“In televisione per essere eccezionali bisogna mascherarsi da normali, abbassarsi al gradino più basso, corteggiare senza pudore le casalinghe.”
L’incipit viene da Gianfranco Funari, ossia da colui che cercò una “liberazione” del telespettatore da figura passiva, proiettandolo sul palcoscenico con tutte le sue paure, ma anche le sue certezze tradizionali, i suoi input aggressivi nei confronti del “altro”, visto più come avversario da colpire che come persona amica da accettare. In qualche modo, questo ricorda la “teoria del plotone” ben spiegata da Stanley Kubrik in Full Metal Jacket, poi ripresa da Oliver Stone in Platoon e, un po’ rabberciata in modo più sentimentale e canzonatoria, ma ugualmente terribile, in Forrest Gump di Robert Zemeckis, oppure esaltata in We were soldiers di Randall Wallace.
In buona sostanza, il plotone è il tassello primario della lotta, in guerra come nel vivere sociale, sia esso nelle paludi del Vietnam o nel bar dove si mangiano frittelle e si gioca a freccette. In qualche modo, Funari portò lo stesso modello in scena, conducendo una lotta accanita “fra” plotoni di vario genere, che non cercavano mai una sintesi dei loro temi, bensì l’affermazione vittoriosa sull’altro.
Quel modello, oggi, è stato interiorizzato da tutti i lettori dei quotidiani, dei siti e dei blog: senza i commenti, che devono essere una lotta senza quartiere, un “piatto”, anche ben confezionato è privo di sale. Il “sale” è la lotta, la soddisfazione, la vittoria.
Giorni fa, mentre scorrevo i commenti ad un articolo su un quotidiano, mi sono imbattuto in un commento molto “tranchant”, il quale, però, conteneva anche una verità inconfutabile: i commenti hanno tutti medesimo valore? E come fare a distinguerli?
Ecco il commento che mi ha fatto riflettere:
Con le sue competenze lei non può né giudicare, valutare, stimare, né fare nessun bilancio sul piano medico o economico del vaccino Spallanzani. Siete cittadini che leggono un articolo scritto al 90% a mozzichi e bocconi e traete sempre conclusioni alla cazzo di cane (per citare Boris). Smettetela di dire ogni volta la vostra come se foste giudici di un programma televisivo.
Il commento è duro, spietato, ma mostra anche l’altra faccia della situazione: quella di una persona che era stufa di leggere un fiume di cazzate.
Da Torti in faccia (1980) ad Aboccaperta (1984) fino a Mezzogiorno Italiano (1992) – trasmessi da Telemontecarlo, Rai 2 e Mediaset – spiccò il volo la figura di Gianfranco Funari sugli schermi italiani, fino ad accartocciarsi su se stesso con i troppo pesanti attacchi verso i politici dell’epoca, che riuscirono a defenestrarlo dalle reti nazionali. Non c’interessa, qui, raccontare la vicenda umana e professionale di Funari, quanto comprendere come cambiò il costume televisivo, nel senso del rapporto fra utente e dirigenza dei media nazionali.
Nella seconda metà degli anni ’80 un nuovo personaggio salì alla ribalta televisiva: Vittorio Sgarbi, il quale dapprima fu ospite del Maurizio Costanzo Show, per poi “dilagare” su tutte le reti. A margine, vorrei solo notare una cosa: se Sgarbi avesse posseduto una capra, come fu per me con la mia Ofelia, non s’azzarderebbe mai ad usare quel termine per definire uno stupido, giacché le capre sono animali intelligentissimi, molto caparbi, un po’ ostinati…ma furbi come una volpe. Soprattutto se bisogna ingegnarsi per giungere a brucare il prezzemolo del vicino, i capolini del roseto, i germogli degli olivi.
Sgarbi, uomo intelligente – non ho dubbi – capì in fretta l’antifona propalata da Funari: litiga, colpisci, affannati, ma conquista. E qui è il problema: sempre se si crede che le “litigate” fra Sgarbi e la Mussolini fossero roba seria, e non sketch preparati e poi svolti “come venivano” in diretta. Insomma, i due avevano appreso la lezione di Totò e Nino Taranto i quali, prima prendevano un caffè scambiando quattro parole in croce, poi salivano sul set ed il copione (che, comunque, esisteva) veniva strapazzato come a loro più piaceva. Ed i risultati erano sempre notevoli.
Oggi, sono pochi coloro che rammentano compiutamente cos’era la Tv prima di quegli anni, e non voglio sostenere “oh, com’era bello quel tempo andato…” perché non sono (e non siamo) interpreti di un giallo di Agatha Christie, né siamo inglesi nostalgici dell’Impero.
Però, il problema esiste, anche se non nei termini di un ritorno al passato, bensì del superamento di questa fase del “tutti contro tutti” per sbarcare verso lidi più accoglienti e paciosi.
Oggi, abbiamo un Presidente del Consiglio che si nutre con un po’ d’aplomb britannico, qualche tocco di Democrazia Cristiana d’antan ed una sorta di richiamo a Mattei, alla sua filosofia di “Italia, Grande Paese”.
A lato, abbiamo un capo dell’opposizione che fa le “zingarate” in gruppo, andando a suonare campanelli nelle case la sera e poi, dopo una bisboccia in spiaggia in mezzo a donne plaudenti, fa cadere un governo.
Se ci si ferma qui, parrebbe proprio l’ennesimo “scontro” per accalappiare anche l’ultima casalinga, quella nota agli istituti statistici, quella di Voghera. Serietà estrema contro massima sfacciataggine.
Da un lato il “bene”: serietà, misura, competenza…e dall’altro i richiami di “pancia” ai gloriosi archetipi di Amici Miei, la furbizia di scatenare quei sussulti interni che lui ben conosce, come la paura per il diverso, il timore della miseria, la paura della “perdita” di qualsiasi tipo, ecc.
Ma, di mezzo, s’è messo il Covid-19.
Per gli aspetti comunicativi, il Covid è stato paragonato ad una guerra e, pur non essendola per niente, i suoi attributi le assomigliano: “taci, il nemico t’ascolta”, “mettete la mascherina per proteggere voi e gli altri”, “attenti ai traditori”, “chi si comporta senza seguire le nuove norme, danneggia se stesso e gli altri”, “Vincere!”, “Tutto andrà bene!”, e così via.
Nello stesso modo, c’è chi ascolta il “Bollettino ufficiale di guerra” e chi, invece, si sintonizza su “Radio Londra”, la quale racconta che è tutta una bufala creata ad hoc dal potere delle banche e dei banchieri. Ma tutti aspettano notizie, in un senso o nell’altro.
Al termine del primo round, Conte appariva il vincitore, al punto da costringere Salvini ad una boiata pazzesca: organizzare un convegno di negazionisti in un’aula del Senato, con l’ovvia partecipazione di Sgarbi e quella, fuori luogo e fuori campo, di Bocelli, che il giorno dopo pianse e si scusò di fronte alla nazione dicendo di non aver capito nulla.
Durante l’Estate di Tregua, le opposte fazioni si rimbrottarono l’un l’altra più volte, ma Salvini dovette aver compreso che la partita era persa, non solo nel classico gioco “alla Funari” con l’avversario, bensì per la vigorosa “querelle” interna, dove uno Zaia – che assumeva toni più garbati (alla Conte) che sbragate all’arrembaggio (alla Salvini) – oramai lo superava nei consensi interni.
Anche l’altra concorrente, la Meloni, parve comportarsi meglio – il fatto d’esser donna l’aiutò senz’altro – ma la povera Giorgia deve sempre tenere d’occhio la Corsica, come il protagonista del film Ovosodo, di Virzì. Non fu forse proprio uno dei suoi “colonnelli”, appena nominato Ministro della Difesa da Berlusconi, ad affermare in pubblico “Ci riprenderemo la Corsica!” E La Russa guardava, gagliardo, l’altra costa dalle Bocche di Bonifacio (altra “sparata alla Funari”).
Cosa che, con due grasse risate fra Berlusconi e Sarkozy, finì in una bolla di sapone però, c’è un però…il suo elettorato non vedrebbe male le armate italiane sbarcare in Corsica – e Giorgia lo sa – perciò non può lasciarsi andare al buonismo razionale di uno Zaia, perché ci rimetterebbe la faccia. “Non ha le palle!” sarebbe l’unanime commiato: cosa che, nei confronti della povera Giorgia, ci sentiamo sinceramente di augurarle.
Mentre la Meloni sgambetta, attenta a non inciampare, mister B. ha capito perfettamente che è l’ora di mettersi nella scia del vincitore, perché nessuno si fila più Libero con le sue sparate sugli “ultimi giorni” di Conte, anche perché Trump – che si era messo a muso duro contro il Covid – ha finito per lasciarci le penne. Politicamente, ovvio.
Cos’abbia in mente il Cavaliere non s’è ancora capito, però nei confronti di gente che guarda alla Corsica o va in giro a suonare campanelli, ha capito che la strada – almeno “non perdente” – è quella di seguire chi sta, bene o male, dirigendo la guerra da quasi un anno senza combinare troppi disastri e con qualche successo.
Per contrasto, anche dall’altra parte – in pieno stile Funari – c’era chi ad Ottobre voleva vedere nuovamente tutto chiuso, fino a quando non ci fosse stato nemmeno più un maledetto Covid in giro! Purtroppo, però, non c’erano abbastanza risorse economiche per attuare quel piano – che, senz’altro, anche nel Governo qualcuno accarezzò – ma il conto dei soldi non tornava, e fu gioco forza non chiudere le fabbriche: anche se il mercato interno languiva, le esportazioni (la Cina è ripartita alla grande) non potevano essere buttate nel cestino della spazzatura.
Da qui un sofisticato meccanismo di calcolo che ha condotto, ad oggi, alla diminuzione della pressione sulle strutture sanitarie al prezzo, però, d’altri 15.000 morti (per ora).
Nell’opinione pubblica si fa strada la percezione di un nemico che non concede quartiere, che ad ogni nostra leggerezza ci chiede in cambio migliaia di decessi e, ad oggi, sembra che nessuno vorrà cedere nel periodo natalizio per poi ritrovarsi nuovamente nelle peste a Febbraio. L’esperienza estiva è stata sì una “liberazione”, però una liberazione che ha chiesto in cambio un conto troppo salato.
Rimane da giudicare come valutare la risposta di quella persona ai soliti che giocano a fare i virologi nelle Domeniche dispari ed i negazionisti in quelle pari. Messa in questo modo, parrebbe perfetta…però…il giochino che c’ha insegnato e lasciato Funari lo buttiamo alle ortiche? Torniamo alle paludate “Tribune elettorali” ammaestrate e controllate attentamente da Jader Jacobelli?
Purtroppo, una soluzione valida per tutti – a mio avviso – non c’è: almeno, io non riesco a scorgerla.
Se cerchiamo una sponda dalla filosofia, allora dovremmo chiedere lumi a Protagora ed alla scuola sofista dell’Atene di Pericle: siccome non esiste una realtà oggettiva, ogni discorso contiene in sé una parte di verità ed una di falsità. Ma, l’affermarsi dell’epistemologia scientifica, ha distrutto ogni segno di democrazia del sapere scientifico: o si vince, o si perde, come sosteneva Funari (probabilmente, senza rendersene conto).
Forse, un giorno, saranno gli stessi giornali ad accorgersi – ma ci vorrà molto tempo – che i commenti sono “merce” solo per gli “addetti ai lavori” che si occupano del problema dalle segreterie dei partiti: banalmente, mi sono accorto che i commenti fin verso le 10-11 del mattino quasi non si “muovono”. Un orario tipico della città di Roma, dove alle 9 prendi ancora il cappuccino col maritozzo: gli “influencer”, probabilmente, si mettono tardi al lavoro, ed osservano chi è caduto nella rete per mazzolarlo.
Ovvio che, da parte dello Stato, si dovrebbe vigilare meglio sulla natura e sulla violenza dei commenti: da parte mia, mi sono già occupato di raccogliere molti commenti (soprattutto antisemiti) raccolti dapprima su Don Chisciotte, poi su questo blog ed inviati alla sen. Segre, che li ha trasmessi alla Polizia Postale. Come ben saprete, lo Stato è lento nel prendere provvedimenti, ma quando parte è inesorabile.
Il risultato di questi commenti, però, è marginale e molto ridotto ai soli siti (come, appunto, Don Chisciotte) che sono piccole riserve indiane di fascistozzi con il busto del Duce sulla scrivania, oppure vanno a Predappio vestiti da camicie nere una volta l’anno: tutto sommato, possono continuare coi loro sogni da birbanti perché sono, in realtà, insignificanti e privi di un futuro politico.
Più importante è comprendere perché, nella vicenda Covid, in mezzo ai molti che discutono – anche con interventi a volte dileggianti – compaiano dei tizi che non la buttano più in caciara, bensì in insulti (mascherati per non incorrere nel webmaster) o, peggio, in minacce.
Qui non ci dovrebbero essere dubbi: se lo Stato lotta contro la pandemia – e migliaia di sanitari rischiano per tutti noi – non si dovrebbe avere dubbi sull’azione penale nei confronti di queste persone, poiché un conto è discutere su una miglior o peggior soluzione, un altro sostenere teorie bislacche sull’inesistenza del virus o come sia volontariamente propagato da fantomatiche organizzazioni che sembrano la Spectre di 007. Che, paradossalmente, metterebbero a rischio l’economia mondiale (dalla quale traggono ampi guadagni!) per qualche cervellotica ragione.
Insomma, Funari non ne ha colpa – perché fece bene a movimentare una discussione paludosa ed incravattata – ma oggi siamo giunti al paradosso: se non segui il Fake-pensiero, sei un povero stupido e si capisce bene come siano acchiappate velocemente le menti dei giovani, sempre pronti a confondere la novità con la verità.
Perciò, lo Stato dovrebbe metterci una pezza…con l’art. 656 del Codice Penale, perché no?
Io, che assisto quasi ogni giorno alla “vestizione” di un’infermiera che va a lavorare in un reparto Covid, non ho dubbi.
Il fatto è che il pensiero di Protagora sull’interpretazione delle “cose come appaiono a me e come appaiono a te” è una verità assoluta. I guai sono sempre scaturiti da questa modalità di percezione della realtà.
RispondiEliminaOggi la questione è parecchio complicata dalla disponibilità dei sistemi di comunicazione a disposizione di chiunque. È un bene? È un male? Non lo so!
In quanto alla tua esposizione, come non essere d’accordo?
Solo due osservazioni:
1. Non ho mai sopportato la gente che urla. Forse perché traumatizzato da una madre che urlava per qualsiasi inezia. Perciò non guardo nessun talkshow, perché prima o poi qualcuno comincerà ad urlare, e mi allontano ogni volta che capito nelle vicinanze di gente che urla.
2. L’art. 656. Se fosse attivato appropriatamente, quante carceri bisognerebbe costruire? E quanti politici andrebbero a finire nelle patrie galere?
Ciao
Le verità assolute però un poco fanno paura. Seppoi attribuite a Protagota si corre il rischio di contraddirne il pensiero. Che un poco proto libertario magari pure era. Magari.
RispondiEliminaCosì come mi terrorizzano i richiami a leggi facilmente liberticida: suvvia, si potrà pur dire una cazzata senza esser impalati.
Ponogrofa. Scusate l,errore. Bacio.
RispondiEliminaVerità assolute,piccole verità sono ormai impalpabili;quelle che si propagano in tutte le direzioni ,per il dividi e comanda,non sono certo verità ma commenti a valanga adirezionali,pensieri sfusi senza capo nè coda,farneticazioni antiscientifiche e storiche mescolate a psicosi create ad hoc dai media per scopi non dichiarati ma pronte all'uso per bar e panze insaziabili di soggetti sensibili ad un'unica stagione:l'inverno del nostro scontento
RispondiEliminaBuonasera,
RispondiEliminaLa rete è una rappresentazione pressoché fedele della realtà, non è l'iperuranio, ahinoi.
Il simil-anonimato in rete stimola l'idiota a lasciare partire la sassata senza troppe remore. Vero.
Ritengo però in tutta franchezza che sia inopportuno richiamare l'art. 656 c.p. anche perché la pubblicazione di un commento dovrebbe essere moderata e quindi sottoposta ad un giudizio preventivo a carico del blogger. Questo filtro a mio avviso dovrebbe esserci sempre perché il sito o il blog appartengono a qualcuno che si assume la responsabilità di ciò che scrive (va detto che un blog non è, nella quasi totalità dei casi, un divulgatore di ricerche scientifiche, ma un diffusore di opinioni personali, spesso intenzionalmente provocatorie, apposta per attirare l'attenzione del passante, 'che altrimenti non si capisce perché si debba tenere un blog e non, o non solo, un diario personale "offline" o semmai un blog senza commenti liberi) e pure di ció che ne consegue.
Infine ritengo che la faccenda covid non rappresenti un'eccezione: ognuno ha le proprie opinioni e non sono più giuste quelle di coloro che debbono assistere alla vestizione di un’infermiera che va a lavorare in un reparto Covid. Bisognerebbe avere sempre dubbi, senza per questo dover essere definiti negazionisti o fascisti (che è uno dei modi migliori per provocare e contribuire a creare quel tutto contro tutti che si vorrebbe biasimare).
Saluto cordialmente.
Fernando