I primi a voler salutare il presidente Napolitano, oltre
all’immancabile Renzi – che è sempre dappertutto, come il prezzemolo – sono stati Laura Boldrini, la moglie del
presidente emerito Franca Ciampi e poi Walter Veltroni, Gianni ed Enrico Letta,
Pier Luigi Bersani, Susanna Camusso, Roberto Speranza, Pier Ferdinando Casini,
Maria Elena Boschi, Marianna Madia, Eugenio Scalfari, Mario Monti, Dario
Franceschini, Umberto Ranieri, Barbara Pollastrini e Francesco D’Onofrio.
Fonte: Il Fatto Quotidiano.
Gli altri seguono o seguiranno: Napolitano ha creato intorno
a sé una vera e propria corte, al punto che è comprensibile che i nobili, i
nobilucci ed i nobilastri non perdano l’occasione d’osannare chi tanto li ha
difesi, innalzati e protetti. Noblesse oblige. D’altro canto – proprio come in
una monarchia – alla morte di Napolitano i parenti riceveranno in eredità
scorta, pensioni, chauffeur e quant’altro: non solo la vedova (comprensibile)
ma anche il figlio primogenito (incomprensibile). Un vero Principe di Piemonte:
complimenti dunque a Giovanni Napolitano (già docente universitario come il
fratello Giulio, la figlia di Ciampi, ecc...poteva essere diverso?) ma non gli
perdoniamo d’essersi lasciato sfuggire un fiorellino come Marianna Madia, che gli
fu soffiata dal fratello Giulio. Eh, si sa...i Principi di Piemonte (la Storia
insegna) non sono mai stati dei Rodolfo Valentino...
In ogni modo – visto che abbiamo parlato della “pulzella”
Marianna Madia (olà, Marianne!) – è possibile saperne qualcosa di più (sul come
si diventa ministro a 33 anni in era renziana, ad esempio) e questa è una vera
sorpresa, perché la vicenda della Marianna è una vera e propria ciliegina sulla
torta del malaffare, proprio un fiorellino che nasce su una merda della Cloaca
Maxima Romana. E si sporca subito: dunque, ringraziamo Giancarlo Perna che ha
veramente fatto onore al giornale che fu di Montanelli, tracciando un ritratto
esilarante della jeune demoiselle, salita alle ribalte ministeriali come la petite vierge fatta persona, la
vestale che si fa baccante? Mah, il suo splendido profilo greco tutto lascia
pensare: leggete l’articolo, leggetelo (1).
Vi rendete conto in quale abisso siamo cascati?
Se Ciampi svendette la lira a Berlino – cosa mica da poco
per un Governatore della Banca d’Italia – il Napolitaner è giunto al
parossismo: il Quirinale come casa Cupiello, con tutto il rispetto per Eduardo.
Ma come si fa ad imbastire una simile retata di favori parentali, di scambi e
commerci di cariche, al punto che sembra d’essere a tavola da Ciro ‘e
Mergellina con quattro camorristi? (2) leggete, prendete nota.
Di più: una dottoressa milanese, un medico, vuole sposarsi e
non ha casa. Che si fa? Si falsificano nomi e ci s’aggrappa alla conoscenza
(quella, vera) di un medico defunto grande amico di o’ Presidente. E o’
Presidente ci casca, con tutto o’ staffe, segretarie, consulent’, uaglioni
vari. Così, prende il via una storia pazzesca – ma è vera! Non siamo su Scherzi
a parte! E’ tutto vero! – che coinvolge Formigoni, il quale va a fare il
testimone di nozze alla dottoressa ed il banchiere Bazoli, che sgancia un
milione di euro perché, perché...perché al desiderio presidenziale non s’ha da
opporre nessun veto, come lui stesso sostiene nella sua nota teoria del
“capitalismo parentale”. Notiamo: non è più quello di Cuccia fra Agnelli e
Pirelli, bensì quello di Bazoli – presidente di Intesa San Paolo – che recita
“aumm’, aumm’, faciteve gli affari vostri che noi ci facciamo li nostr’”.
La dottoressa – in barba alle quattro lauree in legge della
“famiglia” (Napolitano) – li ha fottuti tutti e patteggerà due reati ridicoli
(tipo falsa identità e roba del genere), si terrà i due appartamenti a Milano
acquistati coi soldi di Bazoli e...salutamm’ paisà!
La versione fornita è questa (3) – leggetela e datevi i
pizzicotti – ma sarà quella vera? E che c’entra il Formicone? Se è vera, la
dottoressa va subito nominata Ministro delle Finanze: quella fa su come delle
magnolie anche i più scaltri trader internazionali! Se la versione è vera,
altrimenti...
Scusate ma, a questo punto, ho una richiesta da fare.
Presidente, Grande Padre (come dicono i russi, Bolshoi Babuska) mia moglie è in
gramaglie! Oggi ha accompagnato il caffè mattutino sbocconcellando – come una
reliquia! – l’ultimo tarallo al finocchietto che gli porta sua cugina quando,
da Parigi, scende a vedere se è ancora in piedi la casa di Pozzilli. Lo
conoscete, vero? Bel posto, lassù, sull’Appennino vostro...fanno certi
taralli...
E facitece la grazia! Sta disgraziata deve aspettare che la
cuggina scenda, e quella scenne na vota l’ann’...mannaggia la miseria...cu ‘sti
taralli che finiscono e mia moglie smagrisce, avete capito? Smagrisce!
E passateci voi, perdio! Mannatece ‘o principe Giovanni –
magari con la Flaminia, che dite? – ah...e chi paga, già...e mettete in conto a
Bazoli! Na bbuona idea, vero?
Bello scherzare, vero? Intanto, questa gente sciagurata
intasca milioni di euro a ufo, crea cooperative le quali hanno l’unico scopo
d’acchiappare soldi pubblici. La amministrazioni locali si superano nello
spremere il cittadino; una per tutte, l’ultima mia bolletta dell’acqua per la
casa che fu di mia madre (disabitata): 1,5 euro di consumo, totale 49,50. Ci
sarebbe da ridere, se non ci fosse da incazzarci.
Oggi, Il Secolo XIX dà in omaggio...qualche calendario? Una
ricettario ligure? No, la guida a tutti i pagamenti d’inizio anno. Tutto il
mondo è paese? Ho concordato con il dentista una rateazione per circa 5.000
euro dei quali, il prossimo anno, mi vedrò restituire (se andrà bene) un migliaio
di euro con la dichiarazione dei redditi. E chi ha scarso reddito (e quindi
paga poca IRPEF, come tutti i ragazzi a 700 euro) oppure non ne ha? Va coi
denti marci, finché riesce, poi spera nella Bulgaria, se tutto va bene.
In Francia, mia cugina si vede restituire immediatamente
l’83% della spesa effettuata: lei tira fuori mille euro e lo Stato ne paga
4.000. Per gli stessi denti. Anche loro hanno un po’ di corruzione, certo, ma
mica le varie cooperative del cemento costruiscono viadotti che s’inaugurano a
Natale e crollano a Capodanno! Come? Cosa dice Renzino? Che i responsabili
saranno puniti...cosa?!? Ma sono i caporioni dell’ANAS, coglione! E chi li tira
via! Smettila di sparare twittate.
In mezzo a questo letamaio, di chi è la colpa? Chi è stato
il merdolero iniziale, quello che poteva impedirlo e non lo ha fatto?
I Tre Porcellini, è chiaro che la colpa è loro. In un certo
senso, solo loro. Lo so che è
azzardato dare la colpa ai Tre Porcellini, ma – se ci pensate bene – solo loro
avevano le “chiavi” della tradizione e del pensiero politico italiano – solo
che erano (e sono) soltanto tre poveri porcellini, o anatroccoli sperduti nel
bosco del malaffare – ed hanno preferito adeguarsi piuttosto che lottare (ma ne
avevano voglia? Gli conveniva? Facciamo finta, dai...)
Massimo D’Alema (1949) Gianfranco Fini (1952) e Pier
Ferdinando Casini (1955) sono Timmy Tommy e Gimmy, che ereditarono le tre
grandi tradizioni del pensiero politico italiano: quello marxista, quello
d’origine fascista e quella cristiana. Erano loro ad avere in mano le “chiavi”
ideologiche delle rispettive tradizioni, ad essere stati nominati in pectore
successori, Delfini da padri nobili ed hanno fallito. Vale a dire: hanno
intascato fior di soldoni – in questo non sono certo dei falliti – ma hanno
gettato l’Italia in mano ai Renzi, al nulla incombente, alle twittate, alle
“selfate", ai giochini di un adolescente scemo e comandato dai soliti
grembiulini e dai mammasantissima, questa è la responsabilità storica dei
D’Alema, dei Fini e dei Casini.
Massimo D’Alema inizia la sua carriera con un atto nobile,
che subito lo distingue nella massa dei lavapiatti da Festival de l’Unità: nel
1969 – ha vent’anni, ma è indubbiamente bravo ed ha seguito molto bene le
direttive e le lezioni del Politburo di Mosca – scrive la “bolla papale” di
condanna del gruppo del “Manifesto”, che viene cacciato dal PCI. Non erano
certo dei Che Guevara i “manifestari” – difatti, lentamente rifluirono tutti
nella casa madre – ma almeno, nel torpore di quegli anni, all’ombra del
Mausoleo di Lenin (c’è una foto che ritrae anche Giuliano Ferrara,
ordinatamente in fila, nell’attesa di salutare la salma del “Padre del
Comunismo”: questa è la classe politica italiana, rendiamocene conto, da figlio
di direttore de l’Unità a segretario cittadino a Torino, a uomo di Berlusconi,
ecc) il gruppo del Manifesto diede una scossa.
D’Alema fu incaricato di scrivere: analizzò, sottopose la
bozza a Berlinguer (oramai segretario in pectore) e fu approvato: lì iniziò la
sua carriera, che terminò – se ci pensiamo bene non molto dissimile,
ideologicamente, da quella di Ferrara – quando Julian Assange, in uno dei molti
documenti riservati di Wikileaks, mostra un file d’origine USA nel quale si
richiede di sostituire il Primo Ministro italiano (Prodi è contrario alla
guerra verso la Serbia) per bombardare Belgrado, dopo la fuffa degli incontri
di Rambouillet, quando fecero discutere un po’ i politici mentre gli aerei
scaldavano i motori.
In ogni modo, D’Alema sale a Palazzo Chigi e gli aerei
italiani (gli AMX di Istrana) iniziano a bombardare prima che il Parlamento
rilasci qualcosa che – non potendo essere una dichiarazione di guerra – è solo
un lasciapassare per ammazzare un po’ di gente. Non è mica guerra questa, vero?
Dura poco: solo quel che serve per il Kosovo, poi viene
sostituito da Giuliano Amato e se ne va in barca a vela da un miliardo, che
però lui paga solo 500 milioni: a suo dire, uno sconto “per motivi d’immagine”.
Di barche come la sua ne furono costruite solo due: che motivi d’immagine ci
potevano essere? Non era mica un rasoio elettrico o un frullatore!
Qui finisce la carriera politica di “Baffino” – senza dubbio
persona davvero intelligente – in ogni modo, deve vendere la barca per far
fronte alle disavventure economiche dei figli che s’improvvisano viticultori, e
allora lui stesso s’improvvisa “Tartufon”: diventa rappresentante nel mondo del
tartufo nero umbro. Non male come finale della storia, sembra un romanzo di
Flaubert.
Gianfranco Fini ha una storia diversa: mai più – il figlio
del benzinaio trasferitosi da Bologna a
Roma, dopo essere stato nominato funzionario di una compagnia petrolifera – si
sarebbe immaginato la fulgida carriera politica, culminata con la poltrona di
Ministro degli Esteri e Presidente della Camera.
Anche perché non aveva nessuna cultura di destra: “Mi
piaceva John Wayne”, era la sua candida confessione. Gentile? Balbo? Evola...e
chi erano? A lui piaceva John Wayne.
Ha dell’incredibile la sua storia politica: iscrittosi al
MSI dopo una scazzottata con i rossi – che gli avevano impedito di andare al
cinema a vedere “Berretti Verdi” – scalò lentamente il potere, divenendo
segretario della sezione di Monteverde.
Cosa vide in lui Almirante – al punto da preferirlo a Marco
Tarchi alla direzione della “Giovane Italia” (l’organizzazione giovanile del
MSI) – è un vero mistero. Non desideriamo suscitare dei mal di pancia in casa
degli ex missini, ma viene veramente da chiedersi come tanta pochezza (i piemontesi
hanno un curioso adagio per definire quelli come lui: pien ad vujam, pressappoco pieno
di vuotezza) abbia incantato il rais e la di lui signora, donna Assunta
Almirante. Forse anche Almirante non era “l’aquila” che immaginavano i missini?
Mah...
Fini è sempre stato bravissimo nel “breve” di un dibattito
televisivo, capace di rintuzzare l’avversario con battute salaci ma
completamente avulso al pensiero politico, in un partito che ne aveva gran
bisogno, giacché aveva avuto un passato,
ma era sempre alla disperata ricerca di un futuro.
Un futuro che non poteva arroccarsi con le parole d’ordine
di un passato improponibile (anche perché, semplicemente, i tempi mutano) ma
che, oggi, torna a proporsi in altri modi e con altre parole d’ordine. Lontani
dall’esperienza fascista, i Tarchi e – soprattutto – i de Benoist hanno molte
cose da dire nella crisi dell’iper-capitalismo. Fini, non ha saputo far altro
che sposarlo senza condizioni.
In questa situazione, nella quale s’è cacciato da solo per
mancanza di mezzi intellettuali, non poteva che condurre il partito nelle “selve”
d’improbabili alleanze di vertice, senza minimamente analizzare di cosa
avrebbero avuto bisogno gli italiani. Da qui, la sua fine politica: Fini non ha
lasciato nulla sul quale riflettere per la destra italiana, e così ha
trascinato nella polvere i suoi “colonnelli”, tutti rais di formazioni
risibili. Ed è perfettamente inutile che
si dia da fare per fondare chissà quali nuove sigle: accenda il cervello, e
provi a riflettere seriamente.
Casini – onomatopeico, verrebbe da dire – perché nel gran
bailamme della rovinosa caduta DC fu quello che provò a rimettersi in sella ed
a gestirne una (qualche) eredità. Se mai fosse possibile. In realtà, ha gestito
il tutto proprio come un gran casino, ed oggi l’unica speranza che ha è
un’elezione al Colle, proprio perché è così imbelle da non far più paura a
nessuno.
Eppure, Pierferdinando Casini era partito bene: con l’aiuto
di Buttiglione, sembravano proprio loro i referenti di quel centro cattolico
che anelavano a raccogliere intorno ai loro due e poi un solo partito.
Antonio (Toni) Bisaglia amava raccontare, fra il serio ed il
faceto, che aveva due figli (lui, che non aveva discendenza naturale) “uno
bello ed uno intelligente”: quello bello – si diceva – era Casini mentre quello
intelligente era Follini.
Ancora aleggia, su queste vicende, la misteriosa morte di
Bisaglia, ufficialmente morto perché caduto in mare dallo yacht della moglie
(un 22 metri)
colpendo con la testa l’asta della bandiera. Una ricostruzione veramente
strana, per non dire fantasiosa, che a tutti coloro che vanno per mare appare...beh,
insomma...
In ogni modo, anche il fratello fu trovato morto – ma non
annegato – nel lago di Centro Cadore: sosteneva che il fratello era stato
assassinato. Il segretario particolare di Toni Bisaglia, Gino Mazzolaio, fu
invece trovato morto nell’Adige: insomma, uno in acqua di mare, uno in quella
di lago e l’ultimo in acqua di fiume, veramente un bel trittico, se c’era
qualche grembiulino dietro. In ogni modo, c’è una mia più approfondita ricerca
sulla vicenda (4).
Sulla qualità dei due “figli” abbiamo qualche dubbio, anche
se il “padre” li raccomandò vivamente a De Mita: possiamo solo affermare che
Follini vide chiaro, ossia che l’abbraccio con Berlusconi avrebbe stritolato la
nuova “piccola DC” e così fu.
Marco Follini, però, era forse troppo intelligente per
essere capito e se ne andò da solo: dopo vari “giri di casacca”, nel 2013
lasciò la politica attiva.
Casini, invece, ha ancora il tempo per dilapidare il poco
rimasto: l’appoggio incondizionato a Mario Monti gli fa dimenticare la natura
interclassista della vecchia “balena bianca”, che mai aveva compiuto simili
sfracelli sociali. E viene duramente punito dagli elettori.
L’incapacità di Casini – il “bello” appunto – è stata quella
di non aver compreso che la DC era una storia finita in anni lontani e che, per
ricostruire qualcosa di cattolico al centro, bisognava avere più pazienza e
nervi saldi. Se, oggi, avesse mantenuto unito uno straccio di partito di
centro, forse qualche chance in più l’avrebbe.
In definitiva, i Tre Porcellini hanno avuto molto dalla
politica, forse troppo per le loro persone e la loro statura politica: erano il
meglio dei “cinquanta-sessantenni” sui quali la vecchia classe politica aveva
puntato. A parte le vicende personali, più da Bagaglino che altro, hanno tutti
fatto una miserrima fine politica. Certo, si godono i soldi e le prebende che
lo Stato assegna ai fidi servitori, come del resto Giorgio Napolitano.
Eppure, fra una decina di giorni – quando un nome dovrà
saltare fuori dall’urna, e non potrà essere Paolino Paperino – può darsi che il
“bel” democristiano abbia la benedizione bi-papale da Oltretevere e quella
politica da un Renzi convinto non tanto dalla bontà della scelta, ma dalla sua
completa nullità, meglio di Napolitano. Un “bello” ci può sempre stare nel
mondo dei “selfie” di Renzi: perché, oltre ai selfie ed alle twittate, c’è
altro?
RispondiEliminaLa scelta non è facile, lo ammetto.
E nemmeno è facile dover piacere al contempo a Washington, a Berlino ed ai gesuiti.
Casini parte bene, ammantato del supergrembiulone del suocero palazzinaro. Ma è belloccio, ed il prossimo Re d'Italia non deve oscurare il premier, in caduta libera nei sondaggi. Perciò propendo per un opaco uomo d'apparato, tipo Mattarella, Visco, Castagnetti.
Conditio sine qua non è che sia democristo: lo vuole il Papi, stanco di questi uomini di "sinistra" (sic!).
Il sorcio Amato contenterebbe tutti, a cominciare dagli yankees: nessuno come lui è riuscito a sgusciare indenne in mezzo a tutti gli intrallazzi e le ruberie degli anni passati, cumulando cariche e pensioni in un profluvio di denaro osceno e ributtante. E' brutto quel tanto che basta a lasciare la scena al puparo di Rignano sull'Arno, sa parlare con quell'abilità leguleia che incanta ed intorta i gonzi ed i lacchè. Nessuno come lui potrebbe farci scivolare a rotta di collo in quella dittatura programmata che sognano i Sovrani del Mondo, finta democrazia rappresentativa svuotata di ogni senso politico e dominata dal capitale estero. Ma l'hanno bruciato con le molte chiamate e poi adesso va di moda il "ggiovane" per il Colle, dopo l'ultimo mammùt, hai visto mai servisse per due mandati.
Una cosa è certa, e mi deriva dalle esperienze passate: sarà peggiore del precedente.
Suggerisco la lettura del libro di Gioele Magaldi "Massoni. Società a responsabilità illimitata".
Fornisce un angolo di visuale che mai avevamo scorto, e mostra come i potenti giochino le loro lotte intestine sulla vita e sul sangue degli esseri umani come fossero pedoni su una scacchiera.
http://www.lafeltrinelli.it/libri/laura-maragnani/massoni-societa-a-responsabilita-illimitata/9788861901599
Grazie per i sorrisi che regali. Lo humour m'incanta sopra ogni altra cosa, in un panorama di scritti noiosi e prolissi.
Eli
Una lettura gradevole, piacevole.
RispondiEliminaE' stato un vero godimento leggere le pennellate, condite di fine humour, che descrivono benissimo una classe politico-dirigenziale mentecatta dell'Etica.
Ed è stato piacevole anche rileggere un tuo articolo sulle strane morti (Bisaglia&C) dei bei tempi, comuni ma andati, dell'Olandese volante.
Buona navigazione
Doc