Ieri sera ho guardato Anno Zero: erano mesi che non lo facevo più, e che risparmiavo d’incazzarmi. Peggio per me.
Quello che mi ha fatto trasalire è stata la nonchalance con la quale hanno sorvolato – tutti – d’approfondire l’immonda questione del petrolio lucano. Non so se ne ha parlato Travaglio in apertura, perché quando ho acceso il televisore il programma era già iniziato.
Si viene così a sapere che i lucani ricevono soltanto il 7% dei proventi petroliferi: qui, San Toro afferma che “nessuno paga il petrolio così poco”. Il che, è vero solo in parte. Qualcuno potrebbe pensare che il 7% sia poco…magari il 10% no…insomma: la maggioranza degli italiani conosce poco la ripartizione dei proventi petroliferi e, un programma serio, su un aspetto così importante non doveva sorvolare.
Soprattutto, perché c’è un precedente che sarebbe stato giusto raccontare. Lo farò io.
Siamo nell’Iran del primo dopoguerra: il giovane Scià Reza Phalavi è più dedito alla joie de vivre ed alle belle donne che alle cure dello Stato, d’altro canto può ben fidarsi del suo Primo Ministro, Mohammad Mossadeq.
Mossadeq fa parte dell’intellighenzia iraniana: è un avvocato che ha studiato in Svizzera, un liberale, ma anche un nazionalista nel senso migliore del termine, ossia una persona attenta ai bisogni della nazione.
Il suo problema è la compagnia d’estrazione petrolifera nazionale che – di veramente nazionale – ha ben poco, visto che si chiama Anglo-Iranian Oil Company. Lo strano connubio si spiega subito citando la ripartizione dei proventi petroliferi: il 6% alla parte “Iranian” ed il rimanente 94% alla “Anglo”.
Mossadeq chiede più volte agli inglesi di rivedere gli accordi – vorrebbe che le paghe degli operai iraniani fossero aumentate, e che da quel 94% uscissero fondi per sanità ed istruzione – ma gli inglesi rispondono picche.
Come si può notare, non è un pericoloso castrista a chiederlo, ma un signore composto, profondamente religioso e misurato nei gesti e nelle parole.
Le persone poco appariscenti sono a volte le più decise: all’ennesimo rifiuto inglese, nell’Ottobre del 1951 Mossadeq nazionalizza la compagnia petrolifera e manda i britannici a quel paese.
Gli inglesi, ovviamente, non la prendono molto bene, ma possono fare ben poco: la potenza britannica è in declino e, pochi anni dopo, si sarebbe ritirata definitivamente dai mari “ad est di Suez”. Finito? Ma per carità…
Quando non ci arriva Londra, ecco che giungono in aiuto i “cugini” americani, con i quali – decenni dopo – pattuglieranno le strade della Mesopotamia per rapinare il petrolio iracheno.
Eisenhower, dapprima, sottovaluta la situazione e ritiene che basti rivolgersi ad alcuni ufficiali della Guardia Imperiale (addestrati negli USA) per “sistemare” la faccenda. Ha sottovalutato Mossadeq e, soprattutto, la sua “sintonia” con le gerarchie dell’islam sciita.
L’ayatollah Kashani – suprema guida degli sciiti iraniani all’epoca – riesce a conoscere anzitempo il piano del colpo di stato, ed avverte Mossadeq: il golpe fallisce.
In quel periodo, lo schivo Mossadeq viene ricevuto al Cairo in pompa magna, come gran difensore dei diritti dei poveracci che siedono sui giacimenti petroliferi. Ne trovassero uno in Lucania.
Per Washington, la misura è colma e non si può tollerare un simile affronto: nel 1953, viene inviato in Iran il generale Norman Schwarzkopf – che aveva curato l’addestramento della Guardia Imperiale Iraniana – il quale giunge a Teheran – come ricorda Igor Man in un’intervista – “con parecchi sacchi di dollari”.
Nell’Agosto del 1953, per Mossadeq non c’è scampo: grazie ad un provvidenziale avviso, ricevuto ancora una volta dall’ayatollah Kashani, riesce a fuggire nella sua città natia ed a ritirarsi a vita privata. Gli “imperiali” non osano “recapitargli” a domicilio quel che era previsto a Teheran, ossia una “visita” al suo ufficio con raffiche di mitragliatrice e bombe a mano per toglierlo di mezzo.
Si torna così all’antico, al “94 a me e 6 a te, e stai ben zitto”: la soluzione, in definitiva, sarà una delle ragioni della caduta dello Scià. Con scarsi introiti, ed una casta militare sempre più corrotta e famelica da accontentare, Khomeini ne avrà ragione nel 1979.
Subito dopo la rivoluzione del 1979, in ogni modo, uno dei primi atti pubblici del nuovo governo sarà una colossale processione – circa un milione di persone – alla tomba di Mossadeq (che, nel frattempo, era morto di cancro), per testimoniare un legame che trascendeva i decenni, ossia la difesa di un bene iraniano dalla protervia occidentale.
Se qualcuno rimembrasse per caso un altro Norman Schwarzkopf, ed avesse ingenerato una sorta di caos temporale, ricordiamo che il “macellaio” dell’operazione “Desert Storm” del 1991 fu Norman Schwarzkopf II, ossia il figlio di cotanto padre. In definitiva, dopo Bush I Il Vecchio e Bush II Il Giovane, non c’è da stupirsi: buon sangue non mente.
In effetti, l’unico che – in modo assolutamente inconsapevole ma appropriato – ha centrato l’argomento è stato Vauro in una sua vignetta, nella quale il dialogo recitava: “Sai che c’è il petrolio in Basilicata?” “Non dirlo agli americani, altrimenti ci portano la democrazia”. E’ proprio vero che è il gran momento dei comici.
E torniamo in Basilicata, dove l’ENI si “sbraga” nel concedere un misero 1% in più rispetto a quello che accordavano gli inglesi agli iraniani nel 1950. Grazie, Scaroni: ci prosterniamo, eternamente riconoscenti.
Peccato che un tuo augusto predecessore – Enrico Mattei – sostenesse che i proventi petroliferi vanno divisi a metà fra paese produttore e compagnia petrolifera.
Mattei sbagliava, perché il 50% in mano alle compagnie è ancora troppo: forse, se avessero ricevuto solo il 7%, non avrebbero trovato i denari per comprare la bomba che lo fece fuori.
In realtà, la situazione lucana è ancora peggiore, perché a gestire quel misero 6% – nell’Iran del 1950 – c’era un onesto servitore dello Stato come Mossadeq, mentre oggi quel 7% viene “devoluto” ai politici locali, che lo utilizzano – ovviamente – a “fin di bene”. Usandolo per raccogliere voti e consensi, nelle mille camarille politiche locali.
Mi fa specie che nessuno abbia citato questo illustre precedente, perché avrebbe illuminato di giusta luce la vicenda: cari lucani, l’ENI e lo Stato vi considerano né più e né meno che ascari, truppe coloniali, alle quali elargire il “soldo”. Se fate i bravi. Se vi mettete a protestare, è pronto il “modello TAV” dei manganelli, oppure vi affameranno come sono abilissimi a fare i nostri politici, di destra e di sinistra.
Pazienza che non lo sapesse l’operaio della Thyssen, che sarà solo lo specchietto per le allodole nel nuovo PD, oppure il “nobil rampollo” Colaninno, in altre faccende affaccendato, ma c’erano in studio un noto sindacalista, attualmente Presidente della Camera dei Deputati ed un docente d’Economia, che è stato più volte Ministro della Repubblica.
Possibile che Bertinotti e Tremonti non sapessero nulla? Che non saltasse loro agli occhi che i lucani, oggi in Italia, sono trattati peggio degli iraniani dalle compagnie coloniali inglesi del 1950? Comprendiamo che la vicenda non sia proprio conosciuta da tutti, ma a quei livelli non si può ammettere una simile mancanza d’istruzione, perché getta le basi per nuovi tradimenti. O ignoranti o reticenti: scegliere.
Non saprei quale delle due ipotesi sia quella giusta, però so per certo che – proprio in questi giorni – il Ministero dell’Economia incamererà i dividendi per le azioni in suo possesso di ENI ed ENEL. Sono circa 3 miliardi di euro, approssimativamente 2 da ENI ed uno da ENEL. Qui, i due non devono scegliere: basta incassare.
Anche i lucani hanno una sola scelta: si possono incazzare.
Riproduzione riservata. Per eventuali pubblicazioni, rivolgersi direttamente all’Autore.
Quello che mi ha fatto trasalire è stata la nonchalance con la quale hanno sorvolato – tutti – d’approfondire l’immonda questione del petrolio lucano. Non so se ne ha parlato Travaglio in apertura, perché quando ho acceso il televisore il programma era già iniziato.
Si viene così a sapere che i lucani ricevono soltanto il 7% dei proventi petroliferi: qui, San Toro afferma che “nessuno paga il petrolio così poco”. Il che, è vero solo in parte. Qualcuno potrebbe pensare che il 7% sia poco…magari il 10% no…insomma: la maggioranza degli italiani conosce poco la ripartizione dei proventi petroliferi e, un programma serio, su un aspetto così importante non doveva sorvolare.
Soprattutto, perché c’è un precedente che sarebbe stato giusto raccontare. Lo farò io.
Siamo nell’Iran del primo dopoguerra: il giovane Scià Reza Phalavi è più dedito alla joie de vivre ed alle belle donne che alle cure dello Stato, d’altro canto può ben fidarsi del suo Primo Ministro, Mohammad Mossadeq.
Mossadeq fa parte dell’intellighenzia iraniana: è un avvocato che ha studiato in Svizzera, un liberale, ma anche un nazionalista nel senso migliore del termine, ossia una persona attenta ai bisogni della nazione.
Il suo problema è la compagnia d’estrazione petrolifera nazionale che – di veramente nazionale – ha ben poco, visto che si chiama Anglo-Iranian Oil Company. Lo strano connubio si spiega subito citando la ripartizione dei proventi petroliferi: il 6% alla parte “Iranian” ed il rimanente 94% alla “Anglo”.
Mossadeq chiede più volte agli inglesi di rivedere gli accordi – vorrebbe che le paghe degli operai iraniani fossero aumentate, e che da quel 94% uscissero fondi per sanità ed istruzione – ma gli inglesi rispondono picche.
Come si può notare, non è un pericoloso castrista a chiederlo, ma un signore composto, profondamente religioso e misurato nei gesti e nelle parole.
Le persone poco appariscenti sono a volte le più decise: all’ennesimo rifiuto inglese, nell’Ottobre del 1951 Mossadeq nazionalizza la compagnia petrolifera e manda i britannici a quel paese.
Gli inglesi, ovviamente, non la prendono molto bene, ma possono fare ben poco: la potenza britannica è in declino e, pochi anni dopo, si sarebbe ritirata definitivamente dai mari “ad est di Suez”. Finito? Ma per carità…
Quando non ci arriva Londra, ecco che giungono in aiuto i “cugini” americani, con i quali – decenni dopo – pattuglieranno le strade della Mesopotamia per rapinare il petrolio iracheno.
Eisenhower, dapprima, sottovaluta la situazione e ritiene che basti rivolgersi ad alcuni ufficiali della Guardia Imperiale (addestrati negli USA) per “sistemare” la faccenda. Ha sottovalutato Mossadeq e, soprattutto, la sua “sintonia” con le gerarchie dell’islam sciita.
L’ayatollah Kashani – suprema guida degli sciiti iraniani all’epoca – riesce a conoscere anzitempo il piano del colpo di stato, ed avverte Mossadeq: il golpe fallisce.
In quel periodo, lo schivo Mossadeq viene ricevuto al Cairo in pompa magna, come gran difensore dei diritti dei poveracci che siedono sui giacimenti petroliferi. Ne trovassero uno in Lucania.
Per Washington, la misura è colma e non si può tollerare un simile affronto: nel 1953, viene inviato in Iran il generale Norman Schwarzkopf – che aveva curato l’addestramento della Guardia Imperiale Iraniana – il quale giunge a Teheran – come ricorda Igor Man in un’intervista – “con parecchi sacchi di dollari”.
Nell’Agosto del 1953, per Mossadeq non c’è scampo: grazie ad un provvidenziale avviso, ricevuto ancora una volta dall’ayatollah Kashani, riesce a fuggire nella sua città natia ed a ritirarsi a vita privata. Gli “imperiali” non osano “recapitargli” a domicilio quel che era previsto a Teheran, ossia una “visita” al suo ufficio con raffiche di mitragliatrice e bombe a mano per toglierlo di mezzo.
Si torna così all’antico, al “94 a me e 6 a te, e stai ben zitto”: la soluzione, in definitiva, sarà una delle ragioni della caduta dello Scià. Con scarsi introiti, ed una casta militare sempre più corrotta e famelica da accontentare, Khomeini ne avrà ragione nel 1979.
Subito dopo la rivoluzione del 1979, in ogni modo, uno dei primi atti pubblici del nuovo governo sarà una colossale processione – circa un milione di persone – alla tomba di Mossadeq (che, nel frattempo, era morto di cancro), per testimoniare un legame che trascendeva i decenni, ossia la difesa di un bene iraniano dalla protervia occidentale.
Se qualcuno rimembrasse per caso un altro Norman Schwarzkopf, ed avesse ingenerato una sorta di caos temporale, ricordiamo che il “macellaio” dell’operazione “Desert Storm” del 1991 fu Norman Schwarzkopf II, ossia il figlio di cotanto padre. In definitiva, dopo Bush I Il Vecchio e Bush II Il Giovane, non c’è da stupirsi: buon sangue non mente.
In effetti, l’unico che – in modo assolutamente inconsapevole ma appropriato – ha centrato l’argomento è stato Vauro in una sua vignetta, nella quale il dialogo recitava: “Sai che c’è il petrolio in Basilicata?” “Non dirlo agli americani, altrimenti ci portano la democrazia”. E’ proprio vero che è il gran momento dei comici.
E torniamo in Basilicata, dove l’ENI si “sbraga” nel concedere un misero 1% in più rispetto a quello che accordavano gli inglesi agli iraniani nel 1950. Grazie, Scaroni: ci prosterniamo, eternamente riconoscenti.
Peccato che un tuo augusto predecessore – Enrico Mattei – sostenesse che i proventi petroliferi vanno divisi a metà fra paese produttore e compagnia petrolifera.
Mattei sbagliava, perché il 50% in mano alle compagnie è ancora troppo: forse, se avessero ricevuto solo il 7%, non avrebbero trovato i denari per comprare la bomba che lo fece fuori.
In realtà, la situazione lucana è ancora peggiore, perché a gestire quel misero 6% – nell’Iran del 1950 – c’era un onesto servitore dello Stato come Mossadeq, mentre oggi quel 7% viene “devoluto” ai politici locali, che lo utilizzano – ovviamente – a “fin di bene”. Usandolo per raccogliere voti e consensi, nelle mille camarille politiche locali.
Mi fa specie che nessuno abbia citato questo illustre precedente, perché avrebbe illuminato di giusta luce la vicenda: cari lucani, l’ENI e lo Stato vi considerano né più e né meno che ascari, truppe coloniali, alle quali elargire il “soldo”. Se fate i bravi. Se vi mettete a protestare, è pronto il “modello TAV” dei manganelli, oppure vi affameranno come sono abilissimi a fare i nostri politici, di destra e di sinistra.
Pazienza che non lo sapesse l’operaio della Thyssen, che sarà solo lo specchietto per le allodole nel nuovo PD, oppure il “nobil rampollo” Colaninno, in altre faccende affaccendato, ma c’erano in studio un noto sindacalista, attualmente Presidente della Camera dei Deputati ed un docente d’Economia, che è stato più volte Ministro della Repubblica.
Possibile che Bertinotti e Tremonti non sapessero nulla? Che non saltasse loro agli occhi che i lucani, oggi in Italia, sono trattati peggio degli iraniani dalle compagnie coloniali inglesi del 1950? Comprendiamo che la vicenda non sia proprio conosciuta da tutti, ma a quei livelli non si può ammettere una simile mancanza d’istruzione, perché getta le basi per nuovi tradimenti. O ignoranti o reticenti: scegliere.
Non saprei quale delle due ipotesi sia quella giusta, però so per certo che – proprio in questi giorni – il Ministero dell’Economia incamererà i dividendi per le azioni in suo possesso di ENI ed ENEL. Sono circa 3 miliardi di euro, approssimativamente 2 da ENI ed uno da ENEL. Qui, i due non devono scegliere: basta incassare.
Anche i lucani hanno una sola scelta: si possono incazzare.
Riproduzione riservata. Per eventuali pubblicazioni, rivolgersi direttamente all’Autore.
Poche idee..... ben confuse, come si fa' a confondere uno stato sovrano come l'IRAN con la Basilicata regione di uno Stato che si chiama ITALIA ???
RispondiEliminaPersonalmente ho trovato questo articolo molto interessante. Non credo che l'autore avesse intenzione di "confondere" Stati, Regioni, Paesi.
RispondiEliminaCredo, invece, che la sua intenzione fosse -tra le altre- quella di sottolineare come gli interessi economici dei pochi calpestino gli quelli -ben più morali ed etici- dei tanti.
Pochi che tentano -addirittura- di mascherare le loro scellerate azioni con insulsi mezzucoli.
Caro loredano, avrei piacere di ricevere informazioni più dettagliate -semmai le avessi- su certe armi di distruzione di massa che ancora cercano tra i pozzi di petrolio confiscati in Iraq!
E, con questa affermazione, non difendo in alcun modo le azioni di un sanguinario tiranno.
Mi chiedo quale sia la differenza fra la Basilicata e l'Iran - sotto l'aspetto della ripartizione dei proventi petroliferi - e non la trovo.
RispondiEliminaPotrei riconoscere un superiore interesse dello Stato, che dovrebbe però coincidere con una sostanziale protezione delle popolazioni dai rischi ambientali e contenere anche sostanziosi rismborsi per i danni subiti.
Invece, il 7% conferito solo ai comandanti dei manipoli, ossia ai rappresentanti locali di questa classe politica corrotta.
Caro loredano: argomenta meglio, perché è poco comprensibile quanto affermi (come già ricordava epix).
Grazie a tutti
Carlo Bertani
Caro Bertani, ho trovato i suoi articoli molto interessanti. Anche in Sicilia c'è il petrolio e viene anche raffinato sul posto (Augusta) e lo stato dovrebbe pagare (cosa che non fa, tant'è che esiste un contenzioso di svariati miliardi) delle somme per il ripristino ecologico della zona.
RispondiEliminaMa ai politici Siciliani interessa soprassedere in cambio di altri favori personali o di corrente, quindi stiamo peggio della Basilicata.
Riguardo all'altro articolo sulle assicurazioni si potrebbe ovviare (essendo l'assicurazione un obbligo) accentrando questo servizio allo stato, il quale facendo un calcolo semplicissimo sul costo annuo degli incidenti ed i litri di carburante consumato in Italia, si potrebbe stabilire quale sarebbe annualmente la quota di rincaro a litro riguardo l'assicurazione e la stessa cosa si potrebbe fare per il bollo.
Più consumi e più paghi, compresi i cosiddetti SUV.
Riguardo il servizio di accertamento delle responsabilità si potrebbe ovviare in tre modi: 1) come avviene in Germania, dove per ogni incidente viene interessata la POLIZAI obbligatoriamente, oppure creando un sistema di accertamento da parte di periti motorizzati che accederebbero sul luogo del sinistro attivati da una chiamata ad un numero prefissato, i quali una volta effettuato l'accertamento con supporti video-fotografici ed eventuali testimonianze(avuta cura di ritirare i libretti di circolazione previo rilascio di ricevute prefincate), rimanderebbe il tutto presso un ufficio pubblico che in base alla relazione del perito possa valuta oltre al danneggiato l'ammontare del sinistro.
Inoltre le parti dovrebbero, obbligatoriamente per legge, fare riparare i propri autoveicoli, previo il mancato rilascio del libretto di circolazione ed una consistente multa.
Infine ultima soluzione rapportare la parte riguardante l'assicurazione ad una spesa complessiva delle riparazioni come se tutti avessimo la polizza casco. In questo modo qualsiasi incidente, senza considerare a chi attribuire il torto verrebbe risarcito, evitando accertamenti, uffici, pastoie burocratiche, sempre con l'obbligo della riparazione del veicolo(possibilmente presso officine autorizzate) prima del pagamento del danno.
Grazie per lo spazio accordatomi, a risentirla. Dr. Francesco La Rosa.
Non si può spare sempre tutto.
RispondiEliminaE' gisuto togliere quote ai petrolieri per dalrel ai lucani ma si srichia che questi si rifacciano sui prprii dipendenti e i loro stipendi...
Vi regalo un mio articolo
Berlusconi insulta perchè ha paura di perdere... e i toni si alzano
Ieri Berlusconi ha alzato i toni della campagna eletorale insultando gli avversari del PD: ne ha definito il programma carta straccia e lo ha stracciato in pubblico in segno di sfregio al PD inoltre ha fatto una affermazione che non offende solo Veltroni ma 1/3 degli Italiani: "lui non è nemmeno laureato ma solo diplomato" cosi Berlusconi si è espresso nei confronti di Veltroni.
E che c'entra il titolo di studio? Solo perchè lui è laureatoin Economia e Commercio? Ma ha sempre dimostrato di non capire nulla di economia!
Così si offende quel 35% di italiani che possiede un diploma ma non è laureato e tutto questo per non perdere le elezioni? Che schifo!
Berlusconi infatti ha paura di perdere e lo dimostrano alcuni fatti:
1. Ricomincia a parlare di sondaggi e si inventa 10 punti di vantaggio (solo un sondaggista -Crespi- lo dice per tutti gli altri sono 6)
2. Parla di voto utile nel tentativo che di evitare una fuga di voti dal PPL a La Destra e UdC
3. Alza i toni e insulta avversari ed elettori per attirare l'attenzione
4. Attacca la par-Condicio per paura del confronto contro tutti
Veltroni però ha dato una risposta da gran signore dicendo "Noi non strappiamo ma semmai leggiamo e rispettiamo".
Bertinotti parla di politica violenza ed anche Storace e casini criticano Berlusconi.
A proposito di par condicio và detto che quest'anno non ci potrà essere un facci a faccia Berlusconi vs Veltroni ovvero una cosa a due , ma avendo vari candidati premier, si dovrà fare un faccia a faccia multiplo con il risultato che Berscuni dovrà avvrontare una decina di avversari insieme e son sarà faciel.
Dunqu è il caso di dire buon Helter Skelter a tutti!
Và resgistrato in fine l'attacco dei piccoli partiti ai media ed al garante della Par Condicio AGCom per non aver dato l'oro lo stesso ampio spazio che viene dato a PD e PDL. IN testa fra tutti Di Pietro che chiede il rispetto della parità fra concorrenti! Auguri Di Pietro!
Finiamola con queste boiate..tutti contro il PD come se barlusconi fosse un paladino..comincia a parlare della sua merda!!
RispondiEliminaA me l'articolo piace molto, è lucido. Se vuoi trovi qualche elaborazione qui(www.sinistralucana.org), c'è una relazione sul petrolio in Basilicata.
RispondiEliminaanche se con un po' di ritardo anchio ho visto la puntata che mi è sembrata per alcuni aspetti approfondita per altri molto generalista ma comunque superiore alla sufficienza. la tua analisi mi trova d'accordo.
RispondiEliminati invito a leggere la mia opinione a riguardo sul mio blog htpp://gliscontentati.blogspot.com
asta magnana ermanos.
stay alive
Pupoelmachico