14 dicembre 2005

Guarda cosa si scopre sulla TAV...

Spesso, per giustificare la costruzione della TAV in Val di Susa e del Ponte sullo Stretto di Messina, viene tirata in ballo l’Unione Europea. Per non parlare a vanvera, sono andato a rileggere il principale documento approvato dall’UE sui trasporti, ovvero il Libro Bianco: La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte, Bruxelles, COM(2001) XXX. Ecco un breve estratto:

Per il rilancio del trasporto marittimo a corto raggio sulle brevi distanze occorre creare delle vere e proprie "autostrade del mare" nel quadro degli orientamenti TEN. Ciò presuppone migliori collegamenti fra porti e rete ferroviaria e fluviale, nonché un miglioramento della qualità dei servizi portuali. Alcuni collegamenti marittimi (in particolare quelli che permettono di evitare le strozzature attuali, cioè Alpi, Pirenei e Benelux e in un domani la frontiera fra Germania e Polonia) saranno integrati nella rete transeuropea allo stesso livello dei collegamenti stradali o ferroviari.

Abbiamo letto bene?…che permettono di evitare le strozzature attuali, cioè Alpi, Pirenei…allora le Alpi sono da evitare, e non da valicare: qualcuno – fra i tanti che sostengono la TAV – ha letto il documento?
Pur sottolineando l’importanza di trasferire flussi di traffico dalla strada alla ferrovia, l’UE pone spesso l’accenno – nel Libro Bianco – sull’importanza del trasporto marittimo, giacché è quello che – a parità di carichi spostati – richiede meno energia e personale.
Se poniamo 100 l’energia necessaria per spostare un carico su strada, alla ferrovia ne bastano circa 40 ed alle nave 25. Perché? La ragione è semplice: la nave non deve impiegare energia per spostarsi verticalmente (superare i valichi), e tanto meno consumarne altra per frenare nelle lunghe discese.
Se potenziassimo il cabotaggio marittimo e la navigazione fluviale, non sarebbe necessario bucare montagne, inquinare territori, sconvolgere la vita alle popolazioni: lo dice l’UE. I costi? Quantificabili in centinaia di milioni di euro, e non miliardi: un ambiente meno inquinato e tanti soldi risparmiati; già, ma proprio quei miliardi sono le “succose” ragioni della TAV e del Ponte sullo Stretto…

A proposito di risparmio energetico...

Ciò che colpisce nella stesura di ogni Legge Finanziaria sono i sempre presenti “tagli agli sprechi”, che – guarda a caso – finiscono sempre per chiamarsi Sanità, Scuola, Enti Locali. Insomma, le principali esigenze nel welfare sono da considerare “sprechi”.
A volte, con semplice carta e matita (meglio un computer) si scoprono veri sprechi ai quali nessuno ha mai fatto caso, e mica sprechi da poco.
Sapete che tutte le scuole italiane – durante le vacanze natalizie – rimangono aperte? Per far andare al lavoro bidelli e segretari si scaldano strutture enormi, mentre se fossero vuote basterebbe, per evitare danni, la sola impostazione anti-ghiaccio dell’impianto di riscaldamento.
Le scuole sono tenute aperte giacché devono consegnare certificati e diplomi anche durante le vacanze: immaginate quante persone (!) si recano in quel periodo a ritirare un documento, il quale potrebbe essere anche inviato per via telematica (cosa ha combinato – in cinque anni – il Ministro per l’Innovazione Stanca?).
Quanto si spende per scaldare queste scuole vuote? Ho eseguito un rapido calcolo, considerando cubature medie di 4.500 m3, un coefficiente medio di 50 Kcal per m3/h e la presenza sul territorio italiano di circa 25.000 istituti scolastici.
Un calcolo con alcune approssimazioni, ma che conduce a valutare l’importo fra i 200 ed i 250 milioni di euro l’anno, sparsi letteralmente al vento: circa la metà di un rinnovo contrattuale per la scuola, che ad ogni trattativa scatena l’inferno.
Mentre lo Stato prevede di spendere 6 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto, ed un’altra valanga di miliardi per la TAV, si tagliano le risorse a Scuola, Sanità ed Enti Locali: in questo modo si sperpera il denaro pubblico per alimentare l’ “industria” degli appalti e relative tangenti, e dall’altra si riducono le prestazioni del welfare, ovvero proprio ciò che più serve ai cittadini. Per poi gridare agli sprechi.

13 dicembre 2005

Perché ho scritto un libro sul traffico d'organi?

Quando – nell’aprile del 2005 – proposi al mio editore di scrivere un libro sull’argomento l’accoglienza fu fredda, contrariamente a quanto era avvenuto per i precedenti che avevo pubblicato sulla questione medio orientale, sugli equilibri strategici dell’area, su Al-Qaeda e sul petrolio. La ragione – per un editore – era sensata: l’argomento “non era sul mediatico”, vale a dire che nessuno si stava interessando alla faccenda, e scrivere un libro in materia rischiava di rivelarsi il classico buco nell’acqua, oppure poteva scivolare via leggero – come una goccia su una foglia – senza che nessuno se n’accorgesse. E poi, perché mai uno scrittore di politica estera voleva affrontare un argomento così lontano dai suoi consueti ambiti? La risposta – altrettanto speculare – era proprio perché l’argomento “non era sul mediatico”, ossia perché nessuno ne parlava.
Il traffico d’organi è il più turpe mercato che si possa immaginare, ma è un mercato che segue anch’esso le regole del liberismo: si compra dove le materie prime costano poco, e si opera sapientemente affinché le condizioni di povertà mantengano quelle aree come serbatoi di materie prime a basso costo. Quanto vale la vita di un africano che vive con gli aiuti internazionali? E quella di un bambino abbandonato in una metropoli brasiliana? Chi li protegge? Chi s’accorge se spariscono? Ecco da dove inizia il cammino della nuova schiavitù, interi od a pezzi: oggi sei utile per raccogliere pomodori, domani potresti fornire un cuore a chi ne ha bisogno. E’ una novità? Assolutamente no: dal punto di vista giuridico, abbiamo soltanto restaurato – di fatto – il diritto di vita e di morte sugli schiavi, come avveniva nel mondo antico e nelle piantagioni americane. Le nostre analisi sono estreme, poco credibili, fastidiose? Chiedetelo ai bambini del Mozambico od a quelli afgani: chiedete loro se si sentono una “leggenda metropolitana”, oppure se hanno letto “Hansel e Gretel”. Non l’hanno letto, l’hanno vissuto.
Carlo Bertani "Ladri di Organi" - Malatempora - 2005 www.malatempora.com

11 dicembre 2005

Sull'alta velocità

La lenta morte dell’alta velocità

Lunedì 5 dicembre ero a Sauxe D’Oulx – in Val di Susa – per tenere una conferenza sull’energia agli studenti del locale Liceo Scientifico: proprio il lunedì che precedette la tempesta, quel tentativo di “genovizzare” la protesta popolare con un improvviso, violento e sanguinoso assalto dei reparti speciali, alle 3.30 della notte fra il 5 ed il 6 dicembre.
E’ difficile immaginare un lunedì più tranquillo: la gente prendeva il caffè al bar, lavorava, studiava, faceva la spesa nei negozi; al termine della conferenza, riuscimmo addirittura a visitare un’antica abbazia della zona. Nessuno poteva immaginare che, da Roma, la Legione Imperiale fosse già in viaggio per attaccare il villaggio di Asterix.
Cosa raccontano il sangue versato sulla neve fresca, la gente picchiata senza motivo, le minacce e le invettive dei legionari (vi massacriamo tutti!), il disprezzo nei confronti di gente comune che chiede soltanto di non diventare una Chernobyl dell’Uranio e dell’amianto? La risposta è giunta dal ministro Lunari: lo facciamo e basta, e se non siete d’accordo sono pronti altri pretoriani.
Questa è la triste realtà di un potere che mostra tutta la sua auto-referenza nell’incapacità di dialogare: come un serial killer, affida la sua inabilità nell’esprimere le proprie pulsioni al sangue.
L’altro aspetto della vicenda è la vicenda stessa: com’è possibile che per costruire 54 Km di gallerie si giunga a tanto?
Non entriamo nel merito della TAV – che richiederebbe una lunga trattazione – ma limitiamoci a focalizzare un semplice aspetto: tutto il materiale scavato dalla montagna, dovrebbe essere trasportato a fondo valle (e poi, dove andrebbe a finire?) con teleferiche. Il che significherebbe – in una valle stretta e ventosa – spargere minerali ricchi d’Uranio e d’amianto ai quattro venti, fino a Torino. Già oggi, la Val di Susa presenta un tasso d’alcuni carcinomi più alto della media, e sono malattie strettamente legate all’intrusione nei polmoni dei sopraccitati minerali: gli abitanti dovrebbero accettare di morire – per generazioni – in silenzio?
Se il grande Padre Bianco di Bruxelles, e Capelli Gialli Custer inviato da Roma, hanno decretato la morte delle tribù della Val di Susa lo dicano, lo affermino senza peli sulla lingua: il Cavallo di Ferro dovrà attraversare la montagna passando proprio sui loro territori, e se non sarà possibile fare diversamente potranno migrare od estinguersi. Le tribù potranno anche stendere insieme ai Washicu un bel trattato – firmato da entrambe le parti dopo aver fumato insieme il calumet delle “compensazioni” economiche – che metterà tutto a posto: finché l’acqua scenderà il fiume, l’erba crescerà nella prateria, ed i carcinomi continueranno a dilagare.

11 settembre 2005