01 giugno 2015

Sindrome ligure







Una Primavera di tanti anni fa, era il  mitico anno 2000, un certo Sandro Biasotti – un neo-berlusconiano dal passato sfumato fra la Lanterna ed il Porto – s’insediò sulla più alta poltrona ligure, quella di presidente della Regione. Nella ex regione rossa fu un terremoto, poiché le avanguardie berlusconiane avevano varcato il passo del Turchino: erano giunte al mar Ligure, sconvolgendo equilibri che parevano immutabili nell’ex genovesato.
Quella Repubblica di Genova che solo chi vive qui ancora percepisce come reale, tangibile, presente: le due Riviere sono soltanto le ali dell’uccello, mentre tutto ciò che pulsa, che scalda, che ragiona non fuoriesce da confini non tracciati ma ben presenti nelle menti, fra Nervi e Vesima. Il Tg regionale appena sfiora ciò che avviene nei 200 chilometri delle due ali, e subito torna fra De Ferrari e Brignole, ad interrogare i palazzi del potere.

Oggi, pare che non sia avvenuto nessun terremoto: al più, un insipiente rottame di partito come Claudio Burlando è stato sostituito da un apparatcik delle Tv berlusconiane e nessuno grida allo scandalo, nessuno fiata. In definitiva: a nessuno frega un accidente, solo fra i perdenti s’ode qualche insignificante remescio.
Cos’è mutato dai tempi di Biasotti? Praticamente tutto: nel mondo, in Europa, in Italia ed in Liguria è fuorviante fare paragoni con il passato. Ecco perché nessuno sbraita o festeggia più di tanto: nella guerra per bande delle cosche, il “laboratorio Liguria” (sic!) ha fornito un risultato. Renzi ha osato troppo e, da domani, dovrà scendere a patti – capitemi: dividere la torta – con l’ala cosiddetta “sinistra” del suo partito a livello nazionale. Ma si tratta solo di un avvertimento politico/mafioso, nulla di più.
La Regione...gli affari interni al genovesato...bah, quelli andranno avanti con la solita divisione del malloppo (come vanno avanti ovunque), mentre a livello nazionale giungeranno – e saranno subito messi in pratica – gli “avvisi di tempesta” spediti da Genova: peggio di un voto contrario in Parlamento, la prossima volta potrebbe toccare al Piemonte o, addirittura, all’Emilia.
Renzi è avvertito: coloro che sono stati “rottamati” non ci stanno a raccogliere le briciole sotto il tavolo, vogliono piatto, posate e bicchiere e partecipare al banchetto. Svolta politica? Ma quando mai! E’ d’altro che si sta parlando...

Osserviamo, ad esempio, ciò che capita dalle parti delle cosche dell’edilizia: leggete il collegamento in nota, non by-passatelo come una semplice notazione a margine, perché lì è spiegato nel dettaglio di cosa stiamo parlando (1). Anche le alluvioni tornano utili (come L’Aquila, del resto): per questo Burlando minacciò i giornalisti di una troupe televisiva di Primocanale “Farete una brutta fine...” (2)

E’ quasi una storia comica: per tutto l’Inverno, notai questi camion della Pa.Mo.Ter (gruppo Mamone) che uscivano dal casello di Albisola e prendevano la via del Giovo, la strada per Acqui Terme, per raggiungere Stella, il paese natale di Sandro Pertini. Provenivano dal sito di scavo del Terzo Valico alle spalle di Genova, quasi ai confini con l’alessandrino: circa 100 chilometri di strada. Sei camion il giorno per 6 corse ciascuno: 36 camion movimento terra che scaricavano a 100 chilometri dal luogo di scavo. Bel viaggio per della semplice terra: va beh che i rifiuti ne fanno anche 1000...ma quella è merce preziosa.

Il Comune di Stella, vista la “montagna” che si stava creando, chiese se fosse possibile utilizzarne una parte per un riempimento: voleva costruire un nuovo impianto calcistico.
Alt! Verboten! Questa terra è solo qui di passaggio, perché – dopo (non si capisce dove, quando e come) – dovremo riportarla a Prà (Genova) per lavori di riempimento. Così, la terra farà 150 chilometri: sempre che Prà sia la destinazione finale!

Questo, per capire come la vittoria o la sconfitta, ma anche il semplice conteggio dei voti, siano parte di una complessa operazione di distribuzione. Dde che? Ma dai, devo anche spiegarvi l’acqua calda...
Non importa se Toti vince e la Paita perde, perché nessuno – in realtà – perde mai nel gran gioco dell’Oca chiamato “Edilpolitica”. Al più, perde qualcosa, ma mai troppo: tutti lo sanno, oggi a te, domani a me...
Poi, bisogna osservare chi ha vinto e chi ha perso. Ma veramente vinto o perso.

Gli elettori, stufi, se ne vanno al mare il giorno delle elezioni: scelta più saggia, almeno dal punto di vista morale, non potrebbe esistere.
Qualcuno, invece, pensa di “punire” i partiti con questa disaffezione ma, per i partiti, il calo d’affluenza è tutta manna che piove dal cielo!

E’ scaduto il tempo del voto per appartenenza (ideale) ed è rimasto solo quello per convenienza (politica): esclusi gli elettori del M5S e d’alcune, sparute ali estreme, tutti gli altri votano per un ben preciso interesse di gruppo, che si trasforma in convenienza personale. Il grande fiume dei soldi pubblici, che si suddivide in mille ruscelli per guadagnare voti.
Oggi, il problema del voto (per i partiti, ovvio) non è tanto quello di guadagnare voti, quanto quello di stabilizzare, “solidificare” il proprio elettorato, sulla base di ben precisi vantaggi personali...che possono essere una sovvenzione all’editoria oppure un appalto, o ancora uno studio da commissionare, una ricerca (inutile) da attuare...ma tutte azioni che tendono al controllo di persone, famiglie, gruppi.
Da qui, si comprende come qualsiasi forma di reddito di cittadinanza o distribuzione paritetica e senza controllo sia vista come il fumo negli occhi.
Questo, vale per tutti.

Fatto 100 il numero dei votanti, con un’affluenza del 100% – se il mio partito ha 10 elettori – prendo il 10% ma, se l’affluenza cala al 50%, il mio partito “sale” al 20%: per questa ragione, in un panorama di calo dell’affluenza a due cifre (10-15%) anche le percentuali dei partiti sono, per lo meno, da prendere con le pinze. Anche quelle del M5S, tanto per capirci: il partito che “sale” al 30%, in realtà ha gli stessi voti di due anni fa, anzi, forse di meno.
E’ chiarissimo che l’elettorato del PD si è dileguato – in questo senso, la Liguria è un “laboratorio” – ma la gestione bipartisan della cosa pubblica (a tutti i livelli) impedisce qualsiasi intrusione sul modello spagnolo di Podemos. Quando mai un PD – che può avere l’appoggio di Forza Italia, della Lega (non crederete mica a Salvini, vero?) e d’altri “compari” – dovrebbe (sul modello spagnolo) cedere la poltrona di sindaco di Madrid/Roma ad uno sconosciuto “non-mazzettaro”?

Come diceva Enrico Berlinguer nella famosa intervista a Scalfari di una vita fa, la questione morale è veramente il nodo centrale della vicenda, ed è inutile – da qui in avanti – fare qualsiasi ragionamento politico.
Che li faccia la Magistratura, se ne ha l’opportunità ed il coraggio. 

7 commenti:

  1. Dio mio che pessimismo, caro Bertani! Ma non c'è solo " Edilpolitica".
    Ci sono altri mille problemi dalle banche al turismo.....
    Un vecchio genovese che ha sempre vissuto in piazza Manin. con stima GFC

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  2. Beh, se ci aggiungiamo gli altri...deindustrializzazione, turismo, invecchiamento della popolazione...che facciamo? Ci tiriamo un colpo?
    Grazie
    Carlo Bertani

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  3. Eh sì, la politica ormai è solo (sfacciata) spartizione del malloppo, non cambia nulla votare per l'uno o per l'altro, è una finta democrazia rappresentativa solo dei malsani appetiti di molti.
    Ed allora, perché votare? Significa soltanto avallare un sistema mendace e criminale.
    Preferisco seguire il Crozza-pensiero quando fa il verso al bischerone:

    "La Liguria? Quel terreno scomodo abitato da gente avara che ha dato i natali solo a cantautori tristi?" . Esilarante!
    Ciao.

    http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/di-martedi-crozza-renzi-e-lo-strano-caso-della-regione-liguria/202900/201973?ref=HRESS-14

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  4. sarà, caro Bertani, ma vedere Genova in macerie ( con gli occhi di un bambino ) nell'estate
    del 1945 è stato per me una lezione di vita. da allora ( E NONOSTANTE TUTTO ) non ho smesso di
    accudire questa città per la quale ho un amore morboso, ben sapendo che i colpevoli delle nostre magagne- più che i politici- siamo proprio noi genovesi. cordialmente GFC

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  5. Sarà, caro branca doria, però trovo difficile assolvere questa classe politica. Lo sa che a Savona le macerie della guerra le abbiamo ancora? Alzi lo sguardo di fronte al mercato coperto, a sinistra, ed è ancora guerra e bombe. 70 anni per non essere riusciti a mettere a posto quattro muri sbreccati? No, carissimo, capisco l'amore per le nostre città, ma non voler vedere è peggio d'essere ciechi.
    Ciao Eli, forse Crozza (che è ligure) dà un giudizio troppo tranchant sulla sua terra: capisco, chi se ne va tende sempre a bistrattare od a santificare la terra d'origine...c'è tanto d'altro, io - che ci vivo - la trovo una terra interessante...saranno avari? Forse. Ma lo spirito di de André ancora vola, eterno.
    Ciao
    Carlo

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  6. è stato un piacevole scambio di idee....se vai sul mio blog, vedi come la penso
    cordialità GFC

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  7. E' vero branca doria, ho visto il tuo blog...oggi, se non c'è l'insulto il commentatore non si sente realizzato...sarà il loro mondo...noi, emu za dètu...Ciao

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