Il responso di
Brexit è stato chiaro: è pur vero che un 52 a 48 non è un 3-0 calcistico, ma quando una
consistente fetta degli interrogati si mostra contraria (in democrazia decide
la maggioranza, ma anche un 49% dovrebbe far riflettere un governo che qualcosa
non va) bisogna correre ai ripari.
Sull’onda
dell’emozione, sono comparsi articoli un poco stravaganti – quando mai la Scozia potrà chiedere un
“Gb-exit” con un nuovo referendum od un posticcio attaccamento all’UE? – visto
che gli Stati Nazionali hanno storie centenarie, e nemmeno le due guerre
mondiali ne intaccarono i confini, se non per minimi aggiustamenti o per
territori di recente contesa. Vedi il Saarland, restituito dai francesi, oppure
l’Istria, terra slava restituita agli slavi. Non voglio accendere polemiche sui
singoli casi ma, se due guerre mondiali hanno intaccato modestamente i confini,
non si capisce come grandi spostamenti possano avvenire per referendum.
Bisogna
ragionare “a bocce ferme” e non farsi catturare dall’emozione: è quello che
cercheremo di fare. Nessuno ha conigli nel cappello, ma un sano dibattito fra i
lettori è sempre salutare: il mio compito è soltanto quello di mettere in
ordine gli eventi.
Stabilito che
l’Unione Europea e la gestione dell’Euro hanno mostrato, in breve tempo, un
quadro fallimentare, ci sono i due partiti: chi crede che l’UE/Euro sia ancora
riformabile, oppure chi desidera gettare acqua e bambino. Ai primi, si dovrebbe
far sapere che non si tratta soltanto di riformare qualche regolamento o
trattato, mentre i secondi dovrebbero esporsi, e dire a quale situazione si
vorrebbe tornare, ossia Stati Nazionali
o Macro-Regioni omogenee per popolazione ed economie? Un bel rebus, e le urla
servono a poco.
L’Unione dei
primordi – quella di Adenauer, ossia la
CECA – era ricalcata sul processo di Zollverein tedesco di metà ottocento, che portò alla nascita della
Germania: si trattava d’abbattere i dazi e favorire la circolazione delle
merci. Capitali e popolazioni erano escluse da questo processo, poiché si
riteneva che il rispetto delle singole peculiarità fosse un valore aggiunto,
mentre i movimenti “selvaggi” di capitali avrebbero condotto a disordine
economico.
Il segno, che
qualcosa si stava muovendo verso nuove dimensioni, fu il cosiddetto “Serpente
monetario” e il successivo Sistema Monetario Europeo, ossia un complesso di
regole e parametri che limitava gli scostamenti fra le monete europee, il quale
fece scorrere tonnellate d’inchiostro dal 1972 fino alla nascita dell’Euro.
Non fu un errore
“tecnico”, bensì un’errata valutazione di principio: non è agendo sulle monete
che si rendono più omogenei – attenzione: economicamente! – le aree, bensì
comprendendo la natura di quelle aree e studiandone attentamente le
peculiarità, se si vuole migliorarne l’economia, non agendo sulle monete, che
sono solo un parametro susseguente. Un’inversione nella catena di cause ed
effetti, drammatica: testimonianza di una logica distorta, da “furbetti del
quartierino”, non da statisti.
Già qui si nota
un tentativo d’imporre il “monetarismo” come medicina assoluta per tutte le
economie che condusse –paradosso! – a misurare la curvatura delle banane con
apposito strumento legislativo (poi rimosso nel 2008). Insomma: la moneta come
“misura” delle realtà economiche, che non tiene conto (perché non è lo
strumento adatto!) dei territori e delle loro caratteristiche.
Questo tipo di
distorsione giunse all’apoteosi proprio negli stessi anni, quando – sotto i
morsi della crisi economica – la Banca
Centrale Europea si mostrò infastidita dalle intromissioni
della politica in area economica, e rivendicò (Trichet, poi Draghi) un primato
sulla politica (come “tecnici”) che non ha radici nella Storia e tanto meno
nella prassi economica. E, questa primazia, fu silenziosamente accettata dal
Parlamento Europeo e dalla Commissione, quasi senza “mal di pancia”: un atto di
resa dalle prerogative della politica.
Se questo fu un
grave errore d’impostazione, altrettanto grave fu il rapporto con la NATO la quale – da alleanza
difensiva – dopo il 1990 fu “sdoganata” come “guardiano del pianeta”. Un
guardiano ai comandi di chi? Non solo degli americani…sarebbe stato il male
minore…no…la NATO
come custode degli interessi dell’iper-liberismo nel Pianeta…una contraddizione
lacerante con i valori primigeni dell’UE.
Nel 2003 gli USA
iniziarono il processo di destabilizzazione dell’area mediterranea e medio
orientale a danno, soprattutto, dell’Unione Europea che stava costruendo, fra
mille contraddizioni, il suo “cortile di casa”; come gli USA definiscono le
Americhe Centrale e Meridionale. In un decennio, furono completamente
destrutturate nazioni come l’Iraq, l’Egitto, la Tunisia e la Libia, mentre in piena
Europa fu l’Ucraina a diventare una sorta di cavallo di Troia. La Georgia e (per ora) la Siria si salvarono dal rullo
compressore americano solo per il tempestivo intervento russo.
Tanto per
comprendere cosa ha significato la distruzione politica della Libia,
riflettiamo sul progetto Desertec (oggi abortito) – che doveva fornire il 20%
dell’energia elettrica per l’Europa, con fonti fotovoltaiche e termodinamiche
nel deserto libico – il quale era una partnership fra la Germania e la Libia di Gheddafi. Il 20%
del fabbisogno elettrico europeo è una quantità enorme, di Watt e di soldi:
difatti, la Germania
si chiamò fuori dalla guerra contro Gheddafi.
Stupirà, ma la
somma bruta di mezzi da guerra posseduti dagli eserciti europei (aerei, tank,
ecc) mette l’UE al primo posto nel pianeta. Le capacità di comando ed
organizzazione sono, ovviamente, quasi nulle, se non al diretto comando degli USA.
Quando, nel
2003, scoppiò la guerra del Golfo, Romano Prodi – all’epoca Presidente della
Commissione Europea – definì ironicamente la politica estera europea con un
“Avanti tutta, in ordine sparso”. Bel modo di rimuovere le proprie
responsabilità ironizzando.
Ci fu quindi, e
tuttora continua, un assalto all’Europa chiamato “immigrazione”, che fa saltare
i nervi e scardina le frontiere: per contrappasso, aumentano le chiusure ed i
conseguenti razzismi. Perché?
E’ un’arma
semplice, poco costosa e che ingrassa le mafie internazionali, grandi alleate
in questioni geopolitiche: basta bombardare fabbriche, impianti e case
e…voilà…vedrai se non crei masse di disperati in movimento! E grossi problemi
alle nazioni europee.
Si giunse così
al 2008, alla crisi finanziaria, mediante la quale il FMI, la Banca Mondiale, la Commissione
Trilaterale (vera, orribile mostruosità) e le grandi banche
d’affari – tramite la BCE
– ereditarono il controllo dell’UE.
Ci si potrebbe
chiedere come siano riuscite, queste potenti organizzazioni, ad impadronirsi
dell’Europa: il metodo viene da lontano, ed è sempre l’apparente contraddizione
dello scontro all’interno della borghesia, ma della sua sostanziale unitarietà
d’intenti e di fini da perseguire.
Le borghesie
internazionali, o almeno i loro vertici, sono da sempre riuniti nella
Massoneria, nel club Bilderberg od in altre, simili compagnie di ventura: il
loro scopo è quello di mantenere saldo il controllo delle borghesie (banche,
finanza, ecc) e di ripartirne i proventi in maniera che lo scontro sia
mantenuto a livello di pura contrattazione poiché, non dimentichiamo, lo
scontro fra le borghesie nazionali si chiama guerra.
E, fin quando vi
sono proventi di vario tipo da spartire, questo rischio non lo correranno mai,
se non nelle periferie del pianeta. Oppure, giunti a livelli di rischio (Siria,
Ucraina, ecc) si torna a trattare: oggi, in un mondo di armi nucleari sulle
quali non si ha il completo controllo, il rischio di un conflitto è troppo
elevato per rovesciare il piatto, meglio cedere qualcosa che domani potrà
essere riguadagnato da altre parti e con altri modi.
Ecco da dove
nasce e dove prospera il ladrocinio che ci riguarda: le grandi borghesie,
all’occorrenza, fagocitano anche le piccole e medie borghesie e soltanto chi
sopravvive nell’agone finanziario riesce a mantenere e ad allargare le proprie
ricchezze. Gli altri, vengono mantenuti su livelli di pura sopravvivenza.
E la politica?
Inesistente:
semplice “costo” da mettere a bilancio affinché il gioco possa continuare:
così, Mario Monti viene inviato in Italia, gli si trova una nomina (senatore a
vita, Napolitano) ed una maggioranza parlamentare (Pd ed aggregati) e può
iniziare il massacro del lavoro e delle pensioni, per accantonare altre
ricchezze da far confluire sulla finanza internazionale.
E la democrazia?
Qui c’è un
vulnus eclatante ed evidente. Nella “catena” delle istituzioni europee, c’è una
interruzione fra il livello degli eletti (il Parlamento, eletto per suffragio
elettorale) e il “Governo” (la Commissione
Europea col suo Presidente, oggi Juncker). La Commissione viene
nominata dai governi dei singoli Stati: fanno ai futuri commissari l’esamino di
cultura generale e di lingue e…voilà, commissario (cioè ministro) per l’Istruzione,
i Trasporti, eccetera.
Quante persone
sono coinvolte in questo processo?
I votanti sono
circa 500 milioni, i quali eleggono il Parlamento Europeo, mentre i Capi di
Governo propongono i vari commissari: poche persone giungono a decidere chi
sarà a comandare e pochissimi saranno coloro che dovranno prendere realmente
delle decisioni. Una struttura oligarchica, fortemente orientata verso
un’oligarchia sprezzante ed autoritaria.
E i voti, gli
eletti? Diamo loro lauti stipendi, ricchi rimborsi e che stiano lì a scrivere
roboanti relazioni sullo stato dell’Unione, compresa quella sulla curvatura
delle banane. All’occorrenza, daremo loro anche un apposito martello di gomma
per raddrizzarle, basta che non rompano i cosiddetti.
Non
sottovalutiamo, però, il potere del Parlamento Europeo – di poteri reali non ne
ha quasi – però Bruxelles è diventata la città dei lobbisti: di tutte le età,
le nazioni, i sessi e, soprattutto, gli obiettivi.
Così, capita che
un oscuro parlamentare europeo venga contattato da un lobbista – ci sono
strutture specializzate che si occupano di queste faccende, la recente vicenda
di Luca Volonté (c’è qualcuno che si rivolta nella tomba, vero Luca?) lo
dimostra, che hanno nella loro organizzazione tutto, dal settore finanziario
per far “scivolare” i soldi sull’acqua fino ai Caraibi, alle escort che devono
“ammorbidire” il parlamentare, sempre un po’ “rigido” di fronte a queste
profferte.
Poi, creata una
piccola “corte” all’interno del Parlamento, si contatta il commissario
corrispondente, c’è una trattativa…anche qui, soldi, escort, ecc…e, infine, la
decisione del Commissario viene magari suffragata pure da un voto parlamentare
– non sarebbe necessario – ma, come dicono a Napoli, dove c’è sfizio non c’è perdenza.
Le altre
decisioni, i voti su questioni anche importanti, sono ben accette e doverose:
ci penserà il relativo Commissario a catalogarle e conservarle per anni fin
quando, scadute, finiranno nel trita-documenti: un procedimento lungo ma
corretto, con un’appendice ecologica.
Stabilito che
l’altra struttura comunitaria, la
BCE, è il regno dei desiderata del sistema bancario e dei
sacerdoti dell’Euro, non sprechiamo nemmeno tempo a parlarne.
Interessante è,
invece, il settore della Giustizia, con la Corte di Giustizia Europea e quella dei Diritti
dell’Uomo: qui, qualcosa è sfuggito al controllo e, talvolta, questi giudici
scassano proprio i cabassisi.
L’Italia è la
nazione che fornisce alle Corti il più alto numero di ricorsi: risultati? Le
norme europee affermano che una sentenza
europea deve essere immediatamente recepita negli ordinamenti nazionali, ma
non è affatto vero.
Ne è un caso
eclatante quello della Tv Europa7, perché i giudici nazionali, semplicemente,
se ne fregano. Ma non sempre: il risultato è che il medesimo ricorso viene
accolto a Torino e non recepito a Firenze, e così in tutta Europa. Il risultato
finale? La giustizia di Arlecchino.
Qui termina la
nostra analisi: ci sarà senza dubbio dell’altro che ho dimenticato, ma già ciò
che ho esposto mi sembra sufficiente per spiegare il crescente rifiuto – direi
quasi viscerale – da parte di molti cittadini. S’aggiungano le mille pastoie in
economia, che sembrano messe lì solo per farteli girare, più le ingiustizie
palesi che causano spesso dolore e disperazione: il cittadino europeo mastica
tristezza, è deluso, fa fatica a comprendere perché guerre che vanno
chiaramente contro gli interessi di nazioni europee siano portate avanti da
altri…con forze armate europee!
E incomprensione
ed infelicità dilagano: soprattutto quest’ultima, ecco perché gli europei sono
sempre più dubbiosi.
La proposta di
riforma più seria riguarda proprio il mutamento di “pelle” all’interno della
UE. Siccome la “scollatura” fra Parlamento e Commissione è un evidente regalo
alle lobbies – al punto che è plausibile chiedersi se sia nato prima l’uovo o
la gallina, ossia se le istituzioni siano state “pensate” già per essere
comodamente infestate dal virus delle lobbies – c’è chi pensa che riportando un
funzionamento “naturale” fra le istituzioni: elezioni, parlamento, creazione di
una maggioranza parlamentare, espressione di un governo.
A questo punto,
è verosimile pensare che il “peso” delle singole nazioni possa decrescere,
poiché quel governo è espressione diretta del voto popolare e, se sbaglia, se
ne va e governa una diversa coalizione.
Purtroppo, le
esperienze nostrane – ma anche in altre nazioni, da noi però s’è visto proprio
il peggio – non invitano a crederci molto: si ha paura che, una volta eletti,
questi formino il solito “carrozzone” con tutti dentro, dove si sale e si
scende secondo le convenienze personali. E delle lobbies.
Un punto
trascurato, ma importante, riguarda la Costituzione – non una serie di trattati insulsi
– una costituzione discussa ampiamente (non imposta da qualche “saggio”) e poi messa
ai voti dei cittadini. Perché, senza una carta fondante, che ti dica – ad
esempio – se nel mandato parlamentare c’è libertà personale, se serve una
presidenza (e di che tipo), che definisca i rapporti fra l’esecutivo, il
legislativo ed il giudiziario, non si va da nessuna parte. Immaginiamo che sia
mantenuta (come in Italia) la libertà di mandato – in una struttura così
lontana dal singolo cittadino – le lobbie “vignano” alla grande.
E poi: rapporti
limpidi e precisi con la magistratura, che impediscano il gioco al massacro
come sta avvenendo in Italia, dove sei assolto o condannato solo per vicinanza
o convenienza politica. Perché è giusto fermare chi delinque, ma non usare la
stessa arma per scopi politici.
Il discorso
sarebbe lungo, ma si può condensare in poche parole: passare da una unione
confederale ad un vero Stato federale, dove pesi e contrappesi sono definiti
con chiarezza, mentre le unioni confederali, storicamente, hanno sempre avuto
vita breve.
L’alternativa è
andarsene: ognuno per sé e Dio per tutti. Funzionava (dicono): ma all’epoca dei
Moschettieri. E solo nei romanzi di Dumas.
In un pianeta
nel quale vi sono colossi come USA, Russia, Cina…credete che vi lasceranno in
pace a coltivare l’orticello? Se ne avranno bisogno, lo occuperanno e vi
faranno una pernacchia: cosa mi fai?
Sempre che
l’Italia non mediti di riprendersi l’Istria, la Germania le terre
“tedesche” oggi in Polonia, la Spagna
Gibilterra…e via discorrendo. Le alleanze si creano in
fretta, le guerre pure ed i milioni di morti anche.
Sarebbe bello
vivere nel paesello senza complicazioni, ma una qualche forma di aggregazione è
necessaria, se non altro per aspetti di difesa.
Se trasformare
l’Europa in uno Stato federale puzza – nel senso che si temono gli stessi
interventi delle società segrete, lobbies e compagnia cantante – si potrebbe
pensare ad una ripartizione che smantella lo Stato nazionale a favore delle
macro-regioni, omogenee per economia e cultura.
Si tratta di un
percorso più laborioso, il quale però prenderebbe due piccioni con la medesima
fava: uno stato federale europeo e disinnescherebbe moltissime tensioni per
quei territori che anelano all’indipendenza o che mordono il freno per maggiori
autonomie.
Ad esempio, la Spagna diventerebbe
Catalogna, Castiglia, Andalusia, Paese Basco…l’Italia Lombardo-Veneto-Emilia,
Regione Occidentale, Toscana-Umbria Marche…e così via.
La frantumazione
dello Stato Nazionale, però, richiederebbe una maggior attenzione per quanto
riguarda i diritti dei cittadini – più l’entità è piccola, maggiori sono i
rischi di prevaricazioni dall’alto – perciò regole comuni per fiscalità,
lavoro, previdenza, ecc. Oltre, ovviamente, ad un Parlamento dove non puoi
cambiare partito: ti dimetti e basta, un’analisi preventiva delle leggi per
osservare la loro costituzionalità, ecc: insomma, un simile quadro
richiederebbe un’attenzione certosina per leggi e “contrappesi” fra le varie
istituzioni.
La moneta?
In un simile
quadro, l’euro potrebbe anche rimanere, previa riforma della BCE a banca
pubblica di proprietà delle singole entità, siano esse stati o macro-regioni.
Potrebbe
funzionare?
Dipende
dall’impegno e dalla volontà di cancellare l’attuale obbrobrio e dall’onestà di
chi dovrebbe mettersi prima ad immaginare, poi a far funzionare il sistema.
Comunque la si osservi, è molto difficile giungere ad un simile “sogno”.
Alternative?
Non ne vedo.
Il vero problema
è di potere: se debba essere preminente il potere della finanza oppure quello
della vita dei cittadini. A mio avviso, questa Europa va rasata a zero: un’altra?
Possibile, ma quale?
Un’Europa come,
forse, la immaginarono al tempo della CECA, potremmo dire un’Europa che
sostituisca il PIL (Prodotto Interno Lordo) con il QFN (Quoziente di Felicità
Netta). Non è un’utopia, ma si tratta di una inversione di tendenza totale, di
una rivoluzione di pensiero in campo sociale, economico, energetico, ecc.
Si tratta di
“pensionare” (al minimo) tutti i personaggi che hanno costruito questo
obbrobrio, e di chiedere – con apposite consultazioni, preceduto da un lungo dibattito
pubblico fra persone nuove – ai cittadini europei cosa vogliono,
rendendoli però coscienti che un ritorno al passato, puro è semplice, non è
possibile.
Subito prima
della guerra alla Libia, Saif al Islam Gheddafi – l’unico figlio maschio ancora
in vita del colonnello, oggi in galera in Libia in attesa dell’esecuzione –
ebbe a dire: “Fermateli! Oggi tocca a
noi, ma domani toccherà a voi!”.
Parole
profetiche? Chissà…
La ue non è emendabile, riformabile: può al max essere rifondata. Partendo dalle enormi, macroscopiche distorsioni il primo atto per rifondare la UE è la sua Carta Costituzionale.
RispondiEliminaChe preveda esplicitamente che sulla moneta la sovranità appartiene allo Stato Federale, che le fiscalità naZIONALI (o macro ragioni che siano), le relative politiche su sanità, scuola, lavoro, pensioni, ambiente, salvaguardia e tutela dei cittadini etc siano omogenee, e con uguale diritto di accesso per tutti gli Europei. Ma...ma tutto questo (oltre al resto di strutturale da mettere sù) ha l'humus culturale per germogliare e diventare Status? Personalmente, limitandomi al pre-Brexit, non credo esistano le condizioni per iniziare un percorso rifondativo, oggi dopo l'esito del referendum, il conseguente effetto indotto, assegno qualche chance alla rifondazione.
Buon Cammino
Voglio vongole di misura inferiore a cm. 2,5.
RispondiEliminaE cetrioli piccoli e ricurvi.
Voglio albicocche non perfettamente sferiche: quelle oblunghe sono più succose.
E vorrei quelle bananine piccole, di quattro-cinque centimetri, che vengono dall'Africa. Quando sono mature sono dolcissime. E non le insipide chiquita di cm.14,27mm!
Non sanno gli austeri euroburocrati che frutti e ortaggi, più sono piccoli, più sono saporiti?
Si occupassero piuttosto di mettere al bando gli orrendi OGM, che invece impazzano in Spagna, Israele ed anche in Germania.
Per me si poteva restare nella CECA, a scambiarci carbone.
Purtroppo la ribellione a questa copro-Europa sta prendendo temibili connotazioni fascistoidi e nazistoidi, questo è il pericolo serio.
Ciao.