04 giugno 2021

La conferenza postbellica di Jalta (prima parte)

 

Voglio raccontarvi una vicenda di tempi lontani, così lontani che pochi degli attuali viventi possono ancora ricordare ma, se vi stupite dei due golpe istituzionali accaduti in Italia – Monti e Draghi – vi aiuterà a capire qualcosa sulla diplomazia internazionale e di come le nostre democrazie siano soltanto delle abili rappresentazioni della realtà: dei veri e propri falsi, sorretti soltanto dal bombardamento mediatico.

Insomma, dopo aver letto i tre articoli, vi verrà da dire semplicemente “Ma quelle di oggi sono soltanto frittelle…al confronto…”

 

Anzitutto l’errore nel titolo era cercato e voluto, giacché la Conferenza di Jalta andò in scena nel Febbraio del 1945, e dunque a guerra ancora in corso ma, per i tempi della diplomazia, oramai la guerra era conclusa: era l’ora di pensare al dopo.

Mentre i sovietici erano ad 80 km da Berlino e gli angloamericani più distanti, perché avevano dovuto superare la Battaglia delle Ardenne – l’ultima carta di Hitler – sul Mar Nero s’incontrarono Stalin, Roosevelt e Churchill.

Erano gli stessi della Conferenza di Teheran svoltasi un anno e mezzo prima? Fisicamente è indubbio, ma possiamo affermare che i loro intendimenti fossero i medesimi? Ne dubito.

 

Churchill doveva e voleva salvare quello che rimaneva dell’Impero Britannico, ma con poche carte da giocare, mentre Stalin era quello più avvantaggiato: l’Europa orientale era di fatto già sua e poteva sperare di giungere fin dove giunsero (dall’altro versante) Druso e Germanico quasi due millenni prima, ossia sul fiume Elba, e ci riuscì. Roosevelt era molto malato (sarebbe morto poco dopo) e, probabilmente, le leve della diplomazia americana gli sfuggivano già di mano: durante la Conferenza fu accusato di essere stato troppo “morbido” con Stalin…ma gli Stati Uniti si preparavano a diventare potenza mondiale, con l’eclissi della potenza inglese, ed avevano già gli occhi da altre parti.

Per questa ragione, la diplomazia era già al lavoro: sapevano che il loro futuro nemico sarebbe stato l’URSS, ma in quel momento potevano fare ben poco – sul piano militare – per impedirlo. L’Europa era a pezzi e nessuno che avesse un minimo di sale in zucca pensava ad una nuova guerra imminente contro l’URSS: Churchill accarezzò l’idea, ma fu costretto a rimangiarsela in fretta e, poco dopo, fu addirittura (e stranamente) obbligato a lasciare Downing Street avendo perso non tanto le elezioni (vinte dai laburisti), bensì l’appoggio del suo partito.

 

E i tedeschi?

Erano a pezzi: non c’era più nessuno che credesse in una soluzione se non la resa, ma Hitler manteneva ancora potere nella struttura piramidale del Nazismo. All’Ovest, oramai, si fucilavano gli ufficiali per scarso mordente nei combattimenti, mentre ad Est si moriva ammazzati dai russi oppure da altri tedeschi se si abbandonavano le posizioni: era solo una questione di tempo.

Il tempo giunse e, secondo la Storia ufficiale, Hitler si suicidò…anche se il prezioso reperto del suo cranio, conservato a Mosca, alle analisi del DNA ha mostrato d’essere di sesso femminile.

Personalmente, ritengo che Hitler sia fuggito, ma non è questa la cosa importante, ben più importante è analizzare cosa successe dopo la sua presunta morte.

Il successore designato da Hitler (nel suo testamento politico) non era né Goering, né Bormann e neppure Himmler: era Karl Doenitz, comandante supremo della Marina, che era sempre stato ai margini delle alte sfere del Nazismo. Una stranezza, a meno di voler ammettere che una persona meno coinvolta sarebbe stata più accettabile per gli Alleati (Stalin non si poneva questi problemi ed a Jalta presentò le sue idee in merito: fucilare immediatamente almeno 50.000 ufficiali tedeschi, così da recidere il male alla radice) ma gli Alleati, cosa avrebbero chiesto al successore di Hitler? Se fosse stato Himmler nulla, ma con Doenitz si poteva trattare, soprattutto da posizioni di forza assolute.

 

Preso atto della nomina, Doenitz si trasferì a Flensburg – sul Baltico, vicino al confine danese – e, protetto da un reparto di Fanteria di Marina, cominciò a governare.

“Cosa” governava? Difficile rispondere, però “quanto” sì: dalla presunta morte di Hitler il governo di Flensburg rimase indisturbato fino al 23 Maggio 1945, quando l’intero governo si consegnò in mani americane.

Cosa fece Doenitz in quei venti giorni? Perché una colonna americana non salì subito a fermarlo?

Si sa poco del governo di Flensburg e – a parte il colloquio nel quale Doenitz si confrontò con Himmler “sempre con la pistola puntata sotto la scrivania”, riferì – non pare che ci sia altro di notevole da raccontare. Almeno, di “altro” che si potesse raccontare.

 

I confini fra la storia ufficiale, però, la contro-storia oppure il complottismo sono molto labili, soprattutto se una nazione s’arrende dopo quasi sei anni di lotta apocalittica e, alla fine, un governo di quella nazione viene lasciato indisturbato per venti giorni senza colpo ferire. Qualcosa di strano s’insinua fra i nostri gangli cerebrali, e chiede risposte: e poi, perché Flensburg?

 

In una immaginaria rotta fra Kiel, sul Baltico, ed Oslo, Flensburg pare proprio il baricentro. A dire il vero Oslo si trova al termine del suo fiordo, mentre Horten è il vero porto della città norvegese e Kristiansand si trova allo sbocco del fiordo nello Skagerrak, da dove ci si può immettere nel Mare del Nord e, da lì, in Atlantico.

Ebbene, una lunga e paziente analisi delle rotte e delle missioni fra queste città (principalmente Kristiansand e Kiel) su documenti dell’epoca, mostra che nei giorni a cavallo fra la fine della guerra e la pace, il mare di fronte a Flensburg era più congestionato di Piccadilly Circus all’ora di punta.

Chi erano a muoversi?

Dato che gli Alleati, oramai, sorvegliavano tutte le rotte con i primi aerei-radar, erano principalmente sommergibili i quali, data la vicinanza fra le due località, potevano percorrere il tragitto quasi soltanto in immersione, senza dare nell’occhio.

Cosa trasportavano?

Non tanto marinai che fuggivano – senz’altro rimanere in porto ed arrendersi era più comodo – bensì merci e persone, di tutti i tipi: nel Reich c’erano ancora ricchezze incredibili, razziate in tutta Europa, e tanta gente che sapeva bene di rischiare grosso se cadeva prigioniera. Poi merci rare come il Plutonio prodotto dai centri di ricerca tedeschi: la bomba di Hiroshima era all’Uranio, ma quella di Nagasaki era al Plutonio ed al nuovo presidente Truman sfuggì “dobbiamo ringraziare i nostri amici tedeschi…”

Inoltre, c’era la tecnologia tedesca, della quale tutti erano disperatamente alla ricerca: per quale motivo? Per giungere più in fretta possibile alle prime posizioni nel pianeta post-bellico e dare la scalata al potere mondiale.

 

Su questa vicenda c’è una traccia anche nei documenti sovietici: Stalin, quando si trattò di dare l’assalto a Berlino, stranamente, tenne fuori il noto Maresciallo Zukov, comandante dell’Armata Rossa, dalla vicenda.  Incaricò il generale Cujkov – comandante delle armate del Nord – di assalire la città la quale, dopo furiosi combattimenti, si arrese. E Zukov? Ricevette un altro compito.

Nella zona di Sud-Ovest di Berlino i russi sapevano che esisteva un centro di Fisica Nucleare in mano ai militari, necessario ai tedeschi per tentare di giungere per primi all’arma atomica. Alla testa di un veloce reparto corazzato, Zukov travolse tutte la difese tedesche della periferia Sud come una furia e si precipitò verso l’Istituto ma, quando vi giunse, lo trovò “svuotato” di fresco: solo alcuni sacchi che Zukov prelevò. Ma si rivelarono, per i sovietici, una delusione: erano soltanto il materiale di scarto delle centrifughe, con un tenore d’Uranio irrilevante. Il materiale utilizzabile aveva già preso il volo (probabilmente dal vicino aeroporto di Tempelhof) verso la Norvegia o chissà per dove. Insomma: il danno e la beffa.

E c’è una prova evidente su queste vicende: l’ultima missione del sommergibile U-234, un grande sommergibile posamine, con elevata autonomia, molto capiente ed in grado di raggiungere facilmente la costa americana.

 

Fa addirittura sorridere come la filmografia dia una mano alla falsificazione della Storia: il film U-234 l’ultimo sommergibile è una fandonia incredibile. Si pensi soltanto che il sommergibile del film doveva raggiungere il Giappone, per consegnare armi tedesche agli alleati nipponici: Plutonio, 2 caccia a reazione smontati, un missile e vari siluri fra i più moderni della tecnologia tedesca. L’equipaggio comprendeva una panoplia di alti ufficiali tedeschi e vari ingegneri e studiosi d’alto livello: peccato che l’unico a conoscere il contenuto delle casse nelle quali era stivato il carico fosse un ufficiale americano (ex) prigioniero di guerra. Lo affiancava un uomo dei servizi segreti della Marina Tedesca: a comandare il battello era un comandante di navi che mai aveva comandato un sommergibile ed il vero U-234 si arrese, dopo 50 giorni nei quali aveva compiuto la traversata. Fino al Giappone?

Ah, ah! No, si arrese nei pressi dell’isola di Terranova (di fronte al Canada) ad un cacciatorpediniere americano. Dove si erano già arresi altri tre sommergibili tedeschi. Cosa trasportavano gli altri sommergibili? Beh, chiedetelo a loro: la resa tedesca è il condensato più incredibile che si possa immaginare, zeppo di contraddizioni e di silenzi.

C’erano a bordo anche due ufficiali nipponici, probabilmente imbarcati per dare credito alla colossale fandonia, i quali – si dice – si suicidarono col veleno. Perché non lasciarli su un canotto nelle vicinanze delle Azzorre, territorio portoghese e dunque neutrale? Non sappiamo niente della fine dei Tenenti Colonnelli Tomonaga e Shoji…eh, furono sepolti in mare insieme alle loro cose…sempre che siano realmente esistiti.

 

Per capire come mai un Paese si arrende dopo sei anni di guerra e viene lasciato operare, ancora per 20 giorni, un governo legittimo, perché il suo capo (Doenitz) verrà condannato a Norimberga a 10 anni di carcere ma ne sconterà solo 5 – e perché il Ministro per gli Armamenti del governo Doenitz fu lo stesso Speer che lo era stato per Hitler, non essendo scevro da coinvolgimenti nella Shoa (condannato a 20 anni a Norimberga, poi scontati a 15) – e perché prendono il via sottomarini tedeschi per consegnare al nemico, ben prima della fine delle ostilità, il meglio che la Germania aveva saputo produrre, ci vuole un po’ di pazienza.

Abbiamo raccontato solo la parte centrale della vicenda, tralasciando il prima (ossia come alcuni tedeschi si premunirono per giungere alla fine della guerra con qualche carta ancora da giocare) ed il dopo, ossia tutte le vicende che, inevitabilmente, scaturirono da quel “perdono” dispensato con grande magnanimità dagli Alleati, pagato a Norimberga con sole 11 impiccagioni. Curiosità: il boia di Norimberga morì anni dopo negli USA in un incidente stradale, strangolato dalla sua cintura di sicurezza: eh, il karma…o la vendetta?

 

L’articolo è suddiviso in tre parti e non ho voluto, scientemente, inserire note: sono convinto che le prove, se cercate, le potrete trovare tranquillamente da soli, basta un poco d’intuito.

Vi lascio, però, una breve intervista a Paolo Mieli (1) il quale, non potendo dire chiaramente quel che pensa, si limita a porre “forti dubbi”: io (ed altri), che invece le raccontiamo chiaramente non abbiamo, ovviamente, la direzione dei grandi giornali. E ti pareva.

 

(1) https://www.youtube.com/watch?v=Fo3eRgPsPQY  

10 commenti:

  1. Yalta 1945, corregiamo! Prego.

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  2. Mi scusi Bertani mi sta bene tutto e' il suo blog e può fare le ipotesi anche più inverosimili però 'non può allegarci MIELI l' EBREO con i suoi sermoni allora tanto vale vaccinarsi sulla giugulare tutti quanti a mo 'di eutanasia perché un popooo che crede a mieli non si merita di vivere,
    sto rabbino sto scimpanzé circonciso che riscrive la storia secondo Giuda

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  3. Riguardo Hitler consiglio la lettura del libro di Abel Basti "Sulle tracce di Hitler".
    Abel e ha un giornalista investigativo argentino che insieme a colleghi del Uruguay Paraguay e del Brasile per decenni ha investigato e investiga tutt'ora sul crimini nazisti e sulla fuga dei criminali secondo libro Hitler è morto nel 72 dei sepolti in Paraguay sotto un hotel non solo pare che le stesse siano ancora operative Eva Braun era data per viva nel 2008 ci sono documenti anche della CIA desecretati e numerosissime testimonianze almeno una trentina solo in questo libro che tra l'altro è l'unico tradotto in italiano.

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  4. Mi tolga una curiosità ma lei bertani e'prof ? No perche 'lei è altri prof come lei vedi melis Pietro ratto nova lectio e tanti altri sembrate tutti usciti dalla stessa trafila studentesca scoglionante evirante fatta di luoghi comuni retorica pedanterie a piene mani di vostro non ci mettete niente, mah !
    Comunque un libro di sicuro meglio del suo si trova su "archive.org per 1000 anni Hitler" sawadee krap bertani

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  5. Conosco Abel Basti da tempo (lo leggevo in castigliano) e sono contento che abbiano finalmente pubblicato qualcosa in italiano.
    Ciao
    Carlo

    PS: gli insulti li allego da tempo alla cartellina che la Segre invierà alla Polizia Postale.

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    1. Me li venga a dare in indochina !
      Ah ah ah shabbah goym che non e'un altro di gente come lei bertani l'Italia ne e'piena purtroppo e difatti si vede come siete ridotti il paese piu psicopatico e isterico dell 'intero globo sembrate chernobyl

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  6. Tranquillo, Rod millenomi, l'Interpol arriva anche in Groenlandia, non ti preoccupare.

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    1. Ah ah ah con le paghe che hanno i puffi nostrani non arrivano manco al confine con la Svizzera ah ah ah,
      e'meglio che voi italioti pensiate bene a come uscire meglio dalla zona bianca o zona morta in cui vi hanno cacciati,
      60 milioni di polli italiani in batteria, che vergognaaaaa ! Vi ride dietro il mondo !
      Siete il paese modello da evitare a tutti i costi l' esempio più becero che nessuna nazione deve imitare,
      I gatti NEri del globo
      Per non parlare dell' Euro festival avete vinto con un uomo (?) Che fa le " performance" in tacchi a spillo ! Ah ah ah

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    2. Fatti una camminata notturna sulla ferrovia

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