“…l’Italia dimenticata…e l’Italia da dimenticare.”
Francesco de Gregori – Viva l’Italia – dall’album Viva l’Italia – 1979.
Fa sempre piacere leggere Paolo Rumiz, perché non è mai banale: con il solito, tocco leggero della sua penna, descrive un fenomeno poco noto, l’abbandono da parte delle popolazioni delle case e dei borghi “stregati”, abitati dai fantasmi, dagli spiriti d’assassini o suicidi.[1] A volte, da “fantasmi” in carne ed ossa, ai quali fa comodo – come alle n’drine in Calabria – far credere che in quei posti è meglio non andare.
Non è invece per niente un fantasma la lettera raccomandata che m’invia il Comune, e quando arrivano come raccomandate c’è sempre da sedersi prima perché, se si tratta di qualcosa che riguarda un tuo diritto non sprecano carta, mentre non la lesinano affatto per i doveri: questa è l’Italia, “da Palermo ad Aosta”.
Il mio “dovere” – in questo caso – è consegnare loro quasi l’intera tredicesima: eh sì, signor Bertani, lo sa che con la legge 311 del 2004, lei non può abitare, ai fini dell’accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU), in meno dell’80% della superficie catastale? Ci mandi 1140 euro, c’è il bollettino postale allegato, che riguardano retroattivamente ciò che ci deve dal 2005 ad oggi, per il futuro provvederemo ad inviarle gli importi “corretti”. Contento?
E mi viene in mente l’ICI, chissà perché. Ed il faccione di Berlusconi che, nel 2006 – durante l’ultimo confronto televisivo con Prodi – balza avanti, scavalca l’avversario ed urla alla telecamera: «Vi toglierò l’ICI!»
Già, tolta.
Subito dopo, cade nella mente l’effige di Stalin con il braccio alzato che comanda: “Nessuno, per il progresso del comunismo, potrà abitare in meno dell’80% della sua abitazione: se lo farà, sarà un nemico del popolo!”
Ed io sono proprio un nemico del popolo, perché da oggi non abito più in 117 metri quadrati, bensì in 287 : accidenti, che balzo in avanti ho fatto! Sono un vero riccone, anche se non ho ville ad Antigua o case a Montecarlo.
Forse, il lettore avrà bisogno di qualche chiarimento, e siamo qui per questo.
Per prima cosa, l’idea che la spazzatura si misuri a metri quadrati mi sembra una scelta un po’ balzana: se l’intera Italia fosse completamente disabitata, e vi fossero 30 milioni d’abitazioni vuote, quanta spazzatura produrrebbe?
Non sarà, forse, che la spazzatura viene prodotta dagli esseri viventi?
Ci sarà ovviamente una quota riferita all’abitazione – adesso che so d’abitare in 287 metri quadrati dovrò raddoppiare il fustino del detergente per i pavimenti – ma continuerò a gettare ogni giorno un pacchetto di sigarette vuoto, un guscio d’uovo, la confezione di un pezzo di formaggio, una penna rotta…
E così mia moglie ed i figli, 365 giorni l’anno: cosa c’entra in quanti metri quadrati abitiamo?
Secondo punto: perché, chi abita in 287 metri quadrati non è assolutamente un riccone?
Lo è quasi sicuramente se abita a Roma o a Milano, mentre non lo è per niente se abita nell’Italia dimenticata, quella dei “mille campanili” che adornano le Alpi, le Prealpi, l’Appennino e consistenti zone di pianura: è la differenza dei valori immobiliari a confondere le acque. E, qui, ci vuole un po’ di Storia.
Quando acquistai la mia abitazione – 1998 – la precedente proprietaria (che viveva da decenni altrove) mi raccontò che quella casa era ricordata per un fatto singolare: nel primissimo dopoguerra vi abitavano, lei compresa, ben 18 “ragazze da marito”.
Lì per lì, l’unica cosa che mi saltò in mente fu l’immagine dei fili per stendere: considerando la lunghezza occupata da mia moglie e mia figlia per corsetti e reggiseni, calze e calzette, mutande ascellari e tanga, canottiere e pizzi…beh…moltiplicato per nove…doveva sembrare il cortile di un caseggiato a ringhiera!
Nella grande casa viveva una famiglia patriarcale, la quale occupava gli spazi con gli standard dell’epoca: non camere singole, bensì stanze da letto con due e più letti, ecco spiegato l’arcano.
Inoltre, la casa era tutta agibile, dal piano terreno al terzo piano, mentre ora la soletta del primo piano sta appena su per miracolo, al secondo c’è la mia abitazione ed il terzo è disabitato, nelle condizioni dell’epoca.
Quando mi recai in Comune per dichiarare la superficie che abitavo, furono loro stessi ad indicarmi di dichiarare la superficie realmente abitata, che è – appunto – di 117 metri quadrati. Già, ma le leggi si fanno a Roma, che è una realtà diversissima dal resto del Paese.
La storia delle aree rurali italiane è completamente diversa da quella delle grandi città: per flussi migratori, redditi, qualità della vita, trasporti, occupazione, ecc.
In questo fazzoletto di terra, fra il mare e la pianura piemontese, la sopravvivenza fu – per secoli – legata a fagioli, vacche e patate, poi giunse l’industria, che da queste parti ebbe quasi un solo nome: ACNA.
Diligentemente, nel dopoguerra, migliaia di ex contadini varcarono i cancelli della fabbrica di Cengio, della quale parlò Beppe Fenoglio:
“Hai mai visto Bormida? Ha l’acqua color del sangue raggrumato, perchè porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata che ti mette il freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna.”[2]
“Ci vorrebbe una scappata a Gorzegno: la casa per sempre muta dei Gallesio, dove s’è fermato il fumo degli spari, il castello spettrale, l’acqua violacea della Bormida avvelenata.”[3]
Come diligentemente entrarono, ordinatamente uscirono – a generazioni – con “i piedi davanti”, stroncati da tumori alla vescica provocati dai coloranti. Una testimonianza abbastanza recente me la fornì il Geometra che provvide all’accatastamento dell’abitazione, uno degli ultimi giocatori di calcio del paese, quando ancora esisteva la “Salicetese”:
“Ci allenavamo, il pomeriggio, in una fetente nuvola di nebbia giallastra e, quando eravamo sotto la doccia, avvertivamo lo stesso tanfo che scorreva via dalla pelle.”
Negli anni 80-90’ l’ACNA chiude: la solita “morte lenta” che alcuni ancora rimpiangono, per la ricchezza che generava, mentre altri gioiscono, al pensiero che non parteciperanno al funerale del loro papà appena cinquantenne.
In sintesi, per secoli queste zone hanno avuto – necessariamente – grandi case nelle campagne, poiché le famiglie patriarcali contadine erano numerose, ma ampie anche nei borghi, poiché erano comunque famiglie patriarcali e, fossero esse di commercianti o d’artigiani, commerci e botteghe richiedevano molta manodopera, senza considerare il lavoro femminile per la cura della famiglia e per le tradizionali attività di sartoria e cucito. Mica s’andava al supermercato ad acquistare le magliette.
L’industrializzazione frammentò lentamente quel mondo, ma solo negli ultimi decenni comparvero sul mercato quelle grandi case – silenti testimoni di un tempo trascorso, dimenticato, trapassato a fil di spada dall’incedere dell’industrializzazione e poi della repentina deindustrializzazione – oggi oramai svuotate dall’incedere delle generazioni (meno numerose) e dall’emigrazione.
Con la fine dei grandi agglomerati industriali, in molte parti d’Italia è rimasta solo l’agricoltura: un’agricoltura di vecchi, come ho parecchie volte ricordato in altri articoli, che va morendo anch’essa.
In effetti, oramai si può viaggiare per centinaia di chilometri – diciamo dall’entroterra di Ventimiglia a quello di Piacenza, forse oltre – senza incontrare anima viva su vecchie strade campestri, le cosiddette “Vie del Sale”.
Su quelle arterie, si possono contare a decine, centinaia, migliaia…le abitazioni abbandonate e nessun governo, da molto tempo, si preoccupa più d’ascoltare e comprendere quelle popolazioni: sono poche anime, pochi voti.
Eppure, i pochi rimasti presidiano un territorio enorme e, ad ogni alluvione – la regolazione dell’acqua in quota è oramai inesistente – la loro mancanza si concretizza in milioni di euro da spendere, dopo, per ricostruire. Già, “ricostruire”: proprio quello che “muove” il PIL.
Per spendere, però, bisogna trovare i soldi e allora si vara una legge di stampo staliniano, mediante la quale si stabilisce per norma che non si può abitare in meno dell’80% della superficie abitativa totale. Il che, pensando ai centri storici vuoti, alle vecchiette che abitano interi piani, fa quasi ridere: tanto, lor signori che fanno le leggi, preferiscono avere immobili dappertutto – dai Caraibi a Montecarlo – e quando le hanno in Italia riescono spesso ad addossare al pubblico i costi di ristrutturazione. E’ una dimora d’interesse storico…eh, che ci volete fare…l’intervento delle Belle Arti è un fatto “dovuto”…io, politico, non c’entro niente: già Moretti immortalò queste faccende nel “Portaborse”.
Ma torniamo al faccione di Berlusconi che urla: «Vi toglierò l’ICI!», e lo fa. Ricordiamo, per la precisione, che l’ICI sulle prime case abolita da Berlusconi era soltanto quella per i redditi medio-alti, poiché quella sui redditi minori l’aveva già tolta Prodi.
A questo punto, mancano dei soldi poiché i Comuni hanno meno introiti: bene! Tremonti e Brunetta si mettono al lavoro.
Il primo riesce ad imporre una riforma della scuola che produrrà quasi 8 miliardi di “risparmi” in cinque anni: non importa se nelle scuole manca oramai tutto, se le classi rimangono senza insegnanti perché basta una “ventata” d’influenza invernale e tutto va a catafascio (la famosa “ristrutturazione” delle cattedre). Brunetta salassa a sua volta i dipendenti pubblici con la tassa sulla malattia: sei malato? Paga il ticket e prendi meno soldi! Così si fa, brutti fannulloni!
Ma non basta ancora, e per due motivi.
Il primo l’abbiamo letto tutti sui giornali: forse esaltati dalla maggioranza parlamentare “bulgara” che hanno ottenuto nel 2008, i partiti di governo si lasciano andare ad un vero e proprio saccheggio della finanza pubblica. Vengono promosse dirigenti di primo livello (con relativi stipendi da favola) le segretarie di tutti gli attacché di Palazzo Chigi: il resto, se ne va nei mille rivoli della Protezione Civile, dell’Aquila, della Maddalena, ecc. Una montagna di soldi che prende altre strade, ed ai Comuni non arriva più niente.
Cosa fanno, allora?
Concedono ai Comuni di re-introdurre – sotto mentite spoglie – l’ICI sotto forma di tassa sulla spazzatura e, attenzione, questi “vigorosi” aumenti non riguardano i comuni meno “virtuosi”, quelli che non praticano la raccolta differenziata.
Un simile provvedimento – che non tiene conto del livello di riciclo – in realtà spinge proprio all’opposto: che mi frega di stare a dividere la carta dalle lampadine, se poi mi “stangano” in questo modo? Ed è proprio ciò che desiderano le mafie che, nonostante le assicurazioni di Maroni, imperversano oramai anche al Nord.
La ridicola Lega Nord, poi – tra un raduno “cornuto” ed un’ampolla d’acqua (sporca) – riesce a digerire tutto, ma proprio tutto, ed afferma di farlo per difendere il Nord!
Così, in Campania, c’è una “torta” di 150 milioni di euro da spartire: su quei soldi giocano la loro partita da una parte Cosentino e gli uomini di Casal di Principe, dall’altra Caldoro e la “pasionaria” Mara Carfagna. Chi acchiapperà quei soldi, non li userà proprio per la spazzatura (che continua e continuerà ad impestare la Campania), bensì per accaparrare alla propria fazione il Comune di Napoli: il solito “tour turistico” della monnezza al quale siamo abituati.
Ma, se i soldi mancano perché ci sono questa ed altre “emergenze”, bisogna tagliare i fondi agli enti locali, e quindi saranno tutti i cittadini a pagare, compresi quelli dei comuni dove si ricicla di più: la Lega Nord, obbediente, nella Padania strepita ed a Roma vota, vota sempre, vota tutto.
E’ proprio vero che la Lega Nord è soltanto più un partito di pagliacci.
Ma, di là dell’evidente fastidio di dover pagare la tassa sulla spazzatura a metro quadrato (assurdo), e non a persona con una quota riservata alla superficie: ad esempio, 4/5 calcolati sulla popolazione ed 1/5 sulle superfici, come sarebbe probabilmente più logico, c’è in più l’aggravio “staliniano” di chi decide de iure in quanti metri abiti.
Così, si pongono le popolazioni di fronte ad un dilemma: accatastare queste grandi case in più unità abitative – e allora scatta l’ICI come seconde case – oppure mantenere un unico accatastamento e pagare l’ICI mascherata da tassa sulla spazzatura.
Insomma, hanno congegnato un bel giochino, anno dopo anno, fatto di leggi votate in silenzio e di strombazzamenti sui media: sarebbe l’ora che i tanti che votano la Lega, qui al Nord, iniziassero a rendersi conto che quel partito è solo una “costola” del sistema che dissangua la popolazione truccato da partito “antisistema”. Una strana vicenda, nella quale Robin Hood e lo Sceriffo di Nottingham fanno finta di combattersi, e passano entrambi a taglieggiare le popolazioni.
L’ultima stazione (per ora) di questa Via Crucis è quella che chiamano federalismo fiscale, del quale hanno già strombazzato tutte le “sanzioni” che ci saranno per i “governatori” incapaci. Siamo ovviamente felici, perché siamo tutti certi che – se Formigoni dovesse “sforare” la spesa sanitaria – lo getterebbero alle ortiche senza il minimo ripensamento, come afferma la legge. Come no.
Come hanno fatto per Cosentino, salvato proprio da un voto parlamentare: ma fateci il piacere!
La realtà del federalismo fiscale è stata invece calcolata in un aggravio, per i ceti medi – sono oramai sempre loro ad essere colpiti – che giunge a 900 euro annui, sotto forma di nuove addizionali in busta paga e quant’altro.
Per fortuna, in questo panorama da brivido, stanno arrivando i tedeschi.
No, non scendono più i Panzer e non volano in cielo gli Stuka.
Sono pensionati tedeschi, svizzeri, olandesi e qualche raro scandinavo, i quali hanno scoperto da soli la bellezza della nostra terra e la possibilità di trascorrere anni piacevoli in un terra che è pur sempre meno gelida delle loro e non distante dal Mar Mediterraneo.
Sono attratti dalla bellezza dei luoghi, dai mille castelli e chiese che li adornano, dai valori immobiliari accessibili: acquistano una casa e poi girano i piccoli borghi, osservano le chiese sprangate, i castelli chiusi. Chiedono informazioni sugli orari d’apertura e le risposte non possono che esser sempre le stesse: nicht, nein, verboten, geschlossen…
Una fortuna potrebbe cadere dal cielo su mezza Italia dimenticata e nessuno se n’accorge: i sindaci, invece d’interrogarsi sul come trasformare quelle risposte in ja, offen, im Sonntag…stanno nei loro uffici e meditano su quante lettere potranno spedire nel mese per gli “adeguamenti” della tassa sulla spazzatura: siamo proprio diventati, oramai, una Nazione che vive di monnezza, che solo la monnezza vede, che solo la monnezza ha dentro.
Eppure, non ci vorrebbe molto: basterebbe saper fare l’amministratore, non essere diventato amministratore per fedeltà al partito.
I castelli e le chiese vengono spesso ristrutturati con fondi europei: e dopo?
Dopo, il lavoro è compiuto: si stampa un bel depliant a colori (con soldi pubblici) per mostrare il lavoro eseguito. E allora? Se ristrutturi qualcosa, dopo dovresti adoperarlo.
Gli stranieri capiscono che mantenere il patrimonio artistico ha un costo: non si meraviglierebbero se vi fossero dei “pacchetti” per visitare i monumenti che prevedessero un ticket. Ma vorrebbero qualcosa in cambio.
Ci vuole molto per organizzare qualche concerto? Bastano gli studenti degli ultimi anni del Conservatorio o i neo-diplomati, per i quali un semplice rimborso spese è sempre gradito per suonare, a fronte del nulla che trovano.
Qualcuno gestisce piccoli maneggi (a volte, più per passione che per altro), ma non esiste organizzazione per informare, proporre, organizzare passeggiate a cavallo in luoghi che mozzano il fiato per la loro bellezza.
Una cena medievale nel castello, con menu dell’epoca, balli e canti? Ci sono migliaia di compagnie teatrali di dilettanti che saprebbero sapientemente allietare quelle serate, ed ottimi chef per la cucina.
E poi: il tiro con l’arco, i funghi, i frutti del bosco, la giornata su una barca a vela, la pesca…quante cose si potrebbero organizzare per un turismo soft ed intelligente, se solo gi amministratori pensassero al benessere delle popolazioni e non a taglieggiarle!
Scusate, devo andare: il sogno è finito. Mia moglie mi chiama: devo portar via la spazzatura.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
Francesco de Gregori – Viva l’Italia – dall’album Viva l’Italia – 1979.
Fa sempre piacere leggere Paolo Rumiz, perché non è mai banale: con il solito, tocco leggero della sua penna, descrive un fenomeno poco noto, l’abbandono da parte delle popolazioni delle case e dei borghi “stregati”, abitati dai fantasmi, dagli spiriti d’assassini o suicidi.[1] A volte, da “fantasmi” in carne ed ossa, ai quali fa comodo – come alle n’drine in Calabria – far credere che in quei posti è meglio non andare.
Non è invece per niente un fantasma la lettera raccomandata che m’invia il Comune, e quando arrivano come raccomandate c’è sempre da sedersi prima perché, se si tratta di qualcosa che riguarda un tuo diritto non sprecano carta, mentre non la lesinano affatto per i doveri: questa è l’Italia, “da Palermo ad Aosta”.
Il mio “dovere” – in questo caso – è consegnare loro quasi l’intera tredicesima: eh sì, signor Bertani, lo sa che con la legge 311 del 2004, lei non può abitare, ai fini dell’accertamento per la tassa sui rifiuti (TARSU), in meno dell’80% della superficie catastale? Ci mandi 1140 euro, c’è il bollettino postale allegato, che riguardano retroattivamente ciò che ci deve dal 2005 ad oggi, per il futuro provvederemo ad inviarle gli importi “corretti”. Contento?
E mi viene in mente l’ICI, chissà perché. Ed il faccione di Berlusconi che, nel 2006 – durante l’ultimo confronto televisivo con Prodi – balza avanti, scavalca l’avversario ed urla alla telecamera: «Vi toglierò l’ICI!»
Già, tolta.
Subito dopo, cade nella mente l’effige di Stalin con il braccio alzato che comanda: “Nessuno, per il progresso del comunismo, potrà abitare in meno dell’80% della sua abitazione: se lo farà, sarà un nemico del popolo!”
Ed io sono proprio un nemico del popolo, perché da oggi non abito più in 117 metri quadrati, bensì in 287 : accidenti, che balzo in avanti ho fatto! Sono un vero riccone, anche se non ho ville ad Antigua o case a Montecarlo.
Forse, il lettore avrà bisogno di qualche chiarimento, e siamo qui per questo.
Per prima cosa, l’idea che la spazzatura si misuri a metri quadrati mi sembra una scelta un po’ balzana: se l’intera Italia fosse completamente disabitata, e vi fossero 30 milioni d’abitazioni vuote, quanta spazzatura produrrebbe?
Non sarà, forse, che la spazzatura viene prodotta dagli esseri viventi?
Ci sarà ovviamente una quota riferita all’abitazione – adesso che so d’abitare in 287 metri quadrati dovrò raddoppiare il fustino del detergente per i pavimenti – ma continuerò a gettare ogni giorno un pacchetto di sigarette vuoto, un guscio d’uovo, la confezione di un pezzo di formaggio, una penna rotta…
E così mia moglie ed i figli, 365 giorni l’anno: cosa c’entra in quanti metri quadrati abitiamo?
Secondo punto: perché, chi abita in 287 metri quadrati non è assolutamente un riccone?
Lo è quasi sicuramente se abita a Roma o a Milano, mentre non lo è per niente se abita nell’Italia dimenticata, quella dei “mille campanili” che adornano le Alpi, le Prealpi, l’Appennino e consistenti zone di pianura: è la differenza dei valori immobiliari a confondere le acque. E, qui, ci vuole un po’ di Storia.
Quando acquistai la mia abitazione – 1998 – la precedente proprietaria (che viveva da decenni altrove) mi raccontò che quella casa era ricordata per un fatto singolare: nel primissimo dopoguerra vi abitavano, lei compresa, ben 18 “ragazze da marito”.
Lì per lì, l’unica cosa che mi saltò in mente fu l’immagine dei fili per stendere: considerando la lunghezza occupata da mia moglie e mia figlia per corsetti e reggiseni, calze e calzette, mutande ascellari e tanga, canottiere e pizzi…beh…moltiplicato per nove…doveva sembrare il cortile di un caseggiato a ringhiera!
Nella grande casa viveva una famiglia patriarcale, la quale occupava gli spazi con gli standard dell’epoca: non camere singole, bensì stanze da letto con due e più letti, ecco spiegato l’arcano.
Inoltre, la casa era tutta agibile, dal piano terreno al terzo piano, mentre ora la soletta del primo piano sta appena su per miracolo, al secondo c’è la mia abitazione ed il terzo è disabitato, nelle condizioni dell’epoca.
Quando mi recai in Comune per dichiarare la superficie che abitavo, furono loro stessi ad indicarmi di dichiarare la superficie realmente abitata, che è – appunto – di 117 metri quadrati. Già, ma le leggi si fanno a Roma, che è una realtà diversissima dal resto del Paese.
La storia delle aree rurali italiane è completamente diversa da quella delle grandi città: per flussi migratori, redditi, qualità della vita, trasporti, occupazione, ecc.
In questo fazzoletto di terra, fra il mare e la pianura piemontese, la sopravvivenza fu – per secoli – legata a fagioli, vacche e patate, poi giunse l’industria, che da queste parti ebbe quasi un solo nome: ACNA.
Diligentemente, nel dopoguerra, migliaia di ex contadini varcarono i cancelli della fabbrica di Cengio, della quale parlò Beppe Fenoglio:
“Hai mai visto Bormida? Ha l’acqua color del sangue raggrumato, perchè porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata che ti mette il freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna.”[2]
“Ci vorrebbe una scappata a Gorzegno: la casa per sempre muta dei Gallesio, dove s’è fermato il fumo degli spari, il castello spettrale, l’acqua violacea della Bormida avvelenata.”[3]
Come diligentemente entrarono, ordinatamente uscirono – a generazioni – con “i piedi davanti”, stroncati da tumori alla vescica provocati dai coloranti. Una testimonianza abbastanza recente me la fornì il Geometra che provvide all’accatastamento dell’abitazione, uno degli ultimi giocatori di calcio del paese, quando ancora esisteva la “Salicetese”:
“Ci allenavamo, il pomeriggio, in una fetente nuvola di nebbia giallastra e, quando eravamo sotto la doccia, avvertivamo lo stesso tanfo che scorreva via dalla pelle.”
Negli anni 80-90’ l’ACNA chiude: la solita “morte lenta” che alcuni ancora rimpiangono, per la ricchezza che generava, mentre altri gioiscono, al pensiero che non parteciperanno al funerale del loro papà appena cinquantenne.
In sintesi, per secoli queste zone hanno avuto – necessariamente – grandi case nelle campagne, poiché le famiglie patriarcali contadine erano numerose, ma ampie anche nei borghi, poiché erano comunque famiglie patriarcali e, fossero esse di commercianti o d’artigiani, commerci e botteghe richiedevano molta manodopera, senza considerare il lavoro femminile per la cura della famiglia e per le tradizionali attività di sartoria e cucito. Mica s’andava al supermercato ad acquistare le magliette.
L’industrializzazione frammentò lentamente quel mondo, ma solo negli ultimi decenni comparvero sul mercato quelle grandi case – silenti testimoni di un tempo trascorso, dimenticato, trapassato a fil di spada dall’incedere dell’industrializzazione e poi della repentina deindustrializzazione – oggi oramai svuotate dall’incedere delle generazioni (meno numerose) e dall’emigrazione.
Con la fine dei grandi agglomerati industriali, in molte parti d’Italia è rimasta solo l’agricoltura: un’agricoltura di vecchi, come ho parecchie volte ricordato in altri articoli, che va morendo anch’essa.
In effetti, oramai si può viaggiare per centinaia di chilometri – diciamo dall’entroterra di Ventimiglia a quello di Piacenza, forse oltre – senza incontrare anima viva su vecchie strade campestri, le cosiddette “Vie del Sale”.
Su quelle arterie, si possono contare a decine, centinaia, migliaia…le abitazioni abbandonate e nessun governo, da molto tempo, si preoccupa più d’ascoltare e comprendere quelle popolazioni: sono poche anime, pochi voti.
Eppure, i pochi rimasti presidiano un territorio enorme e, ad ogni alluvione – la regolazione dell’acqua in quota è oramai inesistente – la loro mancanza si concretizza in milioni di euro da spendere, dopo, per ricostruire. Già, “ricostruire”: proprio quello che “muove” il PIL.
Per spendere, però, bisogna trovare i soldi e allora si vara una legge di stampo staliniano, mediante la quale si stabilisce per norma che non si può abitare in meno dell’80% della superficie abitativa totale. Il che, pensando ai centri storici vuoti, alle vecchiette che abitano interi piani, fa quasi ridere: tanto, lor signori che fanno le leggi, preferiscono avere immobili dappertutto – dai Caraibi a Montecarlo – e quando le hanno in Italia riescono spesso ad addossare al pubblico i costi di ristrutturazione. E’ una dimora d’interesse storico…eh, che ci volete fare…l’intervento delle Belle Arti è un fatto “dovuto”…io, politico, non c’entro niente: già Moretti immortalò queste faccende nel “Portaborse”.
Ma torniamo al faccione di Berlusconi che urla: «Vi toglierò l’ICI!», e lo fa. Ricordiamo, per la precisione, che l’ICI sulle prime case abolita da Berlusconi era soltanto quella per i redditi medio-alti, poiché quella sui redditi minori l’aveva già tolta Prodi.
A questo punto, mancano dei soldi poiché i Comuni hanno meno introiti: bene! Tremonti e Brunetta si mettono al lavoro.
Il primo riesce ad imporre una riforma della scuola che produrrà quasi 8 miliardi di “risparmi” in cinque anni: non importa se nelle scuole manca oramai tutto, se le classi rimangono senza insegnanti perché basta una “ventata” d’influenza invernale e tutto va a catafascio (la famosa “ristrutturazione” delle cattedre). Brunetta salassa a sua volta i dipendenti pubblici con la tassa sulla malattia: sei malato? Paga il ticket e prendi meno soldi! Così si fa, brutti fannulloni!
Ma non basta ancora, e per due motivi.
Il primo l’abbiamo letto tutti sui giornali: forse esaltati dalla maggioranza parlamentare “bulgara” che hanno ottenuto nel 2008, i partiti di governo si lasciano andare ad un vero e proprio saccheggio della finanza pubblica. Vengono promosse dirigenti di primo livello (con relativi stipendi da favola) le segretarie di tutti gli attacché di Palazzo Chigi: il resto, se ne va nei mille rivoli della Protezione Civile, dell’Aquila, della Maddalena, ecc. Una montagna di soldi che prende altre strade, ed ai Comuni non arriva più niente.
Cosa fanno, allora?
Concedono ai Comuni di re-introdurre – sotto mentite spoglie – l’ICI sotto forma di tassa sulla spazzatura e, attenzione, questi “vigorosi” aumenti non riguardano i comuni meno “virtuosi”, quelli che non praticano la raccolta differenziata.
Un simile provvedimento – che non tiene conto del livello di riciclo – in realtà spinge proprio all’opposto: che mi frega di stare a dividere la carta dalle lampadine, se poi mi “stangano” in questo modo? Ed è proprio ciò che desiderano le mafie che, nonostante le assicurazioni di Maroni, imperversano oramai anche al Nord.
La ridicola Lega Nord, poi – tra un raduno “cornuto” ed un’ampolla d’acqua (sporca) – riesce a digerire tutto, ma proprio tutto, ed afferma di farlo per difendere il Nord!
Così, in Campania, c’è una “torta” di 150 milioni di euro da spartire: su quei soldi giocano la loro partita da una parte Cosentino e gli uomini di Casal di Principe, dall’altra Caldoro e la “pasionaria” Mara Carfagna. Chi acchiapperà quei soldi, non li userà proprio per la spazzatura (che continua e continuerà ad impestare la Campania), bensì per accaparrare alla propria fazione il Comune di Napoli: il solito “tour turistico” della monnezza al quale siamo abituati.
Ma, se i soldi mancano perché ci sono questa ed altre “emergenze”, bisogna tagliare i fondi agli enti locali, e quindi saranno tutti i cittadini a pagare, compresi quelli dei comuni dove si ricicla di più: la Lega Nord, obbediente, nella Padania strepita ed a Roma vota, vota sempre, vota tutto.
E’ proprio vero che la Lega Nord è soltanto più un partito di pagliacci.
Ma, di là dell’evidente fastidio di dover pagare la tassa sulla spazzatura a metro quadrato (assurdo), e non a persona con una quota riservata alla superficie: ad esempio, 4/5 calcolati sulla popolazione ed 1/5 sulle superfici, come sarebbe probabilmente più logico, c’è in più l’aggravio “staliniano” di chi decide de iure in quanti metri abiti.
Così, si pongono le popolazioni di fronte ad un dilemma: accatastare queste grandi case in più unità abitative – e allora scatta l’ICI come seconde case – oppure mantenere un unico accatastamento e pagare l’ICI mascherata da tassa sulla spazzatura.
Insomma, hanno congegnato un bel giochino, anno dopo anno, fatto di leggi votate in silenzio e di strombazzamenti sui media: sarebbe l’ora che i tanti che votano la Lega, qui al Nord, iniziassero a rendersi conto che quel partito è solo una “costola” del sistema che dissangua la popolazione truccato da partito “antisistema”. Una strana vicenda, nella quale Robin Hood e lo Sceriffo di Nottingham fanno finta di combattersi, e passano entrambi a taglieggiare le popolazioni.
L’ultima stazione (per ora) di questa Via Crucis è quella che chiamano federalismo fiscale, del quale hanno già strombazzato tutte le “sanzioni” che ci saranno per i “governatori” incapaci. Siamo ovviamente felici, perché siamo tutti certi che – se Formigoni dovesse “sforare” la spesa sanitaria – lo getterebbero alle ortiche senza il minimo ripensamento, come afferma la legge. Come no.
Come hanno fatto per Cosentino, salvato proprio da un voto parlamentare: ma fateci il piacere!
La realtà del federalismo fiscale è stata invece calcolata in un aggravio, per i ceti medi – sono oramai sempre loro ad essere colpiti – che giunge a 900 euro annui, sotto forma di nuove addizionali in busta paga e quant’altro.
Per fortuna, in questo panorama da brivido, stanno arrivando i tedeschi.
No, non scendono più i Panzer e non volano in cielo gli Stuka.
Sono pensionati tedeschi, svizzeri, olandesi e qualche raro scandinavo, i quali hanno scoperto da soli la bellezza della nostra terra e la possibilità di trascorrere anni piacevoli in un terra che è pur sempre meno gelida delle loro e non distante dal Mar Mediterraneo.
Sono attratti dalla bellezza dei luoghi, dai mille castelli e chiese che li adornano, dai valori immobiliari accessibili: acquistano una casa e poi girano i piccoli borghi, osservano le chiese sprangate, i castelli chiusi. Chiedono informazioni sugli orari d’apertura e le risposte non possono che esser sempre le stesse: nicht, nein, verboten, geschlossen…
Una fortuna potrebbe cadere dal cielo su mezza Italia dimenticata e nessuno se n’accorge: i sindaci, invece d’interrogarsi sul come trasformare quelle risposte in ja, offen, im Sonntag…stanno nei loro uffici e meditano su quante lettere potranno spedire nel mese per gli “adeguamenti” della tassa sulla spazzatura: siamo proprio diventati, oramai, una Nazione che vive di monnezza, che solo la monnezza vede, che solo la monnezza ha dentro.
Eppure, non ci vorrebbe molto: basterebbe saper fare l’amministratore, non essere diventato amministratore per fedeltà al partito.
I castelli e le chiese vengono spesso ristrutturati con fondi europei: e dopo?
Dopo, il lavoro è compiuto: si stampa un bel depliant a colori (con soldi pubblici) per mostrare il lavoro eseguito. E allora? Se ristrutturi qualcosa, dopo dovresti adoperarlo.
Gli stranieri capiscono che mantenere il patrimonio artistico ha un costo: non si meraviglierebbero se vi fossero dei “pacchetti” per visitare i monumenti che prevedessero un ticket. Ma vorrebbero qualcosa in cambio.
Ci vuole molto per organizzare qualche concerto? Bastano gli studenti degli ultimi anni del Conservatorio o i neo-diplomati, per i quali un semplice rimborso spese è sempre gradito per suonare, a fronte del nulla che trovano.
Qualcuno gestisce piccoli maneggi (a volte, più per passione che per altro), ma non esiste organizzazione per informare, proporre, organizzare passeggiate a cavallo in luoghi che mozzano il fiato per la loro bellezza.
Una cena medievale nel castello, con menu dell’epoca, balli e canti? Ci sono migliaia di compagnie teatrali di dilettanti che saprebbero sapientemente allietare quelle serate, ed ottimi chef per la cucina.
E poi: il tiro con l’arco, i funghi, i frutti del bosco, la giornata su una barca a vela, la pesca…quante cose si potrebbero organizzare per un turismo soft ed intelligente, se solo gi amministratori pensassero al benessere delle popolazioni e non a taglieggiarle!
Scusate, devo andare: il sogno è finito. Mia moglie mi chiama: devo portar via la spazzatura.
Articolo liberamente riproducibile nella sua interezza, ovvia la citazione della fonte.
[1] Vedi: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/12/02/news/case_fantasmi-9746775
[2] Beppe Fenoglio, "Un giorno di fuoco".
[3] Beppe Fenoglio, " Diario XXV".
Oggi a pranzo abbiamo avuto un gradito ospite, vecchio amico di famiglia con l'obbligo di cucinare "spaghetti al tonno" fresco di una sua pescata.
RispondiEliminaOrmai in pensione da alcuni anni (e' pù anziano di me) continua comunque a dividere il suo tempo tra un "podere" ed il suo vecchio ospedale, dove e' stato primario di gastroenterologia.
E' stato un pranzo misto: spaghetti, pesce razze al forno con patate, polenta (fatta da uno zio friuliano di adozione di mia moglie), contorno di peperoni sotto aceto leggero e sale con arance affettate, conditi da olio d'oliva di frantoio con macine di pietra, il tutto poi aiutato da due piatti di un pecorino sardo speciale e da salsiccia quasi celestiale: il pranzo e' stato accompagnato da vini del colio...e da chiacchiere in liberta'.
Abbiamo ricordato la raccolta fondi per dotare il "policlinico" di Foggia di un reparto di radioterapia avanzata e della speranza di dotarlo della nuova strumentazione per le mammografie.
E come succede in simili occasioni gli argomenti sono variabili, leggeri e seri, in cui spesso l'allegria prevale sul...resto.
Tra l'altro mi ha mi ha invitato per il 18 c.m. in occasione dell'arrivo di Vendola a Foggia (che ho rifiutato per salvaguardare la mia libertà) e mi ha parlato delle qualità da "brava persona del nuovo sindaco di Foggia, dopo quasi 40 anni di cattiva amministrazione.
E da questo punto in poi la discussione si e' indirizzata esclusivamente su possibili iniziative attuabili - con il patrocinio del comune- in favore degli anziani (abbandonati e destinati al max di confort nel passeggio del corso e nell'uso dell panchine ove chiacchiericciare tra loro) e delle masse enormi di giovani disoccupati attraverso la costituzioni di coop sociali di tipo onlus (orti collettivi su 2 ettari al confine cimiteriale )
collegati ad associazioni di anziani per macro-quartieri quali terminali per l'acquisto dei prodotti: insomma creare un collegamento produttivo tra giovani ed anziani.
Risultato: lui ne parlera' con il sindaco che nel caso poi si entrerà nei dettagli operativi..
In ogni caso, ripensando a tutte le cose dette, è stato una piacevole sorpresa, scoprire la voglia di proiettarsi nel ed oltre il futuro, non solo in mio figlio che ha 30 anni, ma anche in noi due, persone ormai intorno a + o- i settanta.
Doc
Maledetta distanza - doc - anch'io ho mangiato pesce, ma solo conchiglie con tonno in scatola e laxerti, come qui chiamiamo gli sgombri, con patate.
RispondiEliminaT'invidio questo momento felice, perché ogni tanto capitano, ed alla (oramai) nostra età bisogna goderli e conservarli.
Il Nostromo ha affisso un brogliaccio di navigazione per la ciurma, ma deve aver scovato la mia riserva di rum, perché l'ha postato nell'articolo precedente, quello su Wikileaks.
Consigliata lettura.
Ciao
Carlo
Blackskull ha detto «Io invito me stesso in primis e tutti voi amici, a domandarci sinceramente se apparteniamo al Capitano e al suo brigantino o ci imbarchiamo quando ci aggrada solo per un giretto "a fiancheggiar la costa" come annoiati turisti in cerca di svago.
RispondiEliminaAl contrario potremmo partecipare con lui alla progettazione e messa in cantiere di un grande vascello, che salpi per mare aperto e all'avventura.»
Credo che chi segue il blog da tempo abbia giustamente sviluppato un senso di appartenenza, vista la qualità costante degli articoli, la civiltà delle discussioni e l'attenzione di Carlo.
Ma credo che la molla che spinge gli altri a leggere e a ritornare sia semplicemente il desiderio di capire.
Dunque per la rivista propongo
il titolo CAPIRE,
le categorie-sezioni seguenti:
NOTIZIE - oltre la cronaca - approfondimenti
ENERGIE - fatti e dati - le alternative
STORIE - un'altra storia è possibile - persone - eventi
POTERI - i misfatti - le caste
MUTAZIONI - influssi sui comportamenti sociali - modifiche cerebrali delle giovani generazioni
Per la piattaforma mi sembra che wordpress fornisca una vasta scelta di temi anche free (ma non ho esperienza diretta in merito):
http://wpcandy.com/presents/the-best-wordpress-magazine-themes-available
http://5thirtyone.com/grid-focus
http://www.darrenhoyt.com/2009/05/20/a-wordpress-theme-for-writers-and-journalists/
http://wordpress.org/extend/themes/?theme=3629
Eviterei comunque l'inserimento di flash e animazioni, come grafica terrei uno stile sobrio su fondo bianco.
Consiglio caldamente di aprire una pagina Facebook per segnalare gli articoli nuovi.
Ciao a tutti
Carlo, mi scuso per la ripetitività, ma devo farTi notare che in Germania a seguito delle rivelazioni di Wikileaks il governo tedesco, che sa che deve rendere conto ad un'opinione pubblica seria e vigile, ha chiesto il trasferimento dell'ambasciatore USA in Germania. Pare che i suoi giudizi sui politici tedeschi non siano piaciuti. In Italia invece il solito 1/3 degli elettori continua imperterrito ad osannare il Berlusca qualunque cosa dica, faccia o sproloqui. Prevedo per il 14 dicembre molti Finiani in preda ad influenza e diarrea incontenibile.
RispondiEliminaCiao
Buonissimo il rhum, che quasi quasi m'ispira un luogo di discussione dal nome più che mai emblematico...FO-RHUM...scherzo, ovviamente.
RispondiEliminaAltro titolo più serio oltre al Capire di IRI:
BLOGGHIAMO IL POTERE
Ad ogni modo, vi riposto il mio brogliaccio.
ciao a tutti.
Intervengo a gamba tesa sulla questione che il Capitano, giustamente, ci ripropone costantemente sulla "morte del blog".
Penso che il discorso riguardi l'APPARTENENZA.
Ho scritto appatenenza e non comunione e in questa differenza ritengo si debba riflettere con intensità e ponderazione.
Che il Capitano non possa continuare da solo sulla strada dell' evoluzione del blog in qualcosa di "meglio" è un'evidenza più che schiacciante, non accorgeresene, da parte di tutti noi "FREQUENTATORI" e sottolineo frequentatori del blog, è un grave errore che si può però ascrivere a diverse motivazioni.
Se noi siamo esclusivamente frequentatori/commentatori/
opinionisti/amatori/metteteci quello che volete...il blog sta morendo ovvero continuerà per moto rettilineo uniforme.
Se tra di noi, ognuno secondo la propria condizione umana - e con ciò intendo tutta la propria sfera vitale - vi è qualcuno che pensa di poter contribuire in maniera attiva all'accelerazione di quel moto di cui prima, lo faccia o continui a essere uno scrivente/osservatore/ frequentatore, senza nessuna remora e questa, è una scelta più che libera, insindacabile, che non intacca minimamente la qualità del blog nel suo insieme.
Se la motivazione sincera di fare qualcosa di nuovo rivista/forum/piattaforma multimediale/ è l'APPARTENENZA allora facciamoci avanti e diamo una mano al Capitano, altrimenti parliamo, parliamo, parliamo, che non costa nulla.
Io invito me stesso in primis e tutti voi amici, a domandarci sinceramente se apparteniamo al Capitano e al suo brigantino o ci imbarchiamo quando ci aggrada solo per un giretto "a fiancheggiar la costa" come annoiati turisti in cerca di svago.
Al contrario potremmo partecipare con lui alla progettazione e messa in cantiere di un grande vascello, che salpi per mare aperto e all'avventura.
Già, l'appartenenza...
non penso sia inutile che ci rileggiamo il testo della splendida poesia di Gaber, che non potrebbe essere più esaustivo al riguardo.
http://www.angolotesti.it/G/
testi_canzoni_giorgio_gaber_4285/
testo_canzone_canzone_
dellappartenenza_157373.html
grazie a tutti
B.S.
ps. A Marco, te possino, mi fa sempre bene sentirti...sei una colonna de Via Veneto tu!
E vedi di dacce na mano se puoi, che t'abbiamo ner core!!
11:59 AM