Gentile Ministro Prestigiacomo,
quella che può osservare nella fotografia, sarebbe il relitto scovato dalla nave oceanografica “Mare Oceano” al largo di Cetraro, in Calabria. Molto probabilmente lo è, perché la nave “Città di Catania” (all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”) fu affondata nel Marzo 1917 da un sommergibile tedesco – all’Ufficio Storico della Marina lo confermeranno di certo – e siamo dunque felici che la “Città di Catania” (proveniente dall’India e diretta a Napoli) sia stata finalmente ritrovata.
Siamo un po’ più freddi, invece, al riguardo della “cessata emergenza” diramata ai quattro venti poiché – a nostro avviso – la conclusione ci sembra cozzare contro le più elementari regole della logica. Soprattutto della logica delle costruzioni navali.
Partiamo dall’inizio.
La presunta “nave dei veleni”, individuata dalla ricerca finanziata dapprima dalla Regione Calabria, doveva essere la Kunsky (che risultava, invece, demolita in Oriente ma, sulle pratiche di demolizione in quelle aree, meglio non fare troppo affidamento) ed invece si scopre che è un relitto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale. Le vendite di pesce sono crollate dell’80%, ed è dunque un bel sollievo sapere che si tratta di un innocente piroscafo italiano.
Ci sono, però, alcune discrepanze fra le due descrizioni, che saltano agli occhi.
Nelle risultanze pubblicate sui primi rilevamenti – quelli ordinati dalla Regione Calabria – si dice che:
E' lei. E' la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E' come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici[1].
Ci sono dei fusti. Fusti in metallo, ovviamente. Peccato, Ministro Prestigiacomo, che lo stivaggio di materiali in fusti metallici non fosse assolutamente in uso agli inizi del ‘900: all’epoca, tutto veniva stivato in barili di legno, tanto che le tabelle d’armamento, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, prevedevano che a bordo vi fosse almeno un mastro bottaio con alcuni aiutanti. Controlli, la prego.
Ci sono dei fusti nei pressi della “Città di Catania”? Approfondisca.
Altro capitolo che non ci convince riguarda le dichiarazioni della “Grande Silenziosa”, la Regia Mar…pardon, oggi Marina Militare Italiana:
Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina Militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (CS) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale.[2]
Ohibò, vuoi vedere che alla gloriosa Marina Italiana era sfuggita la povera “Città di Catania”? Oppure qualcuno se n’era scordato? Per di più: una nave che porta il nome della sua città natale…
Insomma: furono oppure no affondate navi, per eventi bellici, nel mare di Cetraro? Controlli, la prego: se desidera, posso inviarle i riferimenti dell’Ufficio Storico della Marina, ma sono certo che lei già li possiede.
Se il mistero dei fusti e dei barili, più le incertezze della Marina, ancora non la convincono, le sottoponiamo la relazione stesa durante i primi rilevamenti:
L’epoca della costruzione della nave affondata, secondo quanto emerso dai primi rilievi, risalirebbe agli anni `60-´70. Secondo quanto riferito dal procuratore Bruno Giordano, infatti, non sarebbe visibile la bullonatura, il che indurrebbe a pensare che sia stata costruita in quegli anni. Il relitto è coperto da numerose reti da pesca[3].
Non vorremmo tediarla con inutili dissertazioni sulle costruzioni navali, ma vorremmo ricordarle – questa è Storia, non invenzioni – che le prime navi a non avere bulloni per collegare le lamiere alle ordinate furono le corazzate “tascabili” tedesche della classe Admiral Graf von Spee (più precisamente, Admiral Graf von Spee, Admiral Scheer e Deutschland, poi Lützow), le quali – dovendo sottostare ai limiti imposti dalle Conferenze Navali di Londra e Washington – non potevano dislocare più di 10.000 tonnellate.
I tedeschi, per risparmiare il peso dei bulloni, “inventarono” la saldatura della lamiere alle ordinate, il che consentì di costruire navi con cannoni di maggior calibro (280 mm) al posto dei 203 mm dei “classici” incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate.
Tutto questo, per dirle che – come afferma il Procuratore di Paola – se la nave in questione non ha bulloni nello scafo, non può essere la “Città di Catania” (varata nel 1906, quando si “bullonava” sempre, da non confondere con l’omonima nave affondata in Adriatico durante il secondo conflitto mondiale), ma un’altra. Che la Kunsky sia solo un poco più in là? Perché chiudere così frettolosamente le indagini? “Caso chiuso”: così in fretta?
Rimane il mistero del Cesio 137 ritrovato nei molluschi[4], proprio in quel mare: siccome il Cesio 137 non si trova in natura, chi ce lo avrà messo? Lei ha un’idea? Che siano stati gli iraniani?
Le ricordo, infine, che le precedenti rilevazioni stabilirono che – nel mare di Cetraro – il SONAR aveva individuato ben sette “macchie scure”, che non indicano necessariamente una nave, ma che forniscono alte probabilità che lo siano.
Ciò che insospettisce, è che la notizia fu pubblicata da AdnKronos e – proprio mentre scrivevo questo articolo – è sparita! Sì, ritirata dal circuito!
Credo che, anche per lei, la cosa risulterà assai strana.
Non vorremmo che, per correre dietro all’urgenza economica di garantire la pesca, per ovviare alle proteste dei pescatori e per tacitare chi fa “allarmismo”, aveste semplicemente scambiato una nave per un’altra. Capita. In fin dei conti, quel che conta è la verità mediatica: il resto…
Provi a rifletterci un poco; se mai, chieda lumi a Bertolaso ed alla Marina: vedrà che – con un poco di calma e di riflessione – tutto si chiarirà. Come sempre, in Italia.
Articolo liberamente riproducibile nella sua integrità, ovvia la citazione della fonte.
quella che può osservare nella fotografia, sarebbe il relitto scovato dalla nave oceanografica “Mare Oceano” al largo di Cetraro, in Calabria. Molto probabilmente lo è, perché la nave “Città di Catania” (all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”) fu affondata nel Marzo 1917 da un sommergibile tedesco – all’Ufficio Storico della Marina lo confermeranno di certo – e siamo dunque felici che la “Città di Catania” (proveniente dall’India e diretta a Napoli) sia stata finalmente ritrovata.
Siamo un po’ più freddi, invece, al riguardo della “cessata emergenza” diramata ai quattro venti poiché – a nostro avviso – la conclusione ci sembra cozzare contro le più elementari regole della logica. Soprattutto della logica delle costruzioni navali.
Partiamo dall’inizio.
La presunta “nave dei veleni”, individuata dalla ricerca finanziata dapprima dalla Regione Calabria, doveva essere la Kunsky (che risultava, invece, demolita in Oriente ma, sulle pratiche di demolizione in quelle aree, meglio non fare troppo affidamento) ed invece si scopre che è un relitto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale. Le vendite di pesce sono crollate dell’80%, ed è dunque un bel sollievo sapere che si tratta di un innocente piroscafo italiano.
Ci sono, però, alcune discrepanze fra le due descrizioni, che saltano agli occhi.
Nelle risultanze pubblicate sui primi rilevamenti – quelli ordinati dalla Regione Calabria – si dice che:
E' lei. E' la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E' come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici[1].
Ci sono dei fusti. Fusti in metallo, ovviamente. Peccato, Ministro Prestigiacomo, che lo stivaggio di materiali in fusti metallici non fosse assolutamente in uso agli inizi del ‘900: all’epoca, tutto veniva stivato in barili di legno, tanto che le tabelle d’armamento, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, prevedevano che a bordo vi fosse almeno un mastro bottaio con alcuni aiutanti. Controlli, la prego.
Ci sono dei fusti nei pressi della “Città di Catania”? Approfondisca.
Altro capitolo che non ci convince riguarda le dichiarazioni della “Grande Silenziosa”, la Regia Mar…pardon, oggi Marina Militare Italiana:
Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina Militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (CS) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale.[2]
Ohibò, vuoi vedere che alla gloriosa Marina Italiana era sfuggita la povera “Città di Catania”? Oppure qualcuno se n’era scordato? Per di più: una nave che porta il nome della sua città natale…
Insomma: furono oppure no affondate navi, per eventi bellici, nel mare di Cetraro? Controlli, la prego: se desidera, posso inviarle i riferimenti dell’Ufficio Storico della Marina, ma sono certo che lei già li possiede.
Se il mistero dei fusti e dei barili, più le incertezze della Marina, ancora non la convincono, le sottoponiamo la relazione stesa durante i primi rilevamenti:
L’epoca della costruzione della nave affondata, secondo quanto emerso dai primi rilievi, risalirebbe agli anni `60-´70. Secondo quanto riferito dal procuratore Bruno Giordano, infatti, non sarebbe visibile la bullonatura, il che indurrebbe a pensare che sia stata costruita in quegli anni. Il relitto è coperto da numerose reti da pesca[3].
Non vorremmo tediarla con inutili dissertazioni sulle costruzioni navali, ma vorremmo ricordarle – questa è Storia, non invenzioni – che le prime navi a non avere bulloni per collegare le lamiere alle ordinate furono le corazzate “tascabili” tedesche della classe Admiral Graf von Spee (più precisamente, Admiral Graf von Spee, Admiral Scheer e Deutschland, poi Lützow), le quali – dovendo sottostare ai limiti imposti dalle Conferenze Navali di Londra e Washington – non potevano dislocare più di 10.000 tonnellate.
I tedeschi, per risparmiare il peso dei bulloni, “inventarono” la saldatura della lamiere alle ordinate, il che consentì di costruire navi con cannoni di maggior calibro (280 mm) al posto dei 203 mm dei “classici” incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate.
Tutto questo, per dirle che – come afferma il Procuratore di Paola – se la nave in questione non ha bulloni nello scafo, non può essere la “Città di Catania” (varata nel 1906, quando si “bullonava” sempre, da non confondere con l’omonima nave affondata in Adriatico durante il secondo conflitto mondiale), ma un’altra. Che la Kunsky sia solo un poco più in là? Perché chiudere così frettolosamente le indagini? “Caso chiuso”: così in fretta?
Rimane il mistero del Cesio 137 ritrovato nei molluschi[4], proprio in quel mare: siccome il Cesio 137 non si trova in natura, chi ce lo avrà messo? Lei ha un’idea? Che siano stati gli iraniani?
Le ricordo, infine, che le precedenti rilevazioni stabilirono che – nel mare di Cetraro – il SONAR aveva individuato ben sette “macchie scure”, che non indicano necessariamente una nave, ma che forniscono alte probabilità che lo siano.
Ciò che insospettisce, è che la notizia fu pubblicata da AdnKronos e – proprio mentre scrivevo questo articolo – è sparita! Sì, ritirata dal circuito!
Credo che, anche per lei, la cosa risulterà assai strana.
Non vorremmo che, per correre dietro all’urgenza economica di garantire la pesca, per ovviare alle proteste dei pescatori e per tacitare chi fa “allarmismo”, aveste semplicemente scambiato una nave per un’altra. Capita. In fin dei conti, quel che conta è la verità mediatica: il resto…
Provi a rifletterci un poco; se mai, chieda lumi a Bertolaso ed alla Marina: vedrà che – con un poco di calma e di riflessione – tutto si chiarirà. Come sempre, in Italia.
Articolo liberamente riproducibile nella sua integrità, ovvia la citazione della fonte.
[1] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/trovata/trovata.html
[2] Ibidem.
[3] Fonte: Il Secolo XIX – 12 Settembre 2009.
[4] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/risultato-indagini/risultato-indagini.html
ero in cerca di documentazione affidabile per dire esattamente le stesse cose che dice Lei; mi permetto di pubblicare integralmente il suo articolo sul mio blog, ringraziandola per avermi risparmiato la fatica. Grazie e complimenti.
RispondiEliminaPasqualino Placanica
Non so se tu sei un genio o soltanto un sognatore ma questo articolo è veramente sagace. Scorrendo le varie agenzie sul ritrovamento sembrano tutte enfatizzare lo stesso come un "fine della storia". Per quanto mi riguarda prendo atto delle tue considerazioni, specie quelle sulla fabbricazione e sui fusti che sembrano essere elementi lampanti e cercherò di entrare dentro quel dubbio da te instaurato.Comunque non mi meraviglierei se fosse tutta una bufala visto che in Italia si riesce a far passare un pestaggio per una morte naturale e con ciò vorrei sviare un pò l' attenzione su un' altro tema (da te già affrontato) per fare un invito o una mobilitazione sulla questione di Stefano Necchi in quanto credo che se non ci si indigna e non ci si mobilità più, davanti a un chiaro caso di soppruso, vuol dire che a noi non importa più nulla non solo dello stato, non solo dei nostri pari ma neanche di noi stessi permettendo cosi una deriva vioelnta, totalitorista e assolutista di chi ci controlla.Prepariamo anche noi la nostra mozione o scendiamo in piazza tutto ciò non è più ammissibile.Ciao!!
RispondiEliminaCarlo rassegnati, nessuna autorità politica o giudiziaria ammetterà mai che vi sono 20 navi sommerse che contaminano il mare. Se lo facessero significherebbe che chi ha il potere se ne frega della salute dei suoi sottoposti. E' vero, ma non si può dire. C'è in chi è governato un non so che di rassegnazione come dell'agnello che va al macello.
RispondiEliminap.s.
hai visto il nano e baffetto hanno fatto la pace?
scommetti che ora il PD dirà d'Addario chi?
Grazie, Placanica, per la diffusione del pezzo: siccome scrivo per solo dovere d'informazione (meno la narrativa), chiunque diffonda i miei scritti è da ringraziare.
RispondiEliminaNon sono un genio - Marco - solo una persona che. molti anni fa, fu presa dal "pallino" della Storia delle marine Militari e, anche se oggi non ricordo tutto, su alcune cose esenziali non me lo faccio menare, tanto per essere espliciti.
A ben vedere, le due vicende (Cetraro e Stefano) hanno un comune denominatore: lo spregio della verità, il sopruso come mezzo di rapportarsi con la popolazione, la menzogna come prassi politica, l'inciucio perenne della classe politica che fa finta di dividersi in destra e sinistra. E potremmo continuare.
Non sono così sicuro che riusciranno ad insabbiare tutto, perché in Calabria continuano ad avere la cagarella. E se qualche nazione rivierasca decidesse di chiedere più approfondite analisi? Per la cosiddetta opposizione, poi...a me è venuto il sospetto, addirittura, che "Baffino" a Bruxelles faccia parte della "partita" silenzio sulla Calabria.
Hanno accettato di chiarire la questione Stefano (vedremo, poi, come...) ma questa è troppo grossa, l'hanno blindata. Notato il silenzio del PD?
Peccato: ho appena acquistato una barca e dalla Calabria, prima o dopo, pensavo di passarci. Pazienza: da Napoli, rotta per SSW sullo Stretto.
Ciao a tutti
Carlo
Non sono d'accordo sul fatto che la nomina di baffino sia legata alle navi affondate, tanto più che il popolo bue non comprende la gravità di tutto questo. Il "cacarello" lo attribuiranno alle indigestioni dei calabresi, troppa Nduja e Frittole e il popolo calerà la testa. Baffino diverrà ministro degli esteri UE per far allentare la presa sul nanoerectus da parte dei suoi. Non so se repubblica farà lo stesso. La crisi sta passando, nella mia regione sono tutti sereni e satolli il nanoerectus dominerà per altri quindici anni.
RispondiEliminaAltra scommessa, Orazio, sta per scoppiare la "guerra" con la Svizzera per lo scudo fiscale, e il trombatore geriatrico non ce l'ha fatta ad inserire, nascondendolo in un innocuo decreto, il piccolo comma che gli accorciava la prescrizione. Chi è stato? Sempre un uomo di Fini.
RispondiEliminaTutto dipende dalla velocità con la quale i novelli "salvatori" - Fini, Casini Rutelli, ecc - riusciranno a mettersi d'accordo per spartirsi l'eredità. Credimi: la domanda di Vespa - perché il Times ce l'ha così su con lei? - è quella giusta. Poi, ce lo metteranno molto "seriamente", e senza le escort, nello stoppino.
A quanti caffè siamo?
Ciao
Carlo
Nel riconfermare la mia stima per te e la tua proverbiale capacità di analisi geopolitica, devo però ribadire che, per quanto riguarda il nano erectus, egli ormai sta per inchiavadarsi al potere e a rimanervi per altri 15 anni. I suoi nemici e falsi amici si possono rassegnare finiremo sotto la sua dittatura. I caffè li vincerò io.
RispondiEliminaCiao
Detto così, Orazio, non c'è scampo: se il nano lascia prima di 15 anni, paghi tu il caffé?
RispondiEliminaCredimi: lascerà molto, ma molto prima. Io, il caffé lo pago già alla prossima primavera.
Ciao
Carlo
Dici che lascierà la prossima Primavera??? Magari! Basta che come successore non ci metta il figlio!
RispondiEliminaAh, scusate, non è possibile, non c'è più la Monarchia...
Caro Carlo non so se lascerà cosi presto, oggi sul fatto quotidiano si parlava della nuova trasmissione che il Sig Belpietro andrà a condurre presto su rai due, credo che ciò sia un chiaro segnale ( insieme alla questione Marrrazzo) che egli sia più che mai deciso ad andare avanti e non vedo chi dei suoi fidi scudieri sia in grado di trombarlo tra continui passi avanti e indietro di Fini e Tremonti.Non credo che durerà 15 anni ma temo che oramai sia avviato ad essere consacrato come l' uomo dei sogni, come la parte meno sporca del paese, come parte di un sistema, come la "Normalità".
RispondiEliminaBravo Marco hai ragione, il nano erectus i suoi alleati malfidi li triturerà. Fini e Tremonti dovranno allinearsi. A proposito del futuro, alle regionali del 2010 nel Lazio sarà candidata la Carfagna, confortata dai sondaggi. Vedi il seguente link http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/
RispondiEliminaIl popolo laziale dirà se dobbiamo essere governati da un/una irrumator (parola latina) che almeno sia donna.
A questo punto il nano semper erectus si farà nominare presidente a vita.
Con i caffè che vincerò potrò aprire un BAR.
Caro Carlo hai fatto bingo: Non è per caso che avevi ragione tu? http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2009/11/03/visualizza_new.html_993338698.html
RispondiEliminaBuongiorno a tutti, controllate questo
RispondiEliminaMare Oceano 04:07
http://www.youtube.com/user/minambiente#p/u/75/F1MJPWk9aOQ
======================================
Copernaut 08:24
http://www.youtube.com/watch?v=w_9o257NJKs
=======================================
Guardate i due filmati, il primo effettuato dalla Mare Oceano al punto 04:07 e l'altro dalla Copernaut al punto 08:24 si nota sulla nave la forma del nr. 6 ed i relativi oblò, sembrerebbe che sia la stessa nave filmata ................non so', cosa ne pensate voi.......addirittutra abbiamo la stessa incrostazione su un oblò al punto 04:11 e 08:24...
Buongiorno, vorrei muoverle questo appunto. Non entro nel merito della questione dell'identità della nave trovata al largo di Cetraro, ma, da appassionato di Regia Marina e navi italiane nelle due guerre, le faccio notare che anche lei fa un po' di confusione tra i vari "Catania" e "Città di Catania". Innanzitutto, trovo piuttosto risibile la spiegazione "all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”" perchè semplicemente non vera. Come potrà notare anche solo con qualche superficiale ricerca Internet, ci sono innumerevoli navi affondate nella 1a G.M. che hanno il nome di una città, senza nessun "Città di" davanti. Il piroscafo affondato nel 1917 si chiamava "Catania" e basta. Il "Città di Catania", già in servizio durante la prima guerra mondiale (quando servì come incrociatore ausiliario per la Regia Marina), era invece un piroscafo appartenente ad un gruppo di quattro moderne (per l'epoca) unità costruite per le FS, con caratteristiche similari (ma non gemelle): "Città di Catania", "Città di Siracusa", "Città di Palermo" e "Città di Messina". Ed è questa la nave affondata nel 1943 in Adriatico, con 256 vittime, aggiungo. La foto che lei appone ad incipit del post non è del "Catania" affondato nel 1917, bensì di quello perduto nel 1943. Da ultimo c'è da dire che vi è stato almeno anche un altro "Catania" in quel periodo, un piroscafo affondato da bombardamento nel porto di Napoli nel 1943. (Lo so che il post è vecchio di anni, ma c'è sempre tempo per la pignoleria).
RispondiEliminaLorenzo Colombo
Buongiorno, vorrei muoverle questo appunto. Non entro nel merito della questione dell'identità della nave trovata al largo di Cetraro, ma, da appassionato di Regia Marina e navi italiane nelle due guerre, le faccio notare che anche lei fa un po' di confusione tra i vari "Catania" e "Città di Catania". Innanzitutto, trovo piuttosto risibile la spiegazione "all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”" perchè semplicemente non vera. Come potrà notare anche solo con qualche superficiale ricerca Internet, ci sono innumerevoli navi affondate nella 1a G.M. che hanno il nome di una città, senza nessun "Città di" davanti. Il piroscafo affondato nel 1917 si chiamava "Catania" e basta. Il "Città di Catania", già in servizio durante la prima guerra mondiale (quando servì come incrociatore ausiliario per la Regia Marina), era invece un piroscafo appartenente ad un gruppo di quattro moderne (per l'epoca) unità costruite per le FS, con caratteristiche similari (ma non gemelle): "Città di Catania", "Città di Siracusa", "Città di Palermo" e "Città di Messina". Ed è questa la nave affondata nel 1943 in Adriatico, con 256 vittime, aggiungo. La foto che lei appone ad incipit del post non è del "Catania" affondato nel 1917, bensì di quello perduto nel 1943. Da ultimo c'è da dire che vi è stato almeno anche un altro "Catania" in quel periodo, un piroscafo affondato da bombardamento nel porto di Napoli nel 1943. (Lo so che il post è vecchio di anni, ma c'è sempre tempo per la pignoleria).
RispondiEliminaLorenzo Colombo