Quando si vince si vince per sé, quando si perde è l’Italia
a perdere un’occasione: questo, in sintesi, il discorso di Renzi e le sue
conclusioni.
Non esultiamo troppo: le cose rimarranno tali e quali a
prima. Osservate cosa è successo in Austria: votarono e vinse il candidato europeista...già,
ma scoprirono brogli – guarda a caso anche oltre Tarvisio – sulla
circoscrizione estero. E sono stati obbligati a rifare le elezioni.
Il voto degli italiani all’estero è una “riserva di caccia”
privata a disposizione del Governo: una mia cugina (che vive a Parigi) mi ha
confessato di non essere andata a votare – “L’ultima
volta che ero andata m’ero accorta che qualcosa non andava, che le comuni
modalità di segretezza e di conservazione delle schede elette non erano
sufficienti: in pratica, potevano fare della mia scheda ciò che volevano” –
questo mi ha raccontato, senza specificare meglio.
La circoscrizione estero è, però, un modo grezzo per fare
dei brogli elettorali e, per i suoi numeri limitati, può soltanto “deviare” il
voto quando le differenze sono minime, pochi punti, come nel caso austriaco: la
stessa trappola era pronta anche per l’Italia, difatti nella circoscrizione
estero ha vinto il Sì.
Il punto dolente è la trasmissione dei dati dai seggi al
ministero dell’Interno: finora non hanno osato tanto (ossia intervenire quando
i dati sono contenuti nei database) – non per questioni etiche, se ne fregano –
ma perché ci sarebbe troppa discordanza fra il “reale” ed il virtuale, un
rischio che non possono permettersi.
In Austria hanno semplicemente corretto le procedure, per
essere inattaccabili dal punto di vista formale, ma la sostanza non è mutata:
se una tornata elettorale è sul filo di lana, il governo può “aggiustarla” a
suo favore.
Del resto, perché non abbiamo mai votato su questioni come
l’Europa e l’Euro? Datevi una risposta.
Adesso, molti si chiederanno cosa succederà.
Renzi era stato preparato per tempo a lasciare, sapeva che
le condizioni economiche italiane sono così compromesse da non concedere
appelli: serve un cambio d’immagine, anche l’estetica vuole la sua parte.
Passati i clamori del Sì e del No, in Parlamento s’inizierà la
conta, la divisione di ministeri e le solite presidenze “succose” per un
governo che dovrà gestire la “tirata” delle elezioni del 2018. Manca solo poco
più di un anno.
Questo governo avrà, da parte di Francia e Germania, qualche
possibilità in più: oggi l’inflazione è a -0,19%, ciò significa deflazione,
recessione acclarata e provata, anche dai numeri.
Sarà concesso di più – in termini di denaro circolante,
tanto per capirci – in modo da non giungere all’appuntamento elettorale “sotto”
di sei milioni di voti: 6 a
4, o meglio, 19 milioni di voti a 13.
Ciò che non faranno, però, è dare a questa modesta crescita
qualcosa di strutturale, giacché ciò che importa loro è proprio questo:
deindustrializzare l’Italia – l’Italia non è la Grecia, è la terza economia
europea – continuando ad obbedire all’accordo Kohl-Miterrand che è alla base
dell’euro. Un lento dissanguamento, che sarà modestamente fermato per non
giungere troppo stremati all’appuntamento elettorale.
I numeri, in Parlamento, continuano a raccontare che il PD
(con gli “acquisti” e compagnia varia) è il solo a poter garantire qualcosa.
Perciò, Mattarella seguirà questa indicazione.
Credo che sarà richiamato in fretta D’Alema, perché è l’uomo
che sa gestire bene le situazioni come queste: Belgrado ancora ricorda.
Osservate cosa ha dichiarato Massimino:
“Il Capo dello Stato
darà l’incarico a una personalità
che lavorerà a misurare le disponibilità
per un governo necessario al paese. Si dovrà verificare il senso di responsabilità delle forze politiche e
credo che ci sia una maggioranza in Parlamento
che non intenda favorire lo scioglimento irresponsabile delle Camere. Andare a
votare ora sarebbe irresponsabile
anche perché la Consulta deve ancora pronunciarsi sull’Italicum. E mi auguro che l’assunzione di responsabilità possa essere la più ampia possibile.”
Una sorta di passo avanti, una disponibilità chiarita: la
volta scorsa furono gli USA a chiedere lui al comando al posto di Prodi
(contrario alla guerra nei Balcani), e Bertinotti si prestò per la scimmiottata
delle 36 ore ed altre facezie.
Oggi si fa avanti l’UE, ossia Germania e Francia che –
qualora l’Italia promuovesse iniziative per la sua “exit” – vogliono evitare di
rimanere col cerino acceso in mano, tanto meno ascoltare il Requiem di Mozart
in presenza delle loro bare. Perché se l’Italia se ne va, crolla tutto
l’ambaradan.
Cosa possiamo fare?
Una vittoria come questa del referendum, rischia di
diventare una vittoria di Pirro. Perché?
Poiché l’unica forza politica ad avere in mano le chiavi per
un cambiamento – ossia il M5S, non la Lega, che è un partito che si ferma a
Bologna, oltre non va – non sa decidere, non presenta un programma, non fa
capire quali saranno le sue priorità di governo.
Segue questa strategia poiché è quella che più garantisce
consensi: il voto a Grillo è un voto di protesta, in quel partito manca
totalmente una democrazia interna e non c’è una fase propositiva che conduca ad
un programma.
Finché resto sul vago – sembra raccontare Grillo – chi è
deluso mi vota. Certo.
Cosa farai, però, quando ti toccherà stringere delle
alleanze e confrontare i programmi? Non vorrai mica aspettare il 51%, vero? Non
ci arriverai mai.
Manca poco più di un anno alle elezioni: cosa sceglierai?
Euro o no Euro?
Europa o tentativi di alleanza con le economie del Sud
Europa?
Grandi investimenti sulle energie rinnovabili, compresi
piani industriali su progetti innovativi?
Una bella “falciata” sulle amministrazioni locali?
Il taglio delle spese militari, eliminando tutte le spese
solo utili per essere lo schiavetto della NATO?
Se, oggi, non comincia un dibattito interno su questi
argomenti (ed altri), è del tutto inutile aver vinto questo referendum, poiché
un voto di protesta che non trova proposte politiche, s’affievolisce e muore
come un fiore senza terra cui crescere. Pensaci.
Almeno a breve ci saranno delle riflessioni +o- profonde. In ogni caso ci saranno delle ripercussioni, dei cambiamenti comportamentali - almeno lo spero- che, necessariamente, renderanno la politica più pulita.
RispondiEliminaConcordo con te in parte sul M5S ma molto dipende da come amministreranno Rm e To in questo scorcio di legislatura.
Ciao
Doc
D'Alema si è chiamato fuori dalla politica attiva, non è papabile.
RispondiEliminaIl Presidente darà l'incarico ad un tipo scialbo, uno come Padoan andrebbe bene, poiché è anodino abbastanza, ma ben supportato dai soliti circoli, in modo da continuare la politica di approvvigionamento personale degli happy few, privatizzazioni a pioggia, una legge elettorale truffaldina e capziosa, possibilmente scritta in cuneiforme Assiro-Babilonese per non far capire agli elettori dov'è la fregatura, come è stato per la Riforma rispedita al mittente.
Comunque penso che la giornata del 4 dicembre finirà sui libri di storia, per la sua portata dirompente. Era da tempo che non provavo una gioia simile. Ho perfino provato emozione nel votare, cosa che non facevo da una ventina d'anni.
Il Piccolo Erdogan da Rignano è stato raggiunto dal suo Karma, sono cambiati i tempi, ora le frottole, gli inganni, le truffe da magliaro non funzionano più.
Come italiani abbiamo dimostrato di non essere sguattere del Guatemala, né babbei che si bevono tutto. E' stato il Ventennio più breve della Storia.
Ciao.
Eli
Quanto a Maria Etruria,
RispondiEliminacon tutte le conoscenze che ha non le sarà difficile rimediare un posticino in banca.
Vorrei precisare meglio quanto ho detto su D'Alema. Concordo con Eli che Padoan sarebbe la scelta perfetta per l'Europa, ma proprio per questo darebbe il sapore di una minestra riscaldata. D'Alema, invece, farebbe le stesse cose su suggerimento di Padoan, ma sarebbe un Cincinnato che vuole lasciare la politica e viene chiamato al governo da un Mattarella generoso. Vieni, aiutaci, non ci abbandonare. E' mediaticamente un prodotto più vendibile, tanto per arrivare all'agognato Agosto e prendere il vitalizio.
RispondiEliminaSarò cinico, ma a volte a pensar male...
Ciao a tutti
Saluti a tutti.
RispondiEliminaLa mia modestissima opinione è quando andremo a votare vincerà
la destra che saprà portare un nuovo nome al momento giusto.
Perché il no ha vinto in modo netto al sud e nelle isole?
Io non lo so ma storicamente da quelle regioni non si è mai
votato per un governo di sinistra o alternativo stile grillescion.
Sembra già evidente che il no sia stato voluto dalle destre
che non hanno gradito lo spintone al berlusconesimo.
Il m5s ha cannato quando non votò Prodi presidente
e se ce ne fosse ancora bisogno questa "vittoria" è la conferma.
Oggi sarebbero al governo; ma ne sono capaci? E non parlo
solo di capacità amministrative o politiche.
Si facesse anche una rivoluzione oggi andrebbe al potere una destra
probabilmente becera e violenta e l'Italia andrebbe
anzi andrà, a finire nell'apartheid che ormai
-anche sentendo i vostri pensieri- è dietro la porta.
Gli italiani non ci sono più, la sinistra italiana
-storicamente divisa su tutto- ha completato (spero involontariamente)
lo sfascio politico e sociale che le destre hanno abilmente pilotato
dal dopoguerra.
Mi dispace dirlo ma ci siete cascati... ed il 4 dicembre
ve lo ricorderà per sempre. Forse avete peccato di ingenuità
forse di arroganza ma il disegno ormai è chiaro
e sentire i vostri discorsi di oggi mi fa venire i brividi!
saluti, anzi, addio...
RA
Concordo con te che il M5S fece numerosi errori strategici, fra i quali quello di non votare Prodi. Questo tuo affanno per la vittoria della destra non mi convince, poiché la cosiddetta destra oggi è forse più smarrita della cosiddetta sinistra: entrambe, non sanno più chi sono.
RispondiEliminaI poteri forti e, soprattutto, le lobbies li hanno strapazzati per bene, oggi sono solo destrosio e mancina, non esistono più queste categorie della politica.
Perciò, staremo a vedere: io ho intitolato il pezzo "Non cambierà nulla", e lo rimarco. Ciao