A dire il vero, non ho gran voglia di tornare sulla vicenda di Italianova ma, siccome qualcuno – nemmeno poi troppo velatamente – lo ha chiesto nei commenti, non mi esimerò dal farlo.
Italianova nacque, per modo di dire, nel Febbraio del 2008 quando acquistai il dominio. Il nome era mutuato dal “dolce stil novo”, una trasposizione di quella che fu la nascita della nostra lingua, con la speranza di veder nascere un nuovo modo di fare politica.
L’idea era quella di creare un gruppo di persone affiatate, per riuscire a riunire i tanti che s’aspettavano qualcosa dal Web in termini di nuova politica, e che erano stufi di commentare soltanto sul blog di Grillo (o su altri) senza, però, intravedere un futuro coeso, una prassi, un progetto che avesse una scansione e dei tempi.
In questo senso, bisogna dire che Italianova possedeva dei connotati veramente innovativi: tanto per citarne uno solo, non era possibile commentare gli articoli o i punti del programma, ma solo proporre un’alternativa coerente con il resto dell’architettura. In altre parole, chi desiderava partecipare ad Italianova doveva impegnarsi in prima persona, non limitarsi al “quoto” e “non quoto”.
Ben presto si creò spontaneamente un gruppo: facilmente, come avviene sul Web, ma il problema della distanza ci limitava parecchio. In media, avevamo qualche centinaio di chilometri l’uno dall’altro.
Questo fu uno dei fattori che sottovalutammo: qualche volta riuscimmo ad incontrarci, ma per poche ore e senza conoscerci a fondo. E, se non ti conosci a fondo, la fiducia ha sempre qualche aggettivo che l’accompagna. Di troppo.
Il lavoro proseguì bene per tutta la Primavera e l’Estate, al punto che – a Settembre – eravamo pronti per il debutto: il sito era abbastanza ricco, c’era un programma politico completo, un metodo di lavoro (almeno, a grandi linee), e tanto entusiasmo. Avevamo già addirittura steso, a mo’ di esempio, una Proposta Operativa per l’Energia, in pratica una bozza di legge soltanto da tradurre nel linguaggio giuridico.
Le note dolenti erano che il programma l’avevo scritto quasi tutto io e, anche se desideravamo proprio l’opposto, alcuni del gruppo (eravamo otto, se ben ricordo) finivano per “quotare” o poco più.
Italianova divenne ben presto un luogo dove ciascuno faceva il suo dovere, ma a lavorare veramente eravamo in tre: gli altri, fornivano solo qualche contributo occasionale.
Il 23 di Settembre andammo on-line ma, la sera precedente, avevo chiesto al webmaster di pubblicare un ulteriore, brevissimo articolo: in pratica, una vignetta su Alitalia. Per suoi motivi, il webmaster mi rispose che l’avrebbe pubblicata solo il giorno dopo.
Non compresi perché, visto che ci volevano pochi minuti, non fosse possibile farlo. Rispose che non aveva tempo.
Io, chi mi conosce personalmente lo sa, ho un vero e proprio carattere di m…, nel senso che “prendo fuoco” facilmente. Altrettanto facilmente, però, mi “spengo”.
Preso dalla rabbia, scrissi che, se non riuscivamo a postare un articolo in un giorno, potevamo fare a meno di continuare.
Da lì, nacque un torrente di ritorsioni, liti e quant’altro, che condusse alla fine di Italianova.
Ovviamente, se avessimo avuto la possibilità di vederci, di parlarci di persona, probabilmente tutto si sarebbe appianato: anzi, forse non sarebbe nemmeno successo tutto quel can can.
Questa è, in estrema sintesi, la storia di Italianova: qual che conta, però, è capire cosa si mosse “sotto”.
Anzitutto, in Italianova non si muoveva foglia senza che io l’approvassi: era quasi normale, poiché ero stato io ad avere l’idea, a progettarla a grandi linee, a stendere la prassi di lavoro.
Questo è il primo limite di un’iniziativa che parte da una sola persona: si finirà sempre “ospiti” in quella casa, mai comproprietari.
Sull’altro versante, io ero l’unico che aveva qualcosa da perdere: anni di lavoro sul Web sarebbero dovuti “migrare” su Italianova, con tutto quel che significava, per me, abbandonare questo blog.
Anche altre esperienze, simili, sono naufragate oppure non decollano: dalla “Repubblica dei Cittadini” di Beha & Veltri agli “affanni” nei quali si dibatte Pandora. Anche Contragorà finì nel nulla, anche se aveva un diverso obiettivo.
Il Web è benedizione e maledizione al tempo stesso, poiché ti consente una facilità di contatti senza limite, ed altrettanto facilmente non ti consente di superare l’aggregazione puramente virtuale. Per questo, i partiti tradizionali “tengono”, oltre, ovviamente, per il fiume di soldi che hanno a disposizione.
Il problema “soldi” non è da sottovalutare: se si decide d’incontrarsi, come s’organizza tutto senza fondi? Non è bello leggere sul sito de “Il bene comune” che l’iscrizione costa 10 euro, ma si può capire, anche se non fa un bel effetto.
La gestione di iniziative come queste, poi, richiede capacità organizzative che io, solo, non sarei stato in grado di reggere: ricordo che uno dei problemi fu la gestione della posta. Chi si sarebbe assunto l’onere? E come coniugare la partecipazione di tutta la redazione, o “gruppo originario”, senza creare confusione?
Il paradosso che ho scorto nella vicenda di Italianova è che si trova accordo sui “massimi sistemi” in pochi minuti, mentre la gestione di una semplice matita richiede sforzi titanici.
Dopo l’esperienza di Italianova, il mio pessimismo è maturato e cresciuto: non per le persone (ottime per tanti aspetti), per l’iniziativa (che era fulgida) ma nella constatazione che è terribilmente difficile far convivere le idee con la prassi quotidiana. Quasi quasi, riesco a capire le difficoltà nelle quali si dibattono anche partiti come il PD: poggiano su una base clientelare ma, fuori da quel metodo, come possono rinnovarsi?
Perciò, ho preferito parlarne una volta per tutte per spiegare cosa fu Italianova: mi è difficile spiegare altro, perché mi rendo conto che ho bisogno di critica, ovvero di qualcuno che – non avendo partecipato all’iniziativa – possa farlo. Aspetto dunque i vostri commenti e cercherò più il dibattito che una sorta di “spiegazione”. In altre parole, voglio uscire – psicologicamente – dalla “gabbia” di Italianova: magari “primus” se altri lo desiderano, ma mai più solo. Sempre “inter pares”.
Italianova nacque, per modo di dire, nel Febbraio del 2008 quando acquistai il dominio. Il nome era mutuato dal “dolce stil novo”, una trasposizione di quella che fu la nascita della nostra lingua, con la speranza di veder nascere un nuovo modo di fare politica.
L’idea era quella di creare un gruppo di persone affiatate, per riuscire a riunire i tanti che s’aspettavano qualcosa dal Web in termini di nuova politica, e che erano stufi di commentare soltanto sul blog di Grillo (o su altri) senza, però, intravedere un futuro coeso, una prassi, un progetto che avesse una scansione e dei tempi.
In questo senso, bisogna dire che Italianova possedeva dei connotati veramente innovativi: tanto per citarne uno solo, non era possibile commentare gli articoli o i punti del programma, ma solo proporre un’alternativa coerente con il resto dell’architettura. In altre parole, chi desiderava partecipare ad Italianova doveva impegnarsi in prima persona, non limitarsi al “quoto” e “non quoto”.
Ben presto si creò spontaneamente un gruppo: facilmente, come avviene sul Web, ma il problema della distanza ci limitava parecchio. In media, avevamo qualche centinaio di chilometri l’uno dall’altro.
Questo fu uno dei fattori che sottovalutammo: qualche volta riuscimmo ad incontrarci, ma per poche ore e senza conoscerci a fondo. E, se non ti conosci a fondo, la fiducia ha sempre qualche aggettivo che l’accompagna. Di troppo.
Il lavoro proseguì bene per tutta la Primavera e l’Estate, al punto che – a Settembre – eravamo pronti per il debutto: il sito era abbastanza ricco, c’era un programma politico completo, un metodo di lavoro (almeno, a grandi linee), e tanto entusiasmo. Avevamo già addirittura steso, a mo’ di esempio, una Proposta Operativa per l’Energia, in pratica una bozza di legge soltanto da tradurre nel linguaggio giuridico.
Le note dolenti erano che il programma l’avevo scritto quasi tutto io e, anche se desideravamo proprio l’opposto, alcuni del gruppo (eravamo otto, se ben ricordo) finivano per “quotare” o poco più.
Italianova divenne ben presto un luogo dove ciascuno faceva il suo dovere, ma a lavorare veramente eravamo in tre: gli altri, fornivano solo qualche contributo occasionale.
Il 23 di Settembre andammo on-line ma, la sera precedente, avevo chiesto al webmaster di pubblicare un ulteriore, brevissimo articolo: in pratica, una vignetta su Alitalia. Per suoi motivi, il webmaster mi rispose che l’avrebbe pubblicata solo il giorno dopo.
Non compresi perché, visto che ci volevano pochi minuti, non fosse possibile farlo. Rispose che non aveva tempo.
Io, chi mi conosce personalmente lo sa, ho un vero e proprio carattere di m…, nel senso che “prendo fuoco” facilmente. Altrettanto facilmente, però, mi “spengo”.
Preso dalla rabbia, scrissi che, se non riuscivamo a postare un articolo in un giorno, potevamo fare a meno di continuare.
Da lì, nacque un torrente di ritorsioni, liti e quant’altro, che condusse alla fine di Italianova.
Ovviamente, se avessimo avuto la possibilità di vederci, di parlarci di persona, probabilmente tutto si sarebbe appianato: anzi, forse non sarebbe nemmeno successo tutto quel can can.
Questa è, in estrema sintesi, la storia di Italianova: qual che conta, però, è capire cosa si mosse “sotto”.
Anzitutto, in Italianova non si muoveva foglia senza che io l’approvassi: era quasi normale, poiché ero stato io ad avere l’idea, a progettarla a grandi linee, a stendere la prassi di lavoro.
Questo è il primo limite di un’iniziativa che parte da una sola persona: si finirà sempre “ospiti” in quella casa, mai comproprietari.
Sull’altro versante, io ero l’unico che aveva qualcosa da perdere: anni di lavoro sul Web sarebbero dovuti “migrare” su Italianova, con tutto quel che significava, per me, abbandonare questo blog.
Anche altre esperienze, simili, sono naufragate oppure non decollano: dalla “Repubblica dei Cittadini” di Beha & Veltri agli “affanni” nei quali si dibatte Pandora. Anche Contragorà finì nel nulla, anche se aveva un diverso obiettivo.
Il Web è benedizione e maledizione al tempo stesso, poiché ti consente una facilità di contatti senza limite, ed altrettanto facilmente non ti consente di superare l’aggregazione puramente virtuale. Per questo, i partiti tradizionali “tengono”, oltre, ovviamente, per il fiume di soldi che hanno a disposizione.
Il problema “soldi” non è da sottovalutare: se si decide d’incontrarsi, come s’organizza tutto senza fondi? Non è bello leggere sul sito de “Il bene comune” che l’iscrizione costa 10 euro, ma si può capire, anche se non fa un bel effetto.
La gestione di iniziative come queste, poi, richiede capacità organizzative che io, solo, non sarei stato in grado di reggere: ricordo che uno dei problemi fu la gestione della posta. Chi si sarebbe assunto l’onere? E come coniugare la partecipazione di tutta la redazione, o “gruppo originario”, senza creare confusione?
Il paradosso che ho scorto nella vicenda di Italianova è che si trova accordo sui “massimi sistemi” in pochi minuti, mentre la gestione di una semplice matita richiede sforzi titanici.
Dopo l’esperienza di Italianova, il mio pessimismo è maturato e cresciuto: non per le persone (ottime per tanti aspetti), per l’iniziativa (che era fulgida) ma nella constatazione che è terribilmente difficile far convivere le idee con la prassi quotidiana. Quasi quasi, riesco a capire le difficoltà nelle quali si dibattono anche partiti come il PD: poggiano su una base clientelare ma, fuori da quel metodo, come possono rinnovarsi?
Perciò, ho preferito parlarne una volta per tutte per spiegare cosa fu Italianova: mi è difficile spiegare altro, perché mi rendo conto che ho bisogno di critica, ovvero di qualcuno che – non avendo partecipato all’iniziativa – possa farlo. Aspetto dunque i vostri commenti e cercherò più il dibattito che una sorta di “spiegazione”. In altre parole, voglio uscire – psicologicamente – dalla “gabbia” di Italianova: magari “primus” se altri lo desiderano, ma mai più solo. Sempre “inter pares”.
Poi, a Febbraio, mi deciderò a disdire il dominio.
La rete è solo un altro mezzo per comunicare ed i meccanismi umani alla sua base sono sempre gli stessi. Perché un progetto qualsiasi (dalla programmazione alla politica) funzioni e diventi aggregante in Rete ci vuole comunque e sempre un leader carismatico e capace che si faccia un mazzo tanto e per un tempo adeguatamente (ovvero molto) lungo.
RispondiEliminaTi leggo relativamente da poco tempo, ma vedo in te Carlo eccellenti qualità. Ma i tuoi obiettivi con italianova erano forse troppo ambiziosi.
Forse doveva partire semplicemente come "one man project" attorno al quale creare pian piano una comunità. Come alcuni hanno già fatto, con più o meno successo. E non parlo solo di Beppe Grillo, che ha dalla sua una popolarità televisiva costruita in precedenza. Penso ad esempio a "Giornalismo Partecipativo" di Gennaro Carotenuto, ma ne esistono tanti altri di esempi del genere.
Caro Carlo,
RispondiEliminaRicordo quando mi hai invitato a farne parte ed io ho semplicemente fatto 'spallucce'. Non perché non ci tenga ad avere un'Italia migliore, ma perché non mi sento in grado di fornire contributi esaustivi (mi avevi chiesto di tradurre alcuni articoli dal francese che dopo una breve ricerca non sono riuscito a trovare), infatti mi vergognavo quando ti commentavo.
Mi spiace che il tuo progetto non sia diventato il nostro.
Un abbraccio.
René.
Salve a tutti,
RispondiEliminae grazie Carlo per aver messo a disposizione un po' dei retroscena di Italianova.
Ritengo infatti che, se riusciamo a comprendere le difficoltà intrinseche a lanciare un progetto di questo tipo, la fenice possa rinascere dalle sue ceneri più splendente di prima e fare un lungo volo.
I primi passi di Italianova, inoltre, rappresentano in piccolo le difficoltà della democrazia partecipata in generale, e la conseguente aspirazione della gente a cercarsi un leader carismatico che possa, presumibilmente, risolvere i problemi e prendere decisioni (nel bene e nel male...) senza troppi indugi.
Ma tornando a Italianova, un'idea che mi è passata per la testa è questa: la chiave per il successo di un progetto di questo tipo è quella di aggregare persone.
La situazione attuale (sul web e non solo) qual è?
E' un'immensa e frammentata accozzaglia di voci, pareri, siti, alcuni informati e ben tenuti altri no, alcuni in stato di semi-abbandono altri frequentati, e molta gente a cui non interessa avere un proprio spazio personale che si limita a dire la sua in qualche forum, blog, chat o quant'altro, senza contare chi legge più o meno interessato e non interviene.
Secondo me questo va benissimo, perchè è in sostanza il sale della democrazia: ognuno dice la sua, qualcuno lo si ascolta di più, qualcuno di meno, in una sorta di caos creativo a cui più o meno tutti possono o meno partecipare.
Quello che manca al caos, molto banalmente, è l'ordine... quello che consentirebbe di far sì che questa miriade di persone abbiano effettivamente modo di scegliere consapevolmente il proprio destino.
Un ordine che sia, paradossalmente, anche una garanzia per l'attuale caos.
La difficoltà sta proprio in questo, secondo me: creare una sorta di aggregazione che non rappresenti un'unificazione, che non si contrapponga al caos e all'individualismo, insomma, ma che possa coesistervi e valorizzarli.
Questo non è per niente facile, ma se si riesce a impostare l'impresa in questo modo quello che prima rappresentava un freno diventerebbe un'immensa leva al sevizio della pluralità del web e della società.
Questo sarebbe il progetto davvero innovativo.
L'alternativa, più semplice e consolidata, sarebbe quella di trovare un leader che porti avanti un progetto politico migliore di quello proposto dall'attuale classe dirigente. Insomma, un "general Bertani" (o chi per te) che voglia davvero anteporre l'interesse della collettività a quello suo personale e della sua cerchia, e cerchi l'appoggio della massa, partendo però da una solida struttura gerarchica che non lasci ambiguità e incertezze riguardo ai processi decisionali, e sia dunque più efficace nel governare. In questo caso il prezzo dell'efficienza sarebbe un inevitabile appiattimento, senza reale partecipazione popolare se non nell'esprimere una preferenza per questo o quello.
Se questa può apparire come una scelta povera, ci tengo a sottolineare che, per come siamo messi adesso, optando per un "generale" discretamente valido si avrebbe probabilmente un miglioramento rilevante della nostra situazione attuale: valorizzazione del patrimonio artistico, delle risorse energetiche, laureati e laureandi che forse verrebbero in Italia dall'estero al posto che scapparsene via, aumento dei salari e dell'occupazione e chi più ne ha più ne metta.
Ovviamente anche a me piacerebbe che si arrivasse a questo attraverso una democrazia partecipata, ma occorre essere pragamatici: se il meglio utopistico non è fattibile è preferibile puntare alla miglior soluzione realistica, a misura del livello di evoluzione della società in cui viviamo e di noi stessi. Pretendere di più sarebbe sciocco e dannoso.
Non dimentichiamoci però che siamo ancora ad un bivio, e forse vale la pena di dare una seconda chance a un progetto di democrazia partecipata (magari tenendo pronto il piano B...)
Bye bye
S.
E' ancora presto - da parte mia - per intervenire: mancano ancora altre voci, nuovi "input".
RispondiEliminaVoglio solo rassicurare René: non c'è nessun problema per quegli articoli dal francese, ci mancherebbe: ça va?
Una sola nota: questo post rimarrà "attivo" - nel senso che continuerò a seguirlo - anche se verranno pubblicati altri post. Questo, solo per ricordare che, quando comparirà un nuovo post, questo non sarà "morto".
Aspetto altre critiche ed idee.
Grazie a tutti
Carlo
Caro Carlo,
RispondiEliminanon conosco l'esperienza "Italianova". Ne ho appreso i contenuti leggendo i commenti nel tuo blog e poi nel tuo ultimo post.
Non ho quindi molti elementi per poter fare delle valutazioni approfondite sulla faccenda. Ma, dato che tu, comunque, ci chiedi un contributo, proverò a fare delle considerazioni di carattere generale.Però, fammelo dire, siete partiti un pò in pochini per pretendere di essere o rappresentare un movimento ;-)
Una operazione come quella da te descritta sarebbe più esatto definirla un tentativo, fatto sfruttando l'enorme potenzialità di internet, di iniziare una sorta di nuova esperienza editoriale.
E la cosa va benissimo. E' quello che bisogna fare per partire.
Mi spiego meglio (ci provo, almeno).
1)A mio avviso il primo passo da compiere per chi voglia diffondere le proprie idee all'interno della società (per cercare di cambiarla) è quello di farle conoscere il più possibile. Ecco quindi che l'esperienza editoriale (portata avanti in genere da pochi individui fini pensatori, in grande sintonia), diventa la pietra fondante, l'embrione iniziale da cui partire per far crescere il progetto politico.
2)Poi, intorno a queste idee, che ora non girano più solo nelle nostre teste, ma hanno assunto un aspetto concreto e tangibile (carta canta), visibile e comprensibile a tutti (nel bene e nel male, ovviamente), si può cercare di costruire un movimento, coinvolgendo una più vasta platea di persone.
3)Una volta che il movimento si è diffuso ed è entrato in tutti livelli della società civile, sensibilizzando strati importanti (e diversi per estrazione e
cultura) della popolazione, c'è la possibilità di fare un ulteriore e decisivo passo avanti: traformare il movimento in partito politico (se non vi piace questo termine, poichè in Italia, paese della partitocrazia, esso ha assunto una accezione negativa, usatene un altro, tipo schieramento, consorteria, gruppo, fazione, il
discorso non cambia).
Io, per partito politico intendo questo: un'associazione tra persone accomunate da
una affine visione su questioni fondamentali relative alla vita sociale. Da quelle più generiche come la gestione dello Stato, l'organizzazione collettiva, a quelle più specifiche come la gestione dell'energia, dell'acqua, ecc. Queste persone desiderano ardentemente che la loro visione della cose si realizzi nella vita
pubblica del paese in cui vivono. Dato che noi viviamo (almeno fino adesso) in una democrazia rappresentativa, per influenzare le decisioni pubbliche è necessario partecipare alle elezioni per poter occupare le cariche elettive attraverso le
quali poi poter esercitare il potere esecutivo e realizzare il proprio progetto politico.
I tre passi che ho descritto hanno tutti e tre bisogno di due elementi fondamentali, senza i quali non si riescono a compiere:
a) è necessaria una razionale ed efficiente organizzazione tra le persone che partecipano al progetto, in modo da sapere con una certa sicurezza chi fa che cosa. E questo è tanto più vero quanto più persone sono coinvolte nel progetto.
b) ci vogliono risorse, molte risorse. E la necessità aumenta esponenzialmente con l'avanzare del progetto.
c) ci vuole tempo.
In sostanza fare politica, oltre a richiedere un notevole impegno personale, costa un mucchio di quattrini!!
(continua......)
(.....segue dal precedente)
RispondiEliminaMa allora, perchè ci si butta in queste imprese senza avere adeguate risorse? Credo che il fattore decisivo sia che oggi compiere il primo dei tre passi, ovvero mettere su un progetto editoriale, sia molto (oserei dire, troppo) facile. Tirar su
un sito come quello citato da Carlo Fusco nel suo commento ha un costo veramente irrisorio, grazie agli strumenti informatici ed internet.
Questa assenza di ostacoli pratici (prima dovevi convincere un editore o comunque un finanziatore e trattare con lui, poi dovevi cercare una tipografia, quindi ti
toccava provare a vendere o, alla peggio, regalare le copie, ecc.), rende molto semplice partire, anche da soli. Ma poi, se si vuole continuare e se si vuol crescere ci vogliono sempre e comunque risore finanziare ed umane. Uomini e soldi sono il binomio imprescindibile di qualsiasi progetto umano.
Tutto 'sto panegirico per dirti, caro Carlo, che l'iniziativa da voi intrapresa è ottima. Ma bisogna anche rendersi conto che è solo il tentativo di fecondare
l'embrione di quello che potenzialmente potrà diventare dopo molto molto tempo,
fatica e danè un movimento, e forse, chissà, un partito politico.
Per quanto riguarda il tuo ruolo in questa avventura, credo che potresti rivestire la posizione di "ideologo" del movimento. Dato che come dici tu stesso hai un
brutto carattere :-)
Così non devi stare a litigare con nessuno per questioni pratiche, ma discuti solo delle idee.
Ogni movimento ha grande bisogno di chi specula, pensa e teorizza e potresti essere l'ispiratore (non dico l'unico ma almeno uno degli), del movimento. Fare opinione è un ruolo molto importante. Mi riferisco, ad esempio, al modello
anglossassono delle fondazioni che che ispirano le politiche dei partiti. In quest'ottica, con l'evolversi del movimento il tuo sito potrebbe traformarsi e
divenire una sorta di serbatoio di pensiero attraverso cui dare, a chi fa politica nel movimento, informazioni, consigli e previsioni, valutando le possibilità insite in una data politica pubblica, individuandone opportunità, risorse, obiettivi e
conseguenze reali.
Lascerei ad altri il compito di fungere da leader-trascina popolo, ad altri ancora il compito di organizzare, dirigere, assegnare, eseguire, partecipare, ecc..
(scusa per il doppio mega-commento)
Bye bye,
Alex
Complimenti per l' onestà intellettuale che ti distingue e per avere fatto partecipe noi tutti dei problemi e dei retrocena di Italianova. Anche io avevo speso molto del mio tempo per leggere tutto il tuo programma ed ero pronto a sottoscriverlo in quanto, almeno ideologicamente, lo sentivo molto vicino ai miei propositi e quando assai precocemente si è interrotto il programma sono rimasto sorpreso.Io credo che questa nostra socetà veloce e nevrotica comunque lasci veramente pochi spazi, quanto mi piacerebbe partecipare ad un progetto come il tuo ( ed in piccola parte già lo faccio in politica) però mi rendo conto che trovare spazi e forza è difficile. Caro Carlo ti reputo un condottiero ed un maestro però un grande progetto ha bisogno di grandi strutture e di un grande impegno è per questo che io avrei visto bene il tuo progetto all' interno di un altro o sottoforma di lista civica (agganciata sempre a qualche movimento o partito) o sottoforma di programma informativo attraverso anche carta stampata, magari all' inizio solo locale.( e magari anche in qualche tv locale come approfondimento).Spesso nei miei semplici post di risposta sul tuo sito denuncio spesso l' eccessiva frammentazione che c'è non solo tra la classe politica ma anche tra la classe intellettuale, specialmente quella più vicino al centro sinistra ed io la continuo a trovare devastante soprattutto in un paese dove la gente non ha mai cercato aggregazione ma soltanto un capo gregge che li guidasse nei meandri del nepotismo ( se tu dai una cosa a me io ti do una cosa a te).Caro Carlo è vero quando tu dici che io cerco rappresentanza proprio perchè non ho quelle capacità e forza intellettuale che contraddistingue te e molti altri e se voi continuate a disgragarvi noi saremo sempre più deboli tirati da centinaia di fili che ci destabililizzeranno ancora di più e nel frattempo la parte marcia del paese crescerà sempre di più e allora la deriva sarà completa e questo paese si uniformerà sempre più a quel sud sempre più povero e sempre più schiavo di quella malavita che rappresenta la sua unica forma di sostentamento.Ciao a tutti!!
RispondiEliminaGrazie Carlo,
RispondiEliminaça va bien!
a' bientot... bisous.
René.
La prima sintesi che mi sembra di cogliere è che ci sia una gran voglia di roba tipo Italianova.
RispondiEliminaNon che siti e blog scarseggino, ma un progetto molto "aperto", che consentisse - partendo da un programma di massima - di proporre soluzioni, grandi danni non ne può fare. Anzi.
Come tutti voi avete ricordato - pur con le interpretazioni personali e con il "sentire" proprio di ciascuno di noi - è che si tratta di una traversata del deserto.
Che ti può sfiancare se pensi d'arrivare domattina ma, se hai acqua e viveri, puoi anche permetterti di compiere con tutta calma.
Una ri-pubblicazione del sito sarebbe possibile, e nell'estate potrei mettere tutto a posto per farlo nel prossimo Autunno.
In fin dei conti, mio padre amava ricordarmi: tu fallo poi, al massimo, dì che ti sei sbagliato.
Grazie a tutti
Continuiamo pure
Carlo
Ciao Carlo
RispondiEliminaDa questa tua iniziativa cercherò di imparare qualcosa per Ecolcity
Alcuni consigli mi sento di darteli:
Io scarterei il leader carismatico, per quanto tu ne abbia finiresti ad essere uno tra i tanti.
Forse l'errore che noto è quello di voler costruire un movimento che abbia un programma di interventi a livello nazionale.
Penso che questo sia un progetto troppo ambizioso per iniziare; avresti dovuto iniziare con qualcosa legato alla tua circoscrizione o alla tua città.
Cambiare l'Italia senza mai fare esperienza di come si cambia un quartiere, una circoscrizione, una città, mi sembra eccessivo.
Io ho lanciato la mia iniziativa dei villaggi ecologici, ma già da alcuni anni, mi sono fatto eleggere, dove abito, come consigliere di scala e di super condominio, 80 famiglie per 3 palazzine 240 famiglie, almeno 700-800 persone.
Da questa esperienza ho avuto molti insegnamenti, sulle dinamiche che si creano tra le persone per la gestione di aggregati comuni.
Credo che il tuo errore di fondo sia quello di pensare che in questa Italia si possa cambiare qualcosa, radunando le forze sane e pensanti della società.
Non ti basta l'esperienza di Di Pietro, l'italiano in maggioranza, si riconosce nel nano marlusconi e non in un Di Pietro.
La verità è che l'italiano medio è un poveraccio, ignorante, egoista e celebro leso (quest'ultima non per colpa sua).
Se vuoi unire delle persone intelligenti per fare qualcosa, non le unire per cambiare il destino degli italiani, è inutile.
Crea gruppi per cambiare il vostro destino, nei confronti della brutta fine che farà l'Italia.
Fai una analisi di possibili futuri scenari e costruisci insieme a loro progetti concreti di salvataggio, dei risparmi, della salute, della proprietà, ecc..
Se poi una volta raccolte numerose
persone, su un progetto di costruzione di una alternativa di vita, si creeranno i presupposti perché questi gruppi possano intervenire attraverso la politica per risolvere i problemi del paese, ci si proverà; altrimenti almeno avranno costruito una alternativa per se stessi.
La crisi in Italia, potrà prendere 2 strade, o verrà superata, magari lasciando ulteriore debiti ai posteri; ed allora si ricreerà una clima di nuova falsa fiducia è per qualche anno ed ogni possibilità di cambiamento sarà impossibile; o ci sarà un declino che per quanto potrà essere lento, detterà lui le regole.
A meno che non ci siano persone che nel frattempo abbiano creato progetti concreti e facilmente ripetibili, che le persone possano seguire in alternativa al sicuro regime che tenteranno di imporre.
Quindi, non progetti per cambiare il sistema, ma per far uscire il maggior numero di persone dal sistema per indebolirlo.
Saluti
Roberto
Beh, Roberto, la cosa si chiude da sé perché io non ho mai voluto partecipare alle elezioni a livello locale. Fui in lista molti anni fa, ma tirato per i capelli.
RispondiEliminaMi resi conto di non essere tagliato per queste cose: ciascuno ha proprie inclinazioni, e la mia non è quella del "piccolo" ma del "Pan".
L'errore di Italianova fu, principalmente, quello di credere che un movimento od un partito sarebbe nato soltanto perché eravamo i più belli della nidiata. Pensa te.
C'è una terza possibilità, che forse non hai valutato: un default, anche solo tipo 1992.
In quel caso, energie nuove sarebbero utili e servirebbe anche qualche vecchietto come me, tanto per dare qualche consiglio.
Forse, l'impostazione pensata da Alex ("ideologo" mi fa quasi sorridere, ma ho capito il concetto) non è poi così peregrina.
Buttare in rete contenuti e progetti politici, a disposizione di vorrà partecipare, modificare, provarci.
Poi, se vorranno, potranno continuare. Per me, comprendimi, è anche importante capire i limiti di quello che potrebbe essere il mio ruolo, perché io non voglio più coinvolgimenti così profondi come per la prima Italianova.
Comunque, qualcosa sta uscendo. Tiremm innanz
Ciao
Carlo