“È una storia da dimenticare
è una storia da non raccontare
è una storia un po' complicata
è una storia sbagliata.”
Fabrizio de André – Una storia sbagliata – 1980
Per raccontare questa storia, non si sa da dove cominciare: dall’inizio o dal fondo? Se si comincia dal fondo la storia è già finita: Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, la sera del 5 Settembre 2010 viene freddato, a Pollica, nella sua auto da nove colpi di una pistola in calibro 9 x 21, mai ritrovata. Tutti i colpi vanno a segno: parrebbe – ma il condizionale è d’obbligo per ogni angolo di questa vicenda – che il sindaco conoscesse chi gli ha sparato, perché l’auto era ferma col freno a mano tirato ed il finestrino abbassato.
Le indagini tirano in ballo un personaggio un po’ borderline, tale Bruno Humberto Damiani detto “il brasiliano”, poi un Generale dei Carabinieri in pensione, già fondatore dei ROS, tale Domenico Pisani, anch’egli originario di Pollica…e stop. Non ci sono indizi convincenti, armi da collegare con precisione all’omicidio…solo una serie di sospetti che i vari Sostituti Procuratori, avvicendatisi nell’inchiesta, hanno scovato ed indagato…ma nulla che abbia la sostanza di una prova o, almeno, di un indizio convincente.
Anche la “ragione” presentata come movente dell’omicidio Vassalo – ossia la contrarietà del sindaco alle cosche per lo spaccio di cocaina – a ben guardarla, non regge molto: quando mai, la camorra o la n’drangheta si metterebbero in un simile pasticcio ammazzando un sindaco che è diventato un simbolo della buona amministrazione…per lo spaccio di cocaina in un piccolo borgo del Cilento? Con gli affari che hanno fra le mani le varie mafie, proprio in quel paesino dimenticato dovevano ammazzare il sindaco? E se pure così fosse, possibile che in dieci anni non sia saltata fuori una “gola profonda” che abbia sussurrato qualcosa? Non è lo spaccio di cocaina a New York in ballo, bensì quello di Pollica! Comune che, prima di quell’evento, pochi credo conoscessero.
Oggi, la famiglia Vassallo ha incaricato l’avvocato Antonio Ingroia, ex magistrato, di dipanare la matassa come avvocato di parte civile ed una sua frase rilasciata in un’intervista mi ha colpito: “Ma dietro tutto è importante che ci sia la sensazione netta che lo Stato voglia la verità.” Pare una frase di circostanza, una “voce dal sen fuggita”…oppure no? Concordo solo in parte col dott. Ingroia, perché se “lo Stato vuole la verità” dovrebbe volerla fino in fondo, per tutti i morti ammazzati che ci sono stati, almeno nella mia ricostruzione. E, non me ne voglia: se le cose così stanno, non vorrei aiutare Ingroia nemmeno con il dito mignolo. Perché i morti sono stati tanti in questa storiaccia, e dobbiamo cominciare dal 1970. Pensate un po’…
Nel 1970, ogni percezione della realtà era molto diversa da oggi. C’era stata, pochi mesi prima, la strage di Piazza Fontana: un evento che non poteva esser compreso dalla stragrande maggioranza degli italiani che uscivano dagli anni duri del dopoguerra e s’inoltravano nel miracolo economico. E’ stato un pazzo, un anarchico, quel ballerino…come si chiama? Ah, già…Pietro Valpreda...bella storia di “giustizia” italiana…vero Ingroia?
Nella Primavera dal 1970, però, lo Stato decide di spostare il capoluogo regionale calabro da Reggio a Catanzaro: le ragioni? Ah, saperlo…
In ogni modo, subito scoppia la – apparente – rivolta popolare che prende il nome di “Boia chi molla!”: urla, cortei, barricate…e tutto il contorno ben noto a tutti.
Il 22 Luglio 1970, però, “qualcuno” decide d’alzare il tiro e la linea ferroviaria che porta da Reggio a Napoli viene minata, in corrispondenza del passaggio di un treno: sei morti e cinquantaquattro feriti. Ovviamente, all’epoca è soltanto un “deragliamento”: dovranno passare molti anni prima che un pentito della n’drangheta racconti la verità su quella che oggi conosciamo come “la strage di Gioia Tauro”.
A Reggio, ciò che prende forma non è soltanto una rivolta popolare, perché c’è qualcuno che ha interesse a fare in modo che molti modi di “sentire” si saldino e si uniscano, a futura memoria, per altri scopi.
Ad accorgersene sono un gruppo di ragazzi, cinque anarchici che oggi sono ricordati come gli “Anarchici della Baracca”, così chiamati dal loro luogo di ritrovo. Dovevano essere ben strani e caparbiamente capaci nel comprendere che, quello che andava in scena sotto i loro occhi, non era una rivolta popolare ma una sceneggiata ben curata ed ammansita da tante forze, tutte riconducibili ad ambienti del Fascismo che – ricordiamo – all’epoca erano ancora ben vivi e vegeti. Gli “originali” e le loro copie.
I ragazzi misero insieme una documentazione molto ben fatta – cos’avrebbero mai fatto se avessero avuto Internet! – comunque riunirono centinaia di fotografie nelle quali comparivano personaggi dei servizi segreti, agenti stranieri (molti greci, che all’epoca erano sotto i “Colonnelli”), neo e vetero fascisti, personaggi legati alle cosche, ecc. Se pensate che siano fandonie, riflettete che nelle sue memorie il pentito di n’drangheta Francesco Fonti racconta chi era il suo “contatto” per la questione dello “smaltimento” dei rifiuti tossici: Guido Giannettini (1). Vi ricorda qualcosa? Se non sapete chi è, provate a metterlo in ricerca su Google.
Sapendo che, a Roma, c’è un gruppo di persone che sta lavorando ad un libro – La strage di Stato – che ribalta le menzogne dello Stato sulle stragi – quella sì che era controinformazione! Non certo quella di molti siti odierni! – si mettono in contatto con l’avv. Edoardo di Giovanni, uno degli autori, e partono per Roma in cinque su una Mini Minor.
Per essere più precisi, la sera precedente, al padre di uno dei ragazzi giunge la telefonata di un “amico”, che chiama dalla questura di Roma: “Al posto tuo, non lo lascerei partire”. L’uomo fa spallucce: chissà per quanti anni si sarà rigirato di notte nel letto, pentendosi per quella decisione.
Eh già…perché giunti in Campania, al primo rettilineo la Mini si schianta contro un camion fermo, a luci spente, sulla corsia di destra: muoiono tutti, tre subito, gli altri due (più un bambino nel grembo materno) in ospedale.
Nulla convince di quell’incidente: la Polizia Stradale nota che le luci posteriori del camion funzionano benissimo e sono intatte. Come ha fatto ad andare completamente distrutta la Mini ed il retro del camion non avere manco un graffio? Ma i primi a giungere sul luogo dell’incidente non sono gli agenti della Stradale: sono la squadra della polizia politica della questura di Roma. Difatti, nessun documento personale od altro (ossia quello che cercavano) verrà mai ritrovato.
Il camion risulta intestato a due fratelli, due sconosciuti, ma non è sconosciuta l’azienda per la quale lavorano: l’imprenditore è il “principe” Junio Valerio Borghese, abile comandante di sommergibili e perfido comandante della X Flottiglia Mas nella Repubblica di Salò. Ovviamente, legato a tutti i vecchi “camerati” che hanno continuato a reggere le fila nella nuova Repubblica Italiana: uno per tutti, il prefetto di Milano Guida, prefetto in carica quando scoppiò la bomba a Piazza Fontana e direttore del carcere “speciale” di Ventotene sotto il Ventennio.
Il “principe”, a fine anno (7-8 Dicembre 1970) si darà da fare per preparare un golpe – successivamente declassato ad “operetta” e punito con un amorevole buffetto dalla magistratura (min) – e poi scapperà in Spagna da Francisco Franco: non si sa mai.
Si dà il caso che, proprio la sera del 7 Dicembre 1970 passassi, in motocicletta, a lato della stazione di Porta Nuova a Torino, lato via Nizza: allo scarico merci, stavano scaricando carri armati. Ero sul sedile posteriore e potei notare chiaramente una decina di carri armati con i motori accesi: “Hai visto? Che faranno?” dissi all’amico alla guida “Mah…faranno delle manovre…” rispose. A Torino? Pensai. La mattina seguente, tutti erano scomparsi.
Che c’entra Vassallo? Calma, ci arriviamo…
La morte dei cinque anarchici finì, ovviamente, dimenticata (soprattutto dalla magistratura (min)) ma non da tutti. Perché? Perché tutti abbiamo degli amici e può capitare pure che un amico, se ci ammazzano, s’incazzi.
Uno degli amici è un salernitano e si chiama Giovanni Marini. E’ stato prima comunista, poi (forse deluso) anarchico: lui sa bene che un incidente non è stato, e si mette alla ricerca della verità, ossia di quello che tutti gli Ingroia dell’epoca si guardarono bene dal fare.
Cosa scopre?
Non riusciremo mai a saperlo, perché la sera del 7 Luglio 1972 incontra, insieme ad un amico, una coppia di neofascisti. Un po’ d’insulti e tutto finisce lì. Dopo un po’, i due incontrano un amico che è alto e prestante, Francesco Mastrogiovanni, continuano lo “struscio” e ritrovano i neofascisti, anch’essi cresciuti di numero.
Questa volta la cosa si fa seria: qualcuno ha dei coltelli, altri solo dei pugni, ma il finale è tragico: Carlo Falvella, neofascista del FUAN, cade colpito a morte da una coltellata, Mastrogiovanni ne prende un’altra nella natica.
Giovanni Marini sarà condannato a 12 anni, scontati realmente 7, e trascinerà la sua vita pubblicando anche libri di poesia fino al 2001, quando morirà. Marini, per tutta la vita, non superò mai il dolore per aver tolto la vita ad un suo coetaneo, seppur d’opposta fazione politica: furono tempi di disgrazia per tanti giovani, da una parte e dall’altra, sconfitti dalle revanches di chi non era riuscito a rabberciare un dolore ancora più grande, quello della guerra mondiale. Vinta e persa, ma vinta male e persa peggio.
E Mastrogiovanni?
Mastrogiovanni ha la fedina penale pulita, al punto che fa il maestro elementare prima al Nord, poi torna in Campania,a Pollica…ma la vicenda lo ha segnato, scosso…l’assurdità di quella morte, il sangue versato inutilmente…rimane una persona fragile: amatissimo dai suoi allievi, un po’ meno dagli adulti e sulla sua fedina penale immacolata c’è una scritta anonima ma pesante, “Noto anarchico”, che lo perseguiterà per tutta la vita. Come lo era Valpreda.
Qui entra in gioco la figura di Angelo Vassallo, perché senza una ragione (2) di nessun tipo ordina il 31 Luglio 2009 per il maestro un TSO, che viene eseguito fuori giurisdizione, senza rispettare le procedure (ossia le tempistiche fra l’atto del sindaco e quelle degli psichiatri), con un moto di potere che s’infrange e fa a pugni con l’immagine del “sindaco pescatore”, della persona per bene come, bene o male, viene presentata.
Le ragioni del provvedimento sono tanto risibili da sconfinare nell’inesistenza e sottendono qualcosa d’oscuro che ancora aleggia fra i personaggi di questa tragedia umana, qualcosa che fa male e brucia ancora, qualcosa che giunge dal passato a chiedere una vendetta. Perché? Qualcuno lo ha chiesto? E’ stato costretto? Non lo sapremo mai.
Perché Mastrogiovanni, “arrestato” con un TSO mentre fa il bagno in un campeggio, dopo aver bevuto un caffè e fatto una doccia sale calmo sull’ambulanza, ma dice “Se mi portano all’Ospedale di Vallo di Lucania, m’ammazzano”? Perché sa che a Vallo di Lucania c’è qualcuno che lo aspetta per una vendetta?
Perché così vanno proprio le cose: seppur calmissimo, viene legato al letto di contenzione, non gli danno né acqua e né cibo per quattro giorni – siamo ad Agosto! – bensì solo forti calmanti ed altri potenti farmaci psichiatrici. Dopo 82 ore di questo calvario muore: solo, disperato, col sangue che gli esce dai polsi, stretti dalle cinghie di contenzione. La sua agonia è stata ripresa dalle telecamere interne, è stata trasmessa dalla Tv nazionale ed è disponibile sul Web.
Nessuno andrà in carcere per tutto questo: medici ed infermieri, seppur condannati, non vedranno mai il carcere e saranno tutti reintegrati nelle loro funzioni. Giungeranno benevole “sospensioni”, “dilazioni”, pensionamenti ed altre scuse per non mandare nessuno in carcere. Perché?
C’è da chiedersi come sia possibile che una sorta di “piccola guerra di Troia” sia andata in scena fra il XX ed il XXI secolo in quelle terre, abbia macinato vite e morti in una costruzione assurda, dove la pietas cristiana non è esistita e non è stata nemmeno menzionata…perché?
Perché questa sciagura ha i contorni della tragedia greca – ed è inutile che lei, dott. Ingroia, si scervelli per capire “se lo Stato avrà il coraggio di sapere…” – poiché non sono io a doverle insegnare i rudimenti né i connotati essenziali della tragedia greca: sono certo che li conosce benissimo.
Uno di questi atti prevedeva anche la morte di Vassallo – come la morte di Ettore è solo il prodromo di quella di Achille – e non c’è scampo. Chi avrà premuto materialmente il grilletto? Le sembra, dopo aver letto queste righe, così importante?
Lo Stato, il nostro Stato, quello figlio della cultura greco-romana non prevede l’Habeas Corpus, anche se lo menziona e (forse) lo rispetta come qualcosa d’irraggiungibile perché prodotto da altre menti, altre tradizioni…suvvia, su…non mi obblighi a darle una sterile ed inutile lectio brevis sul diritto Romano…
Chi ha dunque ucciso Angelo Vassallo?
La nebbia, oggi, finalmente è calata e restano, immobili nell’alba diafana solo le tombe dei combattenti, dei cosiddetti eroi, di chi passava per caso nei pressi del campo di battaglia…chi potrà ancora raccontarle qualcosa? La saga è terminata e non servono i suoi sforzi per rimetterla in moto. Anzi, lei sa bene cosa c’è dietro a quel “anzi”.
Nove proiettili calibro 9 x 21, come i semidei scoccavano frecce per colpire i mortali: credo che, alla fine, dovranno bastarle.
1) https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=W_FlRKzs9ac
Mi ricordo dell'omicidio di Mastrogiovanni. All'epoca seguivo un sito e c'era una utente - credo napoletana - che partecipava al forum ed era molto attiva nel tenere alta l'attenzione sulla morte del professore.
RispondiEliminaNon mi ricordavo però che la vicenda fosse collegata con i fatti di Reggio e Catanzaro, con il golpe Borghese e con la morte di Vassallo. In Italia finisce sempre così: un guzzabuglio inestricabile in cui tutto è connesso e che non si riesce mai a risolvere sul piano giudiziario. Resta il dolore per chi è finito nel tritacarne di Stato, e la pena di vivere in un Paese senza uno straccio di giustizia.
Ciao
Massimiliano
Come sta la tua barca? E tu, come sei stato con essa?
RispondiEliminaBentornato con questo articolo che ben sintetizza una caratteristica tipica del nostro Belpaese: la capacità di indignarci per un attimo e poi passare tutto nel dimenticatoio.
Qui nelle Marche, dove vivo da un paio di decenni, il candidato presidente della regione per il centro destra è un certo Acquaroli di Fratelli d’Italia e sembra, da denunce di varie parti, che abbia partecipato ad una cena organizzata per ricordare il 28 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma. Sembra pure, dai sondaggi, che abbia buone probabilità di vincere!
Quando Die Welt, a firma di Christoph B. Schiltz, scrisse che la mafia era in attesa dei fondi europei a seguito della pandemia Covid19, il nostro ministro degli esteri, Luigi Di Maio, si è indignato ed ha protestato, invece di vergognarsi del fatto che l’Italia è praticamente governata ed amministrata dalla malavita.
È una tipica caratteristica tutta italica quella di dimenticare in fretta quello che abbiamo detto un minuto prima e farci affascinare dall’ultimo imbonitore che promette mirabilia.
Io mi diverto ad ascoltare le pubblicità in TV per cercare di farmi un’idea del genere di consumatore a cui sono indirizzate. In questi giorni ce n’è una nuova: una carta igienica di cui “uno strappo può bastare”.
A me questi messaggi danno la certezza che siamo un popolo di imbecilli manipolato ad abundatiam.
Ciao
Eppure, continuano a cercare sul fronte delle mafie, perché non sono capaci di comprendere i nessi di una tragedia greca! Addirittura, Vassallo sarebbe stato ucciso perché non dava un permesso per uno stabilimento di balneazione, o roba del genere, e ci corrono appresso! Le Iene hanno tentato di coinvolgere anche il generale, ma ne sono uscite scornate. Vassallo (fonte: le Iene) fu ucciso una Domenica. Il Lunedì seguente doveva recarsi dal Procuratore della Repubblica, per comunicargli "qualcosa" (o qualcuno) che aveva visto, e che non s'aspettava più di vedere!
RispondiEliminaInsomma...
Sulla barca faceva troppo caldo, sono tornato: ci andrò magari verso fine mese, quando farà più fresco!
Grazie e tutti
Carlo
Ottimo commento ! Purtroppo nel nostro paese va così!
RispondiEliminaBeato quel popolo che non ha bisogno di eroi ma ancor piú beato quello che ha una classe dirigente e una magistratura all'altezza della situazione
RispondiEliminaSalve, complimenti! Amo sempre leggere i suoi articoli. Lì trovo sempre perfetti dal punto di vista stilistico e chiari. Si leggono che è un piacere. Una capacità che hanno in pochi ormai (mio modestissimo parere).
RispondiEliminaCome si possa morire in questo modo, è un fatto incredibile ed ancor più incredibile come si possa essere impuniti. Come è possibile che neanche le telecamere, che per qualche strano scherzo del destino sono rimaste accese da quando mastrogiovanni è entrato nella stanza fino alla sua morte, non sono servite a nulla? COME è possibile che medici e infermieri l'hanno fatta franca?
Come è possibile dare questo potere immenso a dei sindaci ?
Alla fine credo che le persone si ubricahino di potere,( che siano sindaci di piccoli paesi o presidenti delconsiglio), àrrivare a pensare di essere onnipotenti e di poter de decidere sulla vita e la morte di altri uomini.
Gianluca, tu poni una questione degna di nota.
RispondiEliminaSorvolando che l'assurda in-carcerabilità di medici ed infermieri sia stata imposta, salvo poi richiedere una contropartita, ossia la morte di Vassallo?
Non mi sembra che Vassallo fosse ubriaco di potere: a sentire le cronache degli eventi, lui reagì a due segnalazioni del "Tenente" dei vigili di Pollica. Ora, a parte la sconcezza che in un Comune come Pollica ci sia il grado di "Tenente" per un vigile - i gradi da Ufficiali vengono scorrettamente usati solo nei grandi Comuni - la cosa interessante è che in due giorni, questo "Tenente" inviò due relazioni su Mastrogiovanni rivelatesi entrambe false sotto tutti gli aspetti. Tutto quello che Mastrogiovanni pare aver fatto fu attraversare un breve tratto di isola pedonale con l'auto.
Ora, se conoscete un poco Napoli e dintorni, ditemi voi se per simili facezie non ci sarebbero TSO a decine di migliaia ogni giorno,e posso sostenere con prove quel che dico.
Più interessante sarebbe capire da chi aveva avuto questa idea balorda il "Tenente", cosa che nessuno, ovviamente, si è mai preso la briga di indagare.
Forse tutto avvenne "intorno" a Vassallo, diciamo (forse) a sua insaputa, salvo poi che, rendendosi conto di quello che aveva scatenato, Vassallo stesso fosse diventato un pericolo (se si iniziava col "Tenente", a chi s'andava a finire?)e allora fu giocoforza uccidere Vassallo, divenuto l'anello debole della catena.
La questione del TSO - ed io ho precisato che fu completamente distratto l'iter procedurale - è che è stata completamente contraffatta, forse, e ripeto forse, anche all'oscuro dello stesso Vassallo che peccò, ripeto "forse", d'ingenuità.
Ma continuare ad immaginarlo un omicidio per questioni di droga - dopo 10 anni d'indagini - mi sembra una cogl***ata bella e buona.
Grazie a tutti
Carlo
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