“Per i deboli implora il perdono, per i miseri implora pietà.”
Per una volta, lasciamo il giornalismo d’assalto, la controinformazione, la certosina citazione delle fonti e le bibliografie perché urge conforto, rapidamente dobbiamo unirci ed implorare la Santa Vergine, il Cristo, Budda e la Trimurti. Speriamo che riescano – insieme alle divinità che abbiamo certamente dimenticato – a metterci una pezza, perché noi non sappiamo più a quale Santo votarci.
Non ci riferiamo solo alle debolezze della carne, che nel triclinio di Palazzo Grazioli hanno raggiunto i livelli della Roma tardo imperiale, perché il manto del perdono è concesso urbi et orbi, basta il pentimento. O, almeno, qualcosa che gli assomigli.
Purtroppo, per le miserie, la Chiesa non poteva e non può che implorare la pietas, un sentimento che valica le categorie del vissuto e della morale, per assurgere ad una generale assoluzione senza pentimento: poiché non si ritiene che, chi si smarrisce nella selva delle miserie, sia in grado d’elevarsi a quella soglia. No: solo la pietà, a quel punto, può intercedere fino all’Altissimo.
In altre parole – esprimendoci in termini giuridici – la miseria assoluta conduce allo stralcio, poiché non si ritiene l’imputato in grado, nemmeno, di comprendere le accuse che gli sono rivolte.
Ci sembra questo il caso di un omuncolo delle Venezie, un tappo claudicante nella Laguna, dimenticato probabilmente a Burano dall’ultimo circo Togni che la visitò.
Non potremmo essere meno velenosi, poiché non sapremmo quale aggettivo incontrare sulla nostra strada per dipingere chi definisce la Mostra del Cinema di Venezia come “culturame parassitario”.
La prima immagine che appare alla nostra mente è, ovviamente, quella di Goebbels che afferma: «Appena sento nominare la parola “intellettuale”, la mia mano corre alla fondina.»
Subito dopo, però, ci rendiamo conto che le differenze fra i due personaggi sono abissali: il minus veneziano, al confronto del gelido Ministro della Propaganda del Reich, al massimo potrebbe sfoderare un pistolino. Se lo trova.
L’uscita è così infelice – domani, siamo certi, ci sarà la solita solfa della “cattiva stampa” che tutto stravolge – da valicare i confini della povertà culturale, della debolezza spirituale, per giungere all’abisso, alla miseria senza aggettivi. E, quando un sostantivo regge senza aggettivi, sono ceci.
Lungi da noi il voler incensare la cultura italiana per mostrarla sugli altari: come tutte le vicende dell’intelletto, è un cammino di luci ed ombre sul quale è giusto confrontarsi.
Da questo, però, a definirla “culturame parassitario” ce ne corre: vorremmo ricordare – anche se non avesse fatto altro nella sua vita artistica – che Giuliano Montaldo regalò al nostro Paese un capolavoro chiamato “Marco Polo”, che da solo vale un tesoro. Per ora, nessun guitto d’avanspettacolo veneziano ci ha mostrato nulla del genere.
Rimane un dubbio, che accomuna quasi al completo l’attuale governo: giocano semplicemente al rialzo, gettando nell’agone mediatico delle parole d’ordine semplici e desuete – tanto per catalizzare gli istinti beceri dei raduni cornuti (ci riferiamo, ovviamente, alle corna di Brenno) – oppure non giungono alla soglia delle emozioni che comunica l’arte?
Nel primo caso, significa buttare per aria un prezioso ed antico orologio da taschino per scommettere se vola: nel secondo ciucciarlo, giacché lo si è scambiato per un lecca-lecca. Per entrambi, vale la seconda opzione dell’incipit.
Potremmo, a questo punto – prima di rivolgerci all’Olimpo – domandare l’intercessione del Ministro della Cultura (esiste?) ma non riusciamo a trovarlo in casa: pare che, nei triclini romani, si dedichi ad accompagnare con le conga Mariano Apicella.
Vorremmo, allora, noleggiare un bragozzo con la vela latina ed un altoparlante, per urlare nella debole brezza della Laguna – caso mai v’abitasse un Ministro della Repubblica – i nomi, altisonanti, della nostra tradizione: Antonio de Curtis, Anna Magnani, Roberto Rossellini, Ettore Scola, Vittorio Gassman, Mario Monicelli, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Monica Vitti…e ancora…
E poi: Giovanna Mezzogiorno, Sergio Rubini, Margherita Buy, Michele Placido, Francesco Nuti, Stefano Accorsi, Carlo Verdone, Silvio Orlando, Francesca Neri…e ancora…
Se l’eco rispondesse “Noemi Letizia”, sarebbe l’ora di volgere la prua ad Est, approdare in Dalmazia, sperare di scovare della vecchia e buona rakja ed un concerto di Goran Bregovich. E, per divertirsi – dopo essersi sbronzati – sparare ai tappi nell’alba diafana di un isolotto disabitato, a cento miglia dalle coste italiane. A cento miglia da altri, ben miseri tappi.
Per una volta, lasciamo il giornalismo d’assalto, la controinformazione, la certosina citazione delle fonti e le bibliografie perché urge conforto, rapidamente dobbiamo unirci ed implorare la Santa Vergine, il Cristo, Budda e la Trimurti. Speriamo che riescano – insieme alle divinità che abbiamo certamente dimenticato – a metterci una pezza, perché noi non sappiamo più a quale Santo votarci.
Non ci riferiamo solo alle debolezze della carne, che nel triclinio di Palazzo Grazioli hanno raggiunto i livelli della Roma tardo imperiale, perché il manto del perdono è concesso urbi et orbi, basta il pentimento. O, almeno, qualcosa che gli assomigli.
Purtroppo, per le miserie, la Chiesa non poteva e non può che implorare la pietas, un sentimento che valica le categorie del vissuto e della morale, per assurgere ad una generale assoluzione senza pentimento: poiché non si ritiene che, chi si smarrisce nella selva delle miserie, sia in grado d’elevarsi a quella soglia. No: solo la pietà, a quel punto, può intercedere fino all’Altissimo.
In altre parole – esprimendoci in termini giuridici – la miseria assoluta conduce allo stralcio, poiché non si ritiene l’imputato in grado, nemmeno, di comprendere le accuse che gli sono rivolte.
Ci sembra questo il caso di un omuncolo delle Venezie, un tappo claudicante nella Laguna, dimenticato probabilmente a Burano dall’ultimo circo Togni che la visitò.
Non potremmo essere meno velenosi, poiché non sapremmo quale aggettivo incontrare sulla nostra strada per dipingere chi definisce la Mostra del Cinema di Venezia come “culturame parassitario”.
La prima immagine che appare alla nostra mente è, ovviamente, quella di Goebbels che afferma: «Appena sento nominare la parola “intellettuale”, la mia mano corre alla fondina.»
Subito dopo, però, ci rendiamo conto che le differenze fra i due personaggi sono abissali: il minus veneziano, al confronto del gelido Ministro della Propaganda del Reich, al massimo potrebbe sfoderare un pistolino. Se lo trova.
L’uscita è così infelice – domani, siamo certi, ci sarà la solita solfa della “cattiva stampa” che tutto stravolge – da valicare i confini della povertà culturale, della debolezza spirituale, per giungere all’abisso, alla miseria senza aggettivi. E, quando un sostantivo regge senza aggettivi, sono ceci.
Lungi da noi il voler incensare la cultura italiana per mostrarla sugli altari: come tutte le vicende dell’intelletto, è un cammino di luci ed ombre sul quale è giusto confrontarsi.
Da questo, però, a definirla “culturame parassitario” ce ne corre: vorremmo ricordare – anche se non avesse fatto altro nella sua vita artistica – che Giuliano Montaldo regalò al nostro Paese un capolavoro chiamato “Marco Polo”, che da solo vale un tesoro. Per ora, nessun guitto d’avanspettacolo veneziano ci ha mostrato nulla del genere.
Rimane un dubbio, che accomuna quasi al completo l’attuale governo: giocano semplicemente al rialzo, gettando nell’agone mediatico delle parole d’ordine semplici e desuete – tanto per catalizzare gli istinti beceri dei raduni cornuti (ci riferiamo, ovviamente, alle corna di Brenno) – oppure non giungono alla soglia delle emozioni che comunica l’arte?
Nel primo caso, significa buttare per aria un prezioso ed antico orologio da taschino per scommettere se vola: nel secondo ciucciarlo, giacché lo si è scambiato per un lecca-lecca. Per entrambi, vale la seconda opzione dell’incipit.
Potremmo, a questo punto – prima di rivolgerci all’Olimpo – domandare l’intercessione del Ministro della Cultura (esiste?) ma non riusciamo a trovarlo in casa: pare che, nei triclini romani, si dedichi ad accompagnare con le conga Mariano Apicella.
Vorremmo, allora, noleggiare un bragozzo con la vela latina ed un altoparlante, per urlare nella debole brezza della Laguna – caso mai v’abitasse un Ministro della Repubblica – i nomi, altisonanti, della nostra tradizione: Antonio de Curtis, Anna Magnani, Roberto Rossellini, Ettore Scola, Vittorio Gassman, Mario Monicelli, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Monica Vitti…e ancora…
E poi: Giovanna Mezzogiorno, Sergio Rubini, Margherita Buy, Michele Placido, Francesco Nuti, Stefano Accorsi, Carlo Verdone, Silvio Orlando, Francesca Neri…e ancora…
Se l’eco rispondesse “Noemi Letizia”, sarebbe l’ora di volgere la prua ad Est, approdare in Dalmazia, sperare di scovare della vecchia e buona rakja ed un concerto di Goran Bregovich. E, per divertirsi – dopo essersi sbronzati – sparare ai tappi nell’alba diafana di un isolotto disabitato, a cento miglia dalle coste italiane. A cento miglia da altri, ben miseri tappi.
Non sapevo di questa ennesima sparata del nano ghiacciante.
RispondiEliminaPotrei senz'altro attribuirgli, anche a lui come ho già fatto per i 'fighetti di papà', l'appellativo di "omoclasta". Lo so è una parola che non esiste, ma ha una certa assonanza con "iconoclasta" e se si ricorda l'arte con la quale sono state fatte moltissime icone (per non dire della cultura intrinseca ecc) qualche conto, con il 'tappo' odierno, torna.
Mi sono sempre chiesto perché i 'tappi' siano così stupidamente aggressivi verso tutti, così, al contempo, pieni di sè...
Secondo me è proprio a causa della propria 'bassa' condizione e quindi alla conseguente tendenza 'omoclastica' verso gli altri 'bassi' come loro...
A questo punto, dopo anni di 'omoclastismo' vissuto, si permeano della convinzione di essere stati 'elevati' (convinzione data dal proprio ego e con l'aiuto di esperi calzolai) e -quindi- continuano alle azioni 'clastiche' verso i bassi, cioè verso tutti gli altri che sono, a questo punto, tutti più bassi di loro.
Ah! se tutto questo mio giro di parole può essere semplicemente sintetizzato in 'delirio di onnipotenza' o nell'ancor più semplice 'complesso di superiorità', vi vorrei far notare che -invece- nella mia descrizione vi sono importanti differenze che non ricadono in queste due -consuete- definizioni.
salutations
RA
Sarà per questo che siamo nella m..acaro Roberto? Sarà perchè siamo governati da una nano.Comunque su Brunetta c'è poco da dire il suo culturame si fonde alla sua ipocrisia di pseudo uomo di stato, che da piccolo Napoleone vorrebbe cacciare via tutti i fannulloni dai ministeri dimenticando che lui lo è stato a lungo Ciao, ciao
RispondiEliminaIl nanetto da giardino dell'altro nano erectus persegue scientemente la distruzione di qualsiasi forma di cultura e libertà delle classi meno abbienti. E' chiaro che il cinema, con quel poco o molto di valore culturale che ha, lo disturba. Lui vorrebbe un'Italia di ciechi lavoratori tutti dediti al lavoro per i padroni, che non hanno tempo libero perchè devono lavorare ben 12 ore al giorno, quindi non devono essere distratti da nulla di ameno. Forse il nanetto da tasca è meno visibile del nano erectus in salsa velinesca, ma è più pericoloso perchè odia chi lavora e cerca dal suo lavoro ristoro e svago, è veramente inquietante che razza di società voglia realizzare. Ma gli italiani indementiti da somministrazioni forzate di TV e giornali asserviti continuano e continuerano ad osannare il nano più alto e il nano più basso. Solo un miracolo può salvare l'Italia e gli italiani da finire per essere la Corea del Nord europea.
RispondiEliminaCos'altro aspettarsi da un economista malvagio?
RispondiEliminaAhimè! Ahinoi!
René.
Cos'altro aspettarsi da un economista malvagio?
RispondiEliminaAhimè! Ahinoi!
René.
Ho sempre avuto il presentimento che il nano minus, prima di nuove elezioni politiche, il nano magnus se lo tolga di torno.
RispondiEliminaNel decreto "anticrisi" di Tremonti è stato silenziosamente ripristinato il vecchio orario di reperibilità in malattia. Altrimenti, secondo il nano minus, si rimaneva malati nunc et semper, giacché non c'era modo d'andare a curarsi.
Secondo me, se lo scaricano. Si accettano scommesse.
Carlo
Che i nani tra loro non si amino è chiaro, ma temo che qui ti sbagli raccolgo la scommessa.
RispondiEliminanon si riferiva ai cine-panettoni?
RispondiEliminaIn nano minore promise al nano maggiore 18 miliardi di "risparmi" nella pubblica amministrazione in cambio della poltrona di ministro. Il nano magnus era restio, poi accettò perché 18 miliardi fanno gola.
RispondiEliminaOra, però, deve iniziare la Quaresima, perché in vista di (probabili) elezioni anticipate il nano minus è un intralcio.
Staremo a vedere.
Il cine-panettone è quello finanziato dal gruppo del nano magnus: che, si danno la zappa sui piedi?
Ciao a tutti
Carlo
Carlo
appunto! non è un susseguirsi di zappate sui piedi dal lontano millenovecentonovantatre?
RispondiEliminaCerto: bisogna solo chiedersi quando arriverà il respingente. Sarà dura.
RispondiEliminaCarlo
"sarà dura" respingere o "sarà dura" veder arrivare il respingente???
RispondiEliminaCarlo pensi che Fini farà fuori Berlusconi? o Berlusconi farà fuori Fini?
RispondiEliminaNon so chi farà fuori chi, ma la "chiamata" a tutti i parlamentari della ex AN qualcosa significa: nel caso di scricchiolamenti, AN si smarcherà al centro. Non oggi, domani chissà.
RispondiEliminaCredo d'essermi fatto un'idea sulle ragioni della crisi, ossia dell'attacco internazionale: Obama non gradisce il nanus magnus, soprattutto per la sua vicinanza con Putin (che è strafurbo rispetto al nanus).
Questo potrebbe spiegare la veemenza della stampa internazionale.
Per noi, in realtà, cambia poco.
Respingiamo i respingenti!!!-))
Carlo