Che strana giornata. Apri il notiziario e ti raccontano due
cose: che la Catalogna
s’è dichiarata indipendente e che la Corte
Europea ha condannato l’Italia per i fatti del G8 di Genova.
Cos’è comico e cos’è tragico? Niente, non c’è nulla di tragicomico nelle due
notizie, perché – per entrambe – non riusciamo a cogliere la vera portata: non
cosa “ci sta dietro” – perché dietro non c’è proprio niente – ma cosa ci sta
attorno. E’ dagli attributi che si definisce una realtà, non dalla sua
enunciazione.
Questa sera, in tutti gli edifici pubblici di Barcellona, la
bandiera spagnola è stata ammainata ed è stata sostituita dal classico
stendardo catalano. E’ una questione seria, ma non perché la vicenda della
separazione sia seria, perché – a differenza degli italiani – gli spagnoli sono
gente seria, serissima.
Spesso pensiamo di trovare negli spagnoli una “sponda” che
ci faccia sentire “d’essere a casa” perché siamo due popoli fratelli, in
qualche modo cugini, con lo stesso sangue. Niente di più falso. Pensiamo agli
spagnoli come agli “amiconi” di sempre perché più simpatici dei boriosi
francesi o dei malinconici lusitani, e non parliamo dei greci – “una faccia,
una razza” – quando non c’è proprio nulla che avvicini due vicini così
distanti.
Con gli spagnoli cadiamo in un tranello linguistico: è vero,
in qualsiasi luogo della Spagna, parlando lentamente ed aiutandosi con la
gestualità, alla fine si riesce a farsi capire. Ma tutto finisce lì.
Storicamente, siamo agli antipodi.
Noi, nazione giovane, preda per secoli di tutte le case
regnanti europee, abbiamo finito con l’imparare ad usare la nostra debolezza, a
farla diventare una minima forza. Pensate alla Napoli del ’44, od a Totò che
cerca di vendere la fontana di Trevi a due ignari turisti.
Loro, alle prese con un impero che andava dalle Filippine a
Madrid – perduto, vero – ma la mentalità imperiale li ha nutriti per quasi
cinque secoli, cinque secoli durante i quali noi stavamo proni al cospetto di
un viceré od un governatore, spagnolo, francese od austriaco che fosse.
E voi, credete che le parole di Rajoy siano acqua, pronte a
lisciare le pietre sotto il ponte? Immaginate che ci sarà qualche “patto” della
crostata o della pagliata, della polenta o della salsiccia che metterà tutto a
posto?
Signori, non siamo in Italia, rammentatelo.
Nella stessa giornata, da noi, un movimento che nacque
trent’anni fa con l’obiettivo di liberare il Nord dalla (a loro dire)
sanguisuga romana, ha deciso di cancellare la parola “Nord” dal simbolo. Sarà
semplicemente “Lega”: non si sa di che cosa e perché (Renzusconi lo sa, ovvio)
ma state certi: per il popolo di Pontida, per quelli che si nutrono di corna
celtiche e d’altre, simili facezie, sarà sempre il Verbo. Anzi, il SalVerbo.
Sempre oggi, una Corte Europea ha sanzionato che
imprigionare le persone, farle denudare per poi fare loro gridare “Viva il
Duce, viva il Fascismo!” è una cosa che non va, non va proprio bene. E,
soprattutto, una certa caserma Diaz è in contrapposizione con un certo codicillo
chiamato “Habeas Corpus” di matrice anglosassone (certo: anche loro l’hanno
scordato) che data al XII secolo.
Ciò conferma che la regia di quella operazione fu nelle mani
dell’allora ministro dell’interno, un certo Fini, divenuto fascista perché
all’uscita del cinema assistette ad una rissa fra “rossi e neri” e si sentì
dalla parte dei neri (sue parole).
Un certo Fini poi trasmigrato fra i palazzinari di mezza
tacca, uno che s’è venduto l’appartamento del partito alla gentil nuova
consorte, passando attraverso la mediazione di un mafioso dei Caraibi. Sembra
la trama di un film poliziesco/comico, un film alla Thomas Milian, che rideva
di se stesso (lui, grande latinista!) prestando la sua faccia per tinteggiare
il peggio del poliziotto “de no antri”, quasi volesse fare il verso al grande
Alberto Sordi.
Ora, signori miei, io non so se si arriverà ai carri armati,
ma so soltanto una cosa: dipenderà dai catalani, non dagli abitanti di “Castilla
y Léon”, perché se una regola è una regola, per uno spagnolo è legge, per un
italiano è una pinzillacchera da fottere, o da rimaner fottuti, ma sempre
nell’ottica di Flajano “la situazione è tragica, ma non è seria”. Purtroppo (o
per fortuna) uno spagnolo non potrà mai comprendere Flajano.
Flajano un grande;Rajoy un piccolo burocrate; la conseguenza,però, può essere una tragedia.
RispondiEliminaCiao
Doc