Le recenti elezioni in Bielorussia ed in Ucraina sembrano avvenimenti di scarsa importanza, ed invece mostrano l’asprezza dello scontro fra l’est e l’ovest del mondo. L’est – in questo caso – non è l’Islam ma la Russia, che occupa gran parte del cosiddetto “Oriente” del mondo.
L’affermazione di Lukashenko era scontata – ed elezioni vinte con il 93% dei suffragi non mostrano certo una “cristallina” democrazia – ma un’opposizione che non va oltre qualche sporadica protesta dimostra che il sostegno al regime è saldo.
In Ucraina ha vinto la fazione filo-russa, ma di stretta misura. Dopo appena un anno, gli “arancioni” sono già in crisi perché lo “strappo” con Mosca ha evidenziato la debolezza dell’economia ucraina, troppo dipendente dalle forniture russe di metano.
Mentre avanza il nuovo gasdotto che porterà in Europa il gas russo passando nel Baltico – e tagliando fuori, di fatto, Bielorussia, Lituania, Ucraina e Polonia – le classi dirigenti di quei paesi sono chiamate ancora una volta a scegliere fra gli (improbabili) aiuti economici di un’Europa praticamente “ferma” sotto l’aspetto economico, le evanescenti promesse americane – che devono anzitutto fare i conti con la crescita spropositata del debito interno ed estero – e Mosca.
Mentre fluttuano monete ed azioni, pare che la nuova moneta del pianeta sia l’energia: non più l’oro per definire i rapporti di forza, non più il dollaro bensì petrolio, gas e carbone.
“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori” cantava Fabrizio de André: i patrimoni finanziari ed azionari possono essere oggi le pietre angolari del potere, domani carta straccia. L’energia servirà oggi per riempire il serbatoio dell’auto, domani per portare in vacanza i nostri figli e dopodomani per far funzionare i computer dei nostri nipoti. E questo i russi lo sanno.
Carlo, al momento dobbiamo risolvere la (nostra!) situazione nazionale. E le prospettive non appaiono affatto rosee.
RispondiEliminaLo scopriremo.
Ciao
Stefano