06 giugno 2020

Fra Guelfi Bianchi e Neri, e Ghibellini incerti


Nel gran bailamme del dopo-Coronavirus ci mancava solo che sfrattassero Casa Pound per completare l’opera: peraltro, a norma di legge, uno sfratto sacrosanto ed anche un po’ – lasciatecelo dire – buffonesco. Così, alcuni “occupanti diseredati” degli appartamenti abbiamo scoperto che erano tutti dipendenti ministeriali o annessi & connessi: l’abituale storia dei maneggi romani, le solite vicende di parentele (politiche o familiari), le consuete buffonate dei medesimi apparatcik dell’attico su Piazza di Spagna. Su invito, ovviamente, solo su invito.
Ciò che sconcerta è la vicenda, oramai scatafasciata, degli ex fascisti e degli ex missini, privi oramai d’ogni legame con un passato che data oramai un secolo d’avventure e che un Paese serio dovrebbe posizionare nella Storia, non nella cronaca, perché se n’avverte l’incongruità, lo stridore, l’inutilità sostanziale.
Fatto salvo che il Diritto italiano proibisce qualsiasi tentativo di ricostruzione del Partito Fascista, poi assistiamo alle solite buffonate giuridiche: per lo stesso reato – saluti fascisti al Cimitero di Milano – alcuni imputati sono capitati sotto un giudice di destra, che li ha assolti, altri sotto uno di sinistra che li ha bastonati. Così, fascismo ed antifascismo diventano solo più opinioni giuridiche.

Il gran disastro è rappresentato da una mancanza sostanziale d’idee, di proposte, di riscontri nella destra italiana che s’affida ad una retorica stantia, vuota e – lasciatecelo dire – diretta proprio alla parte più ignorante della popolazione.
Le stesse convinzioni che non convinsero nessuno quando giunsero alla prova dei fatti: il 26 Luglio del 1943, non trovavi più un fascista a pagarlo mille lire dell’epoca. Poi, giunsero i tedeschi e gli italiani – riottosi ma dimessi – si misero in fila per andare a lavorare nell’organizzazione Todt. Nessuno, al Nord come al Sud, diede degli appoggi sostanziali ai due schieramenti in guerra, al più la testimonianza di una presenza.
Se il Fascismo fu un’operazione politica fallimentare, giacché gli italiani non erano avvezzi ai suoi termini: li appresero come sovrastruttura e mai li interiorizzarono come struttura stessa nella società – basti pensare al clamoroso fuggi-fuggi durante la guerra – l’operazione odierna di un partito di Destra che possa rinverdire quei dubbiosi fasti ci pare più la riproposizione retorica di una farsa.

La Destra italiana, da molti mesi, chiede le elezioni per andare al governo, pensando due cose:
1) Che tanto bisogna arrivarci, poi si vedrà cosa fare.
2) Che tanto gli avversari sono “bolliti” e non ci daranno fastidio.

A parte che non v’è alcuna certezza di vittoria elettorale – un nuovo partito guidato da Giuseppe Conte è accreditato, nei sondaggi, in una forbice fra il 14% ed il 24%, che ruberebbe i suoi voti agli attuali alleati (PD e M5S), ma anche una buona fetta alla Destra, riportando così l’ago della bilancia elettorale al dubbio – c’è da chiedersi cosa farebbero le due Destre, alleate e divergenti come lo sono Meloni e Salvini, che sopravvivono soltanto per l’eterna mediazione di un partito oramai centrista, quello di Berlusconi.    
La sopravvivenza politica di Forza Italia è però legata a quella biologica del suo leader e non sapremmo proprio immaginare un partito guidato da un insipiente Tajani (Toti se n’è già andato), ingentilito da alcune (ex) graziose donzelle che non farebbe altro che…citare all’unisono il testamento politico del grande Silvio. Oramai fu, oppure delirante. Perché lasciare la Destra nelle mani di Salvini e della Meloni è come pensare di lasciare il potere nelle mani di romanisti e laziali o, se preferite, fra juventini e granata.

L’esperimento di una Lega “nazionale” è già fallito: magari qualcosa al Sud Salvini potrebbe ancora racimolare ma è evidente che il suo elettorato è ancorato al Nord, produttivo e riottoso nei confronti di Roma. Al contrario, i fasti romani sono il panem et circenses della Meloni, che se ne va a Fregene e mai e poi mai sui litorali veneti a fare aperitivi.
Ciò che colpisce e stupisce, nelle loro vicende politiche, è che i due potrebbero – anzi, quasi devono forzatamente – allinearsi sulle rispettive posizioni “storiche” dei loro partiti, ossia un federalismo esasperato (che è già ai suoi limiti strutturali, la vicenda Covid ha fatto riflettere gli italiani) sperando d’asserragliare in una fortezza il vecchio “duri e puri” di Bossi, insieme all’anti-migrazionismo che ha perso molto ardore, nelle sue forme e nella sostanza. Ma non basta per governare: bisogna andare alla trattativa.

Le frange estremiste di Casa Pound hanno mostrato un limite: non saranno mai forza elettorale, troppo impegnate nel rinverdire i fasti del Fascismo e i giovani i italiani – quando pensano d’andare, il sabato pomeriggio, a giocare ai soldati dell’Impero – si mettono a ridere e ti mandano a quel paese.
All’estero ci sono più personaggi presentabili, che hanno “sostanza” oltre che forma: uno su tutti De Benoist, ma De Benoist è merce per gli intellettuali, non è certo merce elettorale. E la Le Pen mostra tutti i suoi limiti.
Non rimane, quindi, che “far dialogare” vecchi personaggi come i fu “colonnelli” di Fini – La Russa, Matteoli, Gasparri, Ronchi…? – oppure affidarsi a nuove leve, come Caio Giulio Cesare Mussolini, che un po’ fa ridere, un po’ lascia perplessi.
Provate a mettere insieme questi personaggi (od altri, la scelta è vasta…) con gente come Giorgetti, Salvini, Fontana, Zaia…vi sembra che sia possibile?
La realtà, sprofonda nella Storia.

Dante era un Guelfo Bianco, ossia della fazione perdente di coloro che vedevano di buon grado una liaison fra il potere papale e quello imperiale, entrambi circoscritti nei loro ambiti istituzionali, ma alleati e consapevoli dei loro ruoli.
Invece, mentre a Firenze i Guelfi Neri (i “duri e puri” del Papa) lo cacciarono per salvare la pelle, Dante si rifugiò a Verona, poi a Ravenna, che erano terre di Ghibellini “tiepidi”, ossia gente che tollerava l’imperatore tedesco, a patto che non “rompesse” troppo e li lasciasse liberi di commerciare. Insomma, un Guelfo Bianco – e tollerante – si capì meglio con Ghibellini “tiepidi” e tolleranti.
L’equilibrio per qualche secolo tenne senza gravi disgrazie, ma si giunse al 1527 quando i Ghibellini “hard” – corroborati dalla Riforma Luterana – scesero a Roma e la saccheggiarono per molti mesi: con la fine del Rinascimento, iniziarono guai senza fine per l’Italia, con Firenze asservita al papato e Venezia che, lentamente, finì per essere soltanto l’ombra della Repubblica di un tempo. E gli stranieri alla fine colonizzarono l’Italia fino a Napoleone.

Tornando all’oggi, io vedo molto difficile conciliare un forte potere centralista che ha come faro il primato dello Stato sulle Province, così come vedo difficile conciliare il potere di Confindustria, che vede lo Stato solo come un complesso di beni da restituire/rapinare verso le Province, contro un forte potere statuale.
I due schieramenti, già oggi, litigano e competono proprio su questi due termini – ancor prima d’avere il potere! – e sarà molto difficile tenere assieme una simile alleanza.
E i Guelfi Bianchi?

Possono garantire una miglior convivenza perché, se non ve ne siete accorti, il partito di Conte sarà un partito centrista e legato al potere cattolico, che sbaraglierà in silenzio le immaginette e i rosari di Salvini. Oltretutto, Conte piace alle donne ed alle mamme, che sono tante in Italia.
Con due partiti a lato, l’uno un po’ conservatore – ma privato di uno scomodo Renzi – e l’altro più innovatore dove, però, scarseggiano le teste pensanti saprà gestire meglio la situazione italiana rispetto al continuo rimbrotto fra Roma e Milano che assorbirebbe la parte migliore di un dialogo nella Destra.
In fin dei conti, la migliore gestione della cosa pubblica l’hanno sempre garantita gli equilibri centristi, perché mediano e non s’arroccano su posizioni che, dopo, è difficile gestire quando si è agli antipodi del pensiero politico.

Mario Draghi sarà Presidente della Repubblica? Può darsi, ma anche Casini e Franceschini possono aggiudicarsi la carica…senza troppi sconquassi e nemmeno troppi patemi d’animo.
L’ubriacatura del Papeete è stato il punto di massimo consenso della Destra, ma oggi è solo un lontano ricordo: come tutte le sbornie, dopo un caffè amaro ed un mal di testa, passano. E si torna a ragionare.