04 febbraio 2011

Eversione


“…penetra in questo nostro regno in isfacelo un esercito potente, il quale, approfittando della nostra negligenza, ha già messo piede, segretamente, in alcuni dei nostri porti migliori ed è sul punto di spianare al vento la sua bandiera.”
William Shakespeare – Re Lear – Atto Terzo, Scena Prima.

Sono ore gravi.
In queste ore, stiamo vivendo una vera e propria “notte della Repubblica” e non molti se ne rendono conto: a parte il fiato sprecato nelle trombe, l’opposizione non si rende conto della gravità di quel che sta accadendo. Siamo giunti ad un passo dal “commissariamento” del Parlamento: sarebbe auspicabile, almeno, un nuovo “Aventino”, se solo i partiti d’opposizione avessero ancora un briciolo di coraggio.

L’eversione sta tutta nel non aver rispettato un articolo della legge delega[1], che il Governo stesso aveva richiesto alla sua maggioranza, per attuare il cosiddetto “federalismo”.
Non sono quisquilie, sono le basi sulle quali poggia la nostra democrazia:

"Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo. Il Governo, qualora, anche a seguito dell'espressione dei pareri parlamentari, non intenda conformarsi all'intesa raggiunta in Conferenza unificata, trasmette alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione nella quale sono indicate le specifiche motivazioni di difformità dall'intesa." (art. 4)

Invece, l’attuale Governo ha ritenuto di emanare ugualmente il decreto, il quale era stato approvato dalla Commissione Bilancio ma non da quella per l’Attuazione dell’art. 119 della Costituzione (sempre il cosiddetto “federalismo”), il cui parere è stato negativo, non essendo stata raggiunta la maggioranza (15 a 15).

Lo ha fatto perché, altrimenti, Bossi avrebbe rotto l’alleanza con Berlusconi e l’avrebbe lasciato in braghe di tela con le sue vicende di nani e ballerine (un eufemismo: con l’accusa di sfruttamento della prostituzione minorile).
Come riporta “Repubblica[2], in Consiglio dei Ministri il problema d’aspettare i rituali trenta giorni e la presentazione alle Camere (come previsto dalla legge delega), per tentare di rimettere a posto una legge bislacca, s’era posto: qualcuno aveva adombrato il rischio che il Quirinale ritenesse passata la misura. E il rischio, come s’è visto, c’era.
Uno ieratico Maroni, negli stessi istanti, andava in giro per il Parlamento a raccontare che già c’era un accordo per andare alle elezioni a Maggio[3], e lo spifferava niente di meno che al PD Castagnetti: siamo, evidentemente, alle Quinte Colonne ed al gioco di spie.
Perché?

Berlusconi e Bossi sanno benissimo che la tanto attesa legge per il cosiddetto Federalismo è fallita: altri passaggi attendono altre parti del provvedimento, e saranno forche caudine, disordini istituzionali, attacchi al vetriolo.
Che fare?

I leghisti del Nord chiedono a gran voce di rompere l’alleanza con Berlusconi – molti di loro, persone per bene, non se la sentono più d’appoggiare il Caimano erotomane con le minorenni – ma questo significa prendersi, come nel 1994, la responsabilità di far cadere il Governo.
In alternativa, la Lega rischia seriamente di far cadere se stessa, perché il trend elettorale dell’ultimo mese evidenzia un’inversione di tendenza. Il caso Ruby, pesa.
Meglio, allora, lasciare tutto nelle mani di Napolitano: qualora il Presidente avesse emanato la legge, si sarebbe cantata vittoria mentre, in caso contrario, la responsabilità sarebbe stata fatta ricadere, per il volgo, tutta nelle mani di un Presidente Napolitano, di nome e di fatto. Dopo la decisione di Napolitano – schermaglie a parte, livori ricacciati nel profondo, bile ingoiata a tonnellate, frasi di circostanza, rassicurazioni espresse facendo le corna sotto il tavolo… – già si capisce che si andrà alle elezioni.

In questa gran bagarre, c’è un silenzio politico che assorda.
A parte le rituali dichiarazioni pro e contro la scelta (a nostro avviso eversiva) del Governo, non si notano dichiarazioni d’intenti, iniziative o quant’altro per una decisione in sé eversiva: tutti gli attori della politica avevano ben compreso che le carte, oramai, erano soltanto nelle mani del Presidente della Repubblica. Questo non assolve la loro timidezza.
Si trattava, per la delicatezza del caso, di una situazione molto spinosa: vediamo il perché.

La Repubblica Italiana nacque con un impianto legislativo di chiaro stampo parlamentare, lo testimoniano molti articoli, a partire dall’art. 70:

"La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere."

Soltanto dopo, all’art. 71, entra in gioco il Governo, ma solo alla pari con gli altri attori:

"L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.

Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli."

Veniamo ai casi nei quali il Governo può emanare le leggi, la cosiddetta legge delega, all’art. 76:

"L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti."

Ed il decreto legge all’art. 77:

"Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.

Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.

I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti."

L’intento del legislatore costituente è chiaro: fornire al Governo un mezzo per intervenire rapidamente nelle emergenze oppure, quando vi siano dei contrappesi (e le commissioni parlamentari lo sono), affidare al Governo “per tempo limitato e per oggetti definiti” alcune, specifiche materie. Così importanti come la ripartizione amministrativa della fiscalità sul territorio nazionale? Può essere considerato un “oggetto definito”?

L’obiettivo dei vari Governi di Silvio Berlusconi (ma non dimentichiamo l’avallo che questa impostazione ha ricevuto da esponenti del centro-sinistra, ad esempio Bassanini) è sempre stato quello di trasformare la Repubblica da parlamentare a presidenziale e, questo, senza passare sotto le forche caudine della procedura di riforma costituzionale. S’è visto che fine fecero, quando ci provarono, nel 2006.

Capita l’antifona, sono iniziarono delle manovre che non possono essere definite eversive (fino a ieri sera) – poiché circoscritte all’ambito mediatico e del lessico politico – quali la pressante citazione di una presunta “Costituzione materiale” e la proposizione a vanvera di un “federalismo” associato all’art. 119 della Costituzione, laddove la parola “federalismo” non compare. Eppure, i costituzionalisti conoscevano a dovere la materia: perché non lo citarono?

A rischio di ripeterci ancora una volta, vorremmo ricordare che i processi federativi e confederativi sono percorsi d’aggregazione fra entità statali, le quali decidono – per svariati motivi – di procedere nella condivisione di principi comuni, fino alla creazione di una entità superiore, alla quale sono demandati compiti e funzioni che viene definita, appunto, Stato federale o confederale. Un lampante esempio fu lo Zollverein (unione doganale) tedesco dell’Ottocento, oppure la Confederazione Elvetica.
I processi di maggiore autonomia finanziaria delle singole amministrazioni, in qualsiasi tipo d’impianto statale, sono definiti semplicemente riforme amministrative, nulla di più.

I processi di secessione, invece, avvengono quasi ovunque per cause belliche: l’unico caso pacifico che possiamo ricordare, nella Storia Contemporanea, è la separazione consensuale fra le Repubbliche Ceca e Slovacca, le quali già esistevano (sotto diversa forma) prima del 1918.

Se l’intento della Lega Nord è quello di frantumare l’Italia sui confini ante 1861, oppure di staccare soltanto il Lombardo Veneto dal resto, si tratta di una legittima rivendicazione la quale, però, non trova corrispettivi nell’impianto legislativo italiano per essere attuata. E nemmeno, salvo una pacifica e condivisa decisione, in ambito internazionale.
A nostro avviso, i sostenitori della Lega Nord dovrebbero rendersi conto, anzitutto, della pochezza dei loro sostenitori: nel Veneto, roccaforte della Lega, il partito di Bossi – nel 2008 – ha raccolto soltanto il 27,1% dei voti[4] per la Camera, in Lombardia soltanto il 16%. Sono questi “numeri” da secessione?
Stabilito che una secessione non è praticabile per due ragioni – chi la sostiene, nelle aree potenzialmente secessioniste, non raggiunge nemmeno un terzo dei voti e non esistono strumenti legislativi per avviare un simile percorso – non rimane che praticare la via dell’autonomia amministrativa e di dimenticare i termini “federalismo” e “secessione”.

Personalmente, ritengo che i sostenitori della Lega Nord siano stati ingannati da un ventennio di menzogne: i mali dell’Italia non si risolvono con una separazione che si tradurrebbe in un minor “peso” internazionale del nuovo Stato (poniamo il Veneto), totalmente compreso nei confini italiani. L’isolamento lo esporrebbero ancor più alle “tempeste” internazionali, la sua moneta sarebbe subito presa di mira dalla speculazione, l’industria incontrerebbero enormi difficoltà per le esportazioni nel suo naturale bacino italiano. Sono tutte difficoltà che sono sorte e che tuttora pesano, e parecchio, sulle repubbliche ex jugoslave.
Questo spiega anche perché il sostegno alla Lega Nord provenga dalle classi sociali meno abbienti, giacché gli imprenditori preferiscono dare il loro appoggio a partiti di centro-destra nazionali, consci dei pericoli ai quali sarebbe esposta l’imprenditoria veneta se “corresse” da sola.
Chiudo qui la dissertazione: ciascuno è libero di pensarla come crede e di rivolgersi ai vaneggiamenti dei vari Della Luna.

Il vero problema italiano è una classe politica completamente allo sbando e non solo corrotta – lo sono le classi politiche di molti Paesi – ma totalmente incapace: sono stati scelti per premere semplicemente dei pulsanti a comando, e solo quello sanno fare.
Nei giorni scorsi, è intervenuto in questo dibattito Massimo D’Alema[5]: non proviamo soverchia simpatia per il Presidente del PD, ma gli riconosciamo grande acume politico. D’Alema, sinteticamente, ha “dipinto” la situazione: stiamo correndo su un binario pericoloso, gli italiani sono sempre più distaccati dalla loro classe politica, bisognerebbe chiedere loro quale tipo di Stato preferiscono, se parlamentare o presidenziale. D’Alema giunge a proporre una legislatura (neo) “costituente”: ipotesi un po’ fumosa, ma l’analisi coglie nel segno.

Torniamo, allora, agli avvenimenti di ieri: una commissione parlamentare boccia, sostanzialmente, l’impianto riformatore che il Governo ha steso.
A quel punto, partono infinite dissertazioni sulla “validità” costituzionale di quel respingimento: chi afferma, come Berlusconi, che era soltanto un “parere”, una sorta di partita finita zero a zero – quando anche gli allievi delle elementari sanno che l’approvazione richiede la metà più uno – e chi grida al golpe.
Se si fosse passato oltre quel “parere” – a nostro avviso – avrebbe semplicemente significato che una legge delega, stilata due anni or sono – la quale affidava il compito di varare una riforma amministrativa al Governo – bastava, da sola, per emanare una qualsiasi legge. Senza controlli né contrappesi, poiché la commissione parlamentare competente l’aveva bocciata. Contraddicendo completamente l’art. 70.
Non si può parlare di “golpe”: è eccessivo, ma d’eversione sì.

Il Presidente Napolitano, fortunatamente, ha compreso il rischio che correva la Repubblica con l’emanazione di quella legge – di là della sua validità o meno – e non ha commesso un madornale errore: avrebbe fatto passare il principio che il Parlamento – affidato al Governo il compito di stesura di un testo di legge – potrebbe rimanere senza strumenti di controllo. E il Parlamento, ricordiamo, è l’unico strumento democratico di controllo che gli elettori hanno (o “dovrebbero” avere).
Il solo fatto che un Governo abbia tentato un simile azzardo, però, si configura come un attacco, e quindi vilipendio, della Costituzione: da quel momento in poi, anche formalmente, la Repubblica Italiana – nata con la Costituzione del 1947 – avrebbe cessato, di fatto, d’esistere.

Da domani, le stesse persone che hanno tentato un simile azzardo contro le legittime basi della Repubblica, torneranno a dilapidare sorrisi e menzogne, ad occupare ogni angolo dei monitor e delle TV. Continueranno nella loro stantia solfa del “ammodernamento”, delle “riforme”, del “futuro”, della “serietà”, del “controllo”…in realtà, per come si sono comportati, hanno gettato la maschera: Berlusconi, Bossi, Tremonti, Calderoli e tutta la compagnia sono soltanto degli eversori, nemici giurati della Repubblica.
E’ assolutamente necessario, a qualsiasi costo e tappandosi anche bocche ed orecchie, mandare al più presto in malora questa banda d’eversori che sta tentando di violentare il Paese: questa volta Napolitano c’ha messo una pezza ma, se la società civile non darà segni di ribellione, per quanto potrà ancora farlo?

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.

Questa pubblicazione non può essere considerata alla stregua della pubblicazione a stampa, giacché ha carattere saltuario e si configura, dunque, come un libera espressione, così come riferito dall'art. 21 della Costituzione. Per le immagini eventualmente presenti, si fa riferimento al comma 3 della Legge 22 Maggio 2004 n. 128, trattandosi di citazione o di riproduzione per fini culturali e senza scopo di lucro.

22 commenti:

  1. Scusa, Carlo, ma torno alla crisi egiziana e comincio, come nel mio precedente commento, con una precisazione:

    Essendo giordano con una formazione culturale-accademica per lo più italiana, ho sempre tentato di osservare la questione mediorientale da due prospettive: l’una occidentale e l’altra “indigena”. Ciò mi dà la possibilità di aprirmi ad un’ambivalenza di rappresentazioni di significati. Quando i due sistemi di cultura, però, entrano in conflitto, la produzione di questi significati richiede, come ci ricorda il teorico indiano Homi Bhabha, un “terzo spazio” (cfr. Bhabha, “I luoghi della cultura”, Meltemi 2001). Il “terzo spazio” tratteggia un contesto “nuovo” che produce “nuovi” significati, e mi assicura che i segni culturali e di “civiltà” non sono fissi, ma possono essere riassegnati, ristoricizzati, reinterpretati e riletti. In questa prospettiva, cari lettori del blog, lo spazio che ci accomuna dimostra che non può esistere un significato originale, una “purezza” culturale, né tantomeno una razza “pulita” con la “verità assoluta” nel proprio bagaglio geopolitico.

    Ho cercato sempre di rispettare tale visione in tutti i miei precedenti commenti in questo blog e probabilmente sono stato “accettato” qui proprio per questo.

    Questa volta, però, non sarà così: stando a quello che leggo nei mass media europei ed americani riguardo le rivolte popolari nel mondo arabo, mi vedo costretto a tralasciare completamente la prospettiva occidentale, in quanto questa vede nella rivoluzione egiziana soltanto tre cose: la preoccupazione che i Fratelli Musulmani salgano al potere, l’eventuale fine del Trattato di Camp David; ed il probabile effetto domino che coinvolgerà altri “Paesi alleati moderati” come la Giordania, lo Yemen e l’Arabia Saudita. Questi tre tormenti dottrinali si possono chiamare anche con un altro nome: Israele, Israele ed Israele. È vero che Obama e Clinton esigono una transizione ordinata ed immediata “verso un governo che risponda alle aspirazioni del popolo” (notate l’evitare dell’uso della parola “democrazia”), ma l’amministrazione USA e Europa hanno sempre elogiato la “stabilità dell’Egitto”. Già, stabilità e ordine sono l’unica ricetta prescritta al malato mediorientale.

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  2. La verità è che l’occidente non ha mai permesso che la democrazia venisse esercitata nel Mondo Arabo: in Algeria non l’hanno permesso, trascinando il Paese nel caos totale; nel Libano idem; la Cisgiordania, nel 2005, ha visto le elezioni più democratiche della storia della regione, ma non hanno vinto i piccoli funzionari del’occidente, ovvero Fatah. Ha vinto, invece, Hamas … il resto della storia lo conosciamo tutti. Ecco perché quando Berlusconi invita ad una transizione in Egitto ma “senza rotture con Mubarak, in quanto uomo saggio ed un punto di riferimento preciso per tutto il medio oriente”, il nano di Arcore dimostra di essere più coerente e meno ipocrita di tutti i colleghi europei.
    Un altro motivo che mi invita ad abbandonare la prospettiva occidentale è che mi allontana dalle seguenti considerazioni, che reputo, invece, fondamentali:

    - Dove sono finiti i figli del regime (famiglia Mubarak), ex ministri, uomini d’affari, ecc? Dove sono i loro uomini? È possibile che le reazioni di questi caimani alla rivolta di “ragazzi di face book” si sia limitata a qualche atto di vandalismo come abbiamo visto mercoledì scorso?

    - Quali sono gli ingredienti socio-politici dell’alleanza tra i vari movimenti d’opposizione: 6 aprile, Wafd, Kifaya e Fratellanza Musulmana? Come sono riusciti, nonostante le loro diverse agende politiche, ad unire i loro slogan?

    - Perché nessun esponente dei Fratelli Musulmani non si candiderà alle prossime elezioni presidenziali? Nell’ambito dell’opposizione, i Fratelli rappresentano la maggioranza. Sono, inoltre, l’entità politica più organizzata, coesa e soprattutto finanziata.

    - Qual è stato il ruolo dell’istituzione militare egiziana fino ad ora? Sono con o contro la rivoluzione? Non bisogna dimenticare che sono stati proprio i militari, sotto Nagib, Nasser, Sadat e Mubarak, a controllare lo scenario interno, stabilendo l’ordine (i servizi segreti appartengono alla Difesa e non al Ministero dell’Interno), e mantenendo lo stato di corruzione ed ingiustizia per più di sessant’anni. Assisteremo ad un altro colpo di stato militare? Ho paura di sì. Ma a differenza del ’52, pare che il golpe questa volta si stia consumando sanguinosamente e lentamente.

    Cercherò di rispondere alle altre domande quando le cose saranno più chiare.

    Mahmoud, Giordania.

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  3. Ho poco da aggiungere alla tua analisi, Mahmoud: credo che una risposta all'apparente "stare in ombra" della Fratellanza sia che di più non possono fare.
    Mi spiego: se la Fratellanza premesse sull'acceleratore, probabilmente finirebbe per fornire strali ai vari think tank alla Huntington, ossia, "sono tutti terroristi di Al Qaeda".
    Probabilmente, l'atteggiamento prudente si spiega con il voler sfruttare l'appoggio americano - che non è certo disinteressato - ma che per una parte del percorso può collimare con gli interessi della Fratellanza e dei partiti che desiderano un reale cambiamento, non di facciata.
    L'appoggio USA, lo spiego con la necessità di "pilotare" la fine del regno di Mubarak, perché un'eventuale morte improvvisa di M. sarebbe stata più rischiosa.
    Credo anche che l'amministrazione Obama desideri "ridefinire" i rapporti interni con la lobby israeliana (ostile a dir poco), e la miglior arma è proprio quella di un "fedele" alleato al cairo, ossia più fedele a Washington che a tel Aviv.
    Non sto dicendo che Obama sia in rotta di collisione con Israele, ma che desideri semplicemente ritagliare una maggior fetta decisionale per gli USA. Era già successo addirittura con Reagan, quando negò i finanziamenti per il caccia nazionale "Lavi", obbligando Israele al "buy american".
    Secondo me, ciò spiega anche il perdurare della crisi, perché Mubarak sa d'avere in Tel Aviv proprio il miglior alleato.
    Oltre, non vado: giustamente, osservo la situazione con i canoni della mia cultura, e non ho gli strumenti per conoscere abbastanza il mondo musulmano.
    Ti ringrazio per le tue analisi
    Carlo

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  4. Curioso, il finale suona identico a quello che un certo leader politico (da lei non molto apprezzato, purtroppo :D) dice da anni.

    Prima ti ignorano. Poi ti deridono. Poi ti combattono. Poi vinci.

    Speriamo. :)

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  5. Non ho capito a quale finale ti riferisci: se ne senti la necessità, spiegati meglio.
    Ciao
    Carlo

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  6. Caro Carlo, dopo qualche settimana di tregua, mi trovo costretto a ritornare ad enunciare le mie idee sul Dittatore di Arcore e, sic, confermarle nella sostanza. Infatti il Nano Dittatore, malgrado i numerosi attacchi ricevuti, è ancora in sella, avendo vinto le conte in parlamento con una campagna acquisti dispendiosa ma efficace. Rimane alto il suo consenso tra gli italiani, che ritorno e continuerò a chiamare ebeti, malgrado qualcuno su questo blog mi criticherà more solito. Si lo so sono solo 1/3 degli aventi diritto al voto, ma bastano al nano allupato per vincere le elezioni con questa legge elettorale, che detto per inciso il csx si vuole tenere specie nella parte che prevede la lista bloccata. In conclusione in Italia gente coraggiosa che metta il petto contro le forze di repressione, come hanno fatto i nostri fratelli tunisini ed egiziani, ce ne poca e il dittatore del pelo lo sa bene e non teme rivolte di piazza, queste sole capaci di metterlo in difficoltà e non le sperate, ma non ancora pubblicate, e forse mai lo saranno, foto hard che lo ritraggono allungare le mani sulle terga delle fanciulle in fiore.
    Ora non ha altro da fare che far rivotare le leggi ad personam anche se dovrà comprare e comprare onorevoli, (onorevoli è un modo di dire) in vendita. Se avete visto la programmazione dei films trasmessi da rete 4 saprete che ha trasmesso per una settimana films con protagonista Luca Barbareschi e quindi la strada per lo stravolgimento della Costituzione passa per l'acquisto di deputati e senatori in vendita.
    La dittatura è vicina e solo se sapranno gli italiani emulare i fratelli tunisini ed egiziani la potranno evitare.
    Ma ci spero poco.

    Ciao Carlo

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  7. Ho chiamato fratelli i tunisini e gli egiziani, ma vi devo dire che provo nei loro confronti un duplice sentimento, di invidia per il coraggio e l'abnegazione dimostrata e di vergogna per appartenere ad un popolo imbelle che quando il dittatore al pelo di arcore instaurerà la sua dittatura dirà, ma io tengo famiglia.

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  8. Carlo

    non è che la Lega voglia proprio la secessione, è che sono stanchi di fare i terroni rispetto agli Svizzeri, Austriaci, Tedeschi, e
    Danesi! :-D

    Scherzi a parte, poiché i loro sondaggi scendono paurosamente ed i
    loro elettori navigano in un mare forza 7, fanno marcia indietro rispetto ad elezioni anticipate.
    Ora hanno paura.

    Non abbiamo solo assistito all'ennesima forzatura delle procedure parlamentari
    da parte del Porcile Dei Liquami e
    dei loro alleati, che vivono le regole democratiche con sofferenza
    e fastidio; ma questi gentiluomini del diritto e padri di famiglia di
    specchiata sensibilità, anche
    istituzionale, stanno preparando un'altra bella sorpresa per rilanciare l'economia (secondo loro!): la modifica dell'Articolo 41 della Costituzione e l'abrogazione dell'Articolo 43.
    Che recitano rispettivamente:

    Art. 41-L'iniziativa economica privata è libera.

    Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

    La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali [cfr. art. 43].

    Art.43- A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

    Forse il Nano Pedofilo teme che lo
    stato voglia espropriargli le
    televisioni? Quanto mi piacerebbe!
    Far cessare l'insulsa, quotidiana
    pioggia di scemenze che tracima
    dai suoi canali idioti ed offensivi per l'intelligenza.
    E per l'Art.41, se ora sono possibili indagini, multe e protezione dell'ambiente e dei cittadini, dopo l'abrogazione o la modifica, questo paese diverrebbe terra bruciata che manco Attila!

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  9. Ripeterò fino alla noia: B. è in sella soltanto perché gli altri sono d'accordo. Il PD perché gli basta conservare il poco che ha, che per i "mangioni" di sx è già tanto, Di Pietro perché qualcosa ci guadagna, a puntellare ogni volta mister bunga bunga con i suoi uomini. De Gregorio, Scillipoti, Razzi. Fossi al posto di un elettore dell'IDV, comincerei a pormi qualche dubbio, ed a vergognarmi.
    Per il resto, business is usual, salvo che inizia ad avere un po' troppi nemici. Questa volta, Napolitano l'ha fatto incazzare sul serio, e non vedo la strada per promulgare le solite leggi ad personam così in discesa.
    Vedremo.
    Carlo

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  10. Ciao Carlo, solo per dirti che si dice "business as usual".
    Auguro a tutti una buona settimana!
    Ciao

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  11. Non lo sapevo (lo confondevo col "business is business): sovrascitto il file. Grazie MattoMatteo.
    Carlo

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  12. Ok Carlo, la presentazione del decreto è un atto eversivo;
    Dalema però non ha acume politico, troppa grazia per un tipetto che e' stata la spalla di sostegno ideale del satiro di arcore, inoltre ricordo a quanti lo hanno dimenticato anche lui ha compiuto un atto eversivo (forse molto più grave, avvicinabile all'attentato alla Costituzione) scavalcando il Parlamento e calpestando in modo macroscopico l'art.11.nella stessa identica posizione, cioè quella da presidente del consiglio dei ministri.

    Mahmoud, la tua ingenua fiducia nell'occidente, portatore di "valori" mi sorprende solo all'inizio per poi svanire nella lucida analisi successiva.
    Nella parte mediterranea dell'Africa si sta giocando una partita a scacchi truccata: i tempi delle mosse sono gestiti da terzi, interessati certamente ma senza dover sottostare al principio di autodeterminazione,di tutti popoli, figurarsi poi per la liberta' etc..
    Trattasi come sempre di: salvaguardia di interessi economici, presenti e futuri. Of course!!

    Per Orazio alcune osservazioni.
    1- e' troppo evidente l'indebolimento continuo , proprio del proprio potere, che alzo di tacco sta subendo proprio da sè stesso.
    2- i possibili ebeti non sono 1/3 degli aventi diritto al voto ma molto di meno: bisogna considerare che esiste un buon 40% di Italiani dichiarati che non votano per cui, in conseguenza, siamo al max di fronte a 1/5 degli aventi diritto.
    3-il fatto che stia ricorrendo a video messaggi significa semplicemente che è costretto a stare blindato, circondato dalle sue body guard (compreso i media-guard).
    4- i luoghi in cui può andare a dire le sue puttanate sono ormai in via di esaurimento: se si fa eccezione per i i suoi posti mediatici -le sue reti e il tg1- ormai ha fatto il deserto intorno a se.
    5- le dimostrazioni contrarie sono arrivate sotto casa...

    Se a questo si aggiunge le preoccupazione che comiciano ad arrivargli dalla lega, beh si capisce che trattasi di crepuscolo e non di alba.
    Per il resto? La situazione?... la situazione non è buona!!

    Buon cammino a tutti
    Donato

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  13. Salve Sig. Bertani, la leggo da tempo e l'ho seguita fino quì nel suo blog dopo la sua fuoriscita da un noto sito.

    Purtroppo poche persone cercano di comprendere le manovre dei questi politicanti criminali e dubito ci siano speranze per il nostro paese, in quanto, per un cambiamento reale, servono idee e consenso popolare.
    Il consenso purtroppo non lo si può ottenera dalla mia generazione (quella degli anni 70), ne da quelle successive... siamo anestetizzati dal consumo, dalla futilità, dalla fuffa e dai media in maniera (a mio parere)inreparabile.
    Anche chi dedica una parte congrua del proprio tempo all'informazione alternativa, rimane comunque interdetto nella varietà degli argomenti e delle tesi... mi creda, nel mio caso sono eponenzialmente maggiori i dubbi rispetto alle certezze.
    Per un cambiamento reale manca la cultura, manca la volonta, manca lo spirito di sacrificio.
    Le alternative politiche non esistono e i fuoriusciti oltre che senza voce sono senza programmi sufficientemente innovativi (forse temono che idee radicali possano non essere comprese dal poco consenso rimastogli, o forse non ne anno di idee...).
    In ogni caso, dubito che possa materializzarsi una rivolta o una rivoluzione in grado di spazzare via il potere attuale (destra o sinistra che voglia chiamarsi).
    Spesso condivido in toto i suoi articoli (spesso li stampo per farli leggere a mia madre e li posto agli amici), ma questa frase...: "sarebbe auspicabile, almeno, un nuovo “Aventino”, se solo i partiti d’opposizione avessero ancora un briciolo di coraggio."
    Davvero crede che sia il coraggio a mancare? La silenza della nostra opposizione è dovuta alla mancanza del coraggio, forse dall'inettitudine... forse.
    Cordiali saluti.

    RispondiElimina
  14. La silenza della nostra opposizione NON è dovuta alla mancanza del coraggio, forse dall'inettitudine... forse.

    Mi scuso per gli errori... più su manca anche una H... non ho riletto prima di postare.

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  15. Vedi, Donato, avere acume politico non significa essere un buon politico per i diritti della gente, di tutti, per essere - per dirla con Cipolla - "uomo che fa scelte buone per sé e per gli altri ".
    Si può avere un acume politico come l'aveva senz'altro Mussolini, come ce l'ha Berlusconi: difatti, governa.
    Altra cosa è avere acume e moralità, etica e buon cuore, come aveva Gandhi.
    Non ti preoccupare, Matteo G, per gli errori nei commenti: li faccio anch'io!
    Comunque, il tuo pensiero è genuino, anche se ancora poco chiaro.
    Speriamo di rivederti e di risentirti qui, a bordo.
    Ciao a tutti
    Carlo

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  16. Chiamo ebete chiunque crede che Berlusconi credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Chi crede questo non è ebete è o in mala fede o lobotomizzato dalla TV spazzatura.

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  17. Esplicito meglio il mio pensiero.

    Il sostantivo Politica, e quindi le sue derivazioni, hanno -evidentemente per me- un significato, una accezione diversa.
    La Politica rimane per me una funzione - socialmente e civilmente- utile, anzi fondamentale nella costruzione di una società tesa alla giustizia sociale.
    Da ciò deriva che non mi sogno neanche di dare, all'acume di d'alema, l'atributo accompagnatorio "Politico" che resta sempre e cmq, sempre per me, una qualificazione nobile di una attività funzionale necessaria, quale e' la Politica.
    Indubbiamente d'alema -lo studente a vita da presidente- di acume, nel senso di furbastro (mangia pane e coda di volpe: è ciò che al mio paese si dice di questa tipologia di uomini), pragmaticamente utilitaristico , ne ha in abbondanza.
    Insomma dal mio punto di vista i dalemaveltroniberlusconi et similia non hanno niente a che fare con la Politica.
    Loro sono altro: è tutta un'altra storiella che i media fanno assurgere ad un rango assolutamente inappropriato.
    Saluti
    Donato

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  18. Ho capito Donato: tu identifichi con "politica" solo la buona politica, mentre io uso il termine in modo neutro. Difatti, ho citato Gandhi come esempio di buona politica.
    Poi, chi è ebete e chi non lo è, francamente, poco m'appassiona.
    Grazie a tutti
    Carlo

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  19. Sull´ebetismo e sue conseguenze.
    Ogni tanto faccio esperimenti di lettura per sondare la vox populi dell’ altra parte dell’ umanità.
    Mi metto a leggere i commenti dei lettori del Giornale o del Gazzettino. Di solito ne esco malconcio, pessimista sul futuro della razza umana e con desideri di sterminio.
    E’ che proprio non si riesce a capire come gli funzioni il cervello.

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  20. Egregio Professore,
    ricorderá anche Lei che l'Italia é l'unico Paese al mondo con un Parlamento bicamerale con funzioni duplicate e su base elettorale territoriale omologa.
    Negli altri Paesi con impianto bicamerale ciascuna delle due Camere ha unzioni differenziate e come minimo viene eletta su basi elettorali differenziate. Come é noto, nel dopoguerra si scelse il sistema regionale -ma si escluse quello federale- per problemi ideologici, e ciononostante si era prevista l'istituzione delle regioni proprio per attuare quello che anche lei in qualche modo definisce come "federalismo" quando cita un piú elevato grado di autonomia concessa agli Enti regionali.
    È anche da ricordare, infatti, che l'istituzione delle Regioni prevedeva che il Senato della Repubblica non fosse una semplice copia della Camera con membri semplicemente piú attempati, né eletta dagli stessi elettori della Camera in semplici circoscrizioni elettorali differenziate.
    Le Regioni erano la ...ragione... della esistenza del nostro Senato che nelle commissioni normative della Assemblea Costituente fu creato come "Senato delle Regioni", dove i nuovi Enti avrebbero dovuto trovare rappresentanza.
    Per calcolo politico dell'allora PCI il progetto fu sabotato perché -ritendendo di avere la maggioranza dei voti alle successive elezioni amministrative- Palmiro Togliatti aveva timore che la diversa composizione del Senato potesse rappresentare un contrappeso a favore delle opposizioni presunte.
    Per questo dopo schermaglie interminabili, il testo dell'articolo 57 fu trasformato nell'attuale aborto in cui il primievo fondamento della rappresentanza regionale fu ridotto alla inutile e faceta espressione "eletto su base regionale".
    L'idea di bilanciare gli interessi dello Stato centrale contrapponendovi quelli locali delle Regioni, non é quindi una eresia costituzionale né una esclusiva della Lega Nord.
    Non a caso, quando le Regioni vennero finalmente istituite solo nel 1970, molti politici e costituzionalisti riproposero il tema di cancellare la inutile duplicazione di Camera e Senato, adeguando il Senato alla nuova realtá Regionale come era in origine prevista dalla Commissionedei 75.
    Tra questi vi fu il Prof. Gianfranco Miglio che fu uno dei maggiori sostenitori della "soluzione alla tedesca" prendendo a modello il Bundesrat tedesco. Miglio poi 20 anni vide nelle "eresie" leghiste un movimento politico che poteva portare a questa conclusione. Come qualunque costituzionalista sa -ed io non ne sono uno- negli Stati regionali e in quelli federali coesistono forze centripete e centrifughe che a livello istituzionale non solo sfumano le diferenze tra federalismo e regionalismo, ma addirittura trasformano li trasformano da stati federali a stati regionali (Spagna) o da regionali a federali (Belgio).
    La nostra Costituzione d'altra parte prevede Enti Regionali a statuto speciale che altro non sono che cellule federali in un impianto regionale.
    Parlare di federalismo e secessione alla maniera dei raffinati capipolo leghisti, puó fare drizzare i peli, ma da lei professor Bertani mi aspetto di non confondere le cose.
    Scusi il mio essere prolisso, Ossequi
    Ax

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  21. L'impianto regionale fu raggiunto soltanto con la riforma del 1970 la quale, fra l'altro, prevedeva l'abolizione delle Province: difatti (salvo la Francia, che pare volerci seguire in questa scempiaggine) nessuno ha, contemporaneamente, un impianto "napoleonico" e "tedesco".
    Miglio, poi, desiderava qualcosa di diverso: la sua idea era di tornare agli Stati pre-risorgimentali, che identificava nelle "macroregioni". Cosa c'entra con l'oggi? Niente.
    Cosa è rimasto di Miglio? Qualche afflato, in mezzo al clamore del nulla.
    A costo di ripetermi, le forme di devoluzione dei poteri sono riforme di stampo amministrativo.
    Quelle che implicano, invece, il cambiamento della forma di Stato sono processi d'aggregazione.
    Mi citi un solo esempio di Stato centrale che si è trasformato - non per cause belliche o postbelliche - in uno Stato federale.
    Saluti
    Carlo Bertani

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  22. Ehm buongiorno professore, mi permetta di sottolineare che non contesto affatto la sua personale opinione in merito alle autonomie locali e lo stato unitario.
    Peró non credo che l'argomento possa essere ridotto ad una superficiale equazione federalismo=Lega=orrore.
    Per rispondere alla sua domanda, il Belgio come detto, che con la Costituzione del 5 maggio 1993 si è trasformato da Stato regionale in Stato federale.
    Del resto mi scusi, gli Stati non si costituiscono solo per aggregazione, alcuni si sono formati per dissociazione di uno Stato unitario, suddiviso in entità di territorio dotate di autonomia (Austria, Germania almeno fino alla cosiddetta riunificazione, Argentina, Brasile, Messico).
    Per quanto riguarda poi l'impianto regionale, mi scusi, ma il ritardo della politica nella attuazione di una previsione costituzionale non aggiunge e non toglie nulla al progetto originario.
    Infine, con tutto il rispetto, numerosi tra i maggiori costituzionalisti italiani tra cui il Prof. Paolo Carrozza della Universitá degli Istudii di Pisa avrebbe molto da ridire a proposito di quel clamore del nulla a proposito del Senato Regionale, e sul fatto che Miglio non c'entri nulla.
    Ossequi, Ax

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