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Cantiere abbandonato dal 2019 dell'Aurelia-bis |
Incommensurabile, incondizionata, infinita: questa è la
norma che regola, da decenni, la vita politica italiana.
Senza uno stato continuo di fibrillazione – generato dalla
proclamazione di emergenze – l’apparato dello Stato è inerte, silente, non
reattivo: pare più la burocrazia papalina del primo Ottocento che quella di una
Nazione del 2020.
Per avventurarci in questo dedalo di secche e sacche,
inframmezzati da canali insicuri, da mappe incerte, da carte nautiche fasulle,
avremo bisogno d’analizzare alcune realtà locali: non è mio uso avvicinarmi
alla politica locale però, quando è necessario farlo – sempre nell’ottica
d’analizzare per comprendere orizzonti più vasti – lo si deve fare.
La prima emergenza – e questa è stata veramente un’emergenza
– è il Coronavirus salvo che, in Italia, esiste il Coronavirus italicus: una variante del virus che richiede norme ad
hoc, adattamenti speciali, norme precise (?) e comportamenti consapevoli (?).
Ad esempio, si tratterebbe di una sotto-categoria che non contagia
tramite le goccioline del Flueggen, ossia la respirazione di un contagiato, e
quindi l’uso della mascherina è un optional che, man mano che il tempo
trascorre, è svanita insieme alle ultime nevi primaverili.
Siamo chiari: nessuno chiede d’andare in spiaggia con la
mascherina, però sarebbe più opportuno tenerla nel percorso verso la spiaggia. Nessuno chiede di tenere la mascherina
in strada se camminiamo da soli, ma d’averla se siamo in una via affollata:
sono norme semplici, di buon senso, che chiunque con un po’ di sale in zucca sa
attuare senza bisogno d’apposite norme.
Già, ma gli italiani sono persone – per abitudine –
irriguardose e schifate dalle norme, così entrano nei negozi senza mascherine
e, se glielo fai notare, ti rispondono con sbuffi irati, quando non con gli
insulti.
Eppure, il virus non ha per niente lasciato gli italici
lidi: ancora oggi – in piena Estate, con i raggi ultravioletti ed il tempo più
asciutto che ci aiutano parecchio, accorciando la vita del virus nell’aria –
abbiamo centinaia di nuovi infetti ogni giorno e decine di morti. Già, ma il
virus è diventato un fattore di lotta politica: se sei di sinistra pensi di
proteggerti, se sei di destra te ne sbatti, perché è soltanto un’invenzione
delle oligarchie mondialiste per dominarci meglio. Se non ci credete, leggete
cosa dice il dott. Gudrun Sturmtruppenland, dell’Università di Palo Basso
(California): non vorrete mica mettere in dubbio gli articoli – disponibili sul
Web all’indirizzo www.sturmtruppenland/Coronavirus.com - dell’esimio luminare
statunitense?!?
Una cosa che forse non saprete, però, è che l’emergenza Coronavirus,
in Italia, è stata dichiarata fino al 31/12/2020. E, se le cose continueranno
ad andare avanti così, c’è il serio rischio che sarà prorogata. Cosa prevede
questa emergenza? Obbligo di mascherine? Sorvoliamo. Assembramenti? Non
pervenuti. Distanze di sicurezza? Cosa sono?
C’è una particolarità, però, nella quale il diktat
governativo è chiaro: per il personale sanitario non è più possibile chiedere
le normali ferie estive. Oddio, sì…qualche giorno te lo concedono…se chiedi 15
giorni ti danno una settimana con due reperibilità in mezzo: così, in quella
settimana, col cavolo che puoi andare al mare e in montagna perché devi stare
accanto al cellulare e, entro 20 minuti, presentarti in ospedale. Un bel modo
di riposarsi.
Perché – è ovvio – bisognerà trovarsi pronti per
un’eventuale seconda ondata autunnale ed il miglior modo per essere pronti è
diventare “rapidi ed invisibili” (come i sommergibili nella guerra fascista):
in altre parole, lo stato di emergenza è il miglior modo per tenere la gente in
ansia, anche se in ¾ del territorio nazionale i ricoveri per il virus sono
veramente ridotti al lumicino.
Ah, ma di cosa si lamentano?!? Hanno ricevuto soldi sonanti
per l’emergenza!
Qui in Liguria (sono le Regioni a doverli conferire) non
hanno ricevuto un euro, e in altre regioni domande, controlli, supervisioni,
contestazioni…per 100 euro in più: se desiderate, leggete uno dei tanti siti
dove il personale infermieristico (il più provato dall’emergenza) si lamenta
(1).
Non è che – per caso – la nuova (e reale) emergenza è stata
usata per nascondere il vero misfatto? Ossia la cronica carenza di personale
sanitario, dovuta ai molti “risparmi” attuati nella Sanità? Gli stessi
“risparmi” che hanno condotto Formigoni in carcere, perché a fronte dei
“risparmi” erano apparse crociere gratis ed altre regalie per i vari “consoli”
della Sanità pubblica?
Se sospettate che ci sarà una seconda ondata di Coronavirus
– basta osservare come fu l’andazzo della Peste di Milano del 1630 per capire –
non era forse meglio dotarsi, per tempo, di nuovi operatori sanitari,
magari…assumendoli? Aaaagh! Assumere! Parola desueta: non vogliamo rischiare
d’avere personale in surplus! Questo è il nuovo Verbo della sanità liberista:
il risparmio sul capitale umano! Avete capito?
Niente ferie, niente soldi: se ci sarà una nuova emergenza
di contagi sarete di nuovo “eroici” e la Presidenza della Repubblica sta già
meditando su un’onorificenza ad hoc…pare una spilla d’argento con scritto “Io
c’ero”, del costo totale di qualche migliaio di euro. Si risparmia, suvvia.
Ma non basta ancora, perché se il Coronavirus è stato una
iattura inaspettata, chi s’attendeva che in due anni sgombrassero tutte le macerie
e ricostruissero il Ponte di Genova? Eh no…tutta colpa del 5 Stelle e dei loro
metodi spicci…la costruzione di un ponte, in Italia, è un evento generazionale…ossia, almeno una
decina d’anni…difatti, siamo riusciti a cacciare quel pazzo di Toninelli…questo
non capiva che un’emergenza richiede i tempi dell’emergenza, come il MOSE…lo
cominci con i nonni…e se lo godono (se, se lo godranno) i nipotini!
Fatto è che, ‘sto maledetto ponte è pronto per
l’inaugurazione: come si fa adesso? A chi lo consegneremo?
Saltate le prime soluzioni d’assegnarlo al sindaco di
Genova, si comprese che andava assegnato al gestore della società
autostradale…già…ma a chi? E i nodi sono venuti al pettine, sempre in zona
Cesarini.
La proposta di Conte ai Benetton è stata molto salata: la
restituzione del 51% delle azioni della Società Autostrade allo Stato, pagata a
prezzi di mercato i quali, però, viste le cattive acque nelle quali naviga la
società dei Benetton, sarebbero proprio un piatto di lenticchie, intorno ai 2,5
– 3 miliardi di euro per riavere il controllo della società che gestisce quasi 3.000 km d’autostrade
italiane.. Qui, per capirci qualcosa, bisogna fare un passo indietro, per
capire come mai le agenzie di rating, nel Gennaio del 2020, abbiano tagliato a Junk (spazzatura) il rating delle azioni
Atlantia.
In anni molto lontani, Atlantia (Benetton) partecipò alla
gara per la gestione delle autostrade spagnole, perdendola per un soffio nei
confronti di Abertis (società spagnola). Ma Benetton non si perse d’animo.
Nel 2017 si presentò all’acquisto di Abertis ossia, non
essendo riuscito ad aggiudicarsi la gestione, si comprava il gestore! Come
aveva fatto?
“Risparmiando” sulla manutenzione in Italia ed aumentando i
pedaggi ogni anno, col consenso consapevole delle forze politiche.
Dopo il crollo del Morandi, la società cominciò ad
affondare: il suo valore in Borsa scese ai minimi e la sua credibilità fu
definitivamente offuscata.
Tutto sommato, per i Benetton sarebbe conveniente prendere i
quattro soldi che lo Stato offre per riprendere il controllo della società
anche perché, ad essere onesti, di alternative non ne hanno tante.
Se, invece, decideranno d’obbligare Conte a rescindere il
contratto, avranno sì la pallida speranza d’incassare – in anni molto lontani,
dopo 3-4 livelli di giudizio (la sola corte europea non basterà certo) e sempre
che le varie corti diano loro ragione – i 20 miliardi di penale, ma qui entrano
in gioco i “grandi lavori” che stanno andando in scena, in queste settimane,
soprattutto sulle autostrade liguri e limitrofe.
Perché, insieme al personale di Atlantia, ci sono anche
tecnici del Ministero dei Trasporti che potranno “toccare con mano” lo stato di
abbandono in cui sono stati lasciati decine e decine di gallerie e viadotti. E
staranno molto attenti ad edulcorare le perizie, giacché sanno d’avere la
Procura di Genova col fiato sul collo ed avranno capito che i “bei tempi” dei
Benetton che tutto compravano e controllavano, sono finiti.
Personalmente, ritengo che Benetton – in zona Cesarini,
ossia nel prossimo fine settimana – accetterà la proposta di Conte, perché in
caso contrario andrà ad infilarsi in un oscuro budello giuridico senza fine. Se
saranno cocciuti e pazzi, non accetteranno.
Già, ma sul fronte politico, però…direte voi.
Il fronte politico è ancor più delicato e pericoloso,
giacché la proposta di Conte è sensata e priva di rischi in entrambi i sensi
dovesse finire. Il PD giocherà male le sue carte, non votando la proposta
Conte? Non è così stupido: credono, oramai, più a Fitch e Standard’s & Poor
che ai Benetton e non si metteranno contro il loro elettorato per una causa
persa in partenza. Rimane l’incognita Renzi.
Renzi e Berlusconi giocano, oramai, con le stesse carte, ma
con elettorati di base diversi: se Renzi dovesse votare contro il governo
Conte, potrebbe dimenticarsi una rielezione del suo partito alle prossime
elezioni e, oltretutto, esporrebbe il suo partito ad un’eventuale scissione
interna, a voti contrastanti…insomma…mentre Berlusconi ha poco o niente da
perdere, lui ha da perdere tutto.
In definitiva – proprio avvicinandosi i giorni
dell’inaugurazione del nuovo ponte con tutta la retorica che svilupperà – i
rischi politici aumentano per tutti, anche per la Lega, che a suo tempo fu
favorevole alla revoca della concessione. Se non ci credete, osservate cosa
dicono della faccenda Libero ed Il Giornale: salvo riportare qualche sproloquio
di Renzi, niente, nemmeno un trafiletto.
Con la definitiva soluzione del problema delle autostrade si
chiudono le famose “emergenze” italiane? Manco per idea.
Proprio nei giorni nei quali scoppiava il “bubbone” Coronavirus,
a Vado Ligure erano terminati i lavori per la costruzione della nuova
piattaforma Maersk, ed erano giunte le prime due navi dall’Oriente: poi, con il
lockdown, scese il buio. E fu quasi un bene, altrimenti ben altri “bubboni”
sarebbero scoppiati: prova ne sia che, ad oggi, nulla si muove in quel di Vado
Ligure.
Pochi sapranno della vicenda, ma riteniamo che la
costruzione e la messa in opera del più grande e tecnologicamente avanzato
porto del Mediterraneo, non sia una cosa da passare sotto gamba: sono 4
ciclopiche gru che lavorano senza operatori, salvo una sala per il controllo
degli automatismi.
Ovviamente, un simile porto – che, in qualche modo, fa parte
della cosiddetta “Strategia della Via della Seta” (con Trieste) è in grado di
scaraventare sulle banchine migliaia e migliaia di container per ogni nave che
arriva: oggi, è in costruzione una nuova piattaforma per l’ormeggio di due navi
in attesa di scaricare.
E a terra?
Poco o nulla s’è ancora mosso.
Il nuovo porto dovrebbe sostenere l’import/export per le
merci dell’Oriente per l’Italia, la Francia Meridionale e la penisola iberica.
Mica bazzecole. E le infrastrutture?
Le infrastrutture stradali constano sulla Savona-Genova,
Savona-Ventimiglia e Savona-Torino: tutte autostrade costruite e concepite
negli anni ’50-’60 per il traffico turistico: sono quasi tutte a due corsie.
Solo il tratto Voltri-Alessandria è a tre corsie ma, a parte che si trova ad
una trentina di chilometri da Vado Ligure, su di esso (costruito negli ultimi
anni ’70) si sono già puntati gli strali del Ministero dei Trasporti a causa
dei risicati (pare) carichi che i piloni potrebbero reggere. Insomma, il solito
gigante con i piedi d’argilla.
Non meglio stanno le infrastrutture ferroviarie (2):
Savona-Ventimiglia (binario unico), Savona-Torino (binario unico),
Savona-Alessandria (binario unico) e Savona-Genova (doppio binario, ma soggetta
ad intenso traffico).
Le infrastrutture per ricevere, distribuire e spedire
migliaia di autotreni il giorno? Allo stato pressoché iniziale: forse per
questa ragione, anche dopo il Coronavirus, gli arrivi sono cessati.
Si tratta di costruire un nuovo e moderno raccordo
ferroviario, addirittura un nuovo casello autostradale (con la viabilità per
arrivarci!) dedicato solo al porto, il quale getterebbe una marea di camion in
autostrade pensate e costruite più di 50 anni or sono.
Ritengo che chi ha proposto delle simili soluzioni – per un
porto che dovrebbe avere le stesse funzioni di Amburgo, Rotterdam o Cherbourg –
sia stato mendace o completamente ignorante sui problemi che generava. Insomma,
sarebbe come a dire che il porto di Vieste, di Civitavecchia o di Ancona
diventa un grande terminal internazionale soltanto perché ci piazzi le più
moderne gru del pianeta. E dopo?!?
Le soluzioni “ponte” non si sono fatte attendere: appositi
studi, affidati a studi d’architettura, che hanno generato tanti topolini, dei
quali – a porto oramai funzionante! – non vi è traccia.
Una piccola “chicca” ve la voglio regalare:
“L’unica via di
accesso/uscita dallo svincolo risulta la rampa bidirezionale, che si innesta
sulla “Aurelia bis”, per la
realizzazione della quale è necessaria l’adozione di una soluzione interamente
in viadotto.”
è scritto in uno di questi rapporti.
Non si capisce bene cosa significhi quel nebuloso “interamente in viadotto”, però vi posso
chiarire cosa sia la cosiddetta Aurelia Bis (4)
L’Aurelia Bis sarebbe dovuta essere la tangenziale di
Savona, perché la città scoppiava per il traffico ed i parcheggi introvabili: i
lavori, iniziati nel 2013, erano stati appaltati per 128 milioni euro e
dovevano terminare nel 2015. Inutile raccontare che, oggi, tutto è stato
lasciato all’incuria per il fallimento di una delle aziende costruttrici. Gli
aruspici indicano altri 4 anni per finirla, ed altri 72 milioni di euro.
Bisognerà consultare un oracolo?
Il vero problema, per non finire nella solita “emergenza” è
quello di capire che l’Italia e la sua rete, stradale e ferroviaria, non è in
grado di sostenere il traffico per la metà meridionale dell’Europa: anche a
metterci mano, ci vorrebbe almeno un decennio.
Cosa ci vorrebbe a capire che le merci devono giungere via nave il più possibile al porto di
destinazione? Lo raccomandava l’UE stessa in anni lontani, prima di farsi
fagocitare nel budello senza fine dell’euro.
L’Italia è un Paese marinaro: a parte i porti turistici,
abbiamo circa una sessantina di porti in grado di ricevere e sbarcare una nave.
E come? Ripristinando la navigazione di cabotaggio, tramite la quale avveniva
la distribuzione delle merci in tutto lo Stivale. Perché far correre un
autotreno da Savona-Vado a Palermo invece di spedirlo via nave? A Livorno,
Civitavecchia, Napoli, Bari, Taranto, Brindisi…
Ancora nel 1946, l’Italia trasportava merci per 16,5 milioni
di tonnellate su fiumi e canali: oggi, “si dice” che il traffico sia minore di
un solo, misero milione di tonnellate ma, in realtà, nessuno lo sa perché il
settore è stato estinto per dare in mano tutto ai famelici lupi
automobilistico/autostradali.
Perché far viaggiare su camion le merci per la Spagna? La
Spagna non ha forse Barcellona, Valencia, Algesiras, Malaga…e poi Faro, Lagos,
Lisbona, Porto…in Portogallo? Mancano forse le navi?
No, non manca niente. Vedrete che, fra qualche mese,
inizierà la nuova emergenza ligure: tutto fermo, considerando che una sola
nave, quando sbarca i suoi container, riempie una corsia autostradale per
almeno 100 chilometri.
I quali, poi, si assommano alla viabilità ordinaria e si devono spostare: mi
sembra impossibile che non si riesca a capire.
Sarà la solita emergenza, l’emergenza stupidità: a quella
siamo assuefatti.
2) Per lunghi tratti.
4) https://www.savonanews.it/2020/04/08/leggi-notizia/argomenti/attualit/articolo/aurelia-bis-riaffidati-i-lavori-e-cominciate-le-prime-lavorazioni-sul-territorio-savonese.html