Chi si ricorda più del progetto Desertec? Svanito nelle
nebbie, anzi nelle sabbie del Sahara.
Un progetto che doveva portare in Europa il 15% del
fabbisogno elettrico complessivo, un mare d’energia. Ed un mare di soldi. Tolti
ai petrolieri.
Invece, niente. Non se ne fa più nulla. Come mai?
Ufficialmente il progetto è ancora esistente, almeno nelle
carte del consorzio delle imprese che lo sorreggevano: in realtà, tutto si è
fermato nel 2011.
Di chi la responsabilità? Di tutti, o di nessuno.
Vediamo.
Il progetto nasce nel 2003, e si capisce subito che è “roba
grossa” – un investimento di 400 miliardi di euro – ed è spiccatamente tedesco,
per i progetti e per le aziende che lo sorreggono. Tecnicamente, Desertec si
proponeva di raccogliere energia solare ed eolica, tramite solare termodinamico
od a concentrazione, fotovoltaico ed eolico per alimentare le reti interne dei
Paesi nordafricani ed esportare il surplus d’energia, stimato pari al 15% del consumo
elettrico europeo. Un “fetta” enorme della torta energetica europea.
Si potrà dire che si tratta(va) del solito progetto condotto
dalle solite oligarchie finanziarie planetarie per guadagnare i soliti miliardi
dagli investimenti ma, del resto, c’è qualcosa che non è prodotto dagli
investimenti finanziari internazionali? Certo: l’insalata dell’orto.
Dall’altra, dobbiamo riconoscere che il progetto avrebbe
consentito una maggior ricchezza per i Paesi nordafricani ed un considerevole
risparmio (circa 30 euro/Megawatt/ora) per gli utenti. Inoltre, avrebbe
consentito quella “transizione” verso l’elettrico da fonte rinnovabile che
potrebbe essere la salvezza del Pianeta.
Ora, io non so se l’aumento delle temperature – e non venite
a raccontare fandonie: ogni anno c’è un aumento “record” delle temperature –
sia d’origine antropica o naturale. Non me ne frega un emerito picchio. Quello
che so, per certo, è che ogni kg di combustibili fossili produce 3, qualcosa kg
di anidride carbonica e la CO2
è scientificamente provato che – insieme ad altri gas nitrosi e a parecchi
idrocarburi gassosi – riflette la dispersione verso l’infinito dei raggi
solari. Poi, che siano più importanti le centrali termoelettriche o le scoregge
delle vacche nella produzione, le foreste oppure il fitoplancton nella
fissazione della CO2 non ha nessuna importanza: il dato essenziale è
non aggiungerne.
Tutto fila liscio fino al 2009 – occhio alle date! – quando
si comincia seriamente a pensare di costruire le prime centrali. Ma, l’aria –
anzi, il Ghibli – cambia. Ci sono le cosiddette Primavere Arabe da ascoltare,
da gestire, da combinare con i propri interessi.
Appena scocca il 2010 fioriscono, come i lamponi nella
taiga: Tunisia, Egitto, Libia. Non se ne può più di questi dittatori che si
atteggiano a Presidenti! Ci vuole democrazia! – urla una Clinton che sembra una
Albright rediviva.
Oggi, abbiamo i Presidenti che fanno i Dittatori, ma va bene
così: nessuno si lamenta più, dal Cairo a Rabat. Chi si lamenta rischia grosso,
chi non ne può più scappa in Europa. E tocca a noi mantenerli, mica agli USA.
La
Germania – nota a margine – durante la guerra contro la Libia restò muta come un
pesce abissale: non solo non vi partecipò, ma neppure mosse un labbro per
appoggiare chiunque. D’altro canto, sprecare le parole – quando è inutile – non
serve.
L’Italia, invece – Paese sconfitto nella 2° GM come la Germania – si diede un
gran daffare per slinguazzare inglesi, francesi ed americani, perdendo fior di
commesse e di succosi contratti con la
Libia di Gheddafi. Dopo la guerra, la spartizione del
petrolio e dei contratti d’appalto fu eseguita con il manuale Cencelli e,
guarda a caso, proprio in quegli anni si “scoprì” il petrolio – ed a darsi un
gran daffare – in Lucania. Strana coincidenza, vero?
Oggi, perché il progetto Desertec va in malora?
Cominciando da Ovest, c’è l’annoso problema del Sahara
Occidentale (ex Sahara spagnolo), spartito fra Marocco e Mauritania, ma
considerato dall’ONU una nazione indipendente, con una postilla “non
completamente libera”. Con un governo in esilio in Algeria.
La Spagna,
per tagliare la testa al toro, decise che non un kW d’energia prodotta laggiù
avrebbe attraversato la Spagna. Finis.
L’Algeria, molto semplicemente, ha dichiarato che le riserve
energetiche – di nessun tipo – sono sotto il controllo statale, e quindi non
disponibili per investitori esteri. Il Marocco è sempre in lotta con la Mauritania per la
questione sopra esposta, e quindi poco affidabile.
Cosa rimane?
La
Tunisia.
Già, perché né la
Libia né l’Egitto sono considerati affidabili per creare
infrastrutture costose e, soprattutto, facilmente attaccabili dai vari
terrorismi – Al-Qaeda e Daesh (e dai loro padroni) – e dunque…rimane la Tunisia…che è certamente
un Paese affidabile, stabile ed inattaccabile. Come no.
La storia termina qui perché, per la produzione solare, è
molto importante la posizione dell’impianto – ossia la longitudine (meridiani)
dov’è situato – poiché la produzione/consumo non può essere differita nel
tempo: siccome la corrente elettrica corre nei fili alla velocità della luce, è
perfettamente inutile creare un simile impianto in Arabia Saudita, che potrà
servire per alimentare Mosca oppure Kiev, non certo Madrid o Parigi.
Certamente Mubarak e Gheddafi non erano stinchi di santo,
però Gheddafi era la sola persona in grado di garantire quegli investimenti:
oggi, dopo la “Primavera” è arrivata l’infinita “Estate” libica, nel senso che
sono tutti in vacanza e non si sa più a che santo votarsi per governare il
Paese.
Il progetto Desertec è sfumato: qualcuno piange ma gli USA,
che hanno avuto recentemente ben due presidenti petrolieri, non sono di certo
in gramaglie. Anzi. Furba l’Europa dei banchieri, vero?
USA imperat...che ci vuoi fare...
RispondiEliminaCiao
Carlo
Sig bertani cosa ce da fare???!!!! Basta con questi quaraququa
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