22 settembre 2007

Anche bugiardi

Venerdì 21/9, su RAI2, va in onda il lungo monologo di Vittorio Sgarbi – senza contraddittorio, nessuno che possa dire “beh” – che se la prende con Grillo per tutte le cose che fa e che dice. Si mescolano – nel fiume oratorio di Sgarbi – panegirici per Cossiga, Andreotti, Berlusconi, la Moratti, Fini ed una sola, lunga ovazione. Per sé stesso.
A suo dire, reclamare maggior “pulizia” in politica, è un ardire terribilmente demodè: sono cose da bambini, da artigiani della politica, che sanno chiedere soltanto quelli che non hanno altro da dire.
Io stesso, ho richiamato l’attenzione sulle parole d’ordine un po’ generiche del V-day: il rischio – che tanti paventano – è di fare tanto chiasso per finire come Masaniello.
Ciò non significa che chiedere l’estromissione dei condannati, ed un generale ringiovanimento della classe politica, sia poca cosa: non farlo, significa semplicemente andare avanti come stiamo andando, e cioè da nessuna parte.
Il vento, oggi, ha iniziato a spirare contro la casta, e ci si mette anche il Fato: attenti a non ascoltare il volere dei (veri) Dei dell’Olimpo, perché ignorarli – per i mortali – vuol dire spalancare le porte alla sventura!
Come potremmo altrimenti definire l’incredibile vicenda di Claudio Burlando – genovese, come Grillo! – che si fa “beccare” mentre guida contromano in autostrada! Dove? Ma a Genova, ovviamente! Signori, se questo non è il preciso volere di Zeus, non saprei trovare altre giustificazioni. A meno di credere che il nostro vivere sia soltanto un colossale caos, e che oltre i nessi casuali/causali ci sia soltanto il vuoto.
Incocciare l’autostrada al contrario non è – per fortuna – cosa di tutti i giorni: a parziale discolpa di Burlando, bisogna riconoscere che – a causa della caotica situazione viaria del capoluogo ligure – bisogna stare molto attenti a quale strada s’imbocca. Una città arrampicata sull’impervio Appennino, schiacciata contro le onde del mar Ligure, ha poco spazio per svincoli autostradali: bisognerebbe chiedere soluzioni migliori ai responsabili del territorio, Sindaco, Presidente della Provincia e della Regione, oppure al Ministro dei Trasporti.
Burlando è stato Sindaco di Genova, Ministro dei Trasporti ed è oggi Presidente della Regione: più che un errore, dobbiamo riconoscere che si tratta quasi di una nemesi. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso.
Ciò che fa inorridire è stato il comportamento del “notabile” DS: il fatto è avvenuto Domenica 16 Settembre e solo Venerdì 21 le agenzie battono la notizia. E nei cinque giorni trascorsi dal mancato (per pochissimo) incidente?
Anche le modalità della comunicazione lasciano alquanto perplessi. La notizia riportata dall’ANSA racconta di un Burlando a Canossa, con il capo cosparso di cenere, che si prostra di fronte alla collettività e chiede scusa. Sentiamo cosa racconta:
«Ci siamo sfiorati, e quando siamo scesi dall'auto eravamo molto scossi, sia io sia l'automobilista che ho incrociato, perché poteva capitare un incidente. Gli ho subito chiesto scusa.»
Il quadretto è idilliaco: Burlando “scosso” come gli automobilisti, contrito per aver messo in pericolo la vita altrui. Immaginiamo un pianto sommesso, pacche sulle spalle ed un generale sospiro di sollievo. Insomma, mi pento e mi dolgo: già arrivata la telefonata di Sircana?
Repubblica, invece – che non è certo tenera con l’antipolitica, tanto che regge la corsa al neonato PD – fornisce un diverso resoconto (probabilmente, prima di qualche telefonata “che conta”). Vediamo:
Gli automobilisti (parecchi, non uno), coinvolti nel pericoloso rendez-vous, asserivano «D’essersi trovati improvvisamente di fronte un SUV Mitsubishi Space Runner targato AH…che procedeva contromano”.»
Burlando ha percorso quasi un chilometro contromano, sulla corsia che immette nell’autostrada, presso il casello di Genova-Aeroporto.
Il presidente della Regione afferma d’aver subito chiarito tutto con gli automobilisti? Peccato che, il conducente dell’ultimo dei “bersagli” che rischiava d’essere centrato, si sia avvicinato all’autovettura per chiedere conto dell’accaduto. La reazione?
I tre occupanti dell’ultima vettura, raccontano che «Il guidatore restava chiuso nell’interno dell’abitacolo, ignorandoli, con il telefonino incollato all’orecchio.»
Ovviamente, questo avveniva prima della possibile telefonata di Sircana.
E la polizia? Se fosse successo a chiunque di noi, ci avrebbero strappato la patente sulla faccia. La cosa è addirittura comica.
Genova è città assai strana: i poliziotti ammettono d’aver macellato la gente del G8 soltanto dopo che sono andati in pensione. Prima: capirete…
No, non riusciamo proprio a capire perché, al termine della relazione dei poliziotti, ci sia questa strana frase (sempre da Repubblica):
«La pattuglia, non avendo comunque accertato l'infrazione in oggetto, si asteneva dal contestare alcun tipo di sanzione, limitandosi ad informare il comandante telefonicamente e a redigere la presente.»
Cioè, fateci capire: sarebbe a dire che, si mi trovano fermo, contromano, in una corsia d’immissione in autostrada, siccome non mi hanno visto entrare contromano non possono “accertare l’infrazione”? E chi ce l’avrebbe portato quel SUV? E’ arrivato con l’elicottero?!?
Ministro Bianchi, Ministro Amato: come si comportano i vostri poliziotti? Su quali basi contestano un’infrazione? E a chi la contestano?
Claudio Burlando procedeva contromano in autostrada, privo di documenti d’identificazione (a parte uno scaduto tesserino di Montecitorio): meritava solo un amorevole buffetto? Nessuna multa, massima “discrezione”: una storia che la stampa ha dovuto ammettere solo perché la faccenda sarebbe stata con ogni probabilità “scoperchiata” sul Web?
Procedere contromano, significa viaggiare all’opposto del consentito senso di marcia: questa è l’unica cosa che non stupisce.
Che “viaggino” contro di noi, oramai, lo sappiamo da decenni. Inganni d’ogni tipo: sulla moneta, sulle pensioni, sul welfare, sulle tasse, sulla democrazia…è tutto un solo, unico, viaggiare “contromano”.
Nel paese dei buffoni, dove il proprietario di metà delle telecomunicazioni fa anche il Presidente del Consiglio, dove all’opposto schieramento ci sono i poteri bancari che hanno certificato la “bontà” dei mutui subprime, si risponde con un “vaffanculo” a quelli che si spaventano e accostano inorriditi. E si deve tacere.
Poi giunge Sgarbi – il re dei sofisti, pagato con i nostri soldi del canone, 6.000 euro ad intervento – e dobbiamo anche stare a sentire le baggianate che spara?
Ma andate a…

16 settembre 2007

Siamo giunti all’analista

E’ proprio vero che la realtà supera la fantasia: dopo tutti i sermoni che ci hanno propinato per farci capire che si deve andare in pensione a 65 anni, chi mai si sarebbe immaginato – e qui non basta dire “io”, bisognerebbe provarlo e scommetterci almeno un paio di birre – che ci venissero a parlare di pre-pensionamenti!
Dopo tutti i richiami alla “collegialità” del governo, qui non basta più il povero Santagata – ministro per l’Attuazione del Programma (ma esiste solo per mettercelo nel didietro ‘sto “programma”?) – qui è ora d’andare dritti filati dall’analista. Eh sì, perché si supera la dimensione del singolo individuo (dov’era Nicolais mentre decidevano “collegialmente”?) per giungere alle sue “parti”, proprio quelle che l’analista fa dialogare per rimediare ai conflitti della psiche.
Puntuali, hanno rimbeccato i tre Re Magi – Bonanno, Angioletto ed Epifanio – che si sono sentiti punti nel vivo: come – hanno affermato – stiamo “lavorando” per allungare l’età della pensione e questo ci parla di pre-pensionamenti?!?
E’ oramai una farsa che i segretari sindacali ne parlino con questi toni: stiamo “lavorando”! Tradotto, significa: facciamo una fatica boia per far digerire ai lavoratori l’ennesimo accordo-capestro – per giunta approvato dal governo “amico” dei lavoratori – e ci vieni a rompere le uova nel paniere?
Ma non sai – Nicolais – che fatica boia si fa per riuscire a ingentilire il “pacchetto” che stiamo preparando per i nostri “seguaci”? Lo sai che – per avere uno straccio di risultato positivo nella consultazione dei lavoratori – dobbiamo promettere mari e monti a tutti? Cosa credi, che basti il solito trucchetto di far votare i pensionati ed i lavoratori tutti insieme – così, sommando i voti dei pensionati (che, siccome sanno che non saranno mai toccati da questi accordi, approvano tutto) con quelli dei nostri apparatcik sindacali (ai quali consegniamo “blocchetti-premio” di permessi sindacali) – per riuscire a fare almeno il 50% più uno?
Lo sai vero – Nicolais – che se facessimo votare i soli lavoratori ce lo prenderemmo nello stoppino ogni volta? E allora: cosa ti salta in mente d’andare a scoperchiare gli altarini! Come dici? Rinaldini? Stai tranquillo, a quello ci pensa Epifanio: la prossima carica di Rinaldini sarà quella di Segretario Generale della CGIL. Della Namibia, ovviamente.
Non ti sei accorto che, quando hai cercato di rimediare alla gaffe, sei riuscito a fare ancora di peggio? Hai affermato che ti riferivi solo ai lavoratori “over 60 anni”! Ma se sono proprio quelli i destinatari dell’accordo sulle pensioni, che dal 2012 inizieranno la corsa per centrare la “quota” dell’anno (95? 96? 97?) con l’età (60, 61, 62, 63…) e la “finestra”! In quegli anni, per andare in pensione, bisognerà aver “cugliut’ bbuono ‘o tiro”, oppure fare meglio di Luke Skywalker, quando stramazza la Morte Nera con l’ultimo colpo rimasto.
Insomma, Nicolais, lo capisci sì o no che – per salvare le nostre dorate poltrone, pagare le liquidazioni milionarie (in euro) ai boiardi di stato…pensa, persino ai presidenti dell’Alitalia! Buona questa, vero? – non possiamo dare loro l’impressione d’averli legati al carro con una catena? Potrebbero incazzarsi! Dobbiamo dire loro che avranno più “possibilità”, che avremo fornito più “elasticità” al sistema pensionistico, che ci saranno maggiori “certezze”…inventatene anche tu qualcuna…
Lo so che sono tutte cazzate, che i conti dell’INPS sono in attivo – maledetto quel Giampaolo Sassi, il presidente dell’INPS, che il 12 Luglio di quest’anno è andato a raccontare che nei primi sei mesi del 2007 l’istituto era in attivo per 1,5 miliardi di euro…uh…quelli non si sono accorti di niente…ma se tu gli vai a parlare di pre-pensionamenti…
Perché – Nicolais – noi facciamo gli stupidi per convenienza, ma le cose sappiamo come vanno. Pensa che, questi fessi, non si sono ancora accorti che il problema del lavoro e delle pensioni è tutta una colossale puparata! Dobbiamo fare i salti mortali per produrre automobili, latte, arance? No! Dobbiamo inventarcele tutte per non produrre troppo latte, troppe arance, troppe auto! Altrimenti, non sapremmo dove venderle! Lo sai, vero, che il 10% dei terreni agricoli sono mantenuti per forza a riposo? Che le fabbriche dobbiamo chiuderle perché, con l’automazione, si produce troppo di tutto? Ma, allora, vuoi proprio che si rendano conto del trucchetto che propiniamo loro da decenni? Con la fatica che tutti facciamo per creare degli spauracchi – l’inflazione, il terrorismo, la criminalità… – tu ci vieni a remare contro?
Lo sai – Nicolais – che questi statali sono gli stessi che hanno visto milioni di loro coetanei andare in pensione fra i 35 e i 45 anni? Eri, per caso, democristiano? Socialista?
Beh, allora dovresti saperlo: insieme ai 7,5 milioni di pensioni d’invalidità fasulle, erano lo “zoccolo duro” che sorreggeva DC e PSI. Ricordi i famosi “19 anni, sei mesi e un giorno”? Che per le donne sposate erano 14 anni, sei mesi e un giorno? Non sono trascorsi dei secoli: era soltanto un decennio fa! Quelli, se li ricordano, li incontrano per strada, si fermano a chiacchierare con loro!
Mi sa che, qualche volta, i pensionati-baby li prendano anche un pochino per il culo: «Ma va? Lavori ancora?» «Io, no…non riuscivo a stare con le mani in mano e così ho fondato una società con mio nipote: sai, aggiungo qualcosa alla pensione…»
Ma t’immagini, Nicolais, cosa provano quei poveracci quando li incontrano? E pensa che, quando ci fu la riforma Dini, furono così fessi da accettare tutto senza fare una sola ora di sciopero! Lo vedi quanto siamo bravi? E tu ci vorresti rovinare tutto?
Come dici? I “nostri”? No, i “nostri” riuscimmo a portarli a casa prima della riforma Dini: al lavoro ci sono rimasti solo i coglioni, quelli che non avevano un “santo” in paradiso, una tessera che contava, l’appoggio dell’assessore o dell’arcivescovo…
Come dici? Che vorresti – con questa trovata – mandare in pensione i più vecchi, quelli che confondono il mouse con il modem, perché così la pubblica amministrazione sarebbe più efficiente?
Ma, cosa credi, che noi non lo sappiamo?
Credi che non ci siamo accorti che questi vecchietti non servono più a niente? Sono dei poveracci: quando chiedono loro quale messaggio d’errore ha inviato il PC, guardano sul telefonino! Confondono la chiave primaria di un database con la chiave più grossa, quella della cantina. E allora?
Tu li vorresti mandare a casa per mettere al loro posto gente che sappia lavorare? Lo sappiamo benissimo: tu affermi che uno solo – che sappia usare le nuove tecnologie – fa meglio e più in fretta di tre di quelli che ancora prendono appunti col block notes?
Probabilmente, ti sbagli: una sola persona che faccia funzionare bene le cose, fa il lavoro di cinque o di dieci. In amministrazione, nella produzione, ovunque: l’automazione è la carta vincente per lavorare di meno e meglio. Inventati qualche cazzata da raccontare…l’aggiornamento costante…in itinere…mettici qualche parolone…
Ma, hai pensato al dopo? Adesso, quando le cose non vanno, cosa dice la gente? Che sono dei fannulloni, dei rubapagnotte, degli sfaticati. Perché? Poiché quando sono in coda, alla mutua o all’ufficio del registro, devono starci giornate intere. Perché arrivano milioni di cartelle delle tasse fasulle, codici fiscali sbagliati, errori di persona, citazioni a vanvera…
Pensa un po’, invece, se le cose funzionassero come dici tu: come potrebbero ancora prendersela con i maledetti statali se tutto funzionasse a dovere? Se, per pagare le tasse, bastasse mezza giornata come negli USA, se la pratica per una casa popolare durasse pochi mesi come nel resto d’Europa, se gli appuntamenti della sanità fossero misurati in giorni e non in mesi…
Dopo, quando qualcosa andasse storto – lo sai che il mugugno è libero…basta che pestino loro un callo per lamentarsi…sono dei meteoropatici… – con chi se la prenderebbero? Ci hai mai pensato?E se, per caso, se la prendessero con noi? Datti una calmata Nicolino, Nicoletto…no, come cazzo ti chiami…ah, Nicolais: rifletti…

12 settembre 2007

Francesco e Dolcino

Come sempre, Carlo Gambescia - sul suo blog - sa tratteggiare con la precisione del sociologo gli eventi: l’analisi fatta sul “V-day” e su Grillo è proprio un buon punto di partenza per tutti coloro che, passata la “buriana” di Piazza Maggiore, si chiedono “e adesso?”.
Molto interessante il dibattito seguito al suo articolo, con tantissimi spunti che – diciamocelo un po’, tanto per capire che non siamo gli ultimi della classe… – la maggior parte dei commentatori politici di regime non saprebbe mettere insieme in notti insonni. Oramai, così abituati al tritatutto dell’informazione, non sanno più riconoscere i veri spunti d’analisi e di sintesi politica. La vera politica, d’altro canto, latita da decenni e non si può fargliene una colpa se troppo denaro ha loro abbindolato il cervello.
Perciò, lasciamo i deprimenti epigoni del potere cristallizzato – i Michele Serra, i Cacciari, i Moretti… – perché non meritano nemmeno più una citazione. Iniziamo ad abbandonarli al loro tristo destino di portantini dello scranno papale: chissà che qualcuno si ravveda e torni a far funzionare i neuroni rimasti.

La realtà odierna è che Grillo ha testimoniato l’esistenza di un “popol minuto”, che non ce la fa più a reggere la tracotanza e l’inconsistenza del Papato Democristo/Fascist/Popolar/Berluscoid/Sinistrorso. Per ora, il “popolino” ha solo iniziato a contare le forze, ad esprimersi mediante il più moderno mezzo di comunicazione (scusate se è poco…) e a cercare d’individuare piattaforme e schemi politici comuni. In questo senso, Grillo stesso ha ragione nell’affermare d’essere soltanto un “passepartout”: se espandiamo la prospettiva politica ai prossimi decenni, è del tutto evidente che saranno più importanti le figure che nasceranno da quel movimento del leader stesso. Che, attenzione, ne è cosciente in prima persona.
Perciò, potremo – per comodità – definire con il termine “Grillo” non il simpatico attore, ma tutto ciò che farà (o potrà fare capo) a quel nome. Anche le polemiche sul signoraggio, a questo punto, lasciano il tempo che trovano per due basilari motivi: il primo è che pochissimi, nel movimento, sono completamente digiuni di quella truffa perpetrata ai nostri danni. Il secondo, che la semplice riaffermazione del potere sulla moneta – senza parallele e precise indicazioni per una politica di de-crescita cosciente – non mina nessuno degli assiomi di questa società perversa. Domani, i signori del futuro signoraggio potrebbero essere la nuova aristocrazia – mediatica, scientista, ecc – e non avremmo risolto nulla: come affermava de André, “dei cinghiali laureati in matematica pura”.
Senza una nuova politica che getti anche il cuore nell’agone, non c’è futuro: ci sarà soltanto nuova prevaricazione e corruzione.

Diventa perciò più interessante lo scenario futuro, sul quale ciascuno di noi ha diverse opinioni, e che merita d’essere approfondito. In altre parole, come giocherà le sue carte Grillo?
Ci fu, in tempi assai lontani, chi creò un “movimento” per contrastare il potere papale del tempo, la sua secolarizzazione, la corruzione, l’inconsistenza spirituale. Qualcuno potrebbe affermare che i tempi non sono poi tanto cambiati – discorso interessante – ma non facciamo troppe sovrapposizioni fra i Papi medievali e monsignor Casini (divorziato, separato o concubinato). Accomuniamoli con la semplice definizione di “potere”: basta ed avanza.



Quasi contemporanei, Francesco e Dolcino s’occuparono “alla Grillo” di queste faccende: non ne possiamo più di cardinali circondati dal lusso, che frequentano più le alcove che le sacrestie, che pretendono di succhiare il sangue della gente con le decime per dare sostanza al potere “mediatico” del tempo.
Era poca cosa rispetto all’oggi, ma l’icona della spada accompagnata dalla Croce era un messaggio chiaro per tutti: avete qualcosa da ridire? Accomodatevi.

I due accettarono la sfida, con diverse strategie, ed entrambi fallirono.
Francesco scelse la via “movimentista”, privilegiando la struttura esterna di pressione sul potere: vedrete – affermò – a forza di dimostrare loro che siamo noi i veri cristiani, se ne accorgeranno e dovranno cospargersi il capo di cenere. Il Papato, bonario, accettò la sfida: vuoi vedere che, grazie a quel gonzo, accetteranno di vivere in condizioni ancor più misere di quelle che già li obblighiamo a sopportare? Se saranno così ascetici da vivere in completa povertà, a noi toccherà – per compensare le statistiche sui consumi – abbandonarci al lusso più sfrenato. Crediamo bene che lo fecero Santo.
Francesco è oggi Rinaldini della FIOM (un “movimentista”), al quale il buon Epifanio promette (12/9/2007) – una volta sbaragliate la armate del caporal Giordano e del sergente (non napoleonico) Diliberto – una “profonda riflessione sul futuro della CGIL”. Se fossimo in Rinaldini, lo consiglieremmo di gettare un’occhiata nel cortile interno della CGIL, per osservare se non stiano già preparando il rogo: anche un salto a Campo dé Fiori, tutto sommato, potrebbe giovargli per rinfrescare la memoria.

Diversa fu la posizione di Dolcino – del quale, oggi, non c’è segno, è bene ricordarlo – che optò per lo scontro frontale, ma che partiva dalle stesse considerazioni di Francesco sul clero del tempo. Con un po’ d’acrimonia in più: d’altro canto, non lo fecero certo santo.
In diverse battaglie – sui monti del biellese e della Valsesia – sbaragliò le soldataglie dei vari episcopati, fino all’ultima, quando perse. La vendetta fu terribile: si racconta che, quando giunse a Vercelli per essere bruciato sul rogo, avesse già “perso per strada” naso, orecchie, pene e testicoli.
Dolcino non si limitò a fondare un movimento, ma lo organizzò in “partito” il quale – date le pessime abitudini del tempo, ovvero di cedere alla spada la soluzione d’ogni controversia – non poté prender forma che in un “partito armato”.
Le loro avventure, entrambe completamente fallimentari, alimentarono soltanto le fantasie (Dolcino) di un giovane poeta – tale Alighieri, oggi molto amato da un ministro dell’Istruzione – mentre l’avventura di Francesco si stemperò in secoli di diatribe sulla proprietà dei beni ecclesiastici. Proprio lui, che li aborriva.
Per quasi mezzo millennio, a Roma continuarono a sollazzarsi: va bene, c’è ‘sto Pietro Valdo…ma che è ‘sto Valdo? ‘na pasticca? Ma lassa perde…

Quando, però, un tal Lutero non si limitò più a denunciare dal pulpito le nefandezze ecclesiastiche, non meditò minimamente di creare un esercito, ma affisse pubblicamente le sue tesi nel duomo di Acquisgrana, la cosa si fece seria. E cambiò la storia europea.
Riflettiamo che, quelle tesi affisse pubblicamente in una grande cattedrale, avevano probabilmente la stessa importanza di un programma politico lanciato ai quattro venti ed ai sei continenti dal Web. Non si poteva più glissare né si poteva, semplicemente, ammazzare: quelle tesi sarebbero rimaste, anche se l’estensore fosse stato segregato nelle viscere del Laterano.
Forse, farsi troppe domande sul futuro immediato del movimento “Grillo”, è superfluo se prima non ci sono delle tesi accuratamente esposte, ponderate e precisate anche nei particolari. Ciò che attende Grillo non è oggi la scelta fra movimento e partito – per ora le cose possono benissimo rimanere come sono – bensì una crescita interna del “Grillismo", ovvero sui contenuti decisivi del nostro vivere. Non basta certo chiedere l’espulsione dei parlamentari corrotti, né lanciare da una piazza messaggi al vento o presentare auto ad idrogeno.
Penosamente, ci provò anche Prodi con l’esperimento del “cantiere” di Bologna: non sappiamo se quel cantiere ancora esiste, ma abbiamo costatato che su quelle fondamenta è stata creata la fetecchia di governo che abbiamo dinnanzi.

Il passaggio obbligato dei “Grilli” è proprio la definizione e l’analisi di un vero programma: senza la sintesi finale – ossia delle proposte serie ed incisive, per modificare radicalmente il nostro modo di vivere e di pensare – né un partito e né un movimento avrebbero senso.
Attenzione, non si tratta di una proposta riduttiva: qui, stiamo parlando di rivoluzione.
Ci sono moltissimi esempi da proporre: dalla proprietà della moneta alla produzione dei beni, dalla generazione d’energia alla non-creazione di rifiuti, ai trasporti (sapete che siamo uno dei pochi paesi industrializzati che non sta “ripensando” al dirigibile?), all’invereconda scuola sempre più autoritaria e verticistica, ad una sanità che fa di tutto per venderti farmaci e non guarirti.
Iniziamo ad affiggere delle tesi, sbugiardiamoli nella loro inconsistenza politica. Iniziamo la rivoluzione.