Un referendum vinto con il vento in poppa, sbaragliando gli
avversari di sempre: uno dichiaratamente ostile, l’altro nemico sì...ma con un
occhio di riguardo per gli elettori, da conquistare. Poi, un governo
squalificante e squalificato, degno di un bassissimo impero o della peggior
operetta d’avanspettacolo.
E’ tutto troppo facile, troppo semplice guadagnarsi il
consenso quando l’avversario è disperato ed annichilito come lo è il PD, come
lo sono l’altra metà del parlamento, orfani di un Berlusconi inevitabilmente
invecchiato, di un Fini istupidito (ed invischiato in vicende da “mariuolo”) e
di un Bossi malandato e tradito.
Nemmeno più gli orfani della “balena bianca” sanno fornire
qualche, minimo appiglio e – dall’altra parte – la “vecchia guardia” del PD
balbetta senza osare, per la paura che il giocattolo di cristallo – ricevuto
dalle generazioni precedenti, con l’assicurazione di tenerlo con cura – si
rompa.
C’è un aspetto oscuro nella nascita del M5S: quel blog che
semina parole d’ordine, che diventa un partito, che avrà – presto o tardi – in
mano la direzione del Paese. Non si può tacere la stranezza dell’evento, tenuto
a battesimo da settori della buona borghesia milanese, come lo era – all’epoca
– un “salotto” chiamato Mediobanca.
Ciò che appare e conquista è lo strano comico che da un lato
spacca computer sulla scena, mentre con l’altra mano asseconda chi nei computer
ha cercato il futuro, sicuro che sarebbe stato il mondo a venire.
Pur ammettendo che possa essere esistita una diffrazione dei
tempi, il sospetto rimane.
E oggi?
Oggi è facile rimanere gli unici sulla scena, perché gli
altri hanno fatto di tutto per lasciarti campo libero: non si spiega altrimenti
una stupidaggine come il governo Gentiloni. Il quale, altro non può fare che
eseguire gli ordini che provengono da Berlino, altrimenti arriva la trojca.
Basta non far niente, continuare a diramare dalla Pravda
genovese/milanese gli ordini del giorno, che a loro volta non hanno nulla di
politico.
Mi sono ritrovato a pensare non tanto ai 19 milioni di No al
referendum, ma ai 13 milioni di Sì.
Non sono “nemici”, per carità: una consistente porzione è
composta dai “sottoposti” della casta al potere, facciamo pure qualche
milione...ma gli altri? Ci sono vari tipi di ragioni per rimanere ancorati a
questa gentaglia che governa: io credo che tanti abbiano meditato come la
casalinga d’antan della pubblicità: “Non cambio il mio Dash!”
Conosco persone non legate al carro PD e nemmeno alla
destra, che non si sono fidate e, ammettendo un generico “qualcosa cambia”,
hanno votato Sì. Senza sapere nulla del referendum, soltanto quella generica (e
falsa) “diminuzione dei parlamentari”.
La vera ragione del successo del No non sono stati i 5S, né
Grillo, né il populismo: considerandolo come un capro espiatorio è stato solo
Renzi, che ha fatto promesse da mercante mentre applicava totalmente il piano
liberista europeo, nel quale il peso maggiore lo devono pagare le economie più
deboli, così quelle più forti lo diventano ancor più.
Importante, in queste faccende, è tener conto delle vecchie
classi sociali e delle loro dinamiche: quando un padre – magari pensionato o
con un lavoro diciamo “decente”, si rende conto che è sempre più difficile
arrivare alla fine del mese, che di vacanze non si parla più e che i figli
lavorano come schiavi per un pezzo di pane – ecco che il voto cambia poiché
cambia il pensiero di riferimento, il sentirsi più o meno escluso dal progresso
sociale.
Ho detto, oramai, mille volte che bisogna tenere sott’occhio
l’indice di Gini, ossia il valore che misura la disparità sociale, che – per
l’Italia – continua ad aumentare, il che significa ricchi ancor più ricchi e
poveri ancor più poveri.
In questo humus ci sono poi le notizie, e come vengono
percepite.
C’è poco da dire: quando un ex Presidente della Camera dei Deputati
è sposato/convivente con un avvocato romano del quale molti sapevano “molto”, e
da tempo, era soltanto una bomba che doveva scoppiare. Solo lui non sapeva?
Forse che si pensiona immediatamente un generale della Guardia di Finanza per
nulla? E la strana “contiguità” con il boss Corallo? Fini: non serve nemmeno
raccontare che “campi come prima” – perché la tua pensione è pari a 6.000 euro
mensili – e milioni d’italiani non sanno nemmeno cosa siano 6.000 euro il mese.
Ed ecco...ora qui, ora là...che la base di consenso si
erode, ma questo non significa automaticamente che vinca qualcun altro: questa
è la stranezza italiana. E’ un’asta al ribasso: a chi perde meno elettori,
anche il M5S risponde a questa logica.
Chi non è mai stato al governo non ha responsabilità, ma
nemmeno meriti: quali sono, da sempre, i mezzi che usa un’opposizione?
I mezzi sono due: il voto contrario – con maggioranze
“blindate” e truffaldine, questo metodo serve a poco – e l’altro, più proficuo,
è l’aspetto propositivo, ossia le “ricette” di un buon governo. Cosa che il M5S
non fa, e non ha – probabilmente per veti dall’alto – nessuna intenzione di
fare.
Quali sono le posizioni del M5S sull’energia?
Nonostante il battage pubblicitario lanciato recentemente,
non c’è una posizione, una presa d’impegno che vada oltre un generico
“appoggio” sulle energie rinnovabili. Ma, suvvia signori del M5S, sono
vent’anni almeno che si va avanti con generici “appoggi”, e s’è concluso poco,
soprattutto per un Paese come l’Italia che ha una pesante “bolletta”
energetica.
E sull’Europa e sull’Euro?
C’è così tanta chiarezza da rimanere abbacinati: sappiamo
tutti che non sono permessi referendum in materia di politica estera, ma –
vivaddio – esistono pur sempre i referendum consultivi, mediante i quali si può
conoscere come la pensa la popolazione. Il fatto di dover, dopo, gestire
qualcosa di più grande di voi vi spaventa? Allora, cosa siete andati in
parlamento a fare? Aspettate che la mela (ossia l’UE) cada da sola dal ramo?
Brilla per “zero incisività” la posizione grillina sul
lavoro: sembra che non sappiano cosa vuol dire lavorare per pochi “voucher” la
settimana, come fanno gran parte dei nostri giovani. Viene da dire una
cattiveria: forse l’olimpo nel quale siete stati catapultati – grazie a 50 voti
di parenti ed amici – vi ha fatto scordare quando eravate dei semplici
disoccupati?
Tre punti: energia, UE e lavoro. Ma ci piacerebbe sapere
anche cosa pensate di fare per la giustizia, per il turismo, per la scuola,
ecc. ecc. Già che ci siamo, nessuno ha spiegato come si attua un serio reddito
di cittadinanza – cavallo di battaglia del movimento – e nemmeno cos’è.
Il M5S è un vuoto pneumatico: ricordate la “requisitoria”
che blaterarono nel famoso incontro con Bersani e Letta?
“Noi non dobbiamo
consultare le parti sociali, poiché noi siano quelle parti sociali, siamo la
voce dei cittadini, dei disoccupati, dei cassintegrati che, finalmente,
potranno...perché noi abbiamo un progetto politico per questo Paese...”
dov’è finito, quel progetto, cittadina Lombardi?
Era un bluff: il progetto non c’era, poiché il programma era
un non-programma.
Un programma non è “questo sì, questo no”, perché – dopo –
non si sa come fare. Se, invece, è “questo sì”, e poi si spiega dalla A alla Z
come realizzarlo...ecco, questo assomiglia già ad un programma, perché lascia al
governo solo il compito di vigilare sull’attuazione, sugli gli imprevisti che
sempre accadono ed ai quali bisogna far fronte.
La scelta, però, non è questa: perché?
Poiché il M5S gioca anch’egli al ribasso.
Troppo forte la mia affermazione? Impietosa?
In questi giorni il M5S è sotto attacco: fin troppo facile
capire che i costruttori, che sono stati obbligati a dimenticare in quattro e
quattr’otto sogni di tangenti e cemento di una Roma “olimpica”, si stanno
vendicando.
E, a discolpa del M5S, dobbiamo ricordare che Marra non è un
politico, è soltanto un amministratore cui la Regina degli Ingenui ha dato
retta: adesso, Grillo la manderà a scuola per imparare cos’è lo spoils system.
Ma non si sposterà più di tanto: Grillo è un uomo di
spettacolo, e rammenta che è sempre meglio che si parli, anche male, ma che la
“cosa” sia sempre in primo piano. Gli basterà qualche vaffa per riemergere,
anche se la politica – quella dei Moro e dei Berlinguer – era tutt’altro.
La vicenda romana, come tutte le vicende romane, affonda le
sue radici nella cloaca maxima che è diventata l’amministrazione della città:
basta pensare a Scarpellini ed ai suoi affari immobiliari con le istituzioni,
oppure al penoso “lascito” di Alemanno, o ancora alla “Mafia capitale” che
imperò con tutte le amministrazioni...
Virginia Raggi era connivente, ed interessata alla “scalata”
al posto di primo cittadino? Così sostiene Marra...ma...credere a Marra?
Se così non è, Virginia Raggi è solo un’ingenua, ma di
quelle rimandare all’asilo affinché comprenda quando qualcuno ti ruba le
caramelle!
In entrambi i casi, Virginia Raggi non era e non è la
persona adatta a ricoprire quel ruolo.
Il discorso, allora, si sposta e comprende tutta la classe
dirigente grillina: cosa ha fatto il povero Pizzarotti – uno “smanettone"
del computer catapultato sulla poltrona di Parma (da lui stesso ammesso) – per
meritarsi d’essere cacciato dal M5S? Quando Pizzarotti diventò sindaco era già
stato firmato (dal predecessore) l’accordo per l’inceneritore in comune con
Reggio Emilia...come si poteva annullare? Non era possibile, l’unica cosa da
farsi era “accelerare” sulla differenziata, cosa che Pizzarotti ha fatto. Poi
nominò una persona di sua fiducia (vista l’importanza della città nel panorama
lirico nazionale) per aiutarlo in una materia a lui ostica: arrivò
l’informazione di garanzia (poiché, secondo altri, non poteva farlo) e fu
cacciato dal M5S. La Magistratura, successivamente, decise per l’archiviazione
(cioè che Pizzarotti non aveva sbagliato). Ma, tant’è, che Pizzarotti era già
stato defenestrato.
Adesso, da molte parti, si chiede a Grillo – visto che solo
oggi “si parla” di stendere un regolamento per il ritiro del simbolo o la
cacciata di un politico – se la “manifesta incapacità” è prevista dal
regolamento.
All’inizio della legislatura i M5S erano 109 deputati e 54
senatori. In totale 163 parlamentari.
Ad oggi, sono stati
colpiti da ostracismo 18 deputati e 19 senatori, totale 37 parlamentari, circa
il 23% del totale: molti, semplicemente per aver criticato la mancanza di
democrazia interna e la “qualità” della comunicazione fra le strutture centrali
del movimento – ossia il blog di Grillo e gli uffici della Casaleggio &
Associati – e le strutture parlamentari. Tutto ciò tocca, e molto da vicino, le
modalità di selezione di una futura classe dirigente, ma l’argomento non è mai
all’ordine del giorno fra i 5S (quelli rimasti).
Con oggi, ci sembra che Virginia Raggi abbia oltrepassato –
e di parecchio! – le motivazioni di quei parlamentari espulsi, eppure Grillo la
difende ancora...”uno vale uno”? Oppure “una” più visibile – come il sindaco di
Roma – vale di più?
In altre parole, Grillo è su posizioni attendiste: aspetta,
sulla riva del fiume, che passino cadaveri, e li conta. Stavolta ha perso
qualche fante anche lui, ma poco gliene importa: l’importante è che i fanti non
pensino di diventare colonnelli, questo no, Pizzarotti docet.
Grillo non desidera che i suoi fantaccini, al fronte
parlamentare, crescano e diventino grandi: questa è la differenza fra un attor
comico ed un insegnante. Il secondo sa bene che giungerà un momento nel quale
dovrà salutarli, e chiudere loro la porta della nuova classe in faccia quando torneranno
a trovarlo, perché non sono più affar suo. Al massimo, una bicchierata al bar:
scuola? Finito: non possiamo ricreare falsamente il rapporto di prima, oggi vi
hanno dichiarati maturi, andatevene.
Grillo, invece, cincischia, predica, il suo ego si espande
ogni volta che chiamano...santità...come dobbiamo votare su quella cosa? Puoi
anche cercarla da solo la strada, ma presto o tardi inciampi in un anatema,
sicuro.
E allora?
Il Santone è tale solo se ha degli adepti che mai dovranno
oscurarlo: questa è una regola ferrea nel rapporto guru/chela. E Grillo la
applica alla lettera.
Perciò, che dire ancora del futuro?
Con le prossime inchieste – in onda su Radio Giustizia Today
– beccheranno altri PD e noi riassesteremo la conta dei cadaveri, il fiume ne è
sempre zeppo.
E’ un gioco dove nessuno perde, ma nessuno vince, mai. E
questo ci fa tornare a quel blog, a quella struttura milanese, a quelle
contraddizioni evidenti...
A dire il vero qualcuno perde, perde di schianto ogni giorno
che passa: gli italiani, ma questo è un altro discorso.
RispondiEliminaVincendo la mia naturale e ventennale ripugnanza per il voto,
e superando le mie perplessità nei confronti della "strana" contiguità del Movimento con l'Ambasciata Americana, anch'io ho votato per Virginia Raggi, che per lo meno ha un'aria pulita e m'ispirava sorellanza.
Poi la signora si è rivelata per ciò che è: una donna di destra, troppo legata a quegli ambienti smanettoni della reazione romana, al punto di mantenersi intorno personaggi residuali della giunta Alemanno.
No, no, così non va.
Se questo è il massimo che può esprimere il Movimento a Roma, a parte i Referendum, per cui è doveroso votare, rientrerò con gioia nel mio personale astensionismo.
Il successo dei NO al referendum, secondo me, è dovuto anche alle migliaia di italiani che negli anni si sono formati una coscienza su quanto stia realmente accadendo nel mondo, ed, unendo i puntini, hanno salvato la nostra democrazia e libertà dall'attacco sfrontato delle multinazionali e della finanza. Almeno per il momento.
Questa oggi è la nostra Resistenza.
Saluti.
E.
Sì, sono d'accordo con te: stando le attuali evidenze, il M5S non può più essere considerato una valida espressione politica per chi attua questa, nuova Resistenza. Scadrà, lentamente, nella "normalità" come ha fatto la Lega dopo i primordi: se sbagli, l'elettorato ti condanna. Lo capii sobito dopo il famoso incontro in "streaming" con Bersani e Letta.
RispondiEliminaInvece delle roboanti affermazioni, avrebbero dovuto chiedere ministeri importanti (economia, interno, giustizia) per far valere i voti che avevano preso. Invece, hanno gettato tutto alle ortiche. Ma, così, probabilmente ordinava Washington.
Ciao
Carlo