Don't let it bring you down:
it’s only a castles burning…
Non lasciarti buttare giù:
sono solo castelli (di carte) che bruciano…
Neil Young, Don't let it bring you down, dall’album After the gold rush, 1970.
Non varrebbe nemmeno la pena di perderci del tempo, però è utile farlo più per noi che scriviamo e leggiamo queste pagine che per loro, che ingombrano allegramente l’agorà televisiva sfornandoci una miriade di cazzate. So benissimo che lo fanno da decenni, ma ogni tanto è utile ricordarlo.
Mi sono perso (per modo di dire…) le due passerelle dell’Insetto che, ad ogni campagna elettorale, ringalluzzisce come uno scarafaggio in amore. Avere nuovamente Berlusconi in studio, tirar fuori dal magazzino la scrivania dove firmò il famoso contratto con gli italiani, e poi ricevere l’appena dimesso sindaco di Roma sulle bianche poltrone, lo ringiovaniscono di vent’anni. Perché? Poiché gli rammenta la gioventù, quando c’erano quasi le stesse persone che raccontavano identiche minchiate. Lui ci gode come un mandrillo a mostrare che l’adagio di Tomasi di Lampedusa vale più della Costituzione: far finta di cambiare qualcosa e, in realtà, mantenere tutto immutato.
Già che parliamo di Costituzione, varrebbe la pena di raccontare che tutto quello che ci propinano sulle grandi “novità”: i nuovi partiti, le nuove alleanze, equilibri, equilibrismi, legami, fili per stendere e quant’altro, è una colossale puparata.
Perché la Costituzione, prevede – all’art. 67 – libertà di mandato per i parlamentari:
Art. 67. Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
Se così non fosse, i parlamentari sarebbero soltanto dei “mister pollice” utili a schiacciare il pulsante per votare. Potrebbero essere anche analfabeti: dovrebbero solo saper distinguere il rosso dal verde. Per i daltonici, poche speranze.
Se non ci fosse completa libertà di mandato, non sarebbe nemmeno necessario fare estenuanti campagne elettorali, pagarli una montagna di soldi, eccetera: basterebbero dei comuni COCOCO, assunti con contratto a termine a progetto – durata 5 anni, 800 euro mensili – poiché qualsiasi operaio della FIAT sa far di meglio che schiacciare due pulsanti.
Questo colossale castello di carte che stanno intessendo – la “rivoluzione” dei due “nuovi” partiti, PD e PDL – si basa su un assunto che non ha nessuna base giuridica, Costituzione alla mano. Il giorno dopo essere stato eletto, qualsiasi parlamentare dei due cosiddetti partiti “omogenei” potrà scegliere di cambiare schieramento, fondare un nuovo partito, formare un nuovo gruppo parlamentare.
E, attenzione: queste non sono ipotesi “di scuola”. Vorremmo sapere come si comporterà Di Pietro quando ci sarà da varare un nuovo indulto, oppure Alleanza Nazionale quando la Lega chiederà un federalismo fiscale che sarà praticamente una secessione economica.
La contromossa che – a parole – suggeriscono per superare questa impasse, riguarda la riforma dei regolamenti parlamentari. In pratica: nessun parlamentare “dissidente” potrà fondare un nuovo gruppo parlamentare, e quindi accedere ai finanziamenti previsti dai rispettivi regolamenti, della Camera e del Senato.
Tutto ciò appare alquanto fumoso e difficile da realizzare: il cosiddetto “accordo” fra PD e PDL riguarda proprio la scrittura delle regole, principalmente i regolamenti dei due rami del Parlamento.
Ora, per giungere a quel risultato, i due partiti dovranno concordare un testo condiviso: già qui, mi sembra un approdo fra le scogliere. Subito dopo, dovrebbero “far digerire” l’accordo agli altri partiti, e siamo arenati sulla barriera corallina.
Una riforma a colpi di maggioranza? Potrebbe essere, ma – per come sembrano andare le cose – non s’intravedono maggioranze “bulgare”, su entrambi i fronti. La scelta dell’UDC di non entrare nel partito di Berlusconi ha sparigliato le carte: senza Casini, la speranza di Berlusconi di raggiungere quella maggioranza schiacciante che intravedeva solo un mese fa, è un sogno svanito.
Da ultimo, non dimentichiamo che sarebbe sempre aperta la “campagna acquisti” per i vari “transfughi” del centro, che – con tanta allegria e sempre più soldi in banca – si prestano alle operazioni di caduta dei governi, maggioranze a “geometria variabile” e quant’altro. Ricordiamo la vicenda De Gregorio – al quale sembra che Berlusconi abbia appianato alcuni debiti – oppure Follini, la moglie del quale – l’architetto Spitz – è diventata il deus ex machina per la dismissione del patrimonio immobiliare (soprattutto militare) dello Stato.
Quindi, sul grande “rinnovamento” della politica italiana, stendiamo un pietoso velo.
Tutto ciò, in verità, è misera cronaca dell’oggi: proviamo a salire di un misero scalino? Domandiamoci: perché si sono messi a recitare questo pietoso teatrino?
Sappiamo che le elezioni non sono più la fase finale di un’elaborazione politica (del corpo elettorale): svanite le ideologie di un tempo, sono soltanto una gran faccenda di marketing.
Le stesse aziende che stilano i sondaggi, sono raffinate strutture di marketing dove noi (che dobbiamo depositare la scheda nell’urna) siamo – sostanzialmente – gli avventori del supermercato della politica. Ossia, del loro modo di concepire la politica.
Così, se la società di sondaggi afferma che gli italiani gradiscono la coscia di pollo, tutti – dall’agorà televisiva – si sbracceranno nel dire che c’è abbondanza di cosce di pollo e che ne distribuiranno a profusione.
La coscia di pollo sarà elegantemente infiocchettata, avvolta in un involucro luccicante ed adeguatamente illuminata ogni sera: al precario faranno pregustare la coscia costante, al pensionato quella sicura, al lavoratore la confezione famiglia, al “diverso” quella di struzzo, ecc. A ciascuno la sua coscetta.
Questo è sempre stato fatto e si continua a fare: nessuno si prende la briga di spiegare dove troverà le coscette, se è proprio necessario mangiarle, se ci sono alternative. Lo ha detto la società di marketing: il nostro compito è solo quello di rassicurare che ci sarà abbondanza di coscette e coscioni.
Dopo tanti anni di delusione, però, gli italiani iniziano a credere che le cosce di pollo – presenti in abbondanza fino al 13 Aprile – spariranno il giorno dopo. Anche questo ha detto la società di marketing.
Un sentimento montante – detto “antipolitica” – suggerisce di non fidarsi più di nessuno, perché le coscette – raccontano – sono tutte finte, di plastica e già pronte per essere re-immagazzinate, per essere riutilizzate alle prossime elezioni.
Quando cade la fiducia nella coscetta, per la politica italiana è un dramma.
Bisogna allora far credere che, quelli che ieri avevano promesso piogge di cosce e non le hanno mantenute, siano stati mandati via come perversi impostori: se cacciamo fuori gli azzeccagarbugli come Mastella, i tromboni stonati come Diliberto, i grilli parlanti come Tabacci…eccetera, eccetera…rimarranno solo quelli “buoni”. Gente pronta, decisa, con le idee chiare: utile per schiacciare il bottone a comando.
Serve poi un capro espiatorio: Romano Prodi è perfetto. Non ho mai lesinato critiche all’operato di Romano Prodi ma, credere che sia il maggior responsabile dello sfascio al quale siamo giunti, sarebbe un errore che ci condurrebbe a nuovi disastri.
I furbacchioni, intanto, si rivestono con abiti nuovi, agitano nuove coscette e riprendono il gioco di sempre. Le prove?
Walter Veltroni ha promesso finalmente di risolvere il problema delle famiglie: 2.500 euro a figlio. A chi? Ai nuovi nati: se avete un figlio che compirà un anno, avete trombato fuori tempo e dovrete fare un buco alla cinghia per i prossimi vent’anni. Oppure, datevi da fare e riprovateci: con un altro figlio, almeno acchiapperete i 2.500 euro. Fanno sempre 1.250 a testa: poi, però, fino alle prossime elezioni, castità e preservativi.
Come arriveranno, a chi, quando e come questi 2.500 euro? Non si sa.
Se qualcuno non è di memoria corta, potrà ricordare che fu la stessa, identica promessa che Prodi fece nella campagna elettorale del 2006. La solita coscetta: questo è il welfare italiano.
Ci sono poi i 1.000 euro il mese per i precari. S’istituirà un salario minimo di legge (come nella maggior parte dei paesi industrializzati)? No, la strada italiana è più fantasiosa: l’imprenditore che darà i 1.000 euro riceverà uno sgravio fiscale. Sarebbe a dire: nessuno garantisce che le coscette giungeranno al supermercato ma che, se qualcuno le porterà, gli pagheremo il gasolio per il camion. Che fantasia!
Sull’aumento delle retribuzioni sono tutti d’accordo: possiamo stare tranquilli. Si dà il caso che, proprio in questi giorni, il personale della scuola abbia ricevuto gli arretrati per il contratto già scaduto a Gennaio 2008.
Secondo livelli ed anzianità, possiamo calcolare un aumento di circa 80 euro medi netti: per questa gente, mantenere una famiglia – negli ultimi due anni – è costato solo 80 euro in più!
Ovviamente, siccome non pagano la benzina e non vanno al supermercato (loro hanno i prezzi bloccati della buvette di Montecitorio) non possono sapere di quanto è aumentato un pieno, né sanno di quanto sono aumentati il pane, la pasta, la carne. 80 euro in due anni! Questa è la stessa gente la quale afferma – sicura – che così “non si può più andare avanti”. Probabilmente, sono le precise parole che le strutture di marketing hanno suggerito d’utilizzare.
Infine, c’è il grande impulso verso l’energia: la “rottamazione” del petrolio. Quando ho letto la dichiarazione di Veltroni – messa in quei termini – m’è venuto freddo. “Il 20% di risparmio sulla bolletta energetica fanno 20 miliardi risparmiati”.
Ora, da anni il sottoscritto va dicendo le stesse cose, ma prima s’informa. La “bolletta energetica” del 2006 fu di 46 miliardi di euro, quella del 2007 – secondo il RIE, centro di studi sull'energia – resterà pressoché invariata. Non stiamo a sottilizzare troppo, ma il 20% fa circa 9 miliardi, non 20. E se mancheranno 11 miliardi? Scaveranno un altro “tesoretto”? Siamo seri.
Sull’altro versante cambiano un po’ le parole d’ordine: d’altro canto, ciascuno si fida della sua struttura di marketing.
Giulio Tremonti è già sceso in campo per spiegare che le cose, per il bilancio statale, virano al peggio. C’è la crisi economica incombente, quella dei subprime, la recessione americana…insomma, un panorama di tregenda. Il quale, si manifesta soltanto quando governa il centro-destra, mentre il centro-sinistra gode sempre di sole e bel tempo. All’italiana, verrebbe da dire: portassero un po’ sfiga?
In realtà, Giulio Tremonti – ottimo insegnante e scrittore – l’unica cosa che non dovrebbe fare è il Ministro delle Finanze, perché non c’è tagliato. Farebbe fallire anche un chiosco di bibite: se ne accorse addirittura Fini, che ne pretese le dimissioni.
Il buon Giulio gode però dell’appoggio di Berlusconi e di Bossi, e per un sostanziale motivo: è ligio agli ordini, pronto a firmare qualsiasi cosa arrivi da Arcore. Tant’è che Siniscalco, chiamato in fretta perché non si sapeva più come rimediare ai buchi di bilancio – alla fine – se ne andò sbattendo la porta perché non voleva fare, all’unisono, la marionetta di Silvio ed il capro espiatorio. Giulio non ha questi problemi: è uomo di poche pretese e s’adatta a tutto.
L’uomo di Arcore, oltre probabilmente a qualche mago e cartomante, consulta anch’egli la sua struttura di marketing, che per lui ha scelto la strategia dell’abbattimento delle tasse. Funziona, Silvio, funziona.
Così, promette d’eliminare l’ICI, e probabilmente lo farà. Ne beneficeranno principalmente i possessori d’interi palazzi, i grandi proprietari fondiari, perché l’ICI sulla prima casa – in moltissimi comuni – già gode oggi di consistenti sgravi.
Insomma, la famiglia normale risparmierà qualcosa, mentre Berlusconi – gran palazzinaro – si metterà in tasca fior di dobloni. Quando abbatté le tasse sugli alti redditi, il principale beneficiario fu lui. E forza Silvio.
Questo, a lungo andare, provocherà degli ammanchi sul bilancio statale: ecco perché Tremonti già mette le mani avanti, accusa la sinistra “di lasciare buchi”, la congiuntura internazionale…la solita solfa.
Anche Berlusconi, però, vuole aumentare gli stipendi: oh, bene. Sì, ma solo sugli straordinari.
Lavora di più, così potrai guadagnare anche 1400 euro il mese che, con gli sgravi fiscali, diventeranno 1440. Sei felice? No? Luca di Montezemolo è contento...dice che risparmia personale e ci guadagna parecchio…la fatica aumenta la probabilità d’incidenti sul lavoro? Non raccontiamo cazzate: la colpa è degli operai che non si mettono il casco.
Così, senza più l’ICI e con meno tasse che entrano, il bilancio dello Stato va in rosso. E chi se ne frega! Mandate Giulio a Porta a Porta, fategli raccontare che la colpa è dei comunisti!
Esilarante poi la proposta di Berlusconi sul fronte dell’energia: mettere più soldi nelle tasche degli italiani, così fanno il pieno e corrono felici in autostrada. Solare, eolico, nucleare, biomasse? No, se il petrolio costerà 200$ il barile, daremo più soldi agli italiani per comprare la benzina. Per favore, basta…
Anche Silvio, come Walter, vuole “fare cassa” per le tasse, l’energia…e allora s’inventa il risparmio sull’informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Dai 20 ai 40 miliardi l’anno, parola di Lucio Stanca – gran direttore dell’ex IBM – che è un amico e di lui mi fido.
Mentana, un po’ imbarazzato, gli chiede se ci saranno “esuberi” – è scaltro, e non osa certo parlare di “macelleria sociale” – ma Berlusconi lo ferma: no – mi ha detto Stanca – s’ottengono solo dal risparmio che si consegue nel passaggio dal cartaceo all’elettronico! E dobbiamo anche starlo a sentire! Da domani, proverò con metà carta igienica: poi scriverò a Stanca per raccontargli com’è andata.
Sugli altri commensali, meglio stendere un pietoso silenzio: dagli “Arcobaleno”, i quali – dopo aver votato per due anni le peggiori leggi contro i lavoratori – adesso pretendono d’assumerne le tutele. Oppure il Pecoraro che non ha più erba in Campania per le sue pecore, giacché c’è solo monnezza. Sarà la Coscia Rossa?
Mi ha invece un poco infastidito Tabacci, perché sembrerebbe uomo di cultura, e certe cose non si fanno proprio.
Ora, sappiamo che la fantasia per creare nuovi partiti sta scemando: dopo anni trascorsi nella botanica (querce, girasoli, margherite, ecc) non si sa proprio più dove andare a parare. Non si può fare il partito del Giusquiamo Nero, perché è un’erba velenosa e nessuno sa cos’è. Nemmeno Storace lo reclama.
Nuove frontiere della Zoologia? Può essere: Partito del Gambero Rosso, della Lucciola, Armadilli Riuniti, Rinnovamento Equino…la fantasia non manca.
La Rosa Bianca, però, se la poteva proprio avanzare: per il rispetto che tutti dovremmo avere per Christoph Probst, Hans e Sophie Scholl, antesignani di una critica alla guerra che metteva sotto accusa proprio il concetto di “suprema ragion di Stato”, e che pagarono con la vita nei tribunali di Hitler. Uno come Tabacci – che ha sempre approvato le missioni di guerra italiane all’estero – quel nome non ha il diritto d’insozzarlo. Si prenda la Coscia Bianca, Tabacci, e corra.
Basta con questa gente, silenzio.
Ciò che dispiace – e l’ho purtroppo dovuto leggere sul Web – è sapere di gente che s’accapiglia per la scelta d’andare a votare oppure no. Pazienza che ci prendano in giro con le stesse coscette da decenni ma, mettersi a litigare per delle coscette inesistenti, è da fessi! E’ quello che vogliono! Loro, la chiamano “passione politica”!
Vogliono vederci “responsabili”, “interessati”, “coscienti” perché, se manca il pubblico, la compagnia non guadagna.
Qualcuno vuole votare? Lo faccia, ma sorridendo. Preferisce una gita in campagna: ottima idea! Un pomeriggio che promette bene con quella tizia che…alt! Avete consultato il calendario? Achtung! Altrimenti, niente 2.500 euro!
Da ultimo, dovremmo riflettere che gran parte di questi signori s’incontra in discreti palazzi ed indossa curiosi grembiulini. D’alcuni lo sappiamo per certo – Berlusconi, Cicchitto, ecc, ma anche larga parte del giornalismo italiano – perché compaiono nell’elenco della P2 che Gherardo Colombo consegnò a suo tempo a Forlani. Non è irragionevole, però, immaginare che a decine, forse centinaia, s’incontrino nei discreti palazzi delle confraternite massoniche e che se la ridano di noi allegramente. Magari mettendosi d’accordo sulle coscette: tu proponi la confezione famiglia? Va bene, io vado con la coscia di tacchino.
Insomma, siamo già così sfigati da doverli sopportare: dobbiamo anche metterci a litigare?
Oltretutto, riflettiamo che il principale dato economico che ci riguarda consiste nella ripartizione della ricchezza. Per anni, ci hanno propinato il leitmotiv che “è inutile promuovere la re-distribuzione della ricchezza se prima non la si crea”. Verissimo, ma sappiamo che il 40-45% della ricchezza è nelle mani del solo 10% della popolazione: addirittura Prodi – nella campagna elettorale del 1996 – affermò che la distribuzione della ricchezza in Italia era praticamente la stessa della Gran Bretagna del primo Ottocento. Il guaio, è che l’ha solo detto: altra coscetta.
Riflettiamo su questo dato; approssimativamente, significa che la ricchezza prodotta da 10 italiani sarà così suddivisa: uno solo prenderà quasi la metà, mentre gli altri 9 si divideranno ciò che rimane.
Niente di nuovo rispetto alla vecchia mezzadria, scomparsa nelle campagne con le riforme del dopoguerra. Come funzionava?
Una grande famiglia patriarcale (poniamo una decina di persone) lavorava i campi e produceva ricchezza: ogni anno ricavava, ad esempio, 10 maiali, 100 quintali di grano e 50 barili di vino. La mezzadria divideva a metà fra il proprietario e l’affittuario, così il padrone – senza far nulla, fornendo al massimo le sementi – acchiappava 5 maiali, 50 quintali di grano e 25 barili di vino.
Oggi, questo meccanismo – grazie alla fantasmagoria dei mercati finanziari ed all’informazione drogata – è tornato in auge: ecco il significato degli 800 euro mensili “a singhiozzo”, del progressivo depauperarsi dei ceti popolari. Hanno semplicemente riportato in auge un sistema che vigeva al tempo dei Savoia, contro il quale combatterono intere generazioni di veri sindacalisti!
Oggi, i Tre Re Magi – Angioletto, Bonanno ed Epifanio – sono diventati i “fattori”, e fanno gli interessi dei padroni.
Di conseguenza, allarmarsi per chi andrà o non andrà a votare, non è poi così importante: sono tutti d’accordo! Altrimenti, almeno rifondaroli e comunistucoli non avrebbero votato le leggi Damiano su welfare e le pensioni.
Le soluzioni non sono molte, e tutte difficilmente praticabili.
Ho provato ad inserire il mio comune nel sito delle Liste Civiche di Grillo: vivendo quattro spanne oltre il bordo della carta geografica, non c’era una lista civica per quel comune. Mi sarei aspettato una richiesta del tipo: vuoi fondare una lista civica nel tuo comune, vuoi partecipare alla costruzione della lista? Mandaci i tuoi dati, dicci chi sei.
No, la risposta è stata “che sarei stato avvisato qualora si fosse formata una lista civica per quel comune”. Ora, di grazia, se chi si presentasse (condizionale…) per formarla viene soltanto “avvisato” per quando (eventualmente) ci sarà, chi forma queste liste? Nascono sotto i cavolfiori?
L’idea di trovare una nuova classe politica partendo da liste locali – bene che vada – potrà condurre ad avere una lista nazionale fra dieci anni. Nel frattempo, chissà cosa s’inventeranno i venditori di coscette: magari riformeranno l’art 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul televoto”. Bonolis Presidente della Repubblica.
A meno che, la lista nazionale già ci sia ed abbia soltanto bisogno di trovare un pubblico – abilmente ammansito ed addestrato – per sorreggerla. Insomma, una lista “coperta”. Come le logge.
La scelta del blog di Grillo d’essere soltanto un contenitore di protesta, e mai d’elaborazione politica, sembrerebbe confermare questa ipotesi.
Sostituire questa classe politica inefficiente e truffaldina non è cosa di poco conto: lo sa anche la Casta. Difatti, Bersani ha già lanciato una parola d’ordine: “Rinnovare la classe politica, però immettendo solo persone di provate capacità”. Traduzione: “Noi ce ne possiamo anche andare, ma solo per lasciare il posto ai rampolli che abbiamo allevato alla nostra scuola”. La quale, ha mostrato ampiamente d’essere una pessima scuola.
Le candidature dei giovani sono tutte di “provata fedeltà”, come il figlio di Colaninno (grande amico di D’Alema…) e Marianna Madia, ufficialmente un volto “giovane e candido” della new generation: Veltroni ha visto forse un po’ troppi film americani?
Qual visino, quando l’ho visto, m’ha subito rammentato un profilo greco che avevo notato la notte, in una trasmissione sull’energia (politically correct, tranquilli…) dal nome eCubo. Sponsorizzata da Minoli, la bella Marianna (oltre che a lavorare in RAI) si scopre che lavora con un contratto di consulenza presso la Presidenza del Consiglio: è, praticamente, la principale collaboratrice di Enrico Letta detto il Giovane, come Plinio. Insomma, affermare che la ragazza sia proprio una illustre sconosciuta…
E’ il “teorema” ben enunciato da Bersani: giovani puledri e puledre, ma tutti della nostra scuderia.
Sull’altro versante, invece, ci sono le pornostar che fondano i “Circoli della Libertà” per B&B (Berlusconi e Brambilla) – come Federica Zarri – e già circolano le bozze di una “riforma” dell’hard, che la ragazza chiama “legge Zarri”. Questa è la destra del futuro.
L’antipolitica, si sconfigge così: parola di Bersani & Brambilla.
Innovare colmando i vuoti con la cosiddetta “società civile”?
Qui entra in gioco il fattore anagrafico, e non si tratta di un mercato dove abbondano le offerte.
Se si propone di fare veramente politica – il che significa anche abolire gli assurdi privilegi della Casta, riportare ai livelli medi europei gli emolumenti dei parlamentari, ridurne di gran copia il numero nelle amministrazioni centrali e periferiche, inserire norme che garantiscano vera trasparenza nei concorsi, nelle Università, negli Enti, ecc – non c’è la fila di gente che attende. Siatene certi.
Una vasta pletora di giovani e meno giovani è lì che attende, ma solo per sostituire a “pari condizioni” quelli che vorrebbero defenestrare. Siamo onesti con noi stessi.
Si può anche capire il fenomeno: ammettendo una generale moralizzazione della vita pubblica, fare seriamente politica è un mestiere ingrato. Mica come vendere coscette.
Significa dire a chiare lettere cosa si vuol fare per rimediare all’immobilismo dilagante: la sanità? La scuola? L’energia? La finanza? Le tasse? La giustizia? Vuol dire presentare progetti seri ed essere pronti ad affrontare i venditori di coscette, ovunque. E saperlo fare.
A fronte di questa prospettiva – che, per chi ci riflette un attimo, dovrebbe apparire chiaro che si tratta di un compito che fa tremare i polsi – ci sono persone giovani che non hanno molta esperienza. Le persone meno giovani – che non hanno trascorso l’esistenza scaldando soltanto comode poltrone – hanno lavorato un’intera vita.
Hanno sì esperienza, sanno a grandi linee quali sarebbero i provvedimenti seri da prendere per raddrizzare il Paese, ne avrebbero probabilmente anche le capacità, ma sono stufi. Per troppi anni si sono sentiti presi per il culo.
Sono risposte che ho ricevuto personalmente, non mie idee bislacche.
Sostanzialmente, le persone che hanno trascorso una vita nelle fabbriche, nel settore pubblico, nelle professioni – e che non hanno mai mendicato nelle anticamere della politica – si trovano ad un bivio: vado in pensione, e “che qualcuno ci pensi”, oppure devo ripartire da capo? Con la prospettiva d’avere tutti i poteri della Casta contro, che avveleneranno anche gli ultimi anni della mia esistenza?
Eh sì, signori miei, perché le persone serie non sbatacchiano in televisione i propri sentimenti, non li trasformano in altre coscette (come l’immondo ricorso ai temi etici, per meri obiettivi elettorali), ma s’interrogano sul significato della Vita e della Morte.
In altre parole, conoscono bene il proverbio indiano che recita: “La vita è un ponte incerto che dobbiamo attraversare: l’unica cosa poco saggia è costruirci una casa sopra”, e – siccome sono in larga parte persone semplici ma serie – riflettono mille volte prima di decidere. Mica si buttano a pesce sul primo posto da assessore: in definitiva, giunte al termine della loro vita lavorativa, non ne hanno bisogno.
I giovani potrebbero essere la risposta, ma da soli non ce la possono fare: ne hanno viste troppo poche, ed i marpioni di regime se li mangerebbero in insalata. Un mix sarebbe forse la migliore soluzione.
Possiamo ricordare com’era strutturata la civiltà Lakota: i vecchi erano sempre consultati prima di prendere decisioni importanti, ma i capi erano persone di mezza età. Infine, i capi guerrieri e quelli eletti di volta in volta per le cacce, erano giovani. Impariamo.
Aprendo una breve parentesi, ricordiamo che, qualche mese fa, la comunità Lakota si è “dimessa” dall’essere cittadina americana: aspettiamo il comunicato di Condoleeza Rice che ne sancirà l’indipendenza. Come in Kosovo.
E’ molto interessante, invece, l’idea d’emigrare in massa: molti giovani già lo fanno, ed il fenomeno è senz’altro in crescita. D’altro canto, è perfettamente coerente con l’impianto sociale che dovrebbero sopportare in Italia: prezzi tedeschi e stipendi greci.
Siccome parlano spesso due lingue (e meglio delle precedenti generazioni), non c’è motivo per rimanere a soffrire in questo dannato paese. Conosco personalmente giovani che lavorano in mezza Europa, in America Latina, in Giappone.
Se qualcuno, però, pensa che questi giovani, dopo aver vissuto molti anni all’estero, tornino per salvare la Patria – a mio avviso – si sbaglia di grosso. Non scendiamo nelle situazioni personali, ma è difficile immaginare che giovani che lavorano, si sposano e fanno figli all’estero siano pervasi dalla voglia di tornare. E per quale motivo? Per tornare a sedersi nell’anticamera del notabile, oppure campare “a singhiozzo” con un contratto da 800 euro il mese?
Oltretutto, non esiste più la gran differenza di culture nel pianeta: Internet sta appianando molte differenze, e si può gustare una buona pizza ovunque.
Sembrerebbe la “lista della spesa” dello sfascismo ma – se riflettiamo sulla situazione – così stanno le cose: il bassissimo impero qual siamo giunti, non ci riserverà altro che chine ancora più ripide e pericolose.
Che fare?
Le prossime elezioni politiche – comunque vadano – non scalfiranno di un’unghia la solita solfa: Berlusconi tuonerà contro lo Stato ma non saprà, non potrà e non vorrà riformarlo. Sostanzialmente, continuerà a farsi gli affari suoi.
Veltroni affermerà di prendersi cura di tutti i disagi, ma non vedo croci che lo attendano per la grande espiazione. Se ne scorderà presto, al primo canto del gallo.
Al venticinquesimo “Vaffa-day”, Grillo inizierà a pensare di girare un film, magari ad Hollywood, con Dustin Hoffman nella parte di Veltroni e Gene Hackman in quella di Berlusconi. Lui, in quella di Masaniello. Non lo metterà su Youtube: meglio i diritti d’autore.
Intanto, noi saremo sempre in mutande.
Se qualcuno intende perseguire la strada di creare una nuova classe politica, che nasca dal semplice dibattito della gente – l’agorà di Internet – la possibilità c’è. Se si vuole veramente farlo.
Ho acquistato il dominio www.italianova.org (non cliccatelo, è vuoto) per dare la possibilità a chi volesse intraprendere l’impresa di farlo.
C’è da fare di tutto: scrivere e selezionare articoli, filtrare e riproporre le critiche dei lettori, gestire la parte informatica. In altre parole, creare una redazione per un giornale Web, aperto come un blog alle critiche.
Niente di nuovo sotto l’aspetto di Internet, ma molto per la politica italiana: bisognerà affermare a chiare lettere che quello sarà il sito dal quale nascerà una nuova aggregazione politica. Esattamente l’opposto dei siti dei partiti, che servono solo a pubblicizzare ciò che si decide nelle stanze del potere.
Lo scopo? Selezionare, pazientemente, le migliori idee e progetti per uscire dall’impasse delle coscette, per parlare finalmente di politica nell’ottica della decrescita e dell’ecologia, della re-distribuzione della ricchezza e della vera pace, che non significa votare tappandosi il naso. Significa affrontare con pazienza anche scuola, sanità, trasporti: tutto ciò che ci viene ammansito con le coscette. E senza strani “grembiulini”.
Riflettiamo, però, che chi desiderasse farlo dovrebbe prendere precisi impegni, non chiacchiere. Vedremo: al massimo, avrò gettato 25 euro. Pazienza.
Perché Italianova? Poiché mi ricordava il “dolce stil novo” che – con il passaggio dal Latino al Volgare – segnò il sentiero del Rinascimento.
Scontate le premesse sopra esposte, la porta è aperta, per tutti.
it’s only a castles burning…
Non lasciarti buttare giù:
sono solo castelli (di carte) che bruciano…
Neil Young, Don't let it bring you down, dall’album After the gold rush, 1970.
Non varrebbe nemmeno la pena di perderci del tempo, però è utile farlo più per noi che scriviamo e leggiamo queste pagine che per loro, che ingombrano allegramente l’agorà televisiva sfornandoci una miriade di cazzate. So benissimo che lo fanno da decenni, ma ogni tanto è utile ricordarlo.
Mi sono perso (per modo di dire…) le due passerelle dell’Insetto che, ad ogni campagna elettorale, ringalluzzisce come uno scarafaggio in amore. Avere nuovamente Berlusconi in studio, tirar fuori dal magazzino la scrivania dove firmò il famoso contratto con gli italiani, e poi ricevere l’appena dimesso sindaco di Roma sulle bianche poltrone, lo ringiovaniscono di vent’anni. Perché? Poiché gli rammenta la gioventù, quando c’erano quasi le stesse persone che raccontavano identiche minchiate. Lui ci gode come un mandrillo a mostrare che l’adagio di Tomasi di Lampedusa vale più della Costituzione: far finta di cambiare qualcosa e, in realtà, mantenere tutto immutato.
Già che parliamo di Costituzione, varrebbe la pena di raccontare che tutto quello che ci propinano sulle grandi “novità”: i nuovi partiti, le nuove alleanze, equilibri, equilibrismi, legami, fili per stendere e quant’altro, è una colossale puparata.
Perché la Costituzione, prevede – all’art. 67 – libertà di mandato per i parlamentari:
Art. 67. Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.
Se così non fosse, i parlamentari sarebbero soltanto dei “mister pollice” utili a schiacciare il pulsante per votare. Potrebbero essere anche analfabeti: dovrebbero solo saper distinguere il rosso dal verde. Per i daltonici, poche speranze.
Se non ci fosse completa libertà di mandato, non sarebbe nemmeno necessario fare estenuanti campagne elettorali, pagarli una montagna di soldi, eccetera: basterebbero dei comuni COCOCO, assunti con contratto a termine a progetto – durata 5 anni, 800 euro mensili – poiché qualsiasi operaio della FIAT sa far di meglio che schiacciare due pulsanti.
Questo colossale castello di carte che stanno intessendo – la “rivoluzione” dei due “nuovi” partiti, PD e PDL – si basa su un assunto che non ha nessuna base giuridica, Costituzione alla mano. Il giorno dopo essere stato eletto, qualsiasi parlamentare dei due cosiddetti partiti “omogenei” potrà scegliere di cambiare schieramento, fondare un nuovo partito, formare un nuovo gruppo parlamentare.
E, attenzione: queste non sono ipotesi “di scuola”. Vorremmo sapere come si comporterà Di Pietro quando ci sarà da varare un nuovo indulto, oppure Alleanza Nazionale quando la Lega chiederà un federalismo fiscale che sarà praticamente una secessione economica.
La contromossa che – a parole – suggeriscono per superare questa impasse, riguarda la riforma dei regolamenti parlamentari. In pratica: nessun parlamentare “dissidente” potrà fondare un nuovo gruppo parlamentare, e quindi accedere ai finanziamenti previsti dai rispettivi regolamenti, della Camera e del Senato.
Tutto ciò appare alquanto fumoso e difficile da realizzare: il cosiddetto “accordo” fra PD e PDL riguarda proprio la scrittura delle regole, principalmente i regolamenti dei due rami del Parlamento.
Ora, per giungere a quel risultato, i due partiti dovranno concordare un testo condiviso: già qui, mi sembra un approdo fra le scogliere. Subito dopo, dovrebbero “far digerire” l’accordo agli altri partiti, e siamo arenati sulla barriera corallina.
Una riforma a colpi di maggioranza? Potrebbe essere, ma – per come sembrano andare le cose – non s’intravedono maggioranze “bulgare”, su entrambi i fronti. La scelta dell’UDC di non entrare nel partito di Berlusconi ha sparigliato le carte: senza Casini, la speranza di Berlusconi di raggiungere quella maggioranza schiacciante che intravedeva solo un mese fa, è un sogno svanito.
Da ultimo, non dimentichiamo che sarebbe sempre aperta la “campagna acquisti” per i vari “transfughi” del centro, che – con tanta allegria e sempre più soldi in banca – si prestano alle operazioni di caduta dei governi, maggioranze a “geometria variabile” e quant’altro. Ricordiamo la vicenda De Gregorio – al quale sembra che Berlusconi abbia appianato alcuni debiti – oppure Follini, la moglie del quale – l’architetto Spitz – è diventata il deus ex machina per la dismissione del patrimonio immobiliare (soprattutto militare) dello Stato.
Quindi, sul grande “rinnovamento” della politica italiana, stendiamo un pietoso velo.
Tutto ciò, in verità, è misera cronaca dell’oggi: proviamo a salire di un misero scalino? Domandiamoci: perché si sono messi a recitare questo pietoso teatrino?
Sappiamo che le elezioni non sono più la fase finale di un’elaborazione politica (del corpo elettorale): svanite le ideologie di un tempo, sono soltanto una gran faccenda di marketing.
Le stesse aziende che stilano i sondaggi, sono raffinate strutture di marketing dove noi (che dobbiamo depositare la scheda nell’urna) siamo – sostanzialmente – gli avventori del supermercato della politica. Ossia, del loro modo di concepire la politica.
Così, se la società di sondaggi afferma che gli italiani gradiscono la coscia di pollo, tutti – dall’agorà televisiva – si sbracceranno nel dire che c’è abbondanza di cosce di pollo e che ne distribuiranno a profusione.
La coscia di pollo sarà elegantemente infiocchettata, avvolta in un involucro luccicante ed adeguatamente illuminata ogni sera: al precario faranno pregustare la coscia costante, al pensionato quella sicura, al lavoratore la confezione famiglia, al “diverso” quella di struzzo, ecc. A ciascuno la sua coscetta.
Questo è sempre stato fatto e si continua a fare: nessuno si prende la briga di spiegare dove troverà le coscette, se è proprio necessario mangiarle, se ci sono alternative. Lo ha detto la società di marketing: il nostro compito è solo quello di rassicurare che ci sarà abbondanza di coscette e coscioni.
Dopo tanti anni di delusione, però, gli italiani iniziano a credere che le cosce di pollo – presenti in abbondanza fino al 13 Aprile – spariranno il giorno dopo. Anche questo ha detto la società di marketing.
Un sentimento montante – detto “antipolitica” – suggerisce di non fidarsi più di nessuno, perché le coscette – raccontano – sono tutte finte, di plastica e già pronte per essere re-immagazzinate, per essere riutilizzate alle prossime elezioni.
Quando cade la fiducia nella coscetta, per la politica italiana è un dramma.
Bisogna allora far credere che, quelli che ieri avevano promesso piogge di cosce e non le hanno mantenute, siano stati mandati via come perversi impostori: se cacciamo fuori gli azzeccagarbugli come Mastella, i tromboni stonati come Diliberto, i grilli parlanti come Tabacci…eccetera, eccetera…rimarranno solo quelli “buoni”. Gente pronta, decisa, con le idee chiare: utile per schiacciare il bottone a comando.
Serve poi un capro espiatorio: Romano Prodi è perfetto. Non ho mai lesinato critiche all’operato di Romano Prodi ma, credere che sia il maggior responsabile dello sfascio al quale siamo giunti, sarebbe un errore che ci condurrebbe a nuovi disastri.
I furbacchioni, intanto, si rivestono con abiti nuovi, agitano nuove coscette e riprendono il gioco di sempre. Le prove?
Walter Veltroni ha promesso finalmente di risolvere il problema delle famiglie: 2.500 euro a figlio. A chi? Ai nuovi nati: se avete un figlio che compirà un anno, avete trombato fuori tempo e dovrete fare un buco alla cinghia per i prossimi vent’anni. Oppure, datevi da fare e riprovateci: con un altro figlio, almeno acchiapperete i 2.500 euro. Fanno sempre 1.250 a testa: poi, però, fino alle prossime elezioni, castità e preservativi.
Come arriveranno, a chi, quando e come questi 2.500 euro? Non si sa.
Se qualcuno non è di memoria corta, potrà ricordare che fu la stessa, identica promessa che Prodi fece nella campagna elettorale del 2006. La solita coscetta: questo è il welfare italiano.
Ci sono poi i 1.000 euro il mese per i precari. S’istituirà un salario minimo di legge (come nella maggior parte dei paesi industrializzati)? No, la strada italiana è più fantasiosa: l’imprenditore che darà i 1.000 euro riceverà uno sgravio fiscale. Sarebbe a dire: nessuno garantisce che le coscette giungeranno al supermercato ma che, se qualcuno le porterà, gli pagheremo il gasolio per il camion. Che fantasia!
Sull’aumento delle retribuzioni sono tutti d’accordo: possiamo stare tranquilli. Si dà il caso che, proprio in questi giorni, il personale della scuola abbia ricevuto gli arretrati per il contratto già scaduto a Gennaio 2008.
Secondo livelli ed anzianità, possiamo calcolare un aumento di circa 80 euro medi netti: per questa gente, mantenere una famiglia – negli ultimi due anni – è costato solo 80 euro in più!
Ovviamente, siccome non pagano la benzina e non vanno al supermercato (loro hanno i prezzi bloccati della buvette di Montecitorio) non possono sapere di quanto è aumentato un pieno, né sanno di quanto sono aumentati il pane, la pasta, la carne. 80 euro in due anni! Questa è la stessa gente la quale afferma – sicura – che così “non si può più andare avanti”. Probabilmente, sono le precise parole che le strutture di marketing hanno suggerito d’utilizzare.
Infine, c’è il grande impulso verso l’energia: la “rottamazione” del petrolio. Quando ho letto la dichiarazione di Veltroni – messa in quei termini – m’è venuto freddo. “Il 20% di risparmio sulla bolletta energetica fanno 20 miliardi risparmiati”.
Ora, da anni il sottoscritto va dicendo le stesse cose, ma prima s’informa. La “bolletta energetica” del 2006 fu di 46 miliardi di euro, quella del 2007 – secondo il RIE, centro di studi sull'energia – resterà pressoché invariata. Non stiamo a sottilizzare troppo, ma il 20% fa circa 9 miliardi, non 20. E se mancheranno 11 miliardi? Scaveranno un altro “tesoretto”? Siamo seri.
Sull’altro versante cambiano un po’ le parole d’ordine: d’altro canto, ciascuno si fida della sua struttura di marketing.
Giulio Tremonti è già sceso in campo per spiegare che le cose, per il bilancio statale, virano al peggio. C’è la crisi economica incombente, quella dei subprime, la recessione americana…insomma, un panorama di tregenda. Il quale, si manifesta soltanto quando governa il centro-destra, mentre il centro-sinistra gode sempre di sole e bel tempo. All’italiana, verrebbe da dire: portassero un po’ sfiga?
In realtà, Giulio Tremonti – ottimo insegnante e scrittore – l’unica cosa che non dovrebbe fare è il Ministro delle Finanze, perché non c’è tagliato. Farebbe fallire anche un chiosco di bibite: se ne accorse addirittura Fini, che ne pretese le dimissioni.
Il buon Giulio gode però dell’appoggio di Berlusconi e di Bossi, e per un sostanziale motivo: è ligio agli ordini, pronto a firmare qualsiasi cosa arrivi da Arcore. Tant’è che Siniscalco, chiamato in fretta perché non si sapeva più come rimediare ai buchi di bilancio – alla fine – se ne andò sbattendo la porta perché non voleva fare, all’unisono, la marionetta di Silvio ed il capro espiatorio. Giulio non ha questi problemi: è uomo di poche pretese e s’adatta a tutto.
L’uomo di Arcore, oltre probabilmente a qualche mago e cartomante, consulta anch’egli la sua struttura di marketing, che per lui ha scelto la strategia dell’abbattimento delle tasse. Funziona, Silvio, funziona.
Così, promette d’eliminare l’ICI, e probabilmente lo farà. Ne beneficeranno principalmente i possessori d’interi palazzi, i grandi proprietari fondiari, perché l’ICI sulla prima casa – in moltissimi comuni – già gode oggi di consistenti sgravi.
Insomma, la famiglia normale risparmierà qualcosa, mentre Berlusconi – gran palazzinaro – si metterà in tasca fior di dobloni. Quando abbatté le tasse sugli alti redditi, il principale beneficiario fu lui. E forza Silvio.
Questo, a lungo andare, provocherà degli ammanchi sul bilancio statale: ecco perché Tremonti già mette le mani avanti, accusa la sinistra “di lasciare buchi”, la congiuntura internazionale…la solita solfa.
Anche Berlusconi, però, vuole aumentare gli stipendi: oh, bene. Sì, ma solo sugli straordinari.
Lavora di più, così potrai guadagnare anche 1400 euro il mese che, con gli sgravi fiscali, diventeranno 1440. Sei felice? No? Luca di Montezemolo è contento...dice che risparmia personale e ci guadagna parecchio…la fatica aumenta la probabilità d’incidenti sul lavoro? Non raccontiamo cazzate: la colpa è degli operai che non si mettono il casco.
Così, senza più l’ICI e con meno tasse che entrano, il bilancio dello Stato va in rosso. E chi se ne frega! Mandate Giulio a Porta a Porta, fategli raccontare che la colpa è dei comunisti!
Esilarante poi la proposta di Berlusconi sul fronte dell’energia: mettere più soldi nelle tasche degli italiani, così fanno il pieno e corrono felici in autostrada. Solare, eolico, nucleare, biomasse? No, se il petrolio costerà 200$ il barile, daremo più soldi agli italiani per comprare la benzina. Per favore, basta…
Anche Silvio, come Walter, vuole “fare cassa” per le tasse, l’energia…e allora s’inventa il risparmio sull’informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Dai 20 ai 40 miliardi l’anno, parola di Lucio Stanca – gran direttore dell’ex IBM – che è un amico e di lui mi fido.
Mentana, un po’ imbarazzato, gli chiede se ci saranno “esuberi” – è scaltro, e non osa certo parlare di “macelleria sociale” – ma Berlusconi lo ferma: no – mi ha detto Stanca – s’ottengono solo dal risparmio che si consegue nel passaggio dal cartaceo all’elettronico! E dobbiamo anche starlo a sentire! Da domani, proverò con metà carta igienica: poi scriverò a Stanca per raccontargli com’è andata.
Sugli altri commensali, meglio stendere un pietoso silenzio: dagli “Arcobaleno”, i quali – dopo aver votato per due anni le peggiori leggi contro i lavoratori – adesso pretendono d’assumerne le tutele. Oppure il Pecoraro che non ha più erba in Campania per le sue pecore, giacché c’è solo monnezza. Sarà la Coscia Rossa?
Mi ha invece un poco infastidito Tabacci, perché sembrerebbe uomo di cultura, e certe cose non si fanno proprio.
Ora, sappiamo che la fantasia per creare nuovi partiti sta scemando: dopo anni trascorsi nella botanica (querce, girasoli, margherite, ecc) non si sa proprio più dove andare a parare. Non si può fare il partito del Giusquiamo Nero, perché è un’erba velenosa e nessuno sa cos’è. Nemmeno Storace lo reclama.
Nuove frontiere della Zoologia? Può essere: Partito del Gambero Rosso, della Lucciola, Armadilli Riuniti, Rinnovamento Equino…la fantasia non manca.
La Rosa Bianca, però, se la poteva proprio avanzare: per il rispetto che tutti dovremmo avere per Christoph Probst, Hans e Sophie Scholl, antesignani di una critica alla guerra che metteva sotto accusa proprio il concetto di “suprema ragion di Stato”, e che pagarono con la vita nei tribunali di Hitler. Uno come Tabacci – che ha sempre approvato le missioni di guerra italiane all’estero – quel nome non ha il diritto d’insozzarlo. Si prenda la Coscia Bianca, Tabacci, e corra.
Basta con questa gente, silenzio.
Ciò che dispiace – e l’ho purtroppo dovuto leggere sul Web – è sapere di gente che s’accapiglia per la scelta d’andare a votare oppure no. Pazienza che ci prendano in giro con le stesse coscette da decenni ma, mettersi a litigare per delle coscette inesistenti, è da fessi! E’ quello che vogliono! Loro, la chiamano “passione politica”!
Vogliono vederci “responsabili”, “interessati”, “coscienti” perché, se manca il pubblico, la compagnia non guadagna.
Qualcuno vuole votare? Lo faccia, ma sorridendo. Preferisce una gita in campagna: ottima idea! Un pomeriggio che promette bene con quella tizia che…alt! Avete consultato il calendario? Achtung! Altrimenti, niente 2.500 euro!
Da ultimo, dovremmo riflettere che gran parte di questi signori s’incontra in discreti palazzi ed indossa curiosi grembiulini. D’alcuni lo sappiamo per certo – Berlusconi, Cicchitto, ecc, ma anche larga parte del giornalismo italiano – perché compaiono nell’elenco della P2 che Gherardo Colombo consegnò a suo tempo a Forlani. Non è irragionevole, però, immaginare che a decine, forse centinaia, s’incontrino nei discreti palazzi delle confraternite massoniche e che se la ridano di noi allegramente. Magari mettendosi d’accordo sulle coscette: tu proponi la confezione famiglia? Va bene, io vado con la coscia di tacchino.
Insomma, siamo già così sfigati da doverli sopportare: dobbiamo anche metterci a litigare?
Oltretutto, riflettiamo che il principale dato economico che ci riguarda consiste nella ripartizione della ricchezza. Per anni, ci hanno propinato il leitmotiv che “è inutile promuovere la re-distribuzione della ricchezza se prima non la si crea”. Verissimo, ma sappiamo che il 40-45% della ricchezza è nelle mani del solo 10% della popolazione: addirittura Prodi – nella campagna elettorale del 1996 – affermò che la distribuzione della ricchezza in Italia era praticamente la stessa della Gran Bretagna del primo Ottocento. Il guaio, è che l’ha solo detto: altra coscetta.
Riflettiamo su questo dato; approssimativamente, significa che la ricchezza prodotta da 10 italiani sarà così suddivisa: uno solo prenderà quasi la metà, mentre gli altri 9 si divideranno ciò che rimane.
Niente di nuovo rispetto alla vecchia mezzadria, scomparsa nelle campagne con le riforme del dopoguerra. Come funzionava?
Una grande famiglia patriarcale (poniamo una decina di persone) lavorava i campi e produceva ricchezza: ogni anno ricavava, ad esempio, 10 maiali, 100 quintali di grano e 50 barili di vino. La mezzadria divideva a metà fra il proprietario e l’affittuario, così il padrone – senza far nulla, fornendo al massimo le sementi – acchiappava 5 maiali, 50 quintali di grano e 25 barili di vino.
Oggi, questo meccanismo – grazie alla fantasmagoria dei mercati finanziari ed all’informazione drogata – è tornato in auge: ecco il significato degli 800 euro mensili “a singhiozzo”, del progressivo depauperarsi dei ceti popolari. Hanno semplicemente riportato in auge un sistema che vigeva al tempo dei Savoia, contro il quale combatterono intere generazioni di veri sindacalisti!
Oggi, i Tre Re Magi – Angioletto, Bonanno ed Epifanio – sono diventati i “fattori”, e fanno gli interessi dei padroni.
Di conseguenza, allarmarsi per chi andrà o non andrà a votare, non è poi così importante: sono tutti d’accordo! Altrimenti, almeno rifondaroli e comunistucoli non avrebbero votato le leggi Damiano su welfare e le pensioni.
Le soluzioni non sono molte, e tutte difficilmente praticabili.
Ho provato ad inserire il mio comune nel sito delle Liste Civiche di Grillo: vivendo quattro spanne oltre il bordo della carta geografica, non c’era una lista civica per quel comune. Mi sarei aspettato una richiesta del tipo: vuoi fondare una lista civica nel tuo comune, vuoi partecipare alla costruzione della lista? Mandaci i tuoi dati, dicci chi sei.
No, la risposta è stata “che sarei stato avvisato qualora si fosse formata una lista civica per quel comune”. Ora, di grazia, se chi si presentasse (condizionale…) per formarla viene soltanto “avvisato” per quando (eventualmente) ci sarà, chi forma queste liste? Nascono sotto i cavolfiori?
L’idea di trovare una nuova classe politica partendo da liste locali – bene che vada – potrà condurre ad avere una lista nazionale fra dieci anni. Nel frattempo, chissà cosa s’inventeranno i venditori di coscette: magari riformeranno l’art 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul televoto”. Bonolis Presidente della Repubblica.
A meno che, la lista nazionale già ci sia ed abbia soltanto bisogno di trovare un pubblico – abilmente ammansito ed addestrato – per sorreggerla. Insomma, una lista “coperta”. Come le logge.
La scelta del blog di Grillo d’essere soltanto un contenitore di protesta, e mai d’elaborazione politica, sembrerebbe confermare questa ipotesi.
Sostituire questa classe politica inefficiente e truffaldina non è cosa di poco conto: lo sa anche la Casta. Difatti, Bersani ha già lanciato una parola d’ordine: “Rinnovare la classe politica, però immettendo solo persone di provate capacità”. Traduzione: “Noi ce ne possiamo anche andare, ma solo per lasciare il posto ai rampolli che abbiamo allevato alla nostra scuola”. La quale, ha mostrato ampiamente d’essere una pessima scuola.
Le candidature dei giovani sono tutte di “provata fedeltà”, come il figlio di Colaninno (grande amico di D’Alema…) e Marianna Madia, ufficialmente un volto “giovane e candido” della new generation: Veltroni ha visto forse un po’ troppi film americani?
Qual visino, quando l’ho visto, m’ha subito rammentato un profilo greco che avevo notato la notte, in una trasmissione sull’energia (politically correct, tranquilli…) dal nome eCubo. Sponsorizzata da Minoli, la bella Marianna (oltre che a lavorare in RAI) si scopre che lavora con un contratto di consulenza presso la Presidenza del Consiglio: è, praticamente, la principale collaboratrice di Enrico Letta detto il Giovane, come Plinio. Insomma, affermare che la ragazza sia proprio una illustre sconosciuta…
E’ il “teorema” ben enunciato da Bersani: giovani puledri e puledre, ma tutti della nostra scuderia.
Sull’altro versante, invece, ci sono le pornostar che fondano i “Circoli della Libertà” per B&B (Berlusconi e Brambilla) – come Federica Zarri – e già circolano le bozze di una “riforma” dell’hard, che la ragazza chiama “legge Zarri”. Questa è la destra del futuro.
L’antipolitica, si sconfigge così: parola di Bersani & Brambilla.
Innovare colmando i vuoti con la cosiddetta “società civile”?
Qui entra in gioco il fattore anagrafico, e non si tratta di un mercato dove abbondano le offerte.
Se si propone di fare veramente politica – il che significa anche abolire gli assurdi privilegi della Casta, riportare ai livelli medi europei gli emolumenti dei parlamentari, ridurne di gran copia il numero nelle amministrazioni centrali e periferiche, inserire norme che garantiscano vera trasparenza nei concorsi, nelle Università, negli Enti, ecc – non c’è la fila di gente che attende. Siatene certi.
Una vasta pletora di giovani e meno giovani è lì che attende, ma solo per sostituire a “pari condizioni” quelli che vorrebbero defenestrare. Siamo onesti con noi stessi.
Si può anche capire il fenomeno: ammettendo una generale moralizzazione della vita pubblica, fare seriamente politica è un mestiere ingrato. Mica come vendere coscette.
Significa dire a chiare lettere cosa si vuol fare per rimediare all’immobilismo dilagante: la sanità? La scuola? L’energia? La finanza? Le tasse? La giustizia? Vuol dire presentare progetti seri ed essere pronti ad affrontare i venditori di coscette, ovunque. E saperlo fare.
A fronte di questa prospettiva – che, per chi ci riflette un attimo, dovrebbe apparire chiaro che si tratta di un compito che fa tremare i polsi – ci sono persone giovani che non hanno molta esperienza. Le persone meno giovani – che non hanno trascorso l’esistenza scaldando soltanto comode poltrone – hanno lavorato un’intera vita.
Hanno sì esperienza, sanno a grandi linee quali sarebbero i provvedimenti seri da prendere per raddrizzare il Paese, ne avrebbero probabilmente anche le capacità, ma sono stufi. Per troppi anni si sono sentiti presi per il culo.
Sono risposte che ho ricevuto personalmente, non mie idee bislacche.
Sostanzialmente, le persone che hanno trascorso una vita nelle fabbriche, nel settore pubblico, nelle professioni – e che non hanno mai mendicato nelle anticamere della politica – si trovano ad un bivio: vado in pensione, e “che qualcuno ci pensi”, oppure devo ripartire da capo? Con la prospettiva d’avere tutti i poteri della Casta contro, che avveleneranno anche gli ultimi anni della mia esistenza?
Eh sì, signori miei, perché le persone serie non sbatacchiano in televisione i propri sentimenti, non li trasformano in altre coscette (come l’immondo ricorso ai temi etici, per meri obiettivi elettorali), ma s’interrogano sul significato della Vita e della Morte.
In altre parole, conoscono bene il proverbio indiano che recita: “La vita è un ponte incerto che dobbiamo attraversare: l’unica cosa poco saggia è costruirci una casa sopra”, e – siccome sono in larga parte persone semplici ma serie – riflettono mille volte prima di decidere. Mica si buttano a pesce sul primo posto da assessore: in definitiva, giunte al termine della loro vita lavorativa, non ne hanno bisogno.
I giovani potrebbero essere la risposta, ma da soli non ce la possono fare: ne hanno viste troppo poche, ed i marpioni di regime se li mangerebbero in insalata. Un mix sarebbe forse la migliore soluzione.
Possiamo ricordare com’era strutturata la civiltà Lakota: i vecchi erano sempre consultati prima di prendere decisioni importanti, ma i capi erano persone di mezza età. Infine, i capi guerrieri e quelli eletti di volta in volta per le cacce, erano giovani. Impariamo.
Aprendo una breve parentesi, ricordiamo che, qualche mese fa, la comunità Lakota si è “dimessa” dall’essere cittadina americana: aspettiamo il comunicato di Condoleeza Rice che ne sancirà l’indipendenza. Come in Kosovo.
E’ molto interessante, invece, l’idea d’emigrare in massa: molti giovani già lo fanno, ed il fenomeno è senz’altro in crescita. D’altro canto, è perfettamente coerente con l’impianto sociale che dovrebbero sopportare in Italia: prezzi tedeschi e stipendi greci.
Siccome parlano spesso due lingue (e meglio delle precedenti generazioni), non c’è motivo per rimanere a soffrire in questo dannato paese. Conosco personalmente giovani che lavorano in mezza Europa, in America Latina, in Giappone.
Se qualcuno, però, pensa che questi giovani, dopo aver vissuto molti anni all’estero, tornino per salvare la Patria – a mio avviso – si sbaglia di grosso. Non scendiamo nelle situazioni personali, ma è difficile immaginare che giovani che lavorano, si sposano e fanno figli all’estero siano pervasi dalla voglia di tornare. E per quale motivo? Per tornare a sedersi nell’anticamera del notabile, oppure campare “a singhiozzo” con un contratto da 800 euro il mese?
Oltretutto, non esiste più la gran differenza di culture nel pianeta: Internet sta appianando molte differenze, e si può gustare una buona pizza ovunque.
Sembrerebbe la “lista della spesa” dello sfascismo ma – se riflettiamo sulla situazione – così stanno le cose: il bassissimo impero qual siamo giunti, non ci riserverà altro che chine ancora più ripide e pericolose.
Che fare?
Le prossime elezioni politiche – comunque vadano – non scalfiranno di un’unghia la solita solfa: Berlusconi tuonerà contro lo Stato ma non saprà, non potrà e non vorrà riformarlo. Sostanzialmente, continuerà a farsi gli affari suoi.
Veltroni affermerà di prendersi cura di tutti i disagi, ma non vedo croci che lo attendano per la grande espiazione. Se ne scorderà presto, al primo canto del gallo.
Al venticinquesimo “Vaffa-day”, Grillo inizierà a pensare di girare un film, magari ad Hollywood, con Dustin Hoffman nella parte di Veltroni e Gene Hackman in quella di Berlusconi. Lui, in quella di Masaniello. Non lo metterà su Youtube: meglio i diritti d’autore.
Intanto, noi saremo sempre in mutande.
Se qualcuno intende perseguire la strada di creare una nuova classe politica, che nasca dal semplice dibattito della gente – l’agorà di Internet – la possibilità c’è. Se si vuole veramente farlo.
Ho acquistato il dominio www.italianova.org (non cliccatelo, è vuoto) per dare la possibilità a chi volesse intraprendere l’impresa di farlo.
C’è da fare di tutto: scrivere e selezionare articoli, filtrare e riproporre le critiche dei lettori, gestire la parte informatica. In altre parole, creare una redazione per un giornale Web, aperto come un blog alle critiche.
Niente di nuovo sotto l’aspetto di Internet, ma molto per la politica italiana: bisognerà affermare a chiare lettere che quello sarà il sito dal quale nascerà una nuova aggregazione politica. Esattamente l’opposto dei siti dei partiti, che servono solo a pubblicizzare ciò che si decide nelle stanze del potere.
Lo scopo? Selezionare, pazientemente, le migliori idee e progetti per uscire dall’impasse delle coscette, per parlare finalmente di politica nell’ottica della decrescita e dell’ecologia, della re-distribuzione della ricchezza e della vera pace, che non significa votare tappandosi il naso. Significa affrontare con pazienza anche scuola, sanità, trasporti: tutto ciò che ci viene ammansito con le coscette. E senza strani “grembiulini”.
Riflettiamo, però, che chi desiderasse farlo dovrebbe prendere precisi impegni, non chiacchiere. Vedremo: al massimo, avrò gettato 25 euro. Pazienza.
Perché Italianova? Poiché mi ricordava il “dolce stil novo” che – con il passaggio dal Latino al Volgare – segnò il sentiero del Rinascimento.
Scontate le premesse sopra esposte, la porta è aperta, per tutti.