25 ottobre 2012



Una mera questione d’argent de poche



E’ oramai divenuta la perseguitata continua, braccata in ogni finanziaria, manovra, spending review, decreto salva qualcosa, decreto spendi qualcosa, leggi di contenimento della spesa, decreti di risparmio, decreti d’urgenza salva Italia, Emilia, Libia, immigrazione, ecc. In realtà, soltanto soldi da spendere per le porche avventure di una classe dirigente senza più né moralità né ritegno.

Parliamo della scuola.



Visto che – ahimé, per mia sventura – sono ancora in servizio, proviamo a fare due conti per comprendere cos’è cambiato e, soprattutto, le ragioni di questi mutamenti.



Quando entrai nella scuola, siamo alla fine degli anni ’70, la segretaria chiamava – a fine anno – gli insegnanti delle materie scientifiche per chiedere il “piano” degli acquisti: noi domandavamo quale fosse la disponibilità finanziaria e lei ci rispondeva – rimanendo su vago – di “stare” intorno alle 500.000 Lire. Il mio stipendio, all’epoca, non arrivava a quella cifra: perciò, volendo tentare una aggiornamento della cifra, siamo intorno ai 2.000 euro l’anno. Una cifra che, oggi, sembra non solo irraggiungibile, bensì impensabile.

Così, compravamo materiali per i laboratori e riuscivamo agilmente a fornire agli studenti i cosiddetti “corsi sperimentali” – ogni scuola aveva il suo, chi di Scienze o Biologia, chi di Chimica, Fisica, poi arrivò l’Informatica, ecc – ed ai genitori non veniva chiesto nulla, se non l’acquisto del camice.

Già in “epoca euro” – quando fummo obbligati a chiedere un aiuto ai genitori per i corsi d’Informatica – non oltrepassammo mai i 10 euro di contributo annuo: una cifra accettabile per tutte la tasche, soprattutto se messa a confronto con la qualità dell’insegnamento offerto.



Un amico, che faceva l’assistente tecnico in un Istituto Tecnico, mi salutò, negli anni ’80, un pomeriggio:

«Dove vai?»

«A scuola»

«Ma che ci vai a fare?»

«C’è la riunione per gli acquisti…sai…sono milioni…»

Oggi ho preso visione di quegli acquisti: torni e macchine a controllo numerico, spettrofotometri e colorimetri… tutte macchine abbastanza moderne che tradiscono, però, l’età. Nessuna di loro varca il fatidico anno 2000.



C’è da chiedersi cos’è cambiato e, soprattutto, perché è cambiato. Ci arriviamo.

Il Ministero – comprendo che, per qualche giovane insegnante, il fatto sembri incredibile – a fine anno invitava le scuole a fare richieste, motivate e precise, per spendere le cifre che erano stato avanzate. Sì, avanzate. Si fornivano le scuole di quanto abbisognava ed avanzavano soldi: erano i primi anni ’80.

Un anno, ricordo, “tallonai” l’apposito ufficio ministeriale per bene e riuscimmo ad acquistare 6 microscopi, per una spesa complessiva di circa 3 milioni di Lire. Oggi, una fortuna di 12.000 euro, seguendo l’esempio precedente. 12.000 euro, oggi, è una cifra che manco riesci ad immaginare in una scuola.

E veniamo al personale.



L’ultimo contratto veramente vantaggioso, per la scuola, fu quello del 1990: dopo, solo adeguamenti all’inflazione programmata, che finiva per essere la metà circa di quella reale. Quanto hanno perso, in potere d’acquisto, i lavoratori della scuola italiana?

Soltanto nel periodo 2001-2004 – sostiene l’Eurispes – hanno perso il 22,2%, mentre l’ISTAT (più “pressata” dal potere politico) si ferma ad un “modesto” 9,8% che, in soli quattro anni, è già una bella cifra.

Quanto è andato perduto dal 1990 ad oggi? Difficile dirlo, ma forse la metà dello stipendio è andato in fumo.

Quanto guadagna un insegnante italiano?



Dai 1.300 euro d’inizio carriera ai quasi 2.000 di fine carriera, ossia dopo 35 anni di sevizio (quasi nessuno c’arriva, perché gli anni di riscatto della laurea valgono ai fini previdenziali, ma non sono anni di servizio). I docenti italiani giungono, al massimo, a guadagnare 1800-1900 euro.

E il personale non docente?

Qui si va dai 900 euro d’inizio carriera ai 1400 di fine carriera, tenendo conto che ci sono due livelli contrattuali, il 3° (i collaboratori scolastici, chiamati ancora “bidelli”) ed il 4° (gli assistenti di laboratorio e di segreteria). Una miseria.

Queste cifre sono molto, molto lontane dalla media europea: già, ma non “ce lo chiede l’Europa”.



E veniamo alle “favolette" che raccontano d’insegnanti sfaticati che lavorano 18 ore la settimana e stanno a casa per quattro mesi d’Estate: il leitmotiv di Brunetta.

E’ vero che i docenti lavorano 18 ore la settimana, ma dovete aggiungere 1 ora per ogni scuola adibita a ricevimento parenti: io, ad esempio, ne ho due e fanno 20. Hai un “buco” nell’orario? Eh, te lo tieni.

Poi, c’è la correzione delle verifiche e delle relazioni.



Un insegnante di Lettere o di Matematica, normalmente, ha 4-5 classi, che ogni quadrimestre “sfornano” circa 420 temi o prove di Matematica. V’immaginate il tempo che ci vuole a correggerle? Volano i pomeriggi.

Due quadrimestri, 840 correzioni l’anno: prendi in mano l’elaborato, leggilo, rileggilo, cerca di capire cosa c… vuole dire con quella calligrafia, poi lo metti da parte. Alla fine, li ripassi tutti per mettere i voti e li scrivi sul registro, cercando di non fare troppi errori di colonna.

Quanto tempo ci vuole? Mah, fate mezz’ora per elaborato – tutto compreso – e fanno 400 ore l’anno: non a caso, l’orario di servizio si compone di 18 ore in classe e 20 per le attività a casa (anche l’aggiornamento). Sono ancora poche, perché solo gli elaborati fanno più di 40 ore il mese.

E, qui, ci sono dentro tutti – Lingue straniere, Fisica, Chimica, Scienze, Storia, ecc. – perché con le riduzioni d’orario della Gelmini è difficile trovare il tempo per interrogare: inoltre, la distrazione degli allievi è molto aumentata nel tempo.

Già – direte voi – e gli insegnanti di Ginnastica?

Quelli non hanno da correggere nulla, ma si devono “sciroppare” tutte le attività ginniche della scuola: tornei di calcio, pallavolo, basket e poi porta i ragazzi in piscina, al bowling…

Gli unici che non hanno nulla da correggere sono gli insegnanti di Religione: persone baciate dalla fortuna, che non hanno nemmeno un programma da svolgere e sono pure avvantaggiati rispetto agli altri per gli scatti biennali.

Personalmente ho fatto un calcolo di massima: due relazioni a quadrimestre per 450 allievi saranno 1800 elaborati da correggere. Alla faccia di Brunetta, della Gelmini e di tutti i loro bambini.

E veniamo ai tanto ripetuti, fino alla noia, “quattro mesi di vacanza”.



Pochi sanno che, dopo la fine della scuola, partono gli scrutini che – secondo la scuola – terminano di Venerdì-Sabato: ebbene, il Mercoledì successivo c’è già la prima prova di Maturità. Il Lunedì successivo c’è già la prima riunione delle commissioni.

Poi, via a tutto il “percorso” che termina, approssimativamente, alla metà di Luglio. Fino al 1° Settembre tutti tranquilli? Manco per idea.

Ci sono i nuovi “esami di riparazione” – che non si devono chiamare così, avete capito? Altrimenti Fioroni (che li ideò) s’incavola – che oggi sono chiamati “sospensione del giudizio”: per questa ragione, dalla metà di Luglio si torna in servizio il 24 Agosto, cinque settimane. Il 1° Settembre, poi, riprende l’anno scolastico e si è tutti a scuola a fare riunioni su riunioni.

Considerando anche le due settimane a Natale e quella di Pasqua fanno 8 settimane, due mesi: questo è il gran vantaggio degli insegnanti, giorno più giorno meno. Non quattro mesi.



Dimenticavamo gli impegni lungo l’anno: due ricevimenti generali, tre-quattro turni di consigli di classe, due scrutini, 4-5 collegi dei docenti più le “varie ed eventuali”, che possono sempre capitare (e capitano). E l’aggiornamento? Talvolta è obbligatorio, per gente “over 55” che non ne ha più voglia.

Vi sembrano dei gran privilegiati?

Certo, a fronte di chi lavora in un call center per 500 euro il mese lo sono, ma sono quei contratti fasulli che non dovrebbero esistere, non quello (modesto) della scuola: poi, bisognerebbe verificare se quella persona sarebbe in grado di tenere all’ordine trenta scalmanati. Per essere insegnanti, ci vuole una certa professionalità.



La domanda che ci si pone è: perché la scuola è stata così maltrattata negli ultimi anni, sotto il profilo delle retribuzioni, della previdenza, degli investimenti? Perché è stata bistrattata più della Sanità, degli Enti Locali e del Pubblico Impiego (i ministeriali)?

La risposta c’è ed è drammatica.



Se ricordate le lamentazioni di madame Gelmini, la ex ministra si focalizzava su un punto: la percentuale troppo alta riservata, nei bilanci, alle retribuzioni! Non si può spendere il 98% in stipendi!

L’affermazione ha del ridicolo: furono loro a “tagliare” tutte le spese accessorie (quelle, ad esempio, per l’ammodernamento) ma non è questo il punto.

Se la scuola è il luogo dove s’insegna, è lampante che la spesa principale sarà sempre quella di pagare il personale!

Ma nemmeno questo è il punto.



Il vero punto è che la scuola è poco controllabile: delle buone leggi – veramente democratiche – garantiscono la pluralità e l’indipendenza del docente. E, a loro, la cosa dava e dà fastidio: gli insegnanti sono tutti “comunisti”.

Nella scuola è difficile “piazzare” l’amico dell’amico, il cugino o chi ti ha dato il voto perché esiste un sistema di graduatorie che funziona: a fronte di un tentativo di “scavalcamento”, parte subito il ricorso di chi si sente penalizzato.

Questo sistema non è perfetto, ma è quanto di più s’avvicina alla perfezione: per questa ragione volevano affidare ai presidi la chiamata dei docenti, per trasformare le scuole in tante piccole ACEA di Alemanno. Oh, il voto si paga: perché lasciare tutto quel ben di Dio al caso…almeno gli insegnanti di Religione li nomina la Curia…



La cosa più grave, però, è che la scuola non muove montagne di soldi: non c’è modo di farla diventare “un’azienda” per mangiarci sopra come in Finmeccanica oggi, in Alitalia ieri, in Montedison l’altro ieri…

Eh già: toppi stipendi!

Per questa ragione è iniziata l’operazione “Rastrello”: prelevare fondi dalla scuola per dirottarli sulla fiscalità generale, il solito pozzo dal quale s’approvvigionano tutti. Così potranno essere dirottati sulle aziende (come hanno fatto con la FIAT per decenni?) oppure sulla spesa delle Regioni. Oh, Formigoni ha speso 650 milioni di euro per il suo “Pirellone 2”, ed il vecchio Pirellone? Vuoto.

Queste spese – a differenza di quel mortorio della scuola – alimentano correnti di denaro importanti, dove si “unge” oggi chi ti “ungerà” domani, chi ti garantirà pacchetti di voti…sono della Mafia? Non lo sapevo.



Toccare altri settori?

La Sanità non è stata immune da tagli, ma solo per il personale: se si taglia troppo, però, non si riescono più ad imbastire le fantasmagoriche tangenti che tutti i giorni leggiamo sui giornale. Non c’è più trippa per gatti per le fameliche Regioni che sono, a nostro avviso, le vere responsabili del tracollo finanziario italiano, non le Province sulle quali cercano di scaricare il barile: fino alla metà degli anni ’70 debito pubblico e deficit di bilancio erano nella norma poi, con l’avvento delle Regioni, il fabbisogno aumentò a dismisura. Sarebbero loro da eliminare, non le Province.

E non dimentichiamo la nomina degli Amministratori delle ASL, che è di competenza politica: come si fa a mantenere “all’altezza” delle aspettative il giro di tangenti se si chiude troppo?



La Magistratura?

Ci hanno provato. A parte che, eliminando i “piccoli” tribunali, per avere giustizia devi sciropparti, talvolta, decine e decine di chilometri: nel mio caso, con la chiusura di Mondovì, si deve correre a Cuneo, 80 Km circa. Con inevitabili aumenti dei costi per chi ricorre: ma che frega a loro? Non difenderti: subisci, accetta il tuo essere minus.

Ma il vero tentativo di vincere la partita è stato quando, per difendere l’indifendibile Re Giorgio, sbaraccarono la Procura di Palermo. La risposta della Magistratura non si fece attendere: chiusero (e con tutte le ragioni) Taranto. E scatenarono la Tangentopoli2 che è tuttora in atto: Formigoni, Bersani (segretaria), Vendola, Finocchiaro (marito), ecc.



I ministeriali?

Certo, ma lì s’annida la maggior parte dei parenti & amici, tutti in ruoli dirigenziali: non a caso, la “Spending Review” non tocca molto i livelli medio-bassi bensì si concentra su quelli medio-alti. Come? Mandandoli in pensione con le vecchie regole!



“Gli esuberi infatti saranno quasi tutti gestiti con i prepensionamenti, cioè mandando in pensione con i vecchi requisiti coloro che l’avrebbero maturata entro il 31 dicembre 2014.”



Che bel regalo per i loro amici!



Ecco perché la scuola dovrà subire ancora, e molto, anche se non credo che si arriverà all’orario di 24 ore settimanali: sembra proprio un provvedimento da “regalare” ai sindacati per farci sopra una bella lotta. Vincente.

Poi, s’accontenteranno di poche quisquilie, ma l’attacco sindacale sulla riforma pensionistica cesserà ed avremo le condizioni di previdenza peggiori d’Europa. Basterà mantenere (contro la Costituzione) robusti finanziamenti per le scuole private ed una nuova classe dirigente sarà bella che pronta, accondiscendente e prona come la vecchia.



Una sola curiosità: per chi voterà, Domenica prossima alle elezioni siciliane, Matteo Messina Denaro?



23 ottobre 2012




L’Olandese volato



Ebbene sì, l’Olandese volante è volato via come un airone ferito in una notte di tregenda, quando mi è stato chiesto di “cacciare” una redattrice: sono cose che mai ho fatto (a meno di plausibilissimi motivi) e che mai farò.

I motivi?

Futili.


Consiglierei a chi volesse capire l’ingarbugliata situazione la lettura di un buon libro di marineria moderna – L’ammutinamento del Caine – che è un fatto realmente accaduto verso la fine della II Guerra Mondiale.

La cosa che più rende parallele le due vicende non è la crisi del cap. Quayle – evidente, chiara, lapalissiana – quanto le parole che il difensore di fronte alla corte marziale – il Primo Ufficiale del Caine – pronuncia dopo il verdetto, mentre i suoi commilitoni festeggiano lo scampato cappio per ammutinamento.

«Siete solo dei vili» ricordo a braccio, non il libro ho sotto mano «poiché mentre voi eravate ancora al college, lui faceva lo zig zag in mezzo ai siluri tedeschi nell’Atlantico: pensateci.»


Per me la vicenda dell’Olandese Volante si chiude qui: tornerò al mio piccolo blog con gioia, coccolandolo come lo specchio delle mie riflessioni. Per quanto attiene la nave, con tanta fatica messa in mare, essa dipenderà da chi l’ha ereditata.

Voglio ricordare solo una cosa: mettere insieme una compagine e pubblicare una rivista non è facile. Si devono mettere nel conto le diverse opinioni, gli stili, le mancanze.

O si ha questa pazienza, oppure è meglio lasciar perdere.

Da oggi, riprenderò le pubblicazioni su questo blog.