16 febbraio 2015

Armiamoci e partite







Spiace dover citare se stessi, ma serve quando si deve dimostrare la linearità di un’analisi politico/strategica, ossia una tappa del proprio pensiero ed è utile per comprendere – sempre secondo l’autore che si cita – dove s’andrà a parare.
E’ il caso di “Pronto in tavola un piccolo Iraq, a due passi da Lampedusa”, del 18 Marzo 2011.

Se vorrete rivederlo, questo è il link diretto:


Se, invece, desiderate risparmiare tempo e vi fidate dell’autore della citazione (!), vi riassumo alcuni passaggi:

“Non abbiamo in gran simpatia il colonnello libico, anzi, però l’esperienza insegna che nessuna delle avventure di “democrazia” occidentali ha regalato qualcosa di meglio ai Paesi “liberati”. Qualcuno se la sente d’affermare che, il “dopo Ghaddafi”, sarà meglio del prima? Come doveva essere il “dopo Saddam”?
...
Ma, ancora una volta, la democrazia deve essere esportata: USA, Francia e Gran Bretagna in testa. I soliti: quelli che ressero, per secoli, i traffici dei negrieri.”

Oggi si parla apertamente di guerra in Libia: la “Quarta sponda” di mussoliniana memoria torna a far parlare di sé. E tutti d’accordo, appunto: armiamoci e partite.

Primo problema: con chi e con che cosa?
L’Esercito Italiano ha un organico complessivo di 105.000 persone: sottraete gli ufficiali superiori, gli addetti alla sanità, alle trasmissioni e tutto il resto...al cannone del Gianicolo più tutte le divise che vedete circolare per Roma con una cartella al braccio...togliete le migliaia di militari che sono in missione “di pace” all’estero e vedrete che rimane ben poco per un’avventura di simile portata. Non serve aver letto Sun-Tzu per capirlo.
Gentiloni ha parlato di 5.000 unità: ciò significa che – considerando i ricambi per tre turni (come è normale che avvenga, ma forse nemmeno la Pinotti lo sa) – vuol dire mettere in campo 15.000 uomini. Follia.
E i mezzi?

L’Italia dispone d’appena una cinquantina di elicotteri in funzione SAR (Search And Rescue), ossia quelli che dovrebbero salvare i piloti che eventualmente si catapultassero dietro le linee nemiche o, comunque, lontano dalle linee amiche. Dubito molto che esista una “cultura” del salvataggio dietro le linee nemiche, nel senso di sensori, mezzi di comunicazione inaccessibili al nemico, supporto aereo ravvicinato, commando aviotrasportati rapidissimamente, prima che quelli dell’ISIS ci catturino un pilota e lo passino sulla graticola.

Si può evitare la guerra – direte voi – perché la guerra non ha mai portato una pace vera, non ha mai risolto i problemi...sì, sì...conosciamo benissimo le argomentazioni, ma non cerchiamo di scadere (anche se ci piacerebbe) in una retorica da liceali.

Perché?
Poiché i rischi esistono e sono reali.
Sei mesi fa, Renzi fu avvertito:  

“Il primo a parlare a Renzi della Libia con toni molto allarmati era stato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, sei mesi fa al Cairo. Ai primi di agosto il rais si rivolse a Renzi con questo argomento: «Si stanno prendendo la Libia, che vogliamo fare?»” (1)

Oggi la situazione sta precipitando e l’Egitto ha inviato i propri cacciabombardieri a bombardare l’ISIS in territorio libico, il che la dice lunga sul disastro amministrativo e militare della “quarta sponda”.
Ma c’è di più, molto di più.

A parte gli oleodotti sabotati dai guerriglieri dell’ISIS, il “Secolo XIX” riportava una notizia (2) che di per sé, in apparenza, parrebbe innocua

“Oltre a emittenti e a un ospedale, l’Isis controlla a Sirte anche altri uffici governativi tra cui quello che emette i passaporti: è quanto emerge da resoconti dell’agenzia Lana e altri media libici. Funzionari sono stati espulsi dall’ «Ufficio passaporti», scrive l’agenzia mentre altre fonti mediatiche parlano di un «Centro per l’immigrazione» precisando che era già stato preso «la settimana scorsa» per essere diviso in un «tribunale islamico» e un «collegio femminile»”

Lasciando perdere tutte le balle sui tribunali islamici e sui collegi femminili, spicca che il materiale dello Stato libico in fatto di passaporti, oggi, sia caduto nelle mani dell’ISIS. Timbri, passaporti in bianco e quant’altro.
Che ne direste se – fra qualche mese, quando nessuno più si ricorda della faccenda – si presentasse alla frontiera croata (dalla Bosnia) un distinto uomo d’affari siriano o egiziano, non importa...Mohammed e fischia...con regolare passaporto libico e visto per l’ingresso in Croazia...che succederebbe?
Probabilmente sarebbe lasciato passare (in area Shengen!), e come lui quanti altri?

Da quel momento in poi, dovremmo dare la caccia sul nostro territorio a possibili terroristi che potrebbero essere soltanto “teste di ponte dormienti”, nell’attesa di rinforzi. Fanfaluche?
Proprio ieri, una motovedetta italiana (Guardia Costiera) in servizio nel canale di Sicilia, a 50 miglia dalle coste libiche – quindi senza nessuna giustificazione giuridica (né 12 né 23 miglia nautiche) – s’è vista minacciare con i Kalashnikov da personaggi anonimi ma decisi: volevano la barca che gli italiani stavano soccorrendo. I migranti non interessavano loro: volevano la barca. Così gli italiani (che, nel Canale di Sicilia, viaggiano disarmati!) non hanno potuto far altro che eseguire. (3)
A cosa serviva la barca?

Per queste ragioni si parla oramai apertamente di guerra, solo che l’Italia sarà lasciata sola sia dai suoi evanescenti alleati europei, sia dagli ancora più distanti e menefreghisti americani. Che frega agli altri? Se la sbuccino loro, cioè noi.

Qualcosa bisogna fare, non c’è dubbio, altrimenti domani sarà solo peggio: è il momento di non ascoltare le colombe di pace, perché questi – le colombe – o paghi salato per riaverle (vedi il caso siriano) oppure le impallinano subito. Anche le nostre – le colombe per convenienza politica, come del resto i falchi – si tacciano per qualche attimo e ragionino.

Vorremmo però, prima di decidere, ascoltare qualche “sentenza” un po’ meno idiota di quella della signora Daniela Granero detta Santanché, la quale ha dato tutta la colpa a Napolitano per la folle decisione d’abbattere Gheddafi. Signora, non dubitiamo per un attimo sulla decisione di Napolitano e del Consiglio di Difesa – un lacché come quello... – però, il Presidente del Consiglio, dov’era? “Molto rabbuiato e dispiaciuto”, lei afferma.
Dovremmo ricordarle che il dovere di un capo di Governo non è dispiacersi o rabbuiarsi – sono categorie dei sentimenti, che in politica non contano nulla – ma quello di decidere. Noi ricordiamo un certo Craxi il quale, contrario alle decisioni americane, fece schierare i Carabinieri a Sigonella e la vinse.
L’errore primigenio è stato quello d’abbattere Gheddafi – l’ho sempre sostenuto – poiché (come ricordava Andreotti su Saddam Hussein) “non era il tipo col quale avrei trascorso le vacanze, ma non era né meglio né peggio di tanti altri”.

Poi, vorremmo dire quattro parole ai francesi, alla politica francese, alla strategia francese. E ci riferiamo a quel bel tipetto del magiaro divenuto francese per volere della CIA – un certo Nicolas Sarkozy (in realtà, Nicola Sarkösy de Nagy-Bocsa) – che ha intessuto più legami con i servizi USA e con le mafie di Charles Pasqua – noto malavitoso francese (contrabbandava assenzio) e suo testimone di nozze (le prime) – di un marsigliese dei bassifondi. Il ritratto che ne fa Thierry Meyssan (4) è tranchant, tanto per rimanere in lingua.

Questo per dire – cari francesi – che “l’operazione Libia” era stata studiata da una parte dell’amministrazione USA (quella degli Skull and Bones, per intenderci) e Sarkozy fu incaricato di darla a bere ai francesi i quali, fra un Pernod ed un Calvados, ingoiarono anche il tappo.
Per questa ragione sarebbe stato vantaggioso non concedere in nessun modo le nostre basi – con la scusa che eravamo stati potenza coloniale nel Paese – e smascherare così lo sporco gioco del magiaro.

Da ultimo, un caro ricordo anche per il prof. Prodi, quello che sembra un confessore pacato: una persona limpida, senza responsabilità né scheletri nell’armadio. E si confessa con il Fatto Quotidiano (5):

(D) Le cancellerie occidentali cosa dovrebbero fare in questo momento secondo lei?
 
(R) Occorre senza dubbio uno sforzo per produrre un minimo risultato nel tentativo di fare sedere tutti gli interlocutori al tavolo e impegnare in un lavoro comune Egitto e Algeria. Non c’è altra via che non produca una situazione ancora più catastrofica di quella attuale.”

Fantastico: far sedere tutti attorno ad un tavolo. Come se all’ISIS importasse qualcosa.

Non è, per caso, che lei si senta – solo qualche volta, per carità – un poco responsabile per questa Unione Europea egoista e menefreghista che lei ha dato una grossa mano a creare, un posto dove lasciano alla fame un Paese (la Grecia) e “L’Alto rappresentante per la Politica Estera” non viene nemmeno ascoltato sulla questione ucraina?
Questa UE, nella quale i singoli Stati hanno smesso di farsi la guerra sulla Mosella soltanto perché era più redditizio combattere con le monete ed i cambi? O, meglio, con gli artifizi di bilancio, le multe e tutto il resto? Ci dica qualcosa – professore – su come immaginava la politica estera dell’Unione, ci racconti cos’ha fatto per pianificarla al meglio. L’hanno fottuto? cacciato? messo in un angolo? 
E lo dica, perdio! La smetta con questi sussurri da confessionale, faccia nomi e cognomi di quelli che contano e che l’hanno fregato...altrimenti, stia zitto!

Vuole un consiglio su come risolvere la crisi libica? Glielo do io, gratis.
Nelle carceri libiche è imprigionato, dal 2011, un certo Saif al-Islam Gheddafi, detenuto dai ribelli che lo arrestarono: è il figlio di Gheddafi, quello destinato alla successione. Parrebbe anche una persona intelligente e preparata: peccato che gli ex ribelli lo vogliano impiccare. Per quale motivo?
Per aver compiuto crimini contro l’umanità durante la guerra civile, ai danni dei cosiddetti (all’epoca) “ribelli”. I quali gli ammazzarono padre e fratelli, ma per questi poco importa: avranno dato loro, come condanna, un diploma di benemerenza.
C’è anche una richiesta del Tribunale dell’Aia per il giovane Gheddafi, per lo stesso reato.

Consiglio: estradatelo all’Aia e poi assolvetelo. Dopodichè, rimandatelo in Libia con consistente appoggio militare e vedrete che, in un paio d’anni, tutto tornerà tranquillo: petrolio (suddiviso col manuale Cencelli), ISIS (distrutta) e migranti (calmierati).

Altrimenti, smettiamo d’ascoltare queste Cassandre e prepariamoci al peggio.






03 febbraio 2015

Mail inviata ai fuorusciti dal M5S






Mi rivolgo a voi che avete avuto il coraggio di lasciare il M5S (e chiedo gentilmente che facciate girare la mail fra di voi se ho dimenticato qualcuno), quella che doveva essere la “speranza” italiana: sorrido – ovviamente – di questa definizione, anche se a voi, comprendo, sarà costata parecchia sofferenza.
Sono Carlo Bertani – cercate sul web – scrittore ed ex insegnante: ai primi tempi dell’esperienza del MS5 ho dato anch’io una mano, perché speravo che Grillo abbandonasse l’edonismo sfrenato che lo ha accompagnato per tutta la sua vita professionale. Non è stato così: da un giorno all’altro – prima pubblicavano i miei articoli sul blog – ha scatenato le orde dell’ostracismo. Avevo, probabilmente, toccato qualche nervo scoperto. Pazienza.
Giorni fa sono stato contattato da un certo Gianni Girotto del M5S: gli ho inviato un piano energetico nazionale per raggiungere l’80% del fabbisogno con fonti rinnovabili. L’avrà letto? Tutto tace: l’ho fatto solo per gentilezza (non trovi ad ogni angolo gente che t’invia piani energetici nazionali che non siano ciofeche o sogni ad occhi aperti), ma non mi aspetto più nulla dal movimento: è superato e finito politicamente, non ha più dignità se non quella di sbattere fuori chi non garba più al Gran Vizir di Sant’Ilario.
Lasciamo perdere il passato e veniamo al futuro, che si annuncia roseo, a parte le solite baldracche italiane.
Immagino che, oggi, vi chiederete cosa è meglio fare del vostro mandato, ora che siete liberi d’andare a parlare con chi volete e dove credete meglio, senza temere che il vicino, come sulle piazze greche di un tempo, vi consegni la famosa “ostrica”.
Eppure la strada mi sembra sgombra: ad Est ed a Ovest s’annunciano brutte sorprese per l’Europa dei banchieri, e tira proprio una brutta aria da quelle parti.
Tsipras ha vinto – nonostante tutta la disinformatia della stampa di regime sta lavorando bene, sta tessendo la sua trama per inchiodare l’UE sul fronte della politica estera (leggi: Ucraina) – mentre in Spagna Podemos è accreditata di un buon successo elettorale, addirittura il primo partito, afferma El-Pais.
Tutto ciò intristisce il cuore, pensando alle occasioni perdute col M5S, ma non fa nulla: voi avete la grande occasione di fondare un partito che sia il necessario trait d’union fra l’Est e l’Ovest, quel partito che tutti credevamo potesse essere il M5S.
Siete parlamentari, perdio!
Avete la grande occasione di fondare un nuovo partito senza tutti i bastoni fra le ruote dei cittadini! A voi, basta registrare il simbolo e i nomi (le firme sono pochissime)! Non importa se, in questa legislatura, non raggiungerete i “numeri” per fare un gruppo parlamentare, se ci riuscite è meglio, ma non c’è da strapparsi le vesti se accade altrimenti. Un nuovo partito, sarebbe la miglior risposta per Grillo ed i suoi tirapiedi.
Osservate cosa non ha combinato quel gran baldraccone di Corrado Passera!
Non importa se in Italia esiste già qualcuno che s’è attaccato al “carro” Tsipras: rammentiamo che sono persone per bene (alcune) – Viale e Camilleri, ad esempio – ma la situazione è fluida e non c’è solo Tsipras, c’è anche la Spagna.
Un nuovo partito dovrebbe – a mio avviso – richiamare nel nome l’esperienza greca e spagnola – del tipo “Rinascita, ora possiamo” – ma non è detto che sia il migliore. Ogni volta che ho pubblicato un libro l’editore mi ha cambiato il titolo!
Ad ogni modo, se cercate un futuro politico, questo è il più avvincente e produttivo per il Paese.
Questa mail verrà pubblicata sul mio blog, http://carlobertani.blogspot.it/
Saluti ed auguri
Carlo Bertani