Il nuovo palazzo della Regione Lombardia a Milano |
Se Renzi non fosse un burattino nelle
mani del potere finanziario e delle burocrazie europee, non si sarebbe mai
sognato di progettare una riforma costituzionale: avrebbe continuato a
giocherellare con la sua immagine, con l'album delle sue figurine. Invece,
gliel'hanno ordinato, e lui obbedisce.
Penso che nemmeno questa volta la riforma passerà – a meno di clamorosi
brogli: hanno assoldato legioni di scrutatori “embedded” – poiché il popolo
italiano è stanco e sfiduciato, e non è scorretto “vendicarsi” sul referendum,
poiché quando le leggi elettorali sono delle truffe incostituzionali, si
combatte come si può, anche a suon di sberleffi (pensate cos’hanno fatto gli
americani ad Hillary!).
Eppure, una riforma del Parlamento e
delle amministrazioni periferiche sarebbe necessaria: siamo certi che, se il
popolo avvertisse davvero che si tratta
di una consultazione (e non di un voto basato su ricatti e frustate, come al
solito) risponderebbe diversamente, poiché gli italiani – almeno in larga parte
– non sono degli stupidi. Proviamoci va, tanto siamo certi che non ci
ascolteranno mai, ma qualcuno che ascolta ci sarà, ed a noi basta.
Gli scopi di una vera riforma devono
essere due: risparmi sui costi inutili ed una maggior efficienza verso i
cittadini, cosa fattibilissima e, proprio nello spirito del dibattito
democratico che Renzi non
attua, il quadro che seguirà spero che servirà come base di discussioni,
ovviamente motivate.
Il
Parlamento
Fino al 1990 (circa) il sistema era
bloccato dalla Guerra Fredda e dalla divisione in blocchi: Camera e Senato
erano delle fotocopie, e dunque il sistema reggeva, anche se era inutilmente
duplicato. Oggi, siamo al parossismo: per composizione, sono quasi due diversi
parlamenti e ciò deriva da leggi elettorali sconsiderate. In questo quadro
spadroneggiò un Presidente-padrone – Napolitano – ed oggi regge solo per la presenza
del muto Mattarella: la “riforma” l’hanno già attuata e il Parlamento non conta
più niente, il vero potere è del governo, grazie all’uso sconsiderato del
decreto-legge.
Non servono due Camere, né serve
creare una camera dedicata alle amministrazioni locali, poiché –
inevitabilmente – entrerebbe in conflitto con la camera “nazionale”.
Piuttosto, serve una Camera che
lavori e, per lavorare bene, ha bisogno del costruttivo apporto della Corte
Costituzionale e di un Presidente dotato di parola: doppia lettura per ogni
legge, inframmezzata da un'analisi dei costituzionalisti – per evitare di avere
parlamenti e leggi incostituzionali, come oggi avviene – quindi recepire, nella
seconda lettura, i “paletti” costituzionali e valutare anche le note a margine,
non obbligatorie. In circa sei mesi una legge sarebbe pronta: una buona legge,
che non sarebbe necessario emendare il giorno dopo, soprattutto se si tornasse
a legiferare per comparti omogenei, non inserendo un comma sugli allevamenti di
mucche da latte nella riforma dell'esame di maturità.
Sui numeri e sugli eletti del
Parlamento, torneremo dopo.
Le
Regioni
Fino al 1980 circa, le Regioni non
esistevano: inserite nel 1970, solo dopo un decennio iniziarono a far sentire
il loro peso. Quasi sempre funesto.
Proprio ieri sera parlavo con un
funzionario regionale, il quale mi confessava che le Regioni – pur dovendo
amministrare vasti territori – sono schiave di una incommensurabile forza
centripeta. Se il 100% vige a Milano, a Brescia è soltanto più un 50%, mentre
in Valcamonica quasi si perdono le opportunità, le notizie...pur vivendo nel
Web 3.0. Inutile: ogni livello cerca d'ottenere qualcosa per sé, per la propria
parte politica o affaristica (spesso multi-partitica) ma, soprattutto, sul
proprio territorio. Ovvio che il territorio dove sorge il capoluogo è il più
avvantaggiato: ne abbiamo visto i frutti, in termine di malaffare, sotto tutti
i cieli.
Sinceramente, non riesco a trovare un
solo vantaggio, una sola opportunità in più offerta dalle Regioni, anche se
tutte fossero equiparate a quelle autonome. E’ il sistema che non funziona: le
Regioni hanno canali diretti con l’UE e li adoperano per dirottare fondi destinati
verso l’occupazione e la piccola impresa verso i vari carrozzoni controllati
dalla politica. In questo senso, sono un vero e proprio danno: l’unica
soluzione è gettare via il bambino insieme all’acqua sporca, senza
ripensamenti.
Le
Province
Siamo giunti al parossismo: dopo
avere strombazzato ai quattro venti l’eliminazione delle Province, nel 2016 si
sono tenute – lo dico per coloro che non se ne sono accorti – le Elezioni
Provinciali. Elezioni di “Secondo livello”, le chiamano, ovverosia i sindaci ed
i consiglieri comunali votano una sorta di Presidente della Provincia con gli
assessori – senza emolumenti, per carità! (e i gettoni di presenza? A quanto
ammontano?) – i quali avranno il compito...di gestire l’azzeramento delle Province!
Per quando? Non si sa: immaginiamo non prima del 2050...
Se volete, leggete il mio ultimo
articolo e capirete che razza di sordida cloaca siano diventate le
amministrazioni provinciali “rinate”: non per questo, però, l’impianto
napoleonico è da buttare.
Per come stanno le cose oggi, però,
c’è da buttare il bambino, l’acqua del bagnetto e spaccare pure la vaschetta.
I
Comuni
Non so da quanto tempo non vi recate
in Comune: non un grande Comune, cittadine di qualche migliaio d’abitanti o
poco più. Un tempo, c’erano un paio d’impiegati all’anagrafe, il vigile od il
messo, un’impiegata all’amministrazione, il geometra, il segretario o poco più.
Osservate oggi.
Decine e decine di persone che
volteggiano, girano, salgono e scendono scale, cercano qualcuno, telefonano,
fotocopiano, consultano, lavorano al computer...ma cosa fanno?
Il lavoro glielo trovano – sicuro –
con tutto l’ambaradan di nuove leggi e leggine che mutano ogni mese...ma...a
cosa serve tutto quello sciame di api operaie ronzanti?
In fin dei conti, e mi dispiace dirlo
per chi crede di svolgere un’attività socialmente utile, servono a mantenere
una base elettorale sicura, tramite il favore, la raccomandazione, il posto
sicuro. Per questa ragione i Comuni hanno piante organiche sempre più ampie.
In Italia, ci sono quasi 10.000
comuni. Una decina sono città di rango internazionale, altre duecento circa
hanno importanza nazionale poiché sedi d’industrie, città d’arte, snodi
ferroviari, porti, località turistiche, ecc.
Circa 9.000 Comuni sono, in gran
maggioranza, borghi agricoli dove l’agricoltura sta morendo per
mancanza...d’agricoltori! A differenza della Francia e della Germania – che
hanno pressappoco un agricoltore sotto i 35 anni contro un altro 65enne, un
rapporto di sostituzione di 1:1 – in Italia il rapporto è di 8:1, ossia 8
vecchi per un giovane.
Inutile ricordare che, ogni anno che
passa, si riducono le superfici coltivate ed i boschi avanzano, inesorabili:
ciò è dovuto, principalmente, alla mancanza d’idee, poiché le idee fanno
impresa, generano ricchezza. E, non dimentichiamo, la ricchezza – sia essa
legno o grano, oro o pirite – si trova nel territorio, non in piazza Navona.
L’ampiezza di un Comune non supera le
decine di chilometri quadri: estrema frammentazione del territorio (per ragioni
storiche), fra i più densamente popolati del pianeta. Oltre il confine, segnato
a volte da un fiume, altre da un semplice cartello affisso nella pianura c’è un
altro Comune, magari differente per Storia e monumenti, ma identico per
territorio, per bisogni, per possibilità.
Il Comune, oggi, non ha fondi da
destinare a nulla, se non alla propria sopravvivenza: le frane richiedono anni
di lavoro, perché bisogna aspettare che la Regione stanzi, che la Provincia
approvi...e così via. E le transenne restano, perché i fondi devono andare al
sostegno elettorale, che gli frega a loro se noi bestemmiamo, fermi al semaforo
della frana.
Un tentativo di riunire più Comuni,
per lo più accanto ad aree urbane, fu portato a termine durante il Fascismo, ma
non in molte realtà: l’esempio genovese è forse il più “classico” come esempio,
laddove i comuni di Voltri, Pegli, Sestri, Pra, Nervi...eccetera...divennero la
“grande” Genova.
Nessuno, però, ha mai immaginato di
riunire più Comuni distanti da una città in realtà amministrative autonome,
realtà omogenee per territorio ed attività economiche: un’intera vallata, ad
esempio, oppure una porzione di pianura fra due fiumi. Cosa porterebbe?
Quanto
costano oggi
Ogni lavoratore o pensionato paga,
annualmente, circa 700 euro per le amministrazioni locali (Regioni e Comuni): siccome
gli occupati sono 22 milioni 498 mila ed i pensionati 15,8 milioni (fonte:
ISTAT), paghiamo per queste istituzioni circa 26 miliardi l’anno. Cifre da legge Finanziaria: tanto per fare un
paragone, il governo Renzi ha stanziato, quest’anno, 7 miliardi per le
pensioni, che è uno dei maggiori stanziamenti dell’attuale legge. Ma non
finisce qui.
Mancano le Province, che si
approvvigionano tramite una quota sulle assicurazioni auto più le onnipresenti
multe, diventate un vero cespite anche per i Comuni: ci sono Comuni che
inseriscono nel bilancio di previsione la quota percentuale di quanto dovranno
aumentare nell’anno successivo! Il “crimine” previsto, quantificato e
tollerato.
Bolli, tasse, addizionali, TARES,
TARSU, TOSAP...è difficilissimo stimare quanto costano queste amministrazioni,
poiché – ad esempio – in quello delle Regioni c’è da conteggiare la Sanità, in
quello delle (ex?) Province gli interventi di manutenzione delle
scuole...qualcuno ipotizza addirittura un costo totale di 90 miliardi
l’anno...ma non ci sono cifre certe...è proprio necessario?
Premetto che le ipotesi che
seguiranno sono pensate per l’attuale situazione, vale a dire la presenza
dell’UE anche se, personalmente, credo che uscire dall’Europa e dall’Euro
sarebbe la prima e più necessaria medicina: non perché un impianto europeo sia
disdicevole, ma nelle mani di questa gente – e per come è stato pensato e
realizzato – è una vera iattura.
Ipotesi
di discussione
Accorpando in gruppi di 15-20 Comuni
i circa 9.000 piccoli comuni italiani, si otterrebbero 450-600 unità
territoriali – Comunità, Distretti, Comprensori, Dipartimenti, mini-province...chiamateli
come desiderate – le quali avrebbero a disposizione (osservando le attuali
piante organiche) almeno 100-200 dipendenti fra impiegati, operai, vigili, ecc,
quali sarebbero i vantaggi?
Venti cantonieri che spingono una
carriola raggiungono gli stessi obiettivi di venti cantonieri – provvisti dei
necessari macchinari – che riparano una frana? Od una perdita d’acqua? Oppure
tagliano alberi caduti? Lo stesso dicasi per gli impiegati, i vigili, ecc: si
potrebbero ottenere non dei risparmi
di scala, bensì dei vantaggi di
scala. Senza dimenticare che, per gli aspetti amministrativi, già oggi (vedi
Germania) è possibile inviare e ricevere documenti via Internet, comodamente da
casa.
Ogni Comunità avrebbe un Consiglio ed
un Presidente, ed eleggerebbe un parlamentare ogni cinque anni: una sola
giornata elettorale ogni 5 anni, fine delle elezioni ogni anno. Se ci pensate,
la pratica delle elezioni “frazionate” è soltanto una necessità degli attuali
partiti: quella di controllare continuamente i rapporti di forza. I costi delle
elezioni? E che gliene importa a loro?
Nei vecchi Comuni rimarrebbero un modesto
ufficio per le pratiche più comuni: anagrafe e poco altro e le Pro Loco,
organismi nati dal basso dove si creano, con la sperimentazione per la
valorizzazione del territorio, i futuri amministratori e politici.
I comuni di “cintura” alle grandi
città diventerebbero quartieri della città stessa, ovviamente.
Ogni Comunità dovrebbe essere dotata
di una piccola astanteria (10-15 posti letto) per le emergenze, mentre la
Sanità “maggiore” – i grandi ospedali – tornerebbero sotto lo Stato:
riflettiamo che, prima della riforma, mantenevamo un Poggiolini (l’ispettore
dei farmaci con i lingotti d’oro sotto il divano), oggi ne manteniamo venti,
uno per Regione.
Inserendo come capoluogo la cittadina
più grande e popolosa, le scuole già ci sarebbero: sarebbe poi compito delle
amministrazioni occuparsi di completare gli iter formativi, secondo le
esigenze.
Molto importante creare una giustizia
locale per il “piccolo cabotaggio”: incidenti di varia natura, piccoli furti,
sfratti, separazioni, confini, ecc. lasciando i compiti più difficili, le
inchieste ecc. nelle mani dei giudici nei grandi tribunali: tornerebbe,
rivisitata, la figura del pretore, giudice monocratico e, nella nuova riforma,
unico grado di giudizio (al massimo, un ricorso ad un altro pretore). La giustizia
spicciola, grosso modo, funziona così in Gran Bretagna.
Dal punto di vista fiscale, sarebbe
necessario un ribaltamento delle attuali prassi: stabiliti i costi generali
dello Stato (ossia Difesa, Giustizia, Sanità, Scuola) – anno per anno, e dando
potere esecutivo alla Corte
dei Conti di limitare gli “incrementi” – tutte le altre entrate rimarrebbero
alla Comunità.
In questo modo, le Comunità avrebbero
fondi propri per gli investimenti sul territorio, oppure potrebbero optare per
un ridimensionamento del prelevo fiscale.
Le grandi città, all’opposto,
vedrebbero frazionata la loro gestione: pur mantenendo un Consiglio Comunale
(per il controllo e la supervisione generale), il vero potere (ossia i soldi)
andrebbero nelle mani delle Circoscrizioni, ovvero dei quartieri, in base alla
popolazione residente. In questo modo, non ci sarebbero più quartieri poco
popolati che fanno la parte del leone e quartieri-dormitorio che si dividono le
briciole.
Anche in questo caso, vigerebbe il
federalismo fiscale sopra esposto, mentre tutte le leggi elettorali sarebbero
proporzionali, senza nessun premio di maggioranza e con uno sbarramento al 3%.
Il
nuovo Parlamento
Il Parlamento, rimasto unica camera
di rappresentanza, dovrebbe lavorare, e parecchio. Una settimana lavorativa di
cinque giorni (Lunedì-Venerdì), non come oggi (Martedì-Giovedì): per
contrappeso, la quarta settimana del mese rimarrebbe chiuso, cosicché i
parlamentari possano tornare nei collegi ed ascoltare le novità, le richieste,
i bisogni...partecipando, in veste d’uditori, alle riunioni del Consiglio di
Comunità.
Oltre al referendum abrogativo –
senza quorum (c’è forse un quorum per le elezioni?) – sarebbe necessario il
referendum propositivo: 500.000 firme, ma un anno di tempo per raccoglierle, ed
il parlamento sarebbe obbligato ad esaminarlo subito, non infilarlo nel
cassetto “ricordi e depositi” come fanno per le leggi d’iniziativa popolare.
Sarebbero da riformare anche i
regolamenti parlamentari, l’abuso del decreto-legge nella formazione delle
leggi e molto sulla Giustizia, ma sono argomenti che esulano da questa
trattazione.
Conclusioni
A qualcuno sembrerà l’uovo di
Colombo, ad altri un sistema irrealizzabile, ad altri ancora una schifezza:
provate a ragionare, io propongo un sistema che dimezza i costi centrali e sopprime
due amministrazioni locali su tre. Quanto il risparmio? Non so darvi una cifra
certa, ma valutabile nell’ordine delle decine – forse centinaia – di miliardi
l’anno.
Ed una maggior efficienza, di questo
sono sicuro. Perché?
Poiché le cose, nelle amministrazioni
locali, non vanno come (forse) pensate: ossia, l’assessore comunale
all’ambiente si reca dall’assessore provinciale, il quale telefona
all’assessore regionale e combina un incontro col ministro dell’Ambiente. Manco
per idea.
L’assessore comunale all’Ambiente va
da suo cugino, l’assessore provinciale ai Trasporti, il quale contatta il suo
ex compagno di scuola, che è assessore regionale alla Sanità. L’idea, se buona
– ossia se rende dei soldi – viene portata avanti calcolando da subito la
divisione del malloppo, magari se si riesce a fare a meno del ministro anche
meglio, perché quello non lo liquidi con due spiccioli.
Idee come quella delle
“macro-regioni” – ricordando il sen. Miglio – sono inutili: anzi, complicano le
cose. La gerarchia, soprattutto oggi, con la velocità dell’informazione, è un
inutile orpello: è un retaggio del nostro modo di pensare, un ricordo al quale
siamo legati.
Nella suddivisione dei fondi europei,
la Spagna ed il Portogallo si presero (anni ’80-90) anche la parte che l’Italia
non riusciva a spendere, perché l’Italia convogliava i fondi nella “catena”
amministrativa, gli iberici avevano uffici centrali. Fu un caso (forse ancora
abituati a stati fortemente centralizzati?) che li favorì, mentre l’Italia perse
tutte le occasioni nelle quali i nostri ladri di polli non riuscivano a trovare
un accordo per la spartizione. I famosi capannoni abbandonati, ricordate?
Non vi è nulla di più diretto e senza
intoppi che un ufficio – corrispondente alla commissione parlamentare – il
quale riceve dei piani d’intervento, richieste di fondi (motivate) e
quant’altro: devono solo lavorare, di certo non andare ai talk-show.
Per evitare il noto fenomeno del
“approvo per la maggioranza, respingo per l’opposizione”, tutti i provvedimenti
di spesa per le amministrazioni locali sarebbero racchiusi in una, unica legge
di spesa: una a trimestre, ad esempio, cosicché si approverebbe o si
respingerebbe in blocco. In commissione è più facile accordarsi (in un
parlamento che funzioni, si fissano delle regole e ci si attiene ad esse),
mentre in aula bloccare è facilissimo.
Inoltre, per la corruzione, vi
sarebbero solo due livelli da controllare: più facile da vigilare, meno
complesso: in fin dei conti, lo stato napoleonico era molto simile, e Napoleone
era una persona di un’intelligenza straordinaria. I francesi, per due secoli,
non sono riusciti a demolire l’impianto napoleonico: comunque, oggi, les voleurs de poulets français ci
stanno riuscendo, anche loro stanno per aggiungere il livello regionale.
Vorrei solo far notare la differenza
fra un impianto federalista e la mia ipotesi: qui si tratta di tornare a dei
valori e dei comportamenti che la Lega ha sempre strombazzato, ma ai quali non
ha mai creduto. Basta riflette sulle “grandi verità” sbraitate a Pontida e la
misera fine di Bossi, che regnava su un partito nel quale i parlamentari
“romano-acquisiti” (“Roma Ladrona”: i romani non si offendano) si spartivano
mazzette a iosa. Quelli buoni, dalla Lega se ne andarono già prima del 2000.
Ossia, non si tratta di costruire un
impianto gerarchico “locale” bensì di spazzarlo via: un filo diretto, al posto
di una sequela di “prolunghe” macilente e poco sicure. Di certo, la politica
nelle Comunità dovrebbe essere di alto livello, perché è lì che si faranno le
scelte politiche importanti: non la “giornata della fertilità”, ma come dare un
assegno sicuro alle future madri e la certezza di ritrovare il proprio lavoro
dopo il parto, indipendentemente da razza, religione, condizione sociale e
moralità. Così recita la nostra Costituzione.
Dovrebbero, inoltre, essere aboliti
tutti i finanziamenti ai media – Tg, giornali, ecc – cosicché la stampa
diventerebbe – finalmente – libera (e responsabile): non ci sarebbero più i
Renzi in Tv dall’alba al tramonto né gli “editti bulgari”.
Già conosco le vostre obiezioni: se
non sono onesti...certo, lo so anch’io...se non si riforma la
moneta...sicuro...se c’è l’Europa di mezzo non c’è niente da fare...ma
certo...e allora? Che facciamo? Avete una katana per fare karakiri tutti?
Altrimenti vi presto la mia: se volete passarvela...scherzo, ovviamente.
Facciamo circolare delle idee, non
possiamo fare altro – per ora – però un terzo dell’attuale parlamento è
costituito da neofiti, gente che reputo onesta (forse esperta e capace un po’
meno, ma non importa) con una direzione politica un poco arruffona (più facile
dal palcoscenico, vero Beppe? Ti capisco...) ma, tutto sommato, è una nuova
realtà che appare...non sappiamo ancora come andrà a finire. Magari il
bicchiere è mezzo pieno e non ce ne accorgiamo.
Ci sarebbero ancora molte cose da
dire, ma non voglio abusare della pazienza di chi mi ha seguito fin qui: andiamo
a buttare in faccia al ragazzino di Rignano la sua pasticciata e clientelare
“riforma” con un NO, senza ripensamenti e paure di buttare “un’occasione”.
Questa riforma non è nulla: è fuffa, è truffaldina, aumenta le spese invece di
diminuirle.
Grazie per la vostra attenzione.
Ciao, Carlo
RispondiEliminanon mi è stato difficile arrivare fino al fondo del tua proposta/analisi che condivido in gran parte. Intanto una correzione ai dati sui comuni: sono circa 8100 i comuni italiani e non circa 10mila; poi una concordanza che dovrebbe diventare una necessità da attuare come programma politico di una qualche forza politica (m5s?): i risparmi che si avrebbero sono enormi, come il recupero aulla corruzione. Per l'accorpamento dei comuni vedrei meglio una ristrutturazione delle non eliminate province da assoggettare, organizzativamente, all'iter che hai descritto. Infine sul Parlamento: 1-diminuizione dei deputati almeno alla metà; 2 introduzione del senato delle autonomie territoriali (le nuove province).
Buon cammino
Doc
Vedi, Donato, perché mantenere la duplicazioni dei legiferanti su due Camere? Non ne comprendo l'utilità. O sono d'accordo, e allora non servono a niente, oppure non lo sono, e servono solo ad affossare le leggi nei rimpalli fra Camera e Senato. Io ho proposto una sola Camera con la doppia lettura delle leggi. Comunque, ogni nuova idea ben venga, non decido mica io! -))
RispondiEliminaAugusto, la provincia era una unità già troppo grande, io non andrei oltre i 20 comuni, ci sono grandi province come Cuneo che ne hanno un centinaio. Finisce che intere porzioni di territorio non ricevono nulla.
Per i fondi dare/avere credo che si debba andare per numero di abitanti, non saprei indicare un mezzo più democratico...però con uno Stato che sappia quantificare le spese con certezza e largo anticipo, per questo vedrei bene una Corte dei Conti con maggiori poteri.
Vedremo se arriveranno altre idee.
Grazie ad entrambi
Carlo
Anch'io, come Donato, sono per una riduzione del 50% dei parlamentari della Camera.
RispondiEliminaMeglio pochi, ma buoni. Per quel che è diventato il Parlamento, poi, tra fiducie, canguri e cambi di casacca.
Aggiungerei l'eliminazione delle regioni a statuto speciale, che sono diventate una fonte d'iniquità.
Quanto ai risultati del referendum, hanno un'ultima carta: falsificare il voto degli italiani all'estero.
Sono quattro milioni di voti, una bella cifra. Fuffolo impaurito se la giocherà?
E' l'ultima risorsa, per questo mi fa paura.
RispondiEliminaBuongiorno,
RispondiEliminac'è un aspetto, a mio avviso importante, che non è stato trattato: il Governo. Io penso che l'ingovernabilità nasce proprio lì, più che in Parlamento. Nasce, cioè, dalla pretesa del Governo di legiferare costringendo il Parlamento ad accettare le proposte, magari a colpi di fiducia. Credo quindi che si dovrebbe dire chiaramente che il Governo debba limitarsi alla funzione esecutiva, mentre soltanto il Parlamento dovrebbe occuparsi di predisporre ed approvare le leggi, recuperando anche una maggior libertà, oggi impedita dalla necessità di una maggioranza quasi sempre fissa (indipendente, quindi, dai contenuti delle leggi in esame) a sostegno del Governo.
L'ho detto nell'articolo: è la pratica dell'abuso del decreto legge. L'art 77 (Cost.) recita "Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza il Governo adotta...omissis..." ma qui si adotta il decreto legge anche per le mucche da latte incinte, per la legge sui piccioni, ecc. L'obiettivo è ovvio: promulgare, in fretta,leggi di spesa con penali (vedi Ponte) in modo che il Parlamento sia obbligato ad approvare, altrimenti saltano tutte le altre leggi di spesa per questioni di bilancio.
RispondiEliminaQuesta Casta va cacciata, prima di tutto, ossia il PD e FI devono perdere le elezioni e andare all'opposizione (dove si disgregheranno)perché hanno creato un circolo corrotto fra Parlamento (che non fa niente), governo (che fa tutto) e Presidente della Repubblica che fa il Re (Napolitano) oppure è muto e inesistente come Mattarella.
Ciao e grazie
Dopo un po' di tentennamenti dovuti al pasticcio informe che è il voto dall'estero, ho votato e rispedito il mio no a questa riforma costituzionale. Arriverà, non arriverà? Mah, chi lo sa...
RispondiEliminaDa molto tempo vado dicendo che il contratto sociale tra Stato e cittadini è saltato. Si continua ad andare avanti per inerzia ma lo sfacelo è sotto gli occhi di tutti.
Penso anche che Il carrozzone UE è destinato all'implosione. Ormai si stanno creando tutti gli allineamenti anche a livello internazionale perché ciò accada. Il problema è capire cosa verrà fuori dopo la scossa.
Allo stato attuale comunque condivido le proposte di modifica che ho letto in questo articolo e, sia pure con i limiti politici del M5S, sottoporre questo primo impianto all'unica forza che almeno si contraddistingue per il suo intento sincero può essere un inizio che non sia il solito girare a vuoto.
E poi, come giustamente dicevi, che alternative abbiamo? Io, per esempio, non ho neanche la katana!
Beh, Massimiliano...ti presto la mia - )))
RispondiEliminaChe vuoi...tutti ci aspettiamo l'implosione, e invece loro continuano sempre peggio!
A volte sai cosa mi chiedo? Se l'Italia non sia un "laboratorio" per le loro porcate, da provare, sperimentare...ed osservare come vengono prese.
Non è fantapolitica.
Noi non ci rendiamo nemmeno conto del potere degli apparati: metti insieme massoneria e Bildenberg, più i vertici delle istituzioni bancarie: hai in mano tutto!
Il voto all'estero consente truffe inaudite: sono 4 milioni di voti regalati per il Sì!
Gli italiani si ribelleranno?
Se non si ribellano - come del caso del referendum di scissione del Montenegro dalla Serbia - domani lo proporranno in Spagna, poi in Francia...e via così.
Non credo molto che implodano, se nessuno gli dà una mano!
Ciao
Carlo
RispondiElimina26-11-2016
Hasta la victoria siempre!
Ola, comandante.
RispondiElimina