19 dicembre 2016

Dilettanti allo sbaraglio




Un referendum vinto con il vento in poppa, sbaragliando gli avversari di sempre: uno dichiaratamente ostile, l’altro nemico sì...ma con un occhio di riguardo per gli elettori, da conquistare. Poi, un governo squalificante e squalificato, degno di un bassissimo impero o della peggior operetta d’avanspettacolo.
E’ tutto troppo facile, troppo semplice guadagnarsi il consenso quando l’avversario è disperato ed annichilito come lo è il PD, come lo sono l’altra metà del parlamento, orfani di un Berlusconi inevitabilmente invecchiato, di un Fini istupidito (ed invischiato in vicende da “mariuolo”) e di un Bossi malandato e tradito.
Nemmeno più gli orfani della “balena bianca” sanno fornire qualche, minimo appiglio e – dall’altra parte – la “vecchia guardia” del PD balbetta senza osare, per la paura che il giocattolo di cristallo – ricevuto dalle generazioni precedenti, con l’assicurazione di tenerlo con cura – si rompa.

C’è un aspetto oscuro nella nascita del M5S: quel blog che semina parole d’ordine, che diventa un partito, che avrà – presto o tardi – in mano la direzione del Paese. Non si può tacere la stranezza dell’evento, tenuto a battesimo da settori della buona borghesia milanese, come lo era – all’epoca – un “salotto” chiamato Mediobanca.
Ciò che appare e conquista è lo strano comico che da un lato spacca computer sulla scena, mentre con l’altra mano asseconda chi nei computer ha cercato il futuro, sicuro che sarebbe stato il mondo a venire.
Pur ammettendo che possa essere esistita una diffrazione dei tempi, il sospetto rimane.
E oggi?

Oggi è facile rimanere gli unici sulla scena, perché gli altri hanno fatto di tutto per lasciarti campo libero: non si spiega altrimenti una stupidaggine come il governo Gentiloni. Il quale, altro non può fare che eseguire gli ordini che provengono da Berlino, altrimenti arriva la trojca.
Basta non far niente, continuare a diramare dalla Pravda genovese/milanese gli ordini del giorno, che a loro volta non hanno nulla di politico.

Mi sono ritrovato a pensare non tanto ai 19 milioni di No al referendum, ma ai 13 milioni di Sì.
Non sono “nemici”, per carità: una consistente porzione è composta dai “sottoposti” della casta al potere, facciamo pure qualche milione...ma gli altri? Ci sono vari tipi di ragioni per rimanere ancorati a questa gentaglia che governa: io credo che tanti abbiano meditato come la casalinga d’antan della pubblicità: “Non cambio il mio Dash!”
Conosco persone non legate al carro PD e nemmeno alla destra, che non si sono fidate e, ammettendo un generico “qualcosa cambia”, hanno votato Sì. Senza sapere nulla del referendum, soltanto quella generica (e falsa) “diminuzione dei parlamentari”.

La vera ragione del successo del No non sono stati i 5S, né Grillo, né il populismo: considerandolo come un capro espiatorio è stato solo Renzi, che ha fatto promesse da mercante mentre applicava totalmente il piano liberista europeo, nel quale il peso maggiore lo devono pagare le economie più deboli, così quelle più forti lo diventano ancor più.
Importante, in queste faccende, è tener conto delle vecchie classi sociali e delle loro dinamiche: quando un padre – magari pensionato o con un lavoro diciamo “decente”, si rende conto che è sempre più difficile arrivare alla fine del mese, che di vacanze non si parla più e che i figli lavorano come schiavi per un pezzo di pane – ecco che il voto cambia poiché cambia il pensiero di riferimento, il sentirsi più o meno escluso dal progresso sociale.
Ho detto, oramai, mille volte che bisogna tenere sott’occhio l’indice di Gini, ossia il valore che misura la disparità sociale, che – per l’Italia – continua ad aumentare, il che significa ricchi ancor più ricchi e poveri ancor più poveri.
In questo humus ci sono poi le notizie, e come vengono percepite.

C’è poco da dire: quando un ex Presidente della Camera dei Deputati è sposato/convivente con un avvocato romano del quale molti sapevano “molto”, e da tempo, era soltanto una bomba che doveva scoppiare. Solo lui non sapeva? Forse che si pensiona immediatamente un generale della Guardia di Finanza per nulla? E la strana “contiguità” con il boss Corallo? Fini: non serve nemmeno raccontare che “campi come prima” – perché la tua pensione è pari a 6.000 euro mensili – e milioni d’italiani non sanno nemmeno cosa siano 6.000 euro il mese.

Ed ecco...ora qui, ora là...che la base di consenso si erode, ma questo non significa automaticamente che vinca qualcun altro: questa è la stranezza italiana. E’ un’asta al ribasso: a chi perde meno elettori, anche il M5S risponde a questa logica.
Chi non è mai stato al governo non ha responsabilità, ma nemmeno meriti: quali sono, da sempre, i mezzi che usa un’opposizione?

I mezzi sono due: il voto contrario – con maggioranze “blindate” e truffaldine, questo metodo serve a poco – e l’altro, più proficuo, è l’aspetto propositivo, ossia le “ricette” di un buon governo. Cosa che il M5S non fa, e non ha – probabilmente per veti dall’alto – nessuna intenzione di fare.
Quali sono le posizioni del M5S sull’energia?

Nonostante il battage pubblicitario lanciato recentemente, non c’è una posizione, una presa d’impegno che vada oltre un generico “appoggio” sulle energie rinnovabili. Ma, suvvia signori del M5S, sono vent’anni almeno che si va avanti con generici “appoggi”, e s’è concluso poco, soprattutto per un Paese come l’Italia che ha una pesante “bolletta” energetica.
E sull’Europa e sull’Euro?

C’è così tanta chiarezza da rimanere abbacinati: sappiamo tutti che non sono permessi referendum in materia di politica estera, ma – vivaddio – esistono pur sempre i referendum consultivi, mediante i quali si può conoscere come la pensa la popolazione. Il fatto di dover, dopo, gestire qualcosa di più grande di voi vi spaventa? Allora, cosa siete andati in parlamento a fare? Aspettate che la mela (ossia l’UE) cada da sola dal ramo?

Brilla per “zero incisività” la posizione grillina sul lavoro: sembra che non sappiano cosa vuol dire lavorare per pochi “voucher” la settimana, come fanno gran parte dei nostri giovani. Viene da dire una cattiveria: forse l’olimpo nel quale siete stati catapultati – grazie a 50 voti di parenti ed amici – vi ha fatto scordare quando eravate dei semplici disoccupati?

Tre punti: energia, UE e lavoro. Ma ci piacerebbe sapere anche cosa pensate di fare per la giustizia, per il turismo, per la scuola, ecc. ecc. Già che ci siamo, nessuno ha spiegato come si attua un serio reddito di cittadinanza – cavallo di battaglia del movimento – e nemmeno cos’è.

Il M5S è un vuoto pneumatico: ricordate la “requisitoria” che blaterarono nel famoso incontro con Bersani e Letta?

“Noi non dobbiamo consultare le parti sociali, poiché noi siano quelle parti sociali, siamo la voce dei cittadini, dei disoccupati, dei cassintegrati che, finalmente, potranno...perché noi abbiamo un progetto politico per questo Paese...”

dov’è finito, quel progetto, cittadina Lombardi?
Era un bluff: il progetto non c’era, poiché il programma era un non-programma.
   
Un programma non è “questo sì, questo no”, perché – dopo – non si sa come fare. Se, invece, è “questo sì”, e poi si spiega dalla A alla Z come realizzarlo...ecco, questo assomiglia già ad un programma, perché lascia al governo solo il compito di vigilare sull’attuazione, sugli gli imprevisti che sempre accadono ed ai quali bisogna far fronte.

La scelta, però, non è questa: perché?
Poiché il M5S gioca anch’egli al ribasso.
Troppo forte la mia affermazione? Impietosa?

In questi giorni il M5S è sotto attacco: fin troppo facile capire che i costruttori, che sono stati obbligati a dimenticare in quattro e quattr’otto sogni di tangenti e cemento di una Roma “olimpica”, si stanno vendicando.
E, a discolpa del M5S, dobbiamo ricordare che Marra non è un politico, è soltanto un amministratore cui la Regina degli Ingenui ha dato retta: adesso, Grillo la manderà a scuola per imparare cos’è lo spoils system.
Ma non si sposterà più di tanto: Grillo è un uomo di spettacolo, e rammenta che è sempre meglio che si parli, anche male, ma che la “cosa” sia sempre in primo piano. Gli basterà qualche vaffa per riemergere, anche se la politica – quella dei Moro e dei Berlinguer – era tutt’altro.

La vicenda romana, come tutte le vicende romane, affonda le sue radici nella cloaca maxima che è diventata l’amministrazione della città: basta pensare a Scarpellini ed ai suoi affari immobiliari con le istituzioni, oppure al penoso “lascito” di Alemanno, o ancora alla “Mafia capitale” che imperò con tutte le amministrazioni...
Virginia Raggi era connivente, ed interessata alla “scalata” al posto di primo cittadino? Così sostiene Marra...ma...credere a Marra?
Se così non è, Virginia Raggi è solo un’ingenua, ma di quelle rimandare all’asilo affinché comprenda quando qualcuno ti ruba le caramelle! 
In entrambi i casi, Virginia Raggi non era e non è la persona adatta a ricoprire quel ruolo.

Il discorso, allora, si sposta e comprende tutta la classe dirigente grillina: cosa ha fatto il povero Pizzarotti – uno “smanettone" del computer catapultato sulla poltrona di Parma (da lui stesso ammesso) – per meritarsi d’essere cacciato dal M5S? Quando Pizzarotti diventò sindaco era già stato firmato (dal predecessore) l’accordo per l’inceneritore in comune con Reggio Emilia...come si poteva annullare? Non era possibile, l’unica cosa da farsi era “accelerare” sulla differenziata, cosa che Pizzarotti ha fatto. Poi nominò una persona di sua fiducia (vista l’importanza della città nel panorama lirico nazionale) per aiutarlo in una materia a lui ostica: arrivò l’informazione di garanzia (poiché, secondo altri, non poteva farlo) e fu cacciato dal M5S. La Magistratura, successivamente, decise per l’archiviazione (cioè che Pizzarotti non aveva sbagliato). Ma, tant’è, che Pizzarotti era già stato defenestrato.
Adesso, da molte parti, si chiede a Grillo – visto che solo oggi “si parla” di stendere un regolamento per il ritiro del simbolo o la cacciata di un politico – se la “manifesta incapacità” è prevista dal regolamento.

All’inizio della legislatura i M5S erano 109 deputati e 54 senatori. In totale 163 parlamentari.
 Ad oggi, sono stati colpiti da ostracismo 18 deputati e 19 senatori, totale 37 parlamentari, circa il 23% del totale: molti, semplicemente per aver criticato la mancanza di democrazia interna e la “qualità” della comunicazione fra le strutture centrali del movimento – ossia il blog di Grillo e gli uffici della Casaleggio & Associati – e le strutture parlamentari. Tutto ciò tocca, e molto da vicino, le modalità di selezione di una futura classe dirigente, ma l’argomento non è mai all’ordine del giorno fra i 5S (quelli rimasti).
Con oggi, ci sembra che Virginia Raggi abbia oltrepassato – e di parecchio! – le motivazioni di quei parlamentari espulsi, eppure Grillo la difende ancora...”uno vale uno”? Oppure “una” più visibile – come il sindaco di Roma – vale di più?


In altre parole, Grillo è su posizioni attendiste: aspetta, sulla riva del fiume, che passino cadaveri, e li conta. Stavolta ha perso qualche fante anche lui, ma poco gliene importa: l’importante è che i fanti non pensino di diventare colonnelli, questo no, Pizzarotti docet.
Grillo non desidera che i suoi fantaccini, al fronte parlamentare, crescano e diventino grandi: questa è la differenza fra un attor comico ed un insegnante. Il secondo sa bene che giungerà un momento nel quale dovrà salutarli, e chiudere loro la porta della nuova classe in faccia quando torneranno a trovarlo, perché non sono più affar suo. Al massimo, una bicchierata al bar: scuola? Finito: non possiamo ricreare falsamente il rapporto di prima, oggi vi hanno dichiarati maturi, andatevene.

Grillo, invece, cincischia, predica, il suo ego si espande ogni volta che chiamano...santità...come dobbiamo votare su quella cosa? Puoi anche cercarla da solo la strada, ma presto o tardi inciampi in un anatema, sicuro.
E allora?
Il Santone è tale solo se ha degli adepti che mai dovranno oscurarlo: questa è una regola ferrea nel rapporto guru/chela. E Grillo la applica alla lettera.
Perciò, che dire ancora del futuro?

Con le prossime inchieste – in onda su Radio Giustizia Today – beccheranno altri PD e noi riassesteremo la conta dei cadaveri, il fiume ne è sempre zeppo.
E’ un gioco dove nessuno perde, ma nessuno vince, mai. E questo ci fa tornare a quel blog, a quella struttura milanese, a quelle contraddizioni evidenti...

A dire il vero qualcuno perde, perde di schianto ogni giorno che passa: gli italiani, ma questo è un altro discorso.

2 commenti:



  1. Vincendo la mia naturale e ventennale ripugnanza per il voto,

    e superando le mie perplessità nei confronti della "strana" contiguità del Movimento con l'Ambasciata Americana, anch'io ho votato per Virginia Raggi, che per lo meno ha un'aria pulita e m'ispirava sorellanza.
    Poi la signora si è rivelata per ciò che è: una donna di destra, troppo legata a quegli ambienti smanettoni della reazione romana, al punto di mantenersi intorno personaggi residuali della giunta Alemanno.
    No, no, così non va.
    Se questo è il massimo che può esprimere il Movimento a Roma, a parte i Referendum, per cui è doveroso votare, rientrerò con gioia nel mio personale astensionismo.

    Il successo dei NO al referendum, secondo me, è dovuto anche alle migliaia di italiani che negli anni si sono formati una coscienza su quanto stia realmente accadendo nel mondo, ed, unendo i puntini, hanno salvato la nostra democrazia e libertà dall'attacco sfrontato delle multinazionali e della finanza. Almeno per il momento.
    Questa oggi è la nostra Resistenza.
    Saluti.
    E.

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  2. Sì, sono d'accordo con te: stando le attuali evidenze, il M5S non può più essere considerato una valida espressione politica per chi attua questa, nuova Resistenza. Scadrà, lentamente, nella "normalità" come ha fatto la Lega dopo i primordi: se sbagli, l'elettorato ti condanna. Lo capii sobito dopo il famoso incontro in "streaming" con Bersani e Letta.
    Invece delle roboanti affermazioni, avrebbero dovuto chiedere ministeri importanti (economia, interno, giustizia) per far valere i voti che avevano preso. Invece, hanno gettato tutto alle ortiche. Ma, così, probabilmente ordinava Washington.
    Ciao
    Carlo

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