive a contatto con i nuovi poveri, o comunque con gente indebitata con le banche, ci racconta che la ricchezza è a portata di mano. Sarebbe arrischiata l’inferenza “sofferenza bancaria = maggior ricchezza dei singoli”?
Non la esploriamo, poiché lui non cita nulla del genere.
Il buon Massimo fa un temino, un temino buono per prendere un 6- durante l’anno scolastico ma che – alla maturità – sarebbe stato un flop completo, soprattutto in Storia.

In sostanza, il buon Massimo c’indottrina con una teoria semplice e di nessuna utilità: in epoche storiche lontane, la sperequazione della ricchezza era maggiore di oggi.
Non ho nessun dubbio nel credere che Alessandro Magno fosse il greco più ricco oltre ogni limite. Che il duca di Wellington e re Giorgio IV fossero in testa alla “hit parade” dell’epoca, come gli hidalgo spagnoli, gli aristocratici russi, eccetera, eccetera…

Ma, fra quel tempo e noi, sono intervenuti due fattori molto importanti:
1) Le rivoluzioni francese e russa;
2) La fine degli stati assolutisti, ossia la concessione (forzata) delle Costituzioni.

Per non parlare dell’affermazione della borghesia sulla nobiltà…poi le organizzazioni sindacali e politiche dei  lavoratori, i fascismi, il socialismo reale…ma dove ha studiato la Storia il buon Massimo? Alla Scuola Radio Elettra? E lo fanno scrivere su un giornale?!?

Oggi, un economista che vuole indagare in tal senso, va a cercare l’indice di Gini (2), poiché dalla classifica (3) si evince che l’Italia è al 52° posto, però con ultima rilevazione nell’anno 2000. Già con questo dato, sopra di noi (cioè con meno disuguaglianze) troviamo Francia, Svizzera, Austria, Danimarca…sotto di noi, decine di repubbliche delle banane, ma anche Portogallo, Brasile, Uruguay e…Stati Uniti.

Se desidera ampliare le sue conoscenze nel campo, caro Massimo, studi: perché l’indice di Gini ha parecchie peculiarità, che lo rendono sì duttile, ma che richiedono molta attenzione. Soprattutto, non basarsi su rilevazioni di 18 anni fa ed imparare ad evitare i trucchi contabili dei governi.

Però, se si trattava solo di capire che il Re Sole era il più ricco fra i francesi ha ragione lei: non serve scomodare Gini. Peccato che il suo articolo, parimenti, non serva a nessuno: lo sapevamo già, tutti. Saluti