La vicenda del Ponte sullo Stretto di Messina è qualcosa di
rocambolesco ed assurdo sotto tutti i punti di vista: come saprete, il
Ministero dei Trasporti ha finalmente consegnato la relazione “pacata e
realistica” come aveva preannunciato Enrico Giovannini, Ministro dei Trasporti
che oggi si chiama “Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”. Tutto deve
cambiare a cominciare dai nomi e – come avrete ben capito – tutto lì si fermerà
lì. Enrico Giovannini ha svolto moltissimi incarichi per le principali
istituzioni internazionali, dalla Banca Mondiale all’OCSE, ed è stato molto
ascoltato sia da Nicolas Sarkozy che da Giorgio Napolitano. Ottime
presentazioni, come no.
La recentissima relazione del Ministero
dovrebbe essere chiamata “Inno alla Gioia” ed inserita fra i parti migliori che
l’Umanità abbia mai generato, al pari del capolavoro di Friedrich
Schiller/Ludwig van Beethoven che è diventato inno dell’Unione Europea.
Cos’hanno detto?
Freude, schöner
Götterfunken…eccetera: tutto si può fare! Anzi, si deve fare! Come? “Usando
il metodo TAV” ed utilizzando, ovviamente, le miliardate che giungeranno
dall’UE per “ricostruire” l’Europa del dopo pandemia: per la Sanità subito un nuovo
taglio da quelli del fondo che approvò il governo Conte…i soldi ci sono, avete
visto?
Ma non doveva essere una relazione “tecnica”?
Sì, ed è stata redatta all’insegna della semplicità. Una
campata unica? No…non siamo così arditi…un ponte a tre campate, come insegna la
tradizione, come quello che Morandi costruì a Genova.
La relazione non spiega quali siano i mezzi per andare a
piazzare due pilastri (in acciaio? Ehm…se li fate in acciaio, ricordatevi del
MOSE, che ancora oggi attende gli “Zinchi” per la protezione galvanica del
tutto) in un fondale intorno ai 150 metri, ossia un “affare” che, fra parte
immersa, emersa e sotterranea, dovrà giungere a circa 300 metri…ma non fa
niente…keine probleme…Freude schöner
Götterfunken…
E se i “problemi” li generasse la Terra stessa?
Perché sappiamo che la placca africana si muove verso
l’Europa di qualche millimetro l’anno, ma quei pochi millimetri –
geologicamente parlando – significano forze relative allo schiacciamento che
sono mostruose, e delle quali non siamo in grado di prevedere gli effetti.
Sappiamo solo, parole di Enzo Boschi, ex direttore
dell’Istituto Nazionale di Vulcanologia e Geofisica…“
che, a partire più o meno dal 500
a.C., negli ultimi 2.500 anni ci sono stati in Italia
almeno 560 terremoti forti, fortissimi e catastrofici, cioè dall’ottavo all’undicesimo
grado: in media uno ogni quattro anni e mezzo. Sono quelli di cui si hanno
notizie precise al punto da poter stabilire per ognuno con sufficiente
esattezza latitudine e longitudine dell’epicentro, l’anno in cui si è
verificato e l’intensità.”
E, aggiungiamo noi, per i quali non esiste nessun metodo di
previsione. Ciò che conosciamo è che la zona di Messina è proprio attraversata
dalla faglia di contatto fra le due placche e che ha avuto già terremoti
spaventosi in passato.
Ovviamente, i “tecnici” del Ministero l’hanno considerato,
affermando che si tratta di movimenti di zolle molto profonde per le quali non
è possibile fare alcuna previsione…non è materia per noi, noi dobbiamo solo
dire se è possibile fare un ponte…che ci frega di quelle storie…
Allora…dunque…non sappiamo se conviene farlo…per questo si
userà il “metodo TAV”, ossia prima buca, scava, costruisci e spendi…se, quando
hai finito di scavare, quella direttrice di trasporti viene meno, ossia non
serve più…beh…come facevamo noi a saperlo? Noi abbiamo scavato bene…
E per le “zolle” che si muovono? Sono zolle profonde…per le
quali non abbiamo certezze su quei movimenti…e che volete: se Reggio Calabria o
Messina volessero costruire due bei grattacieli modello Abu Dhabi? Dovremmo
proibirglielo solo perché c’è il rischio di un terremoto?
Ecco.
Il tema principale a favore del ponte, che sempre viene
ricordato, è che – finalmente! – si collegherebbe la Sicilia all’Italia: il
che, è pietosamente falso e per due ragioni:
1) La
Sicilia è già collegata all’Italia da collegamenti aerei,
marittimi, ferroviari e stradali (tramite i traghetti, che ci mettono una
mezzoretta);
2) In realtà, il collegamento avverrebbe soltanto fra le
città di Reggio Calabria e Messina, poiché il retroterra d’entrambi i centri è
od un deserto scarsamente popolato, oppure aree difficilmente accessibili.
La velocità nei trasporti – ferroviari e stradali – dai due
centri verso l’entroterra è penosa: quella ferroviaria è allo sfacelo, binari
unici, linee vecchie e fatiscenti ed autostrade più di nome che di fatto. Per
andare da Catania a Messina servono circa 1 ora e mezza, mentre per Palermo
servono quasi 3 ore. Il treno è invece un enorme lumacone: ore ed ore per
compiere tragitti limitati.
Da Reggio Calabria, invece, parte anche una mulattiera di
montagna che si diceva fosse un’autostrada: ebbene, per andare da Napoli a
Palermo non bastano 10 ore (a correre come dei pazzi) mentre il traghetto ci
mette 9-10 ore senza doversi affannare e senza correre rischi.
Di più: il percorso stradale teorico menziona 18 ore da
Genova a Palermo, ma non tiene conto delle inevitabili code per lavori
stradali, code per incidenti, rallentamenti negli svincoli e d’inevitabili
soste per rifocillarsi. In realtà, il percorso – anche di fretta – non può
essere inferiore alle 22-24 ore, mentre il traghetto impiega 20 ore e vi
scodella a Palermo od a Genova riposati e tranquilli. Il traffico merci, poi, è
un’assurdità: il tempo di percorrenza stradale ancora aumenta e, difatti,
sempre di più s’imbarca il camion a Genova per Palermo e viceversa.
Ancora più assurda la situazione della Calabria, che non ha
grossi centri e che – sulla zona ionica – ha soltanto una misera statale, zeppa
di curve e generatrice d’incidenti. Che se ne farebbero del ponte? E sarebbe
l’attraversamento dello stretto sul traghetto in mezzora, il problema, dopo
averci messo ore ed ore per fare sì e no 200 chilometri?
C’è poi il mezzo aereo, che gode di vantaggi particolari
trattandosi di un’isola: il volo Palermo-Roma ci mette un’ora e costa circa 40
euro. Nemmeno la benzina ci paghi, altro che il traghetto od il pedaggio del
futuribile ponte!
Insomma, sotto l’aspetto pratico, il ponte era un’idea del
dopoguerra, stantia ed anacronistica: la Sicilia ha moltissimi porti – dai quali merci e
passeggeri possono andare ovunque, perché l’isola è al centro del Mediterraneo
– ed è assurdo pensare d’andarci in automobile od in treno. Ha, inoltre, ben
quattro aeroporti dei quali uno internazionale: ma cosa volete di più?
In realtà, sanno tutti benissimo che è una costruzione
assurda, ma si sono oramai messi tutti d’accordo, compresa quella parte di 5S
che ha già due mandati e, quindi, sta cercando nuove “affiliazioni”. Conte hai
capito?
Cosa vogliono veramente, da Renzi a Del Rio da Salvini a
Berlusconi?
Anzitutto, vogliono dimostrarci che nulla può essere fatto o
disfatto senza la loro approvazione e questo, francamente, è l’aspetto che più
dovrebbe darci fastidio: dovrebbe farci meditare sul nostro concetto di
democrazia all’italiana.
Il secondo aspetto è la “presa”…che avete capito? La presa
sull’opinione pubblica? Ma no…la presa dei soldi, che avverrà per gradi e senza
che ce ne accorgiamo.
Anzitutto, il costo dell’opera è valutato (da loro) in 4
miliardi di euro: il che, mi fa sorridere, sono soltanto 8.000 miliardi di
vecchie Lire! Riflettiamo che il solo terremoto dell’Irpinia costò, all’allora
governo, 50.000 miliardi di lire.
Oggi, però, devono stare “bassi” per non irritare troppo chi
è contrario…dei 209 miliardi del Recovery Found ne piglieremo solo 4, quasi
un’elemosina…per costruire qualcosa che dai tempi dei Latini si pensava di
fare, e citano pure Roma e Plinio il Vecchio, tanto per far inorgoglire anche
madama Meloni.
In realtà, già sappiamo come vanno queste cose: si chiama
“avanzamento lavori” e lo attuano a piccole dosi, in ogni bilancio annuale: il
Parlamento ha votato quasi all’unanimità per costruire una nave “per soccorsi
umanitari” e, terminate le votazioni, scoprirono d’aver votato per una nuova
portaerei che si chiamerà “Trieste” e sarà la nuova ammiraglia della flotta.
Del resto, decisero anche che Ruby era la nipote di Mubarak: le cronache
parlamentari, in gaiezza, superano anche il Marchese del Grillo.
Terminata l’opera – sia chiaro: tutta a carico dello Stato!
E’ un’opera essenziale per la
Patria! – si dovrà iniziare a percepire i pedaggi, che
dovrebbero – col tempo – rimpinguare le casse per l’opera costruita. Qui, sono
certo, avverrà una “smagliatura”: lo Stato s’accorgerà di non sapere come
gestire la cosa…insomma…la gente non vuole raccomandati sul Ponte! Nessuna
raccomandazione passerà!
Solo il “privato” sarà in grado di garantire la “pulizia”
dei raccomandati – sono certo che stampa e Tv forniranno servizi a raffica – e
così, per una modica cifra, qualche “privato” diventerà il vero padrone come i
Benetton per il ponte di Genova, che è tornato magicamente ad esser di loro
proprietà. Ci sarà un processo per quell’evento? Non credo proprio: con le
nuove norme europee sulla giustizia, la durata del processo penale sarà
limitata a 9 anni…ne sono già trascorsi quasi tre…quindi…
Se, per caso, lo Stato non dovesse cedere al “privato” di
turno, oddio…ma siamo fra Calabria e Sicilia…Madonna mia…e i mammasantissima?
Notizia del 2035: “Per caso, ieri una nave ha incocciato un
pilone del ponte…solo di striscio, non ci sono danni”…ma tutto può succedere…se
non la capiscono, la prossima volta potrebbero dare la nave a Schettino e ci
penserà lui a beccarla dritta di prua con un bello schianto…
Ma non ce ne sarà bisogno: tutti d’accordo, anche gli ex
giovani del M5S, hanno deciso per il settore privato…in cambio, così, tanto per
dire…di posti nel consiglio d’amministrazione per i loro figli e nipoti…che
volete…la politica “deve controllare”…
Per mia fortuna, probabilmente, a quella data sarò già morto
o rimbambito, così mi salverò dall’ennesimo voltastomaco.