04 gennaio 2011

Possibile? No, probabile



Suscita quasi l’ilarità ascoltare le dichiarazioni di Sergio Marchionne[1] – no, possibile Serge Marchionnì no, probabile Sergy Marchionny – perché sono lo scivolamento sul nulla: solida lastra d’acciaio? Possibile. Sottile strato di ghiaccio sull’abisso? Probabile.
C’è un piano industriale della FIAT per il futuro? Possibile. Non si deve saperne nulla? Probabile.

“Un leone usa tutta la sua forza per uccidere un coniglio” – sentenziava nel Medio Evo nipponico Mijamoto Musashi – ma l’assegnazione delle parti non è ancora decisa. Sembra probabile una FIOM in versione coniglio ed un Marchionnone con gli artigli pronti – “senza il sì, si chiude Mirafiori” – ma tutto sta nella capacità di reazione della FIOM, che potrebbe ribaltare il canone. Possibile?
La posta in gioco non è soltanto la questione FIAT, bensì la grande “questione lavoro” italiana iniziata con la legge Treu, proseguita con la legge 30/Biagi: oggi si presenta il conto con il tandem Marchionne/Sacconi, appoggiato dalle seconde linee Bonanni/Angeletti.
Sono a confronto due linee di pensiero completamente antitetiche: la versione “savana selvaggia” dei quattro compari approdati alle chimere del berlusconismo rampante (in fase di ristrutturazione centro/destra/sinistra con o senza Berlusconi), in contrapposizione al modello europeo del mercato del lavoro.

Per mandare a quel paese tutte le fesserie di Marchionne, basterebbe rispondere ad una domanda: da quando è stata inaugurata (da Treu in poi) la nuova “stagione” nel mercato del lavoro, le cose – per gli italiani (sottratti Marchionne e i quattro scalzacani che lo seguono) – sono andate meglio? Raffiniamo la domanda: sottraendo gli azionisti e gli attacché al governo, gli italiani hanno ricevuto benefici?
Basterebbe ricordare che, il direttore dell’INPS, non osa pubblicizzare i futuri piani previdenziali dei giovani perché ci sarebbe da attendersi una rivolta (parole sue): tutto finirebbe lì!
L’obiezione dei Marchionnini è che, senza quelle riforme, le cose sarebbero potute andare anche peggio: ci sembra, tutto sommato, un sillogismo da osteria.
Potremmo obiettare – fra un bicchiere di bianco ed un caffé – che il se ed il ma (in Toscana) sono il pane dei grulli, e dunque un vaso dei fiori poteva cadere sulla mia testa, su quella di Marchionne o su quella del tandem “riformista” sindacale. In quel caso, data la pochezza della materia grigia presente, un solo vaso sarebbe già stato letale.

Marchionne, poco elegantemente, si sottrae all’obiezione che la FIAT, in pratica, con i soldi che ha preso dallo Stato dovrebbe essere una public company come la Régie Renault. Dice “perché non li ha chiesti lui”. Beh, però se li è ritrovati. Possibile? No, probabile.
Lamenta la fatica di correre per il mondo a “cercar soldi”, ma non spiaccica una parola sui futuri piani industriali del Lingotto: perché?
Poiché tutta l’operazione sembra centrata sull’ennesimo “prendi i soldi e scappa”, in questo caso negli USA.

Chrysler non è di proprietà FIAT: gli stabilimenti Chrysler sono di proprietà del fondo pensione dei lavoratori. Dunque, anche Chrysler è assimilabile a qualcosa che non è frutto di quel capitalismo “puro e duro” che Sergino vuol far credere: in buona sostanza, gli americani – forti dei capitali dei fondi pensione – sono inattaccabili, mentre per l’Italia è pronta la parte della Corea di turno. Anzi, Malesia? Possibile. Zimbabwe? Probabile.
Il topolino, scaturito dalla montagna dei quattro moschettieri da strapazzo, è semplice: ricattare l’Italia al punto da farla lavorare per un tozzo di pane gettato sotto il tavolo dei potenti.
Per questa ragione non ci sono progetti per auto di nuova generazione – saputo, Serge, che è già pronto il Kangoo elettrico? – e nemmeno la FIAT mostra interesse per un fenomeno che sarà senz’altro in crescita: le piccole auto elettriche per il car sharing urbano.

Su “Repubblica”[2] – visto che il neo pretendente alla poltrona di sindaco di Torino è Fassino, il quale ovviamente concorda con Marchionne al 100% – si sperticano nel giudicare una “buona speranza” il fatto che, dunque…la quota di mercato FIAT di Dicembre 2010 è “solo” in calo dell’1,9%, mentre quella annua è del 2,7%...dunque…c’è da ben sperare. Come un tizio al quale diagnosticano: lei non ha la broncopolmonite, solo la polmonite. Orsù: gioisca.
Sempre Repubblica[3], si dichiara “soddisfatta” per la buona accoglienza che ha ricevuto il titolo FIAT all’apertura dei mercati: un “balzo” da 15,43 a 16 euro. Ammette che gli analisti s’aspettavano una quotazione a 16,80 ma, tanto per dare una mano alla coppia Marchionne/Fassino, va bene così.
Questo si chiama giornalismo finanziario “de no antri”, poiché i listini – in un solo giorno – non raccontano nulla sul piano delle scelte strategiche di un’azienda! Vediamo almeno la prima trimestrale?
Probabilmente, la difesa dei valori costituzionali è una “lotta ad ore” per il giornalismo radical-chic di sinistra: la difesa dei principi sul lavoro, esposti nella Costituzione – pare di capire – succede sempre nei giorni “no”.

Niente da fare: quando sono in gioco gli interessi della borghesia, nazionale ed internazionale, possiamo leggere gli stessi articoli sugli stessi giornali che si fanno la guerra per questo o per quello, per Berlusconi o contro Berlusconi. E’ quella che già Marx definì “la sostanziale unitarietà delle borghesie”, e non possiamo che riconoscerla come tale.

Sacconi rincara la dose[4], con una serie di sofismi che lo qualificano come l’ultimo giapponese dell’atollo berlusconiano (al quale è stato tolto il tappo): il grande male – secondo il nostro Jaruzelski da strapazzo – sarebbero gli accordi sindacali del 1993: aboliti – oh, finalmente! – sembra tirare un respiro di sollievo, dimenticando che su ogni accordo manca la firma, da mesi e mesi, del principale sindacato italiano. E che, alla sinistra della CGIL, sono sempre più forti i COBAS e la FIOM.

Sacconelski s’ostina a definire “modernità” il “superamento” di quegli accordi, come fossero rottami dell’ancien régime: vorremmo ricordargli che la stagione dei grandi “entusiasmi”, susseguenti il Congresso di Vienna del 1815, durò pochissimo. Di lì a poco, fu tutto un fiorire di costituzioni, concesse od estorte con la forza.
Se tutto va bene, madama la marchesa, non si capisce proprio perché il centro di Roma sia stato messo a ferro e fuoco dai dimostranti un pomeriggio qualunque, oppure perché cresca ogni giorno la parte d’italiani che si dicono schifati al pensiero di votare. O ancora, che un partito quasi nato dal nulla – piaccia o non piaccia Vendola – giunga ad incassare proiezioni di voto vicine all’8%: sono tutti sintomi che il sistema sta traballando.
Qualcuno dirà: governeranno lo stesso. Risposta: la citazione di Jaruzelski non è stata casuale.

Tirando le somme, Marchionne aspetta il momento giusto per trasformare la FIAT nella “bad company” di Chrysler – altrimenti non si capisce perché s’ostini a non pubblicizzare il piano industriale dell’azienda – mentre Sacconi aspetta che qualcuno gli dica come si farà a tirare avanti con un paio di voti di maggioranza – altrimenti non si capisce come mai la Lega mandi sempre più evidenti segni d’insofferenza – ed entrambi sperano d’avere abbastanza tempo per portare a termine i loro fini. Che, non dimentichiamo, sono semplicemente quelli di continuare ad impoverire la gran parte degli italiani per arricchirne pochi.
Possibile? No, probabile.

Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.

10 commenti:

  1. La CGIL vorrebbe firmare il contratto capestro di Marchionne e la FIOM coraggiosamente si oppone.Lo statuto della CGIL impone di non firmare contratti contro i principi della Costituzione italiana. la CGIL in definitiva si piegherebbe a Marchionne, ma la FIOM spalleggiata da Vendola resiste. Ricordo che Landini è iscritto e dirigente di Sinistra ecologia e libertà che in caso di elezioni primarie sbaraglierebbe il candidato del PD. Baffino, quello che bombardava a go go la Serbia e proclamava l'inestimabile valore di Mediaset è un fallito politicamente ma si ostina a voler dirigere la politica del PD. Sacconi applaude e ringrazia il destino che ha dato Marchionne all'Italia, perchè lui senza Marchionne non sapeva che cavolo fare.

    Ciao Carlo

    RispondiElimina
  2. BEEEEEH, BEEEEEH, BEEEEEEH, su pecorelle italiche, seguite il vostro Pastore, tutte in fila come cretinette una per una, giù nel burrone facendo tintinnare i campanellini appesi al collo. Oh, guarda! Un gregge di pecorelle spiaccicate! Che cretinette! Potevano guardare avanti... in fondo, la statura del Pastore non era tale da togliere la vista!

    RispondiElimina
  3. Il problema, cari,e` che troppo spesso gli attacchi alle conquiste dei lavoratori arrivano dalla sinistra stessa. La Fiat e’ la Fiat e Marchionne fa l’AD della Fiat. Molto schierati e identificabili. La controparte.
    Il problema e` un D´Alema… che dice che firmerebbe un accordo cosi`.
    Il problema e’ un D´Alema che ti fa` un d.l. per il lavoro interinale, introducendo questa nuova forma di schiavismo e precariato perenne.
    Il problema e`stato un Craxi che ti fa una legge per il blocco della scala mobile etc etc.
    I problemi la sinistra li ha in casa.

    RispondiElimina
  4. Sarebbe auspicabile trovare soluzioni innovative nella gestione politica delle nuove esigenze di vita sostenibile.
    Nel Movimento 5 stelle Piemonte ci stanno provando. Hanno un sito che è anche una piattaforma di democrazia.
    Le competenze possono trovare ambiti applicativi e non esaurirsi come semplici considerazioni intellettuali per i posteri.
    http://www.movimentopiemonte.it/

    Cordiali Saluti.
    Juan Carlos

    RispondiElimina
  5. Sono andato sul sito del MV5S del Piemonte, ho cliccato sul programma, ho scelto una voce (Economia, Energia, ecc) e...s'è aperta una finestra nella quale s'era rimandati alla pagina principale, con una diversa scansione degli articoli!
    E' serietà questa? Provate anche voi per credere.
    M'aspettavo un programma: punti concreti, da valutare, da discutere.
    D'altro canto, che il MV5S manchi di teste pensanti l'avevo già detto e dimostrato in un mio articolo piuttosto approfondito - Ragazzi così non va - e, visto che il MV5S vuole continuare in quel modo, noi continueremo a stendere (almeno) analisi per i posteri.
    Così, avranno qualcosa da leggere e da meditare, non dei rimandi in homepage spacciati per programma.
    Saluti a tutti
    Carlo

    RispondiElimina
  6. Grazie per la segnalazione... che ho rigirato ai webmaster del sito M5S.

    La "piattaforma democratica" a cui mi ispiravo, si trova nella sezione FORUM. Le idee del Professor Bertani potrebbero trovar "casa", ad esempio, anche nella III Commissione (Economia; industria; commercio; agricoltura; artigianato; montagna; foreste; fiere e mercati; turismo; acque minerali e termali; caccia e pesca; formazione professionale; energia;) ma sono sicuro che anche le altre quattro Commissioni potrebbero solleticare l'ispirazione.

    Forse mi piacerebbe vedere alcune delle buone proposte sostenibili, che spesso si leggono su questo Blog, tramutarsi (almeno) in Proposte di Legge...
    Nel frattempo mi accontenterò di sognare un Futuro migliore accogliendo il Positivo presente nel mio piccolo mondo quotidiano.

    Juan Carlos

    RispondiElimina
  7. Vedi, Juan Carlos, quelli del MV5S sanno benissimo chi sono, sanno che nei miei libri ci sono molte soluzioni al problema energetico, sanno un mucchio di cose su di me.
    Se non mi hanno mai interpellato, un motivo ci sarà. Io credo di saperlo, ma non è mai onesto fare il processo alle intenzioni.
    Infine, io sono uno scrittore - non dimentichiamolo - e non un politico: la politica italiana avrebbe avuto bisogno di scrittori, ma non li ha mai accettati.
    Forse, perché sono come gli ubriachi, che dicono sempre la verità.
    Ciao
    Carlo

    RispondiElimina
  8. Chiamatelo pure “scontro di civiltà”

    “I pesci che erano nel Fiume morirono e il Fiume fu inquinato, tanto che gli Egiziani non potevano più bere l'acqua del Fiume. Vi fu sangue in tutto il paese d'Egitto”. (Esodo 7:21)

    “La frase del nazionalista egiziano Mustafa Kamil ‘Se non fossi egiziano, avrei voluto esserlo’ è la più assurda che abbia mai sentito” Alaa al-Aswani, “Fuoco amico”

    Ho notato, cari lettori del blog, che la notizia dell’assalto alla Chiesa dei Santi ad Alessandria d’Egitto tende, almeno nelle dense pagine mediatiche occidentali, dedicate al grave avvenimento, a sottolineare due aspetti caratterizzanti il rapporto tra Islam e Occidente: in primo luogo, il conflitto permanente tra un Vaticano pacifico che funge da portavoce dell’Occidente ed i gruppi estremisti islamici che rappresentano quel mondo “altro” nella sua volontà di distruggere il “mondo cristiano”. Il secondo aspetto, invece, vorrebbe convincervi che tale guerra, chiamatela pure “scontro di civiltà”, riguarda esclusivamente il mondo islamico ed i musulmani che vivono “dentro” e “fuori” la sfera orientale del pianeta.

    Considerati questi due elementi, non ci sorprende che questa notizia venga abitualmente legata ad altre apparentemente simili, quali il sacerdote cattolico ucciso in Turchia; cristiani morti in Iraq; la scissione del Sudan; Sakineh, ecc. Tutto ciò non solo provoca l’ennesima fossilizzazione del concetto proposto da Samuel Huntington e sposato dai neocon, ma rende anche omogeneo il mondo arabo-islamico così da non far approfondire sui particolari di ogni episodio in ciascuna regione. Ecco che arriva la visione mediatica semplicistica che demonizza Hezbullah, Hamas, Fratelli musulmani, Hasan al-Bashir, gli assassini di Sakineh, rappresentati tutti nello stesso calderone.

    Il caso Egitto. Le autorità locali hanno subito condannato l’attentato, limitandosi ad annunciare che i responsabili sono gruppi provenienti dall’estero (Qaeda). Peccato che tanti mujahideen che operano all’estero siano egiziani ricercati dal regime del loro paese, basti pensare al numero due del Qaeda, il dottore Ayman al-Zawahiri. Al di là della propaganda lanciata del regime egiziano, non si può ignorare il fatto che l’Egitto stia vivendo un momento politico particolarmente delicato: in ballo c’è la scelta dell’erede di Mubarak; la preoccupazione di come affrontare l’opposizione al regime per eliminarla; il fallimento scandoloso delle ultime elezioni tutt’altro che democratiche; la corruzione e la mancanza di trasparenza della classe dirigente; la povertà ed il carovita; la politica deprimente che fa il gioco di Israele nei confronti dell’assedio di Gaza; l’immobilismo geopolitico di un Egitto che, durante Nasser e Sadat, fu un Paese chiave sia nella dimensione africana che in quella arabo-islamica. Inutile dirlo, ma un Paese che fa di tutto pur di togliere la liberta d’espressione, soffocando la partecipazione più che legittima del movimento più popolare, quello dei Fratelli Musulmani, alle ultime elezione, dovrebbe aspettarsi atti di violenza ben più gravi di quelle che abbiamo visto ad Alessandria.

    RispondiElimina
  9. La convivenza pacifica tra musulmani e copti (possiamo aggiungere anche ebrei, seppur di un’altra epoca, oppure addirittura, detto in chiave marxista, tra i poveri) è in pericolo quando le autorità si spostano tra un fallimento ed un altro, e quando la preoccupazione maggiore delle autorità è condizionata dal mantenimento dello status quo attraverso leggi d’emergenza tipiche di uno stato di polizia, ma che l’elite egiziana continua a chiamare semplicemente pubblica sicurezza.

    Sion intanto non sta con le mani in mano: non bisogna dimenticare che Israele, il paese che riceve più aiuti dagli Usa, non sottovaluta il peso dello stato più popoloso del mondo arabo, l’Egitto (il secondo Paese a ricevere aiuti dagli Usa). Tel Aviv, infatti, ha condannato prontamente l’attacco, facendo pressione sulla “comunità internazionale” perchè questa rivolga l’attenzione a quel che avviene qualche migliaia di miglia più a sud ed ai problemi tra musulmani e cristiani in Sudan. Un futuro Sudan diviso tra nord arabo anti-americano e sud africano filo-atlantico non può che procurare ulteriori complicazioni al Cairo. L’Egitto, in quel caso, rischierebbe di diventare un altro Iraq (Turchia e Iran) circondato da un Sudan meridionale disposto a chiudere il rubinetto del Nilo in qualsiasi circostanza e da uno stato sionista pronto ad utilizzare tutti i mezzi disponibili (mediatici ma anche aiuti usa) per isolare il Cairo, qualora questo tenti di ascoltare democraticamente il suo popolo, musulmano e cristiano, da sempre vicino al fratello palestinese.

    Il mio commento, caro Carlo e cari lettori del blog, non vuole assolvere quel vigliacco attentato ad una minoranza così importante come quella copta d’Egitto, tutt’altro. Vorrebbe anzi assicurarvi che gli scontri tra musulmani e cristiani in Egitto non sono più pericolosi di quelli tra sunniti e sciiti in Iraq o nel Libano, o addirittura tra sette cristiane diverse. Nel suo importante articolo “Exodus. The Changing Map of the Middle East”, uscito il 26 ottobre 2010 nell’Independent, Robert Fisk arriva alla conclusione che il vero dramma dei cristiani del medio oriente è dovuto soprattutto a due elementi: le guerre americane ed i conflitti tra le varie Chiese cristiane. Sarebbe interessante parlare di dialogo interreligioso, se questo non ci portasse solo a seguire le varie trasmissioni televisive ed a leggere articoli e commenti di una stampa che si limita a far riferimento al discorso domenicale del Papa riguardo la pace tra credi diversi: in questo modo non si giunge da nessuna parte. Un’analisi seria di quel che è accaduto in Egitto dovrebbe prendere in considerazione le componenti politiche, sociali ed economiche interne ed esterne al Paese senza deviare in generalizzazioni propagandistiche, le quali mirano a perpetuare il triste concetto huntingtoniano dello “scontro di civiltà”.

    Buon 2011 a tutti,
    Mahmoud, Amman.

    RispondiElimina
  10. La prima cosa che ho pensato, dopo l'attentato in Egitto, è stata: ecco il "via" alla gran lotteria del "dopo Mubarak".
    In effetti, già nei miei libri avevo sottolineato la centralità dell'Egitto, in questi anni passata in secondo piano proprio per il ruolo di "nonno Mubarak", che un po' ricorda "nonno Breznev".
    La Fratellanza Musulmana, però - nata in Egitto - è "migrata" verso altri lidi proprio con Al-Zawahiri, ed è chiaro che i conti, in Egitto, si faranno anche con l'opposizione interna.
    Sul singolo attentato, che dire...certo, il sangue fa sempre male e provoca dolore...ma quante volte passiamo oltre le notizie dei "52 morti a Baghdad", "autobomba a Najaf", "attentato a Kerbala: 32 morti", eccetera?
    La teoria di Huntington si nutre anche dell'abitudine al sangue, per far passare in modo subliminale che il sangue non abbia lo stesso peso ovunque.
    Ciao e grazie
    Carlo

    RispondiElimina